La scoperta di un’eccellenza quasi scomparsa si trasforma in un’idea di marketing: ecco la storia di Lorenzo e Alessandro
Due amici e una sfida: coltivare e vendere un aglio a prova di bacio: il kissinGarlic. È la storia di Lorenzo Bianchi (Roma, ‘69), avvocato e Alessandro Guagni (Roma, ‘70), ingegnere edile e imprenditore che, tre anni fa, si sono lanciati in un’avventura: tentare di far rivivere piante perdute. Per essere precisi, un tipo di aglio, gigante, che pesa tra i 300 e i 400 grammi, è grande cinque volte quello normale, si usava nella Val Di Chiana fino agli anni Settanta e che qualche agricoltore toscano oggi ancora coltiva per uso personale, comunque, in piccole quantità. Insomma, un’eccellenza italiana perduta.
“Tutto è iniziato per caso – racconta Alessandro – Nel 2013 ero in vacanza vicino Siena e per strada vidi un agricoltore che vendeva sulla sua bancarella un tipo di aglio mai visto. Gigante. Tornai a casa, lo cucinai e mi accorsi subito che aveva un aroma molto leggero. Era facilmente digeribile e, soprattutto, non puzzava. Potevo baciare mia moglie senza problemi. Il giorno successivo tornai dal signore che me lo aveva venduto e chiesi informazioni. Mi confermò le mie impressioni. Dopo qualche settimana, l’illuminazione. Chiamai Lorenzo, l’amico di una vita e gli feci la grande proposta: proviamo a coltivare il super aglio. Accettò. Siamo due matti. Viviamo di sfide continue. Il lavoro che abbiamo e del quale non ci possiamo lamentare, ci lascia poco tempo. Però, decidemmo di provare. Lorenzo ha da sempre un podere in collina nelle Marche, vicino il Monte Cònero dell’Appennino umbro-marchigiano, alto 572 metri, situato sulla costa del Mar Adriatico, nella provincia di Ancona e che è uno dei più importanti promontori italiani dell’Adriatico. Un posto suggestivo, con rupi che sembrano scivolare nel mare e affascinanti sentieri. Strapiombi altissimi permettono anche le arrampicate. Decidemmo di coltivare lì il nostro aglio del bacio. Abbiamo impiegato tre mesi, attraversando tutta la Val di Chiana, per trovare duecento teste da piantare. Ed è stata la cosa più tosta che abbiamo fatto. Erano pochissimi quelli che le avevano e le volevano vendere. La maggior parte delle piante l’ abbiamo comprata da un simpatico agricoltore, Alberto. Ci siamo messi a piantarle nelle Marche, con l’aiuto di un ragazzo, Massimiliano. Abbiamo studiato nelle ore libere del nostro lavoro e siamo tornati in Toscana più volte per raccogliere informazioni su semina e raccolta. L’unico che ci ha dato notizie utili è stato il primo agricoltore toscano, quello che mi aveva fatto conoscere per primo l’aglio, in verità, piuttosto geloso delle sue conoscenze, ma che ringrazio per averci dato i rudimenti. Si può dire che senza una valida guida sul campo, abbiamo improvvisato parecchio e, ovvio, fatto tanti errori. Ma tra batoste e piccoli risultati, siamo andati avanti”.
Oggi i due amici hanno un campo esteso per un ettaro e ventimila piantine. Si sentono ogni sera al telefono per programmare il lavoro e ogni week end fanno seicento chilometri per essere sul campo.
Nessun commento:
Posta un commento