sabato 29 gennaio 2022

La ricetta del ragù veloce dello chef Andrea Berton (da fare in 20 minuti)

di GABRIELE PRINCIPATO Per portarlo in tavola serve davvero poco: praticamente il tempo di preparazione della pasta. Assicura lo chef 1 / 9 La ricetta veloce Preparare un ragù velocemente? È facile con la ricetta di Andrea Berton, chef dell'omonimo ristorante stellato di Milano. Per portarlo in tavola servono appena 20 minuti, durante i quali volendo si può cuocere la pasta. Se vorrete, quando replicherete questo piatto a casa, potrete fotografarlo e condividerlo con noi su Instagram usando l'hasthag #OggiCucinoIo, taggando @Corriere e @Cook.Corriere, raccontandoci anche perché o per chi l'avete realizzato. 2 / 9 Gli ingredienti Dosi per 4 persone: 500 g di carne di vitello tritata, 200 g di passata di pomodoro, scorza grattugiata di mezzo limone, 100 g di carote a cubetti, 2 scalogni tritati, 1 spicchio d'aglio in camicia, 1 bicchiere di vino rosso, 1 ramo di rosmarino, 4 foglie di basilico, 2 foglie di salvia, olio evo, sale. 3 / 9 Preparazione Fate rosolare per qualche minuto la carne di vitello in padella con un filo d’olio e sale quanto basta. Mescolate di tanto in tanto. 4 / 9 Le carote Aggiungete le carote precedentemente tagliate a cubetti. 5 / 9 Lo scalogno e l'aglio Unite in padella dello scalogno tritato e uno spicchio d’aglio in camicia. Poi, mescolare bene. 6 / 9 Il vino A questo punto versate sulla carne del vino rosso a filo e lasciatelo sfumare. 7 / 9 Gli odori e la passata di pomodoro Aggiungete un mazzetto di odori (rosmarino, salvia e basilico) e la passata di pomodoro. Mescolate e lasciate sul fuoco. Dopo 15 minuti il ragù veloce sarà pronto. 8 / 9 Il trucco dello chef Se volete rendere fresco il ragù, insieme agli odori e alla passata di pomodoro, unite in padella anche una grattugiata di scorza di limone.

giovedì 27 gennaio 2022

Gennaro Esposito, pasta liscia o rigata: la risposta dello chef

di CHIARA AMATI Lo chef napoletano non ha dubbi: a intrappolare meglio il sugo è solo una. Il motivo? «Scientifico e dimostrato». Eccolo Per sempre liscia 1 / 10 La parola allo chef Al supermercato è sempre l’ultima delle scelte. Persino in tempi di razzie da Coronavirus. Come accadde durante il primo lockdown quando fecero il giro del mondo le immagini delle corsie delle paste prese d’assalto. Tutte vuote: di pasta — lunga, corta, tonda, rettangolare, a nido... — neppure l’ombra. A eccezione di quella liscia che, evidentemente, proprio non piace. E dire che noi italiani dovremmo essere intenditori. Perché in molti snobbino questa varietà lo spiega bene chef Gennaro Esposito, patron del ristorante «Torre del Saracino» a Vico Equense, in provincia di Napoli, con all’attivo due stelle Michelin e tre forchette Gambero Rosso. Ecco allora il motivo, i vantaggi e come utilizzarla. 2 / 10 Liscia o rigata, non è (solo) questione di gusto «La pasta liscia, in particolare le penne? Le difendo a spada tratta perché non sono comprese, persino da noi italiani che in materia, si sa, siamo piuttosto ferrati — esordisce chef Esposito —. La maggior parte della gente, infatti, è convinta che le penne rigate, frutto di una lavorazione semplificata da parte di chi non aveva sufficiente esperienza in materia (siamo al Nord, un paio di secoli fa), siano da preferire perché trattengono maggiormente il sugo solo per il fatto di avere una superficie zigrinata. Ma è pura fantasia. La realtà è un’altra e la dimostro». 3 / 10 Cadono le certezze La zigrinatura — il rigo sulla superficie della pasta, per intenderci — più che trattenere il sugo costituirebbe un limite. «In cottura la presenza di questo “scalino” fa sì che la pasta non cuocia in maniera uniforme — argomenta chef Esposito — . Mi spiego: se noi tagliamo a metà una penna rigata notiamo, in sezione, un cerchio costellato di tante punte. Per cuocere le quali servono in genere 6 minuti, contro i 9 che occorrono per arrivare al cuore della pasta stessa. Un divario di tempo importante, ben 3 minuti, che si traduce in una “stracottura” delle punte. Quando, a fuochi spenti, andremo a condire la pasta, dalle punte stracotte, quindi facilmente sfaldabili, uscirà una sorta di emulsione ricca di amido che finirà per interferire con il sugo, mortificando il lavoro di equilibrio fatto in precedenza dallo chef». Esiste una sola eccezione a tutto questo: i rigatoni all’amatriciana. «Una ricetta che ha nello squilibrio dei grassi la sua caratteristica. E che la fuoriuscita di amido paradossalmente bilancia — spiega Gennaro Esposito —. In altre parole, quando vado a condire la pasta, non ho percezione del grasso proprio grazie all’eccesso di amido. Resta, di fatto, un’eccezione». 4 / 10 Per sempre liscia Pare, insomma, che la pasta debba essere liscia. Per l’esattezza, «liscia, realizzata con materie prime di qualità, trafilata in bronzo ed essiccata a bassa temperatura, da un minimo di 45°C a un massimo di 70°C per intenderci — puntualizza chef Esposito —. In questo modo non ci sarà bisogno di rigature perché la superficie avrà quella particolare ruvidità che consente alla pasta stessa di trattenere al meglio ogni tipo di sugo. Se, dunque, le penne rigate creano suggestioni, pur comportando una masticazione più difficoltosa, le cugine lisce, tipicamente napoletane, sono per veri intenditori. Per coloro che alla passata, senz’altro comoda perché pronta all’uso, preferiscono i pelati o un bel pomodoro fresco da pulire, tagliare e lavorare. Ma vuoi mettere gli aromi e i profumi che sprigiona? Impagabili, proprio come quella pasta liscia che ne raccoglie tutti i sapori. La rigata? Espressione di un pensiero debole, che non va in profondità. Ma sono certo che se si spingesse oltre, alla pasta liscia, una volta provata, non direbbe più no». 5 / 10 Pasta alla genovese, la ricetta napoletana A dispetto del nome, la pasta alla genovese è un primo piatto tipico della cucina partenopea. Secondo la tradizione, bisognerebbe usare gli ziti spezzati a mano, ma indicati sono anche i paccheri, le penne, i mezzani o i sedani, naturalmente lisci. La ricetta? Ve la suggeriamo qui. 6 / 10 Ingredienti Per 4 persone servono: 1 costa di sedano, 7 cipolle ramate di Montoro, 1 carota, 2 pomodorini, 400 grammi di pasta liscia (ad esempio penne, ziti, paccheri, sedani, mezzanelli ...), 700 grammi di carne di manzo, 80 grammi di pecorino, olio evo q.b., 40 grammi di strutto, 3 bicchieri di vino bianco fermo, sale e pepe q.b. 7 / 10 Preparazione Dopo aver lavato bene sedano e carote e pulito metà cipolla, fate un trito sottile e soffriggete, in olio evo e strutto, per qualche minuto. In un’altra padella, anche senza condimenti, cuocete la carne finché la sua superficie sarà dorata. A quel punto toglietela e mettetela insieme al soffritto. Continuate a cuocere in maniera omogenea e sfumate con del vino bianco fermo. 8 / 10 Il sugo Prendete le cipolle rimaste e tagliatele sottili, fatele sudare a lungo sul fuoco, prestando attenzione a salarle un pochino dopo 25/30 minuti di cottura. Quando saranno colorite, unite la carne, facendola insaporire per una decina di minuti e, pian piano, aggiungete del vino bianco. Coprite e continuate a cuocere a fuoco bassissimo, controllando ogni 15 minuti circa. Tempo un paio di ore e la cottura sarà ultimata: lo capirete anche dal colore bruno della cipolla e dalla sua consistenza simile a quella di una marmellata, mentre la carne, morbidissima, tenderà a sfilacciarsi. A quel punto spegnete il fuoco, separate la carne e riponetela, al caldo, in un altro contenitore. 9 / 10 La cottura della pasta In abbondante acqua salata, cuocete la pasta liscia che avete scelto, scolatela al dente e versatela nella padella con il sugo alla genovese. Spolverate di pecorino e servite con del pepe, secondo il vostro gusto.

martedì 25 gennaio 2022

«Namelaka», la ricetta della crema-mousse che sta conquistando il mondo

di LYDIA CAPASSO Si confeziona facilmente e in poco tempo, senza bisogno di strumenti particolari. Bisogna avere solo un po’ di pazienza perché deve riposare in frigorifero. Il risultato è strepitoso. E molto, molto versatile Gli ingredienti Per 400 grammi di panna fresca servono 200 grammi di latte intero, 10 grammi di sciroppo di glucosio (alcune versioni non lo prevedono, quindi potete ometterlo se non lo avete) e poi cioccolato e gelatina, i cui quantitativi variano a seconda del tipo di cioccolato e della percentuale di cacao in esso contenuta. 250 grammi di cioccolato fondente al 70 per cento e 5 grammi di gelatina oppure 350 grammi di cioccolato al latte al 40 per cento e 5 grammi di gelatina oppure 340 grammi di cioccolato bianco al 35 per cento e 4 grammi di gelatina. Il procedimento Spezzettate il cioccolato e fatelo fondere a bagnomaria oppure nel microonde (potenza 500 w per 30 secondi, mescolate e rimettete in forno ancora per 30 secondi, mescolate e andate avanti così fino a che il cioccolato si sarà ben sciolto). Mettete la gelatina in un po’ di acqua per reidratarla, portate a ebollizione il latte con il glucosio e fatevi sciogliere la gelatina ben strizzata. Versate il latte sul cioccolato in tre riprese e mescolate con cura. Aggiungete la panna fredda, emulsionate e mettete in frigorifero a riposare anche per una notte intera. Usate la Namelaka così com’è oppure, se la preferite più areata, montatela con le fruste elettriche. Gli usi Il grande successo della Namelaka è probabilmente in parte dovuto alla sua versatilità. Per la presenza della gelatina e del cioccolato, non cola e resta soda, è quindi perfetta per farcire pan di Spagna o bignè, ma anche per accompagnare torte da forno o biscotti. Se montata, è il ripieno perfetto per una cream tart o può essere inserita in un dolce al bicchiere insieme a un crumble. Leggi anche: «Il pan di Spagna perfetto in 5 mosse» Le varianti Se voleste arricchire o profumare la Namelaka, fate bollire insieme al latte le bucce grattugiate di limoni e di arance nel caso di crema al cioccolato fondente, oppure mettete in infusione del tè matcha o del caffèper quella al cioccolato bianco. Un pizzico di fleur de sel inserito a freddo contrasta molto bene con il cioccolato al latte. DOLCI Crumble Con il termine generico di crumble spesso ci si riferisce alla ricetta tradizionale inglese del crumble alle mele, tuttavia esiste una preparazione basilare in pasticceria che si chiama allo stesso modo e che va a definire invece un composto croccante realizzato con ingredienti base quali zucchero, farina e burro. Di per sè non è un dolce, nè una torta, ma è quasi indispensabile come elemento di accompagnamento in molte preparazioni di dolci al cucchiaio, proprio perchè va prima di tutto ad aggiungere la nota croccante al piatto, per secondo, spesso aromatizzato con spezie od elementi aggiuntivi (nocciole, differenti tipi di cioccolato ec..) impreziosisce il gusto della portata principale. Realizzarlo è semplicissimo, qui di seguito vi spieghiamo come fare. Seguite i passaggi! Ingredienti 75g farina 0050g burro50g zucchero20g cacao amaro in polvere Procedimento 1 Inserite tutti gli ingredienti all'interno di una bowl, quindi con i polpastrelli delle dita impastateli in maniera molto grossolana, senza lavorarli troppo. 2 Stendeteli in una placca da forno rivestita con carta da forno. Infornate per 10-15 minuti a 180°. 3 Successivamente fate raffreddare il crumble in frigorifero per un'ora almeno. Passato questo tempo sarà quindi pronto da usare, sbriciolatelo grossolanamente con le mani e servitelo, noi lo usiamo spesso per accompagnare panna cotta e bavarese, con le quali si sposa alla perfezione.

lunedì 17 gennaio 2022

Ode agli antipasti, la specialità piemontese che tutto il mondo ci invidia

di Luca Iaccarino Ci sono intere nazioni cui basterebbe il vitello tonnato per trovare un posto al sole sul mappamondo gastronomico, e per noi è solo una voce in un elenco sterminato Qual è la specialità piemontese che tutto il mondo ci invidia? I tajarin, direte. Buoni, ma non penso a quelli. La bagna cauda? Eccezionale, fa impazzire i giapponesi, ma no, non mi riferisco alla bagna cauda. Il bollito? Squisito, ma lo fanno anche in Emilia. Gli arrosti? Ottimi, ma la Francia comanda. Gli agnolotti? Certo, pazzeschi, ma a essere onesti tortellini, gyoza o dumpling sono alla stessa altezza. No, la specialità piemontese che tutto il mondo ci invidia sono gli antipasti. Gli antipasti come li facciamo noi, diciamocelo, non li fa nessuno. Il vitello tonnato e l’insalata russa, le acciughe al verde e l’antipasto «primavera», i sottoli e i peperoni con le acciughe, i tomini elettrici e il salame, il carpione e la carne cruda…. Potrei andare avanti ancora un bel po’, ma mi fermo qui, ché altrimenti mi viene fame. I soli antipasti piemontesi mettono assieme così tante prelibatezze che quasi non ci rendiamo conto del patrimonio che costituiscono. Ci sono intere nazioni cui basterebbe il vitello tonnato per trovare un posto al sole sul mappamondo gastronomico, e per noi è solo una voce in un elenco sterminato. Certo, figlio della cultura francese, del «servizio alla francese» (quello che prevede tutte le portate in vassoi sul tavolo da cui i clienti si servono da soli; mentre quello «alla russa» è quello che prevede che sia il cameriere a servire), ma solo qui in Piemonte gli antipasti sono diventati gli antipasti. Non c’è regione italiana che abbia una cultura degli antipasti come la nostra, non c’è nessun luogo al mondo che li intenda come li intendiamo noi. Un tempo, i ristoranti torinesi valorizzavano gli antipasti con quegli enormi buffet colmi di decine di preparazioni: ricordate Goffi? O i locali della collina? Mi torna in mente, da ragazzo, la meraviglia di fronte alla piramide di delikatessen a La Pace di via Galliari. Ora: capisco benissimo che quelle cornucopie di manicaretti sono desuete, che quel tipo di esposizione abbia fatto il proprio tempo (ancor di più in tempi di legittima batteriofobia), che la stessa idea di «antipasto misto» suoni un po’ fanè, con gli ingredienti che si mischiano nel piatto, ma a me ancora piace da morire andare nei ristoranti che ti servono gli antipasti «alla russa» uno dopo l’altro, magari anche coadiuvati da un carrello, come il Centro di Cercenasco, come Gemma a Roddino, come Il Gufo Bianco, come tanti locali vecchio stile. Gli antipasti sono così buoni che, diciamocelo, basterebbero quelli, senza nessun bisogno del pasto seguente.

domenica 16 gennaio 2022

Topinambur, il pieno di potassio, ferro e fibre.

Topinambur, il pieno di potassio, ferro e fibre. Come cucinarlo per riequilibrare la flora batterica intestinale 16 gennaio 2022 Il suo sapore ricorda quello del carciofo per questo il topinambur viene chiamato anche carciofo di Gerusalemme. È un tubero ingiustamente sottovalutato che tuttavia ha numerose proprietà nutritive. Ha un buon contenuto di potassio e ferro e contiene sia fibra solubile, che permette la riduzione dei livelli di colesterolo e glucosio nel sangue, sia fibra insolubile che invece è utile in caso di stipsi. Queste proprietà fanno del topinambur un alimento ideale per chi vuole tenere sotto controllo il peso corporeo. In cucina il topinambur può essere consumato cotto nel risotto oppure come contorno a vapore, in forno, trifolato o in vellutate, da abbinare con patate, cipolla, o con la zucca. Crudo è l’ideale perché mantiene intatte tutte le sue proprietà nutrizionali. Ottimo tagliato a fettine e condito con olio, sale e succo di limone. Ricordatevi del topinambur quando andate a fare la spesa.

mercoledì 12 gennaio 2022

domenica 9 gennaio 2022

Città che vai, torrone che trovi: Benevento, Cremona e Grinzane Cavour

18 GENNAIO 2016 TERRITORIO TORRONE CURIOSITÀ Scoprite i luoghi dove il torrone è diventato parte integrante del territorio Il Torrone non è solo una delle nostre più grandi passioni. È un patrimonio dell’intero Mediterraneo. La sua antichissima origine si lega alle scorribande degli arabi, che lo chiamavano «qubbayta» e con ogni probabilità lo importarono dalla Cina; alla golosità dei Romani, che lo nominarono «cupedia» o «cubbaida» e ne radicarono la produzione in Sicilia, nel Beneventano e nella Bassa lombarda. Passando per gli anni dell’Evo Medio in cui, sotto l’appellativo di «touron» o «nougat», si diffuse in Francia e in Spagna. Fino alla leggenda premoderna di Cremona i cui pasticceri, ispirandosi al Torrazzo della città, avrebbero consegnato alla storia il nome e la foggia del torrone contemporaneo. Secoli di import-export, influenze culturali, passaggi di ricette e contaminazioni. Il torrone è, più di ogni altro, un dolce che si lega al territorio dove viene prodotto, accogliendo ed inglobando le tradizioni locali e trasformandosi, nelle mani dei giusti pasticceri, in un’eccellenza tipica. Ma quali sono i luoghi dove il torrone ha trovato la sua vocazione artigiana? Ecco una carrellata delle principali città dove ci piace degustare questo antichissimo dolce. Partiamo con le tappe italiane. citta-benevento Benevento L’antica capitale del Sannio è la città italiana che contende a Cremona l’origine storica del torrone tricolore. Per afferrare la primogenitura, però, non basta un piatto di lenticchie. Viene bensì chiamato in causa lo stesso Marziale, poeta latino del I secolo a.C., il quale annoverava la cupedia – progenitrice del torrone – tra i prodotti tipici di Benevento e del Sannio in generale. Cupedia deriva dal latino cupio («desiderare»), tanto il torrone sannita era amato dai Romani. Se parliamo di “Torrone di Benevento” oggi ci riferiamo a diverse varietà: quello bianco con mandorle, il “cupedia” bianco con nocciole, quello bianco morbido con mandorle (chiamato «del Papa» perché verosimilmente destinato a vecchi porporati sdentati) e il Torroncino Croccantino ricoperto con cioccolato, tipico di San Marco dei Cavoti, che a questa specialità, in dicembre, dedica una pittoresca festa. cremona-torrazzoCremona Se a Benevento spetta l’origine, a Cremona si deve il nome. Così almeno stando alla leggenda che vuole il torrone cremonese figlio di un’idea originale. Il 25 ottobre 1441, Bianca Maria Visconti sposa Francesco Sforza e i pasticceri di corte celebrano l’unione con un dolce che farà storia. Prendendo spunto dal Torrazzo della cattedrale, creano una torre in miniatura (simbolo di territorialità e saldezza) fatta di miele, zucchero, albumi d’uovo e frutta tostata. Da Torrazzo a torrone la strada è breve. Oggi Cremona è uno dei grandi poli produttivi di questa leccornia, celebrata durante l’annuale Festa del Torrone, a novembre. Torroneria-Piemontese-galloGallo Grinzane – Alba (CN) Non fatevi trarre in inganno dall’umile apparenza di questa piccola frazione di Alba, capitale delle Langhe e dell’omonimo Tartufo Bianco. Grazie all’opera di nostro bisnonno Giuseppe, la famiglia Sebaste produce torrone dal lontano 1885. Un torrone unico, perché il primo in assoluto ad aver introdotto le nocciole nell’impasto, al posto delle mandorle. Il torrone croccante o morbido con le nocciole (solo Nocciole Piemonte IGP per i prodotti di Antica Torroneria Piemontese) si è talmente legato al territorio delle Langhe da diventarne un’eccellenza autoctona, un classico italiano e poi internazionale, simbolo della festa.

martedì 4 gennaio 2022

Dieta mediterranea, uno stile alimentare votato al benessere

Tgcom24 Donne Alimentazione 04 GENNAIO 2022 05:00 Dieta mediterranea, uno stile alimentare votato al benessere Patrimonio Unesco dal 2010, è un vero e proprio modello nutrizionale i cui benefici per la nostra salute sono universalmente riconosciuti La dieta mediterranea, più che un vero e proprio programma nutrizionale, è uno stile alimentare e anche uno stile di vita ispirato alla tradizione dei Paesi del bacino del Mediterraneo tra cui il nostro, che ne rappresenta uno degli esempi più interessanti e significativi. Una questione di stile: quando si parla di dieta mediterranea non ci si limita ad indicare la tipologia degli alimenti a cui fare riferimento, ma si descrive uno stile di vita ove il tempo del pasto riveste un ruolo centrale nella vita delle persone. Nelle culture mediterranee, infatti, i pasti in famiglia o fra amici sono un momento di convivialità in cui fare conversazione e riaffermare i propri legami di amicizia o di affetto. Godere del pasto in un'atmosfera calma e rilassata significa anche dare valore al cibo che abbiamo nel piatto, godendo di quel senso di appagamento e sazietà indispensabili per non dover ricorrere a pasti continui, magari consumati di fretta e per strada. Dare valore al cibo, masticando a dovere e assaporando gli alimenti, significa anche combattere l'obesità o l'incremento di peso, colpevoli dell'insorgere di molte patologie. Scegliere bene e consapevolmente: la corretta scelta degli alimenti, ma soprattutto l'attenzione alle porzioni, che non devono mai essere esagerate, sono alla base della cosiddetta "dieta mediterranea". Qualità e porzioni non sono comunque gli unici requisiti per uno stile nutrizionale sano ed equilibrato, perché grande attenzione va posta anche al trasporto, alla conservazione e anche a come il cibo viene consumato. Frutta e verdura al primo posto: nella piramide alimentare della dieta mediterranea, il primo posto va certamente ai prodotti vegetali, dando sempre la preferenza a ortaggi e frutta di stagione. Ricchi di fibre, vitamine, sali minerali e acqua, sono davvero un toccasana per il buon funzionamento del nostro organismo. Attenzione però, perché tra frutta e verdura c'è una grande differenza: se i prodotti dell'orto possono essere mangiati in maniera quasi illimitata, la frutta deve essere invece limitata e possibilmente consumata al mattino. La frutta infatti contiene zucchero e questo in alcuni casi potrebbe essere un problema in persone che hanno patologie come il diabete e per chi segue un regime dietetico ipocalorico. Pasta e cereali, davvero immancabili: il fabbisogno alimentare nel bacino mediterraneo fin dall'antichità è stato soddisfatto soprattutto con cibi ottenuti dai cereali. Il grano duro, ad esempio, costituisce la materia prima di alimenti tipici di quest'area, quali pasta, pane, cous-cous, burghul e altri. Nell'ultimo secolo poi la pasta è diventata un alimento fondamentale un po' ovunque, anche se anche per questo alimento occorre accertarsi della qualità delle materie prime. Quanto alle dosi, il consumo di pasta deve essere controllato, perché una porzione da 100 grammi apporta all'incirca 350 kcal, non proprio pochissime se pensiamo che un individuo adulto ha un fabbisogno energetico di circa 2.000-2.500 kcal al giorno. Legumi, da consumare tutto l'anno: dal punto di vista nutrizionale i legumi sono un alimento completo. Oltre alle vitamine A, B, C ed E, sono ricchi di sali minerali (ferro, fosforo e calcio) e di lecitina, che favorisce l’emulsione dei grassi che, e che quindi svolgono un ruolo di protezione dell’apparato cardiocircolatorio e di controllo della pressione arteriosa. Piselli, fave, fagioli, ceci, lenticchie e soia, insieme ai cereali, sono una buona fonte di proteine vegetali ed hanno un elevato contenuto di fibra alimentare, soprattutto cellulosa, localizzata prevalentemente nella buccia esterna, capace di regolare le funzioni intestinali. Latte e latticini, buoni e preziosi: il latte, con i suoi derivati, appartiene alla tradizione alimentare mediterranea. Costituito da acqua, zuccheri (lattosio), grassi (trigliceridi, fosfolipidi e colesterolo), proteine (soprattutto caseina), sali minerali (calcio, fosforo, sodio, potassio) e vitamine (A, D, E e alcune del gruppo B) il latte rappresenta una vera miniera di virtù per la salute. Essendo una fonte di calcio altamente biodisponibile, latte e derivati dovrebbero essere consumati nella quantità di 2 o 3 porzioni al giorno, contribuendo a consolidare il tessuto osseo. Tra i formaggi, meglio optare per quelli magri o ricchi dal punto di vista nutrizionale; per chi è intollerante al lattosio, ma non solo, è perfetto per esempio il Pecorino Romano DOP. Questo formaggio, tra i più antichi della penisola italiana visto che vanta la sua presenza nei pasti quotidiani e nei banchetti dei palazzi imperiali dell'antica Roma, è infatti ottenuto con latte di pecora, fermenti lattici e caglio di agnello. Prodotto nel Lazio e in Sardegna e nella provincia di Grosseto, proprio per la sua ricchezza in calcio e fosforo è ideale nel soddisfare le necessità minerali dei bambini in accrescimento e delle persone in età avanzata, soprattutto le donne in menopausa; inoltre, grazie al contenuto di sale, che contribuisce al suo sapore intenso, è perfetto per condire un gustoso piatto di pasta senza aggiungere altro, rendendolo digeribile e ottimo per chi è a dieta. Olio di oliva, elisir di benessere: non è la quantità di grassi, ma la qualità che fa la differenza nella dieta mediterranea non è la quantità di grassi, ma la qualità che fa la differenza. Ecco il motivo per cui l’olio di oliva è diventato l’alimento grasso principale, tenuto conto tra l'altro che i suoi grassi diminuiscono il rischio di patologie cardiovascolari, è estremamente digeribile, protegge lo stomaco dagli acidi, stimola la secrezione del pancreas, favorisce l’assorbimento del calcio e l’accrescimento delle ossa lunghe. Se ancora non bastasse, ricordiamo che l’olio d’oliva è uno straordinario antiossidante, che tiene lontani invecchiamento e malattie. Recenti evidenze scientifiche evidenziano che il consumo regolare di olio di oliva è in grado di contrastare il deficit cognitivo tipico degli anziani e pare anche di rallentare l'avanzare della malattia di Alzheimer. Carne rossa, poca ma buona: gli alimenti di origine animale consumati all’interno di una dieta sana e ricca di prodotti vegetali rappresentano un apporto di nutrienti e possono rientrare in una dieta salutare e preventiva. La carne rossa, che nella dieta mediterranea è prevista in un consumo molto moderato, è la principale fonte di proteine: ricchissima di vitamine del gruppo B, soprattutto la B12, è necessaria per mantenere in salute le cellule nervose e indispensabile per la formazione sia dei globuli rossi che del DNA. Nella scelta del tipo di carne è sempre bene privilegiare quella meno lavorata e tagliata di fresco, facendo attenzione anche alla cottura e ai metodi di preparazione. Salumi e insaccati, gusto con moderazione: a chi non piacciono? I salumi rappresentano infatti un’alternativa gustosa alla carne, ma bisogna fare attenzione al contenuto in sale e in grassi saturi. Nella piramide alimentare i salumi sono nella parte alta, cioè fra i prodotti da consumare non più di una volta alla settimana proprio perché legati all’assunzione di sale. Tra gli insaccati, il prosciutto crudo viene considerato il migliore tra i salumi per l’estrema naturalità e per il basso apporto di grassi, in particolare di quelli saturi, contenuti in misura inferiore rispetto ai monoinsaturi e polinsaturi (grassi sani). Alcuni nutrizionisti suggeriscono il San Daniele DOP, che è fonte di proteine nobili e di vitamine, soprattutto quelle del gruppo B (B1, B2 e B6) e contiene sali minerali come sodio, fosforo, potassio e zinco, oltre a ferro, magnesio e rame. Per queste sue proprietà è un alimento adatto a tutti, purché inserito in un programma alimentare corretto e bilanciato. Il pesce, una grande risorsa: le linee guida raccomandano il consumo di almeno due porzioni a settimana di questo alimento, dal momento che pesce e frutti di mare contengono diverse componenti nutrizionali salutari, tra cui proteine ad alto valore biologico, selenio, iodio, vitamina D e acidi grassi polinsaturi omega 3, le cui più alte concentrazioni sono presenti nel pesce azzurro, come acciughe, aringhe e sardine. Il consumo di pesce e olio di pesce può contribuire a migliorare la funzione vascolare, normalizzare la frequenza e migliorare la contrazione del muscolo cardiaco: per questo, l’abituale consumo di pesce è associato a una minore incidenza di malattia cardiovascolare, mortalità cardiaca e ictus ischemico. Studi epidemiologici hanno evidenziato che livelli elevati di omega 3 riducono l’incidenza di cancro della mammella, del colon e del retto e della prostata. Un buon calice di vino in tavola: di questa bevanda, utilizzata già da Ippocrate per curare le ferite, come antipiretico e perfino come purgante, ormai ne è stata acclarata l'efficacia per la buona salute. Soprattutto il vino rosso è un ottimo alleato di benessere, in quanto contiene polifenoli, presenti nell'uva, che svolgono una funzione protettiva verso le malattie cardiache, oltre a ridurre i radicali liberi che causano le infiammazioni. L’alcool, d’altro canto, incrementa i livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL) nel plasma, che contribuiscono invece alla riduzione del colesterolo. Attenzione però a non esagerare: le dosi consentite sono pari a un bicchiere di vino rosso al giorno per le donne e a due calici per gli uomini da consumare soltanto durante i pasti.