venerdì 13 maggio 2016

KissinGarlic: l’aglio a prova di bacio “salvato” da una coppia di amici

Tipi tosti
Aglio - Bacio italiano
La scoperta di un’eccellenza quasi scomparsa si trasforma in un’idea di marketing: ecco la storia di Lorenzo e Alessandro
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Due amici e una sfida: coltivare e vendere un aglio a prova di bacio: il kissinGarlic. È la storia di Lorenzo Bianchi (Roma, ‘69), avvocato e Alessandro Guagni (Roma, ‘70), ingegnere edile e imprenditore che, tre anni fa, si sono lanciati in un’avventura: tentare di far rivivere piante perdute. Per essere precisi, un tipo di aglio, gigante, che pesa tra i 300 e i 400 grammi, è grande cinque volte quello normale, si usava nella Val Di Chiana fino agli anni Settanta e che qualche agricoltore toscano oggi ancora coltiva per uso personale, comunque, in piccole quantità. Insomma, un’eccellenza italiana perduta.
“Tutto è iniziato per caso – racconta Alessandro – Nel 2013 ero in vacanza vicino Siena e per strada vidi un agricoltore che vendeva sulla sua bancarella un tipo di aglio mai visto. Gigante. Tornai a casa, lo cucinai e mi accorsi subito che aveva un aroma molto leggero. Era facilmente digeribile e, soprattutto, non puzzava. Potevo baciare mia moglie senza problemi. Il giorno successivo tornai dal signore che me lo aveva venduto e chiesi informazioni. Mi confermò le mie impressioni. Dopo qualche settimana, l’illuminazione. Chiamai Lorenzo, l’amico di una vita e gli feci la grande proposta: proviamo a coltivare il super aglio. Accettò. Siamo due matti. Viviamo di sfide continue. Il lavoro che abbiamo e del quale non ci possiamo lamentare, ci lascia poco tempo. Però, decidemmo di provare. Lorenzo ha da sempre un podere in collina nelle Marche, vicino il Monte Cònero dell’Appennino umbro-marchigiano, alto 572 metri, situato sulla costa del Mar Adriatico, nella provincia di Ancona e che è uno dei più importanti promontori italiani dell’Adriatico. Un posto suggestivo, con rupi che sembrano scivolare nel mare e affascinanti sentieri. Strapiombi altissimi permettono anche le arrampicate. Decidemmo di coltivare lì il nostro aglio del bacio. Abbiamo impiegato tre mesi, attraversando tutta la Val di Chiana, per trovare duecento teste da piantare. Ed è stata la cosa più tosta che abbiamo fatto. Erano pochissimi quelli che le avevano e le volevano vendere. La maggior parte delle piante l’ abbiamo comprata da un simpatico agricoltore, Alberto. Ci siamo messi a piantarle nelle Marche, con l’aiuto di un ragazzo, Massimiliano. Abbiamo studiato nelle ore libere del nostro lavoro e siamo tornati in Toscana più volte per raccogliere informazioni su semina e raccolta. L’unico che ci ha dato notizie utili è stato il primo agricoltore toscano, quello che mi aveva fatto conoscere per primo l’aglio, in verità, piuttosto geloso delle sue conoscenze, ma che ringrazio per averci dato i rudimenti. Si può dire che senza una valida guida sul campo, abbiamo improvvisato parecchio e, ovvio, fatto tanti errori. Ma tra batoste e piccoli risultati, siamo andati avanti”.
Oggi i due amici hanno un campo esteso per un ettaro e ventimila piantine. Si sentono ogni sera al telefono per programmare il lavoro e ogni week end fanno seicento chilometri per essere sul campo.
1“Tutto quello che abbiamo raccolto sino ad ora – spiega Lorenzo – lo abbiamo reimpiantato per ampliare la distesa. Pensiamo di raccogliere a giugno prossimo e iniziare a vendere a settembre. Un chilogrammo potrebbe costare 25 euro. Abbiamo creato un marchio stupendo (uno spicchio d’aglio con una bocca), è pronto il packaging per la commercializzazione. Lo abbiamo fatto assaggiare a molti chef della capitale, che sono entusiasti. Il nostro prodotto è leggero, leggermente piccante, molto digeribile, è ideale per tutti quelli che amano l’aglio, ma non ne sopportano le conseguenze. Inoltre l’aglio – dicono gli chef – è un ingrediente fondamentale della nostra cucina, ma loro spesso non possono utilizzarlo e sono costretti ad usare dei sostitutivi come il porro e lo scalogno, oppure a lavorarlo per stemperarne il forte aroma, perché i clienti non lo tollerano. Per questo il kissinGarlic è perfetto. Il nostro super aglio, quindi, sarebbe rivoluzionario in cucina. Per giunta è un prodotto più che sano, dal momento che è lavorato a mano, in modo selvatico, la concimazione è naturale. Non usiamo diserbanti, ma animali, oche, che mangiano le piante infestanti, ma che  non toccano né le foglie, né le piante, nonostante l’aroma leggero. Anche su questo abbiamo fatto tutto da soli, facendo prove su un campo di 3 mila metri quadrati. È stata dura e lo è ancora, ma sembra che la nostra intuizione, e diciamolo, la voglia di buttarci in questa avventura, siano state una buona cosa. Per ora non abbiamo concorrenti. Il prodotto è apprezzato. Stiamo organizzando cene, test con gli chef e il passaparola funziona.  Puntiamo a distribuire il prodotto nei ristoranti di qualità e nelle gastronomie d’eccellenza di Roma e Milano. Abbiamo nuovi progetti. Vorremmo provare a coltivare altri prodotti persi. In Italia ce ne sono tanti da recuperare, spazzati via per semplici logiche di mercato. Ci stiamo pensando, un’ idea ce l’ abbiamo per quella che potrebbe diventare anche una battaglia a difesa dell’identità di alcuni territori. Famiglie e professioni, permettendo, ovvio.  Teniamo molto alle nostre attività e la cosa più tosta è trovare il tempo per una seconda vita che ci appassiona e sta diventando un business. Detto fra noi adoriamo le seconde vite”.

venerdì 6 maggio 2016

A Firenze gli spaghetti ai frutti di mare del Tu Mi Turbi


I Vinaini sono antiche istituzioni Fiorentine dove si andava a bere e comprare un bicchiere di vino. A Firenze centro, nel cuore della città dove fanno bella mostra di se le sue botteghe storiche, c’è una ricerca continua, sia da parte dei fiorentini che degli stranieri, di locali, tradizionali e non, per ritrovare una versione divertente ma colta della ristorazione fiorentina e, tra queste, scopriamo Tu Mi Turbi, la trattoria fiorentina ed enoteca dove la parola vino ha innumerevoli declinazioni.
Alberto Bernardoni, nel suo riconosciuto e indiscutibile talento nel settore dell’ospitalità del food, ha creato un moderno “vinaino”, una degustazione vini che ci accoglie in un ambiente tradizionale dove niente è lasciato al caso.
Come tutti gli antichi Vinaini infatti, “Tu Mi Turbi” è un vero e proprio luogo cult e di ritrovo dal sapore antico e affascinante, proponendo vini locali sfusi di altissima qualità e prodotti nelle più importanti aziende toscane e nazionali
Ma bere senza mangiare non ha senso……..infatti non manca la presenza di selezionati prodotti gastronomici locali confezionati a chilometro zero, toscani e italiani e molti altri di accessori tradizionali e di design legati al meraviglioso mondo del cibo e del vino. E dalle cucine le antiche ricette fiorentine, cercate, ritrovate, rivisitate, e portate direttamente in tavola!!!!!
Ufficio stampa: Cristina Vannuzzi
Tumiturbi
Degustazione Vini/ Trattoria Via Lambertesca 22 r
50123 Florence Tel: 055219162
(04 ottobre 2015)
Portata:
Primo
Difficoltà:
Facile
Tempo di preparazione:
Meno di 30 minuti
Tipologia:
Bollito


ngredienti per 4 persone

Quantità
Ingrediente
Canestrelli
erbe aromatiche
vongole
gamberi
peperoncino e pomodoro
cozze
aglio
sale e pepe qb

Preparazione




Prepariamo gli spaghetti ai frutti di mare
Scottate i gamberi e sgusciateli, scaldate i frutti di mare in un tegame senza acqua, fateli aprire e poi togliete i molluschi dai gusci.
Mettete in una teglia l'olio con un trito di aglio molti fine, fate scaldare e poi unite i frutti di mare. Mescolate, abbassate la fiamma e unite i gamberi,
il pomodoro tagliato a pezzi molto piccoli, un trito di prezzemolo, un pizzico di peperoncino, sale e pepe a piacere. Cuocete a fuoco basso per circa 20 minuti.
Lessate gli spaghetti al dente, scolateli e metteteli nella teglia con i frutti di mare, fate saltare un minuto per ben amalgamare e servite su un piatto da portata.

giovedì 5 maggio 2016

PERCHE’ NON POSSIAMO DIRCI VEGETARIANI - MANGIATE SOLO PIANTE? SAPETE DA COSA TRAGGONO IL NUTRIMENTO? DALLA TERRA, COMPOSTA (TRA L’ALTRO) DA RESTI ANIMALI. NELLA CAROTA CHE ADDENTATE POTREBBERO ESSERCI TRACCE DELLE OSSA DEI VOSTRI ANTENATI. QUINDI, MEGLIO UNA BISTECCA

Andrew Smith per “The Conversation

ANDREW SMITH LIBROANDREW SMITH LIBRO
Le piante sono alla base della catena alimentare. A differenza loro, gli animali non riescono a sintetizzare il cibo da soli e sopravvivono nutrendosi di altri animali o di piante. Ma anche le piante mangiano gli animali, prosperano su di loro, perciò ritengo che non si possa essere vegetariani. Lo scrivo nel libro “A critique of the moral defense of vegetarianism”, io che sono stato vegetariano per oltre venti anni e vegano per sei.

La frase da ricordare non è: noi siamo ciò che mangiamo, ma noi siamo “chi” mangiamo. Come vive e muore il nostro cibo è importante. E per la proprietà transitiva, siamo anche ciò che il nostro cibo ha mangiato.

ANDREW SMITHANDREW SMITH
Mi spiego: le piante si nutrono dalla terra, composta tra l’altro da resti animali, quindi anche chi dice di fare una dieta vegetariana, in realtà mangia qualcosa di animale. E’ impossibile essere totalmente vegetariani. Le piante ingeriscono per sostenersi, consumano in quanto producono, e non gliene può fregare di meno dell’origine di ciò che assumono.

VEGETARIANI VEGANIVEGETARIANI VEGANI
Molti citano la sensibilità degli animali come il motivo per cui dovremmo astenerci dal consumarli. Ma le piante sono altrettanto sensibili, reagiscono a ciò che le circonda, rispondono alle esperienze positive e negative, capisci se apprezzano più la musica dei
Led Zeppelin o di Bach.

Hanno cinque sensi come noi (e anche di più, una ventina circa), assumono informazioni, le memorizzano, imparano. Inoltre vegetarianesimo e veganesimo non sono sempre eco-friendly, basti pensare a quanta acqua serve per produrre le mandorle mangiate nello snack pomeridiano.
VEGETARIANI VEGANIVEGETARIANI VEGANI

Dobbiamo cambiare il nostro rapporto con il cibo, ma in altro modo, e cioè accettando di essere parte di una comunità di essere umani. Mangiamo e siamo mangiati. Il benessere di ognuno dipende dal benessere di tutti.

Va bene quindi la agricoltura sostenibile, il modo organico e biodinamico di concepirla, mangiare in armonia con l’ecosistema. Per soddisfare le nostre necessità, dobbiamo curare innanzitutto la terra.
tofuTOFU

Nelle zone in cui è difficile recuperare grassi essenziali, è possibile fare affidamento sugli animali, anche se in modo limitato. La vita è una complessa rete di rapporti interdipendenti fra individui, specie ed ecosistemi. Il ciclo permette alla vita di continuare. Le ossa dei nostri antenati sono diventate concime per far crescere il cibo che ci nutre. Siamo un tutt’uno.