venerdì 28 maggio 2021

Gamberoni al forno, surgelati

https://www.youtube.com/watch?v=X-1SqxVkTnY

Frittata di ricotta

INGREDIENTI E DOSI una cipolla media 300 g di ricotta di pecora 6 uova foglie di mentuccia sale q.b. pepe q.b. olio EVO q.b. Tritate la cipolla e fatela soffriggere per 5 minuti a fuoco dolcissimo con due cucchiai di olio in una ampia padella (se ne avete, sceglietene una molto antiaderente). Nel frattempo, abbiate cura di scolare la ricotta della propria acqua così che diventi bene asciutta. Aggiungete ora le foglie di mentuccia ben lavate e sminuzzate alla cipolla. Mescolate con un utensile in legno e lasciate insaporire un minuto. Versate ora in padella la ricotta asciutta e regolate di sale e pepe. Con i rebbi di una forchetta stemperatela bene, continuando a mescolare per un paio di minuti così da farla ulteriormente asciugare. Sbattete grossolanamente le uova con un pizzico di sale e versatele sulla ricotta. Profumate con un po’ di pepe e mescolate per uniformare il composto. Mettete il coperchio e lasciate cuocere a fuoco basso fin quando la frittata non si è rappresa, scuotendo spesso la padella perchè non si attacchi al fondo. Rovesciate dunque la frittata (aiutandovi con un piatto o con un coperchio) e completate la cottura senza coperchio. Quando la frittata è pronta fatela asciugare sopra fogli di carta assorbente da cucina. Servite la frittata di ricotta ben calda; in caso vi troviate nella necessità di doverla riscaldare, fatelo a fuoco dolcissimo e con il coperchio. Persone: 4 | Tempo: 25 minuti | Difficoltà Aaaaa

Sardoncini scottadito

INGREDIENTI E DOSI 1 kg di sarde oppure alici olio EVO q.b. prezzemolo tritato sale q.b. pepe q.b. uno spicchio di aglio stecchini di legno lunghi Pulire le sarde o le alici eliminando la testa e anche l’intestino. Lavarle sotto l’acqua corrente e tamponarle con la carta cucina per eliminare l’acqua in eccesso. A parte, in una ciotola, preparare la panatura con l’aglio e il prezzemolo tritati finemente e una buona quantità di pangrattato, aggiungere qualche cucchiaio di olio evo e regolare il sale e pepe. Mescolare bene per ottenere un composto umido. Versare il tutto su un foglio di carta forno. Infilare poi le alici o sarde negli stecchini e passarle nella panatura aiutandovi con le mani per meglio far aderire il composto. Se si dispone di una griglia, sistemarvi gli stecchini, condire con un filo di olio evo e arrostire per circa quindici minuti avendo cura di girarli spesso. Per la cottura in forno adagiare gli stecchini su una placca rivestita con carta forno, condirli con olio e cuocerli in forno già caldo a 180/200°C sino a doratura da ambo i lati. Servire caldissimi e croccanti. I sardoncini sono una ricetta tipica romagnola facile, economica e molto gustosa. Nei tempi passati, era tradizione che fossero cucinati dai pescatori direttamenti al porto, su una graticola. Si tratta di alici oppure sarde impanate e grigliate, arricchite con una panatura a base di fatta di pangrattato, prezzemolo, aglio, sale, pepe e olio EVO. Persone: 4 | Tempo: 135 minuti | Difficoltà AAaaa

Ragù di seppia

INGREDIENTI E DOSI 500 g di seppie pulite 400 g di passata di pomodoro una cipolla piccola uno spicchio aglio un bicchiere di vino bianco secco prezzemolo tritato olio EVO q.b. sale fino q.b. pepe nero q.b. Per prima cosa preparare le seppie: tagliare le seppie e tocchetti e passarle con il mixer, perché diventino una specie di macinato. Fare poi un trito con la cipolla e soffriggerla in una casseruola, assieme allo spicchio d’aglio finché non appassisce. Alzare la fiamma, aggiungere la seppia e lasciare insaporire qualche minuto, quindi sfumare con il vino bianco. Una volta che il vino è evaporato unire la polpa di pomodoro, regolare il sale e il pepe, coprire con un coperchio e proseguire la cottura per circa 40/45 minuti o fino a quando le seppie non saranno tenere e il ragù ben ristretto. Bollire quindi la pasta desiderata per poi versarla direttamente in padella al fine di amalgamarla bene con il condimento. Per dare l’ultimo tocco, dare una generosa spolverata di prezzemolo al momento di impiattare. Le seppie sono un ingrediente molto utilizzato nella cucina romagnola. La seppia dell’Adriatico è unica, diversa da tutte le altre specie del Mediterraneo; numerose sono le ricette che includono questo mollusco come ingrediente principale. Il Ragù di seppia non è difficile da preparare, richiede unicamente un po’ di pazienza per i tempi di cottura. Pur non potendosi considerare un sugo “last minute”, insomma, il risultato ripaga ampiamente l’attesa. Persone: 4 | Tempo: 60 minuti | Difficoltà AAaaa

Baccalà alla bolognese

INGREDIENTI E DOSI 600 g di baccalà (già ammollato) 2 cucchiai di farina 50 g di burro mezzo bicchiere di vino bianco 3 cucchiai di olio EVO Lavare il baccalà, tagliarlo a grossi pezzi ed eliminare le lische ammesso che ce ne siano quindi asciugarlo tamponandolo con carta da cucina e infarinarlo. Lavare, asciugare e tritare il prezzemolo e l’aglio. Mettere l’olio in una casseruola facendolo scaldare quindi far rosolare i pezzi di baccalà circa due minuti per parte sul fuoco medio e aggiungere poi il trito di prezzemolo. Aggiungere anche il burro a fiocchetti poi bagnare con il vino, abbassare la fiamma al minimo e far cuocere per circa venti minuti s. Adagiare i pezzi di baccalà sopra al piatto di portata, aggiungere il limone filtrato al condimento rimasto nella casseruola, mescolare per emulsionare bene ed irrorare il baccalà con tale sugo. Il baccalà alla bolognese è una ricetta molto gustosa per un prodotto eccezionale. Nei tempi passati il baccalà era l’unico pesce che alcune popolazioni potevano permettersi per la loro lontananza dal mare. Questa è una pietanza semplicissima da preparare, non richiede una lunga cottura e neanche una lunga preparazione; il risultato è eccellente: un sapore delicato che piace perfino a chi non ama questo tipo di pesce. Inoltre, se accompagnato con polenta calda oppure grigliata e con pomodorini gratinati, potrebbe diventare un gustosissimo piatto unico. Persone: 4 | Tempo: 30 minuti | Difficoltà Aaaaa

Calzagatti modenesi

INGREDIENTI E DOSI 700 g di farina gialla 1 kg di fagioli borlotti freschi 70 g di pancetta 60 g di burro 500 g di pomodori pelati una cipolla sale q.b. Mettere sul fuoco una pentola con 2 l di acqua fredda e versarvi i fagioli. Portare a bollore e continuare la cottura finché i legumi saranno lessati. Scolarli con un ramaiolo forato e tenerli da parte in una capace terrina. Conservare anche l’acqua di cottura. Tritare la pancetta con la cipolla. Fare rosolare il tutto in un tegame preferibilmente di coccio con il burro. Aggiungere i pomodori, salare leggermente e fare cuocere per dieci minuti, mescolando di tanto in tanto. Versare i fagioli e proseguire la cottura a fuoco basso per 20 minuti. Portare a ebollizione l’acqua di cottura dei fagioli, quindi versarvi a pioggia la farina gialla. La polenta va servita ancora morbida ma non troppo bollente. Fare cuocere la polenta per circa trenta minuti, rimestandola di continuo con un cucchiaio di legno in modo da evitare la formazione di grumi. Unire la salsa con i fagioli alla polenta e proseguire la cottura per quindici minuti. Versare il tutto in ciotole di coccio monoporzione e lasciare raffreddare per due o tre minuti prima di portare i calzagatti in tavola. Secondo la leggenda lo strano nome della ricetta è dovuto a una vecchina che, preparando le due pietanze, abbia incespicato in uno dei gatti ospiti della casa e che i fagioli si siano riversati nella polenta: da qui calza (calcia) gatti! Persone: 6 | Tempo: 60 minuti | Difficoltà AAaaa

domenica 23 maggio 2021

La carbonara di Alessandro Borghese

La carbonara di Alessandro Borghese:dosi x 4 porzioni Per preparare un’ottima carbonara classica servono: 400 g di spaghetti, 4 tuorli, 150 g di guanciale, 50 g di pecorino romano grattugiato, 40 g di parmigiano reggiano grattugiato, q.b. di sale e pepe, q.b. di aceto. 1)l’uovo In una bowl alta e capiente, con l’aiuto di una frusta, sbattere i tuorli d’uovo insieme a pecorino e parmigiano. Poi, aggiustate di sale e aggiungete il pepe. 2) il guanciale Passate ora a tagliare il guanciale in piccoli bastoncini. Poi, rosolateli in una padella antiaderente. Lo chef Borghese, per questo passaggio, suggerisce un’accortezza: «Partite dalla padella fredda per far sciogliere il grasso». Alla fine cottura, aggiungete una spruzzata di aceto e mettete da parte. 3)la pasta Fate cuocere la pasta in acqua bollente e salata e scolatela al dente. A questo punto, versate gli spaghetti nella bowl con le uova e il guanciale (tenetene un po’ da parte per decorare). Poi, mescolate bene, così da far amalgamare bene il tutto. 4)l’impiattamento Adesso non resta che impiattare. Se volete presentarla come lo chef Alessandro Borghese, raccogliete gli spaghetti a nido e rifinite con del guanciale rosolato.

venerdì 21 maggio 2021

La 'nduja e i suoi fratelli: ecco i salumi che si possono spalmare

di Stefano Caffarri I sapori unici di prodotti antichi, dal ciauscolo alla ventricina, e le loro molte varianti regionali: niente coltello, basta un cucchiaio 18 MAGGIO 2021 Gli eroi dei film d’azione al grido di “Oggi è un buon giorno per morire” affrontano ogni sorta di pericolo. È la stessa sensazione che ha chi scrive quando ha la tentazione di trattare argomenti che riguardano la gastronomia popolare, fitta di “verità” inventate difese da Mirmidoni in assetto di guerra. Perché se, parafrasando De Gaulle, "Non è possibile governare un paese con un milione di salumi diversi", oggi ci addentriamo nella nicchia della nicchia: i salumi da spalmare. Perché ne vediamo di tutti i colori: crudi, cotti, affumicati, a pezzettoni, a pezzettini, conciati, salati, pepati, da affettare, da cuocere. E sì, anche così morbidi che non reggono la lama, ma richiedono di essere spalmati sulla amorevole fetta di pane. Già alla base di questo non c’è un vezzo ma un’esigenza: molto pane poco salame, si può dire, dal tempo dei tempi in cui era più fame che gola a guidare le mandibole umane. Parleremo delle varietà più diffuse, nella consapevolezza che ogni famiglia ha il suo credo, ma proviamo a trovare un minimo comun denominatore in questo delizioso zibaldone, e anche qualche gioiellino regionale, locale o addirittura in singola produzione che la fantasia golosa qui da noi non conosce confini. Ciauscolo Nel regno degli insaccati molli brilla il ciauscolo. Riconosciuto IGP per una piccola produzione esclusivamente nelle province di Ancona, Macerata, Fermo e Ascoli, nella sua qualità di salame molle ricorre sulle tavole di gran parte delle Marche e Umbria, con infinite sfumature. L’impasto comprende tagli nobili e minori del maiale, dal prosciutto al lardo, e deve la sua particolare qualità all’ingente presenza di grassi. Conciato con varie ricette a base di vino bianco, aglio, pepe e ovviamente sale, è insaccato in budello naturale in pezzature inferiori o pari al chilo e legato a mano. La ripetuta macinatura contribuisce alla cremosità del risultato finale, non inficiata dalla breve stagionatura: circa 15 giorni. Poco più a Sud, valicando i confini del Molise e dell’Abruzzo, si incoccia nella Ventricina Teramana, assai differente da quella che s’offre ai nostri palati a Vasto, Trigno o Montenero di Bisaccia, per citarne solo alcuni. Quella a grana grossa e magra assai, questa macinata fine fine, grassissima – ne contiene fino al 60/70% - e va senza dire, spalmabile. Riunita sotto il comune nome, questa famiglia bislacca di insaccati condivide l’origine, quando era lo stomaco del maiale a contenere l’insaccatura: oggi si ricercano pezzature più umane da budelle naturali. La Ventricina spalmabile ha una concia più complessa di quella a pezzettoni, come è facilmente intuibile, per fronteggiare la dilagante quantità di grasso: aglio, peperoni, rosmarino ma anche buccia d’arancia. Le due “cugine” non vanno confuse tra di loro, nonostante la loro evidente assonanza. 'Nduja Ancora più a Sud, nelle Calabrie, il peperone viene sostituito da uno tsunami di peperoncino dando vita ad uno degli impasti più intriganti del globo: la ‘nduja. Già il nome s’ammanta di mistero, con quell’apostrofo pleonastico che seduce d’acchito: ma poi è il colore e il profumo che sono un vero e proprio canto di sirena per le nostre perfettibili papille. Il nome risuona di un paio di altre combinazioni vincenti: il salam d’la duja, ben radicato in alcune zone del Piemonte, di cui diremo poi e l’Andouillette della Francia, prodotta in diverse zone: dal Perigord alla Provenza a Rouenne a Troyes. L’assonanza è giustificata da un tocco di aneddotica leggendaria: pare infatti che sia stato il Gioacchino Murat a portare in dono l’andouille alle terre di cui era stato nominato re dal Bonaparte all’inizio dell’800. I macellari locali poi la personalizzarono con l’ineluttabile peperoncino. Piuttosto omogenea la linea espressiva della ‘nduja calabrese, con la zona di Spilinga come riferimento in corsa per la IGP. Salume povero in origine, realizzato con tutto il frattagliame del maiale macinato con una percentuale omicida di peperoncino rosso, oggi ha trovato equibri assai ricercati usando importanti tagli magri e dosando bene le spezie. Non deve mancare la nota affumicata, che richiama il tempo in cui i salumi erano lasciati nelle case ad asciugare e restavano impregnati dai fumi dei camini. Stagionatura non breve: da tre a cinque mesi per arrivare a maturazione. Ventricina Forza di Lapalisse, esistono ben altri salumi spalmabili, la cui diffusione è assai più limitata, o sovrapponibile a quelli citati, oppure che solo in certi casi sono considerati “morbidi”: il Cremoso di Norcia per esempio è simile assai al Ciauscolo, viene prodotto in zone affini con metodologie affini e nell’immaginario collettivo non si è ancora conquistato un posto da protagonista. Localmente però suscita particolare interesse per il suo colore rosato, per la complessità dei suoi aromi dovute ai tagli utilizzati – lardo, pancetta, spalla, guancia – e alla concia. Dopo 20 giorni di stagionatura è pronto per arricchire una fetta di pane caldo. Il salam d’la doja – o duja – non è propriamente spalmabile, ma in virtù del particolare affinamento in recipienti pieni di grasso, resta morbido a lungo, e viene consumato miracolosamente tenero dopo un anno. La zona di produzione di questo insaccato – la doja è il recipiente che lo contiene – è inscritta in un areale che comprende Novara, Biella e Vercelli, anche se non in modo codificato. Leberwurst È tipica del Veneto invece la Sopressa, rigorosamente con una sola “p” se è quella Vicentina DOP. È insaccato nei grandi budelli di bovino e raggiunge pezzature ragguardevoli per il suo impasto di parti pregiate del maiale: coscia, lombo, grasso di gola finemente macinate e sapientemente conciate con aromi. Ha questa consistenza scioglievole, che diventa irresistibile sulla polenta fritta, ma lasciata maturare a lungo accetta il confronto con il coltello per finire dentro immensi panini. In Val d’Aosta si trova il temibile boudin, un vero e proprio sanguinaccio impastato con il lardo e le barbabietole, le patate, vino e una mescola di spezie di segreta composizione. Si mangia fresco, ma anche bollito. Altra referenza nordica il tedesco Leberwurst che sconfina nel nostro Alto Adige scartellando un po’ rispetto alle altre referenze in lista: carni precotte e fegati, a volte affumicate. Il lucano Borzillo, una eccezionale referenza a base di cinghiale. È realizzata in quantità omeopatiche da un unico produttore (a noi conosciuto) con aromatizzazioni di peperone e finocchietto. Ci vien di includere in questa probabilmente parziale nomenclatura degli insaccati spalmabili italiani anche la Salsiccia di Bra: se non spalmabile certamente “sbriciolabile” e da consumare cruda, nasce come insaccato di carni bovine per rispettare i dettami della cucina dedicata alla locale estesa comunità di religione ebraica, mentre all’oggi viene impastata con un saldo di grasso suino. Non possiamo chiudere questa galoppata se non immaginando quali meravigliosi pani potrebbero accogliere i nostri salumi “cucchiabili”…

La frutta in cucina, oltre il "prosciutto e melone" c'è molto di più

di Lara De Luna Coniglio in porchetta, cicoria ripassata, pesche arrostite e maionese di more e porcini (Ricetta e foto: Il Convivio - Angelo Troiani) Mele, banane, more, da usare non solo nei dessert ma anche nei piatti salati, oggi sono sempre più di tendenza, e ci aprono un mondo di sapori decisamente poco comune 18 MAGGIO 2021 La frutta. Una portata che non manca mai sulle tavole di tutto l'anno, ma che siamo abituati a considerare come un gesto conclusivo, da mangiare cruda o in versione dolce, come dessert o pre dessert, magari in abbinamento al tagliere dei formaggi. Ma che raramente, frutta secca a parte, pensiamo come ingrediente di una portata principale, multisfaccettata, dove il frutto può avere lo stesso effetto di una pennellata accesa su una tela, dissacrante e dirompente. Eppure nonostante pensiamo non appartenga alla nostra tradizione culinaria, la presenza della frutta nei piatti salati, è in realtà molto diffusa nel nostro Paese. Non solo nelle cucine di confine, come quella altoatesina o friulana, naturalmente aperte a tradizioni estere, ma ovunque, o quasi. "Le prime sperimentazioni", spiega lo chef Luca Landi del ristorante stellato Lunasia di Viareggio "sono nate alla corte di Angelo Paracucchi già prima degli anni '90, quando io ho cominciato a lavorare nella sua cucina. Alla Locanda dell'Angelo ha sperimentato da sempre, affermandosi come un vero precursore in questo senso. Basti pensare alle sue Capesante con indivia e lampone, sia in riduzione che come frutto intero, o a quella che chiamava Insalata della Salute, dove a un pesce cucinato al vapore abbinava sia verdura che frutta crude, cambiandole con il variare della stagione". Petto d'anatra alle more con spinaci, in carta al Lunasia di Viareggio in onore di Angelo Paracucchi "Il gioco" specifica lo chef Landi, "oggi è ancora più semplice che in passato, perché completare un piatto con dei gusti appartenenti alla sfera dell’acido o del dolce, è diventata una tendenza". Oggi si vive la fase finale del percorso "nato negli anni 2000 da Ferran Adrià, dove tanti ingredienti, tra cui la frutta, sono migrati dal mondo dei dessert a quello del salato e viceversa, dando la possibilità agli chef di poter attingere a un ventaglio più ampio di sfumature per gli ingredienti che compongono un piatto". Come in una tavolozza, di sapori, notevolmente ampliata nelle dimensioni, "che è più facile proporre al pubblico, oramai abituato a determinati sapori dall'avvento delle cucine fusion, da quelle sud e mesomericane alle mediterranee in senso più ampio, passando per la cucina nordica e le sue tecniche di fermentazione, dalle ovvie ascendenze orientali, che permettono di lavorare molto su vari tipi di frutta". Il segreto, fondamentale, "è sicuramente saper giocare con le acidità, ma è in primis la frutta che deve avere della personalità propria". Scegliere le more o le mele non è mai una questione di "banale colore, ma perché la frutta possa essere l’ago della bilancia dei sapori del piatto. Si deve studiare la materia prima, trovarne il punto di acidità e quello di dolcezza e poi bilanciarle con la proteina" nel caso di un secondo piatto, "o con gli altri ingredienti della nostra ricetta. Se abbiamo una carne grassa" per esempio, "andremo a cercare un equilibrio agrodolce in modo che possa sgrassare il palato. Come nel caso dell'anatra alle more, piatto che ripropongo al Lunasia in onore del mio mentore". Bilanciamenti, comprensione della materia prima, storia della cucina italiana e non solo. Può sembrare qualcosa di estraneo dalle cucine casalinghe, ma non è così. Basta in realtà scavare nei nostri ricordi e molto spesso nella nostra quotidianità. Il risotto alle fragole, residuato goloso degli anni '80, è ancora di sicuro fascino per il palato. Anche dei più giovani, magari meno abituati a ricette cadute in parte nel dimenticatoio; ne esiste anche una variante ai mirtilli. Un altro esempio è la pizza prosciutto e fichi (evoluzione del già noto abbinamento tra prosciutto, sempre crudo, e melone), con varianti con il culatello e la coppa, approdata nel mondo delle pizze "gourmet" e degli abbinamenti ricercati grazie alla capacità dell'accoppiata di adattarsi a vari tipi di disco di pasta, che sia esso napoletano (come nella ricetta di Enzo Coccia, che la abbina anche a dei pomodorini gialli del Vesuvio), o alla veneta: l'umidità che viene a crearsi potrebbe fare invidia anche alle tonde più classiche, rese morbide e intriganti dal connubio tra mozzarella e pomodoro. La pizza prosciutto e fichi di Enzo Coccia E se dalla frutta più zuccherina passiamo a una frutta leggermente più acidula, come mele o pere di ogni varietà, ci si apre un mondo. "Non far sapere al contadino quanto è buono il cacio con le pere" non è un modo di dire, ma una realtà tanto che l'insalata di pasta con pere e formaggio è un must dell'estate, che cambia, di poco, abito per l'inverno sostituendo a formaggi più freschi degli erborinati, più complessi nei sapori ma sempre versatili ai fornelli. Il Gorgonzola in questi casi, ça va sans dire, è un must. Protagonista indiscusso della rivisitazione di un piatto come lo Strudel, in abbinamento sia con le mele che con le pere; con la variante Spadone, la speciale torta salata si può anche declinare nella variante con Taleggio e speck. Ma se è vero, come dice Landi, "che molte tipologie di pesce si sposano perfettamente con questo tipo di lavorazioni", non esiste esempio migliore del baccalà, che vive molte vite diverse proprio a seconda dell'abbinamento: con la salsa alle mele, per un effetto delicato, o con le prugne e l'uvetta per una variante più strong data dal gioco complesso che unisce la delicatezza del pesce alla lieve asprezza delle prugne e la dolcezza dell'uvetta. Una confidenza ai fornelli, quelli tra la frutta tradizionalmente considerata dolce e ingredienti salati, che dalle sperimentazioni di Angelo Paracucchi in poi non ha mai abbandonato l'alta cucina italiana. Basti pensare che in una delle roccaforti del buon mangiare italiano, ovvero l'Enoteca Pinchiorri di Firenze, i piatti con la frutta in carta si susseguono di menu in menu. In quello attuale, campeggiano fiere le Lumache al verde con porri, avocado leggermente piccante e salsa alla noce di cocco, che spariglia tutte le carte: da un lato la tradizione del centro Italia, le lumache, dall'altro due frutti che parlano di cucina creola, terre esotiche e lontane. Una combo simile nei precetti ma totalmente diversa nella realizzazione, data anche la sostanziale differenza tra i frutti, è il Piccione banana e curry che Stefano Sforza ha pensato per la nuova stagione del ristorante Opera a Torino: la carne si sposa da un lato con la vibrante energia delle spezie, dall'altro con la morbida dolcezza del frutto, andando a ricordare, per gli appassionati, il Piccione cotto in vescica con fichi caramellati che qualche anno fa Vito Mollica fece debuttare al Four Seasons di Firenze. Anello di congiunzione unico e inimitabile tra il "sacro" e il "profano" inteso come cucina estremamente pop è l'Ananascosta di Franco Pepe: alla sua Pepe in Grani di Caiazzo (CE), già da anni sconvolge i palati con un cono di pasta di pizza fritta, con ananas (anatema, l'ananas sulla pizza!), salsa di Grana Padano, prosciutto crudo e a chiudere una polvere di olive nere caiazzane. Pici di farina di verna, aglio orsino, tartufi di mare a crudo e mela verde "Ma uno dei frutti più versatili in assoluto è la mela", continua Luca Landi, "al Lunasia abbiamo tra i cavalli di battaglia i Pici di farina di verna, pesto di aglio orsino, tartufi di mare a crudo e mela verde, oppure l'Anatra di Massarosa con arachidi e albicocche" dove queste ultime sono fermentate e ridotte in chutney. Uno dei piatti più complessi come costruzione, lo troviamo a Roma Al Convivio di Angelo Troiani, che nel menu à la carte propone la Frappa salata con ricciola, fegato frasso, fichi, rosmarino e scorzonera: un inno agli intrecci e alle complessità, tra la delicatezza della ricciola e la corposità del fegato. Nel menu delivery, gli fa da eco il Coniglio in porchetta con cicoria ripassata, pesche arrostite e maionese di more e porcini, dove alla corposità della proteina principale, fa eco la freschezza delle pesche, e l'acidulo del frutto di bosco. Un gioco che si può ritrovare anche nella Lingua di vitello, "cacio e pepe" e lampone in carta alla tavola di Giuseppe di Iorio, all'Aroma Restaurant. Un campo in cui la sperimentazione continua sempre e non ci sono pregiudizi. Nemmeno quelli sullo stato di crescita della frutta. Spiega Landi: "Uno dei nostri prossimi piatti, l'Insalata Apuana, prevede solo frutta acerba per spingere sui tannini". Decisamente quanto di più lontano possibile dalla macedonia a fine pasto.

Tartine di riso al salto

INGREDIENTI E DOSI 320 g di riso carnaroli un bicchiere di vino bianco secco 3 bustine di zafferano in polvere 50 g di grana grattugiato uno scalogno 150 cl di brodo vegetale sale e pepe q.b. burro q.b. 8 mazzancolle fresche 200 g di crescenza prezzemolo fresco Mondate e tritate finemente lo scalogno, fatelo dorare in una casseruola con una noce di burro, quindi aggiungete il riso e fatelo tostare, mescolando accuratamente. Sfumate col vino e lasciate evaporare; incorporate gradualmente il brodo bollente avendo cura di immergere sempre il riso nel liquido e mescolando continuamente. Sciogliete lo zafferano in un pochino di brodo caldo a parte e aggiungetelo al riso in cottura. Quando il riso sarà al dente, toglietelo dal fuoco e mantecate con del grana, pepe e una generosa noce di burro. Fate intiepidire e tenete da parte il riso. Lavate le mazzancolle, privatele del carapace e del budello, quindi sbollentatele per pochi secondi. Ungete il fondo della padella con del burro e fate dorare quattro dischi di riso precedentemente coppati col coppapasta facendoli abbrustolire a fuoco vivace per circa quattro minuti per lato. Farcite ogni riso con un cucchiaio di crescenza, due mazzancolle e una foglia di prezzemolo, quindi servite. Curiosità Il riso al salto nasce come metodo, prettamente a Milano ma anche in altre zone della Lombardia, per riciclare il risotto avanzato dal giorno prima, specie quello allo zafferano. Tenete alta la base delle tartine, in modo che il riso resti morbido all’interno e croccante in superficie. Persone: 4 | Tempo: 50 minuti | Difficoltà AAAaa

Acciughe alla povera

INGREDIENTI E DOSI 600 g di acciughe una cipolla rossa di Tropea grande olio EVO q.b. 250 ml aceto di vino bianco sale e pepe q.b. Le acciughe alla povera sono una preparazione molto semplice e saporita, perfetta in particolare come antipasto dalla tarda primavera a tutta l’estate. Anche se è una ricetta di minima difficoltà, bisogna prestare attenzione nello scegliere il pesce: è meglio che le acciughe siano freschissime, abbattute in barca a garanzia di salubrità, ben polpose ma non troppo grandi. Una volta che vi siete procurati tutti gli ingredienti, procedete a pulire il pesce eliminando testa, lisca e interiora delle acciughe. Sciacquatele e asciugatele tamponando con un canovaccio da cucina pulito o dei fogli di carta assorbente. Disponete ora le acciughe in una pirofila e irrorate di aceto finché non ne siano ricoperte; lasciate quindi a marinare in frigo per almeno cinque ore. Scolare l’aceto e a ricoprire le acciughe con la cipolla affettata finemente. Salate, pepate, e ricoprite d’olio d’oliva; lasciate quindi nuovamente a marinare per almeno altre due ore in frigorifero, in seguito alle quali potete servire le acciughe alla povera ormai pronte. Questa ricetta si può reinterpretare secondo i propri gusti, ad esempio variando la quantità di cipolla o aggiungendo peperoncino. Si raccomanda di abbinare questo piatto a un vino bianco asciutto e fresco, come la Vernaccia di San Gimignano. Persone: 4 | Tempo: 20 minuti | Difficoltà Aaaaa

mercoledì 19 maggio 2021

La frutta in cucina, oltre il "prosciutto e melone" c'è molto di più

di Lara De Luna Coniglio in porchetta, cicoria ripassata, pesche arrostite e maionese di more e porcini (Ricetta e foto: Il Convivio - Angelo Troiani) Mele, banane, more, da usare non solo nei dessert ma anche nei piatti salati, oggi sono sempre più di tendenza, e ci aprono un mondo di sapori decisamente poco comune 18 MAGGIO 2021 4 MINUTI DI LETTURA La frutta. Una portata che non manca mai sulle tavole di tutto l'anno, ma che siamo abituati a considerare come un gesto conclusivo, da mangiare cruda o in versione dolce, come dessert o pre dessert, magari in abbinamento al tagliere dei formaggi. Ma che raramente, frutta secca a parte, pensiamo come ingrediente di una portata principale, multisfaccettata, dove il frutto può avere lo stesso effetto di una pennellata accesa su una tela, dissacrante e dirompente. Eppure nonostante pensiamo non appartenga alla nostra tradizione culinaria, la presenza della frutta nei piatti salati, è in realtà molto diffusa nel nostro Paese. Non solo nelle cucine di confine, come quella altoatesina o friulana, naturalmente aperte a tradizioni estere, ma ovunque, o quasi. "Le prime sperimentazioni", spiega lo chef Luca Landi del ristorante stellato Lunasia di Viareggio "sono nate alla corte di Angelo Paracucchi già prima degli anni '90, quando io ho cominciato a lavorare nella sua cucina. Alla Locanda dell'Angelo ha sperimentato da sempre, affermandosi come un vero precursore in questo senso. Basti pensare alle sue Capesante con indivia e lampone, sia in riduzione che come frutto intero, o a quella che chiamava Insalata della Salute, dove a un pesce cucinato al vapore abbinava sia verdura che frutta crude, cambiandole con il variare della stagione". Petto d'anatra alle more con spinaci, in carta al Lunasia di Viareggio in onore di Angelo Paracucchi "Il gioco" specifica lo chef Landi, "oggi è ancora più semplice che in passato, perché completare un piatto con dei gusti appartenenti alla sfera dell’acido o del dolce, è diventata una tendenza". Oggi si vive la fase finale del percorso "nato negli anni 2000 da Ferran Adrià, dove tanti ingredienti, tra cui la frutta, sono migrati dal mondo dei dessert a quello del salato e viceversa, dando la possibilità agli chef di poter attingere a un ventaglio più ampio di sfumature per gli ingredienti che compongono un piatto". Come in una tavolozza, di sapori, notevolmente ampliata nelle dimensioni, "che è più facile proporre al pubblico, oramai abituato a determinati sapori dall'avvento delle cucine fusion, da quelle sud e mesomericane alle mediterranee in senso più ampio, passando per la cucina nordica e le sue tecniche di fermentazione, dalle ovvie ascendenze orientali, che permettono di lavorare molto su vari tipi di frutta". Il segreto, fondamentale, "è sicuramente saper giocare con le acidità, ma è in primis la frutta che deve avere della personalità propria". Scegliere le more o le mele non è mai una questione di "banale colore, ma perché la frutta possa essere l’ago della bilancia dei sapori del piatto. Si deve studiare la materia prima, trovarne il punto di acidità e quello di dolcezza e poi bilanciarle con la proteina" nel caso di un secondo piatto, "o con gli altri ingredienti della nostra ricetta. Se abbiamo una carne grassa" per esempio, "andremo a cercare un equilibrio agrodolce in modo che possa sgrassare il palato. Come nel caso dell'anatra alle more, piatto che ripropongo al Lunasia in onore del mio mentore". Bilanciamenti, comprensione della materia prima, storia della cucina italiana e non solo. Può sembrare qualcosa di estraneo dalle cucine casalinghe, ma non è così. Basta in realtà scavare nei nostri ricordi e molto spesso nella nostra quotidianità. Il risotto alle fragole, residuato goloso degli anni '80, è ancora di sicuro fascino per il palato. Anche dei più giovani, magari meno abituati a ricette cadute in parte nel dimenticatoio; ne esiste anche una variante ai mirtilli. Un altro esempio è la pizza prosciutto e fichi (evoluzione del già noto abbinamento tra prosciutto, sempre crudo, e melone), con varianti con il culatello e la coppa, approdata nel mondo delle pizze "gourmet" e degli abbinamenti ricercati grazie alla capacità dell'accoppiata di adattarsi a vari tipi di disco di pasta, che sia esso napoletano (come nella ricetta di Enzo Coccia, che la abbina anche a dei pomodorini gialli del Vesuvio), o alla veneta: l'umidità che viene a crearsi potrebbe fare invidia anche alle tonde più classiche, rese morbide e intriganti dal connubio tra mozzarella e pomodoro. La pizza prosciutto e fichi di Enzo Coccia E se dalla frutta più zuccherina passiamo a una frutta leggermente più acidula, come mele o pere di ogni varietà, ci si apre un mondo. "Non far sapere al contadino quanto è buono il cacio con le pere" non è un modo di dire, ma una realtà tanto che l'insalata di pasta con pere e formaggio è un must dell'estate, che cambia, di poco, abito per l'inverno sostituendo a formaggi più freschi degli erborinati, più complessi nei sapori ma sempre versatili ai fornelli. Il Gorgonzola in questi casi, ça va sans dire, è un must. Protagonista indiscusso della rivisitazione di un piatto come lo Strudel, in abbinamento sia con le mele che con le pere; con la variante Spadone, la speciale torta salata si può anche declinare nella variante con Taleggio e speck. Ma se è vero, come dice Landi, "che molte tipologie di pesce si sposano perfettamente con questo tipo di lavorazioni", non esiste esempio migliore del baccalà, che vive molte vite diverse proprio a seconda dell'abbinamento: con la salsa alle mele, per un effetto delicato, o con le prugne e l'uvetta per una variante più strong data dal gioco complesso che unisce la delicatezza del pesce alla lieve asprezza delle prugne e la dolcezza dell'uvetta. Ananascosta, la pizza fritta con ananas, fonduta di Grana Padano, prosciutto crudo e polvere di olive nere caiazzane di Franco Pepe. (foto: Luciano Furia) Una confidenza ai fornelli, quelli tra la frutta tradizionalmente considerata dolce e ingredienti salati, che dalle sperimentazioni di Angelo Paracucchi in poi non ha mai abbandonato l'alta cucina italiana. Basti pensare che in una delle roccaforti del buon mangiare italiano, ovvero l'Enoteca Pinchiorri di Firenze, i piatti con la frutta in carta si susseguono di menu in menu. In quello attuale, campeggiano fiere le Lumache al verde con porri, avocado leggermente piccante e salsa alla noce di cocco, che spariglia tutte le carte: da un lato la tradizione del centro Italia, le lumache, dall'altro due frutti che parlano di cucina creola, terre esotiche e lontane. Una combo simile nei precetti ma totalmente diversa nella realizzazione, data anche la sostanziale differenza tra i frutti, è il Piccione banana e curry che Stefano Sforza ha pensato per la nuova stagione del ristorante Opera a Torino: la carne si sposa da un lato con la vibrante energia delle spezie, dall'altro con la morbida dolcezza del frutto, andando a ricordare, per gli appassionati, il Piccione cotto in vescica con fichi caramellati che qualche anno fa Vito Mollica fece debuttare al Four Seasons di Firenze. Anello di congiunzione unico e inimitabile tra il "sacro" e il "profano" inteso come cucina estremamente pop è l'Ananascosta di Franco Pepe: alla sua Pepe in Grani di Caiazzo (CE), già da anni sconvolge i palati con un cono di pasta di pizza fritta, con ananas (anatema, l'ananas sulla pizza!), salsa di Grana Padano, prosciutto crudo e a chiudere una polvere di olive nere caiazzane. Pici di farina di verna, aglio orsino, tartufi di mare a crudo e mela verde "Ma uno dei frutti più versatili in assoluto è la mela", continua Luca Landi, "al Lunasia abbiamo tra i cavalli di battaglia i Pici di farina di verna, pesto di aglio orsino, tartufi di mare a crudo e mela verde, oppure l'Anatra di Massarosa con arachidi e albicocche" dove queste ultime sono fermentate e ridotte in chutney. Uno dei piatti più complessi come costruzione, lo troviamo a Roma Al Convivio di Angelo Troiani, che nel menu à la carte propone la Frappa salata con ricciola, fegato frasso, fichi, rosmarino e scorzonera: un inno agli intrecci e alle complessità, tra la delicatezza della ricciola e la corposità del fegato. Nel menu delivery, gli fa da eco il Coniglio in porchetta con cicoria ripassata, pesche arrostite e maionese di more e porcini, dove alla corposità della proteina principale, fa eco la freschezza delle pesche, e l'acidulo del frutto di bosco. Un gioco che si può ritrovare anche nella Lingua di vitello, "cacio e pepe" e lampone in carta alla tavola di Giuseppe di Iorio, all'Aroma Restaurant. Un campo in cui la sperimentazione continua sempre e non ci sono pregiudizi. Nemmeno quelli sullo stato di crescita della frutta. Spiega Landi: "Uno dei nostri prossimi piatti, l'Insalata Apuana, prevede solo frutta acerba per spingere sui tannini". Decisamente quanto di più lontano possibile dalla macedonia a fine pasto.

martedì 18 maggio 2021

Spaghetti Gamberi e Calamari

Gli Spaghetti Gamberi e Calamari sono una preparazione semplice dal profumo e dal gusto fantastici. Si preparano in poco tempo, procuratevi del pesce fresco e sentirete che sapore. PortataPrimi Piatti CucinaItaliana Preparazione15 minuti Cottura15 minuti Tempo totale30 minuti Porzioni4 persone Calorie150kcal AutoreVale Ingredienti 2 spicchi Aglio 1 q.b. Olio extravergine oliva 200 gr Gamberetti (o mazzancolle) 100 300 gr Calamari (o totani) 150 1/2 bicchiere Vino bianco 1/4 400 gr Passata Pomodoro 200g. 400 gr Spaghetti 200g. Per il Fumetto di Crostacei Scarti Crostacei 300 ml Acqua 150ml 4-5 Pomodorini 2 1/2 Cipolla 1/4 q.b. Prezzemolo q.b Olio extravergine oliva Preparazione Preparazione Fumetto Per preparare gli Spaghetti Gamberi e Calamari come prima cosa bisogna preparare il Fumetto di Crostacei che poi sarà il liquido che conferirà maggior sapore al piatto. Unire in una casseruola tutti gli ingredienti, quindi cipolla, pomodorini tagliati a metà, del prezzemolo intero, 1 giro d'olio e acqua. Staccare code e teste dei gamberi e ponetele in pentola tenendo i corpi da parte. Coprire con l'apposito coperchio, porre su fiamma moderata e lasciar cuocere. Preparazione sugo Dedicarsi ora alla pulizia delle materie prime, ovvero i gamberi e i calamari. Quindi ai gamberi a cui avrete già eliminato teste e code, eliminare il filamento nero che si trova sul dorso e tenere le polpe da parte coperte con pellicola alimentare. Pulire con cura anche i calamari eliminando interiora, ossi centrali e occhi, sciacquare sotto acqua corrente poi ridurre in tondini o listarelle non troppo piccole. In una padella antiaderente versare l'olio e i due spicchi d'aglio privati della camicia e lasciar rosolare fino a che questi saranno diventati dorati. Alzare la fiamma e aggiungere ora i calamari, saltateli per pochi secondi poi unire anche i gamberi, quando cominceranno a cambiare colore, sfumare con il vino bianco. Lasciar evaporare la parte alcolica del vino (ci vorranno pochi minuti) poi con una schiumarola estrarre Gamberi e Calamari dalla padella e tenerli da parte al caldo. Riempire una pentola con abbondante acqua e portare a bollore, intanto alla padella versare la passata di pomodoro e lasciar cuocere per qualche minuto. Filtrare il Fumetto di Crostacei e aggiungerne un paio di mestoli alla passata di pomodoro, mescolare e lasciar cuocere. Durante la cottura del pomodoro versare un mestolo di Fumetto ogni volta che il sugo si rapprenderà, serviranno circa 4 (2) mestoli di Fumetto. Calare gli spaghetti, aggiustare di sale e lasciarli cuocere per il tempo indicato sulla confezione. Intanto al sugo aggiungere i gamberi e i calamari tenuti da parte, aggiungere del prezzemolo tagliuzzato e lasciar cuocere a fiamma bassa. Quando la pasta sarà pronta, scolarla e versarla nella padella col sugo, aggiungere mezzo mestolo di Fumetto di crostacei e saltare fino a che il tutto sarà ben amalgamato. I vostri Spaghetti Gamberi e Calamari sono pronti per essere serviti.

mercoledì 5 maggio 2021

Spaghetti con sgombro e pomodorini

Scritto il 24/06/2019 Spaghetti con sgombro e pomodorini, primo piatto semplice, gustoso ed economico preparato con pomodorini freschi e sgombro sott’olio. Pochi minuti e pochi ingredienti per ottenere un ottimo risultato, perfetto per la stagione estiva quando i pomodorini sono più gustosi. La pasta con sgombro e pomodorini è perfetta per il pranzo di tutti i giorni, ma anche per una cena veloce al rientro da lavoro o da una giornata al mare. Preparazione:15 Minuti Cottura:15 Minuti Difficoltà:Bassa Porzioni:2 persone Costo:Economico Ingredienti 200 g Spaghetti 120 g Sgombro sott'olio 250 g Pomodorini 1 spicchio Aglio 1 filo Olio extravergine d'oliva q.b. Peperoncino q.b. Sale 2/3 foglie Basilico Preparazione Preparate subito una pentola con l’acqua per la pasta necessaria e mentre aspettate che arrivi a bollore iniziate a preparare gli ingredienti per condirla. Sbucciate uno spicchio d’aglio, tritatelo e versatelo in una padella antiaderente con un filo d’olio e un pizzico di peperoncino, rosolate l’aglio a fiamma dolce. Lavate i pomodorini e tagliateli in due parti, poi tagliateli a strisce per il lungo e aggiungeteli all’aglio rosolato, fate cuocere per una decina di minuti a fiamma moderata, poi aggiungete i filetti di sgombro sgocciolati a pezzi grossolani, mescolate il tutto e proseguite la cottura per altri 4/5 minuti circa. Scolate la pasta al dente, versatela nella padella con il sugo allo sgombro preparato, fatela saltare in padella per qualche istante, aggiungendo se necessario un mestolo di acqua di cottura, aggiungete anche qualche foglia di basilico sminuzzata grossolanamente con le dita e spegnete la fiamma. Gli Spaghetti con sgombro e pomodorini sono prontai non vi resta che servirli.

lunedì 3 maggio 2021

Budino di riso

INGREDIENTI E DOSI 80 g di riso carnaroli ½ litro di latte un tuorlo grande o 2 tuorli piccoli un uovo intero scorza di limone q.b. 25 g di zucchero semolato sambuca o un altro liquore da dolci 125 g di farina 00 50 g di zucchero a velo 80 g di burro Preparate la pastafrolla unendo la farina, lo zucchero a velo, l’uovo intero, il burro e un po’ di scorza di limone grattugiata. Una volta ottenuto un impasto omogeneo avvolgetelo in pellicola trasparente e lasciatelo riposare in frigo per circa un’ora. Nel frattempo, dedicatevi al ripieno. Portate il latte a ebollizione in un pentolino. Aggiungetevi subito il riso e, dopo qualche minuto, lo zucchero e altra scorza di limone. Cuocete a fuoco basso, mescolando con attenzione per evitare che il riso si bruci attaccandosi al fondo della pentola. Il tempo di cottura corretto è il triplo di quello indicato sulla confezione del riso: tipicamente, intorno ai quaranta minuti. Il riso in ogni caso deve ben assorbire tutto il latte e diventare molto morbido. Fate raffreddare completamente, quindi aggiungere i tuorli d’uovo e il liquore e amalgamate bene. Stendete dunque la pastafrolla e tagliatela in 6 dischi tondi per foderare altrettanti stampini da dolce in cui poi verserete il ripieno di riso. Ponete i budini a cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa 30 minuti; per evitare che si bruniscano potete coprirli con un foglio di alluminio che avrete forato con una forchetta. Una volta pronti, lasciate raffreddare per una decina di minuti e servite con dello zucchero a velo. Persone: 6 | Tempo: 80 minuti | Difficoltà AAAaa Categories: FOOD&BEVERAGE|Tags: Sapori e Ricordi

Scarpaccia di Camaiore

INGREDIENTI E DOSI 500 g di zucchine chiare 2 cipolline bianche fresche 4 foglie di basilico 150 g di farina bianca 2 uova intere 50 g di burro ½ bicchiere di latte olio EVO q.b. sale e pepe q.b. Tagliate le zucchine e le cipolline a fettine molto sottili. Si consiglia, se avete tempo, di mettere per un paio d’ore le zucchine in uno scolapasta o in una scodella con un po’ di sale perché rilascino così la loro acqua. Procedete dunque a preparare la pastella. In una ciotola capiente versate la farina ben setacciata e aggiungetevi le uova. Lavorate con una frusta o una spatola l’impasto aggiungendo nel mentre quattro cucchiai d’olio, un pizzico di sale, uno di pepe, il latte a filo, e un po’ d’acqua tiepida. Quando avrete ottenuto un impasto liscio, omogeneo e senza grumi, unitevi verdure e foglie di basilico spezzettate e amalgamate. Imburrate ora una teglia e infarinatela bene; versateci quindi il composto in maniera che sia alto idealmente un centimetro circa. Spalmate la superficie di olio extravergine e infornate in forno ventilato preriscaldato a 200° per circa quarantacinque minuti. La consistenza ideale della scarpaccia è quella di una torta sottile e ben croccante. Questa ricetta è molto versatile: oltre che come piatto principale o piatto unico, può anche essere proposta come antipasto, tagliata e servita a fettine o quadretti. Ne esiste addirittura una versione dolce, tipica della città di Viareggio, che differisce da circa 150 g di zucchero. Persone: 6 | Tempo: 80 minuti | Difficoltà AAAaa

Scottiglia alla senese

INGREDIENTI E DOSI un pollo intero una cipolla dorata una costa di sedano una carota piccola 500 g di pomodori maturi uno spicchio d’aglio ½ bicchiere di vino bianco brodo vegetale olio EVO rosmarino peperoncino sale e pepe q.b. pane toscano affettato Preparate il pollo pulendolo e tagliandolo a pezzi non troppo grandi. Versate dunque un filo di olio extravergine in un tegame dai bordi alti e mettete sul fuoco. Una volta che sarà ben caldo rosolateci un rametto di rosmarino assieme alla cipolla, al sedano e alla carota che avrete già tritati finemente. Quando le verdure saranno appassite aggiungete lo spicchio d’aglio intero, il peperoncino e il pollo; lasciate quindi cuocere a fuoco vivo per un quarto d’ora circa rigirando la carne continuamente. In questa fase aggiungete anche sale e pepe a piacimento. Quando il pollo è ben rosolato da ogni lato, sfumate con il vino bianco per poi aggiungere il pomodoro tagliato a dadini. In caso non abbiate pomodori ben maturi per questa ricetta, potete sostituire con della polpa di pomodoro o della passata rustica. Proseguite la cottura aggiungendo una tazza di brodo vegetale. Il sugo dovrebbe risultare di una consistenza piuttosto liquida per potere poi essere bene assorbito dal pane, di conseguenza fate attenzione a non farlo restringere troppo e correggete con brodo o acqua. Continuate la cottura con coperchio per circa 45 minuti. Una volta pronta la scottiglia, sistemate nei piatti le fette di pane già tostate e agliate; impiattate la carne irrorandole bene di sugo. Persone: 4 | Tempo: 60 minuti | Difficoltà AAaaa

Pici alle briciole

INGREDIENTI E DOSI 400 g di farina 00 un uovo 250 g di acqua tiepida sale q.b. 250 g di pane toscano raffermo 2 spicchi d’aglio formaggio pecorino olio EVO Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, versatevi al centro circa 170 g di acqua tiepida e l’uovo, quindi iniziate ad impastare la farina cominciando dal centro della fontana. Lavorate l’impasto energicamente per un quarto d’ora, aggiungendo l’acqua rimanente ed un pizzico di sale, fino a ottenere un panetto liscio e sodo. Lasciate riposare all’aria per quindici minuti. Prendete dunque dei piccoli pezzi di impasto e arrotolateli con il palmo della mano sulla spianatoia, fino ad ottenere degli spaghettoni irregolari. Dovrebbero essere appena meno spessi di una matita e più lunghi dei normali spaghetti. In una pentola con acqua salata bollente, buttatevi i pici, mescolandoli delicatamente con un forchettone di legno; appena verranno a galla, scolateli. Nel frattempo, imbiondite in una padella con olio caldo gli spicchi d’aglio, schiacciandoli senza privarli della buccia; aggiungete poi la mollica di pane raffermo sbriciolata grossolanamente. Togliete gli spicchi d’aglio dopo qualche minuto lasciando sul fuoco le briciole finché non avranno assunto un colore dorato. A questo punto, versate i pici scolati direttamente nella padella e procedete a saltarli assieme alle briciole. Servite ancora ben caldi, accompagnati da pecorino grattugiato a piacere. Persone: 4 | Tempo: 45 minuti | Difficoltà AAAaa