giovedì 26 dicembre 2013

CENNI DI VINIFICAZIONE



  vinificazione in bianco



    LA VINIFICAZIONE IN ROSSO
    La vinificazione in rosso, secondo la procedura tradizionale, comporta quattro fasi:
    • Trattamenti meccanici dell'uva: pigiatura, diraspatura, riempimento dei tini di fermentazione.
    • Fermentazione alcolica e macerazione.
    • Operazioni meccaniche sul vino: rimontaggio, follatura, svinatura e torchiatura.
    • Fermentazione malolattica.
    Nel seguito sono descritte le singole fasi cui corrisponde lo schema a blocchi di dettaglio riportato in figura.


    Successivamente saranno descritte alcune varianti della procedura tradizionale di produzione e in particolare la vinificazione continua, quella per macerazione carbonica e quella a caldo.
    Trattamenti meccanici dell'uva
    La prima operazione che interviene nella vinificazione è, ovviamente, il trasporto delle uve raccolte dalla vigna alla cantina. Questa operazione non è di fondamentale importanza per i vini rossi, mentre lo è invece nella produzione di vini bianchi di qualità. Gli enologi raccomandano di evitare pigiature sommarie dell'uva, pigiature che hanno l'obiettivo di ridurre i volumi di trasporto ma che hanno l'effetto indesiderato di avviare fermentazioni e macerazioni incontrollate, due processi importantissimi per la produzione di un vino rosso di buona qualità.
    Il successivo passo da compiere è la pigiatura dell'uva. Il processo, noto anche come ammostatura, ha come scopo quello di rompere la buccia, e di liberare il succo e la polpa. Il prodotto di tale operazione è detto pigiato. Il pigiato può essere trattato con anidride solforosa: ciò ha come scopo un aumento della velocità di macerazione delle parti solide del pigiato stesso. Spesso l'uva viene solo lievemente pigiata al fine di evitare la lacerazione di raspi e vinaccioli, responsabili della formazione di abbondanti fecce. Si preferisce aumentare la durata della macerazione anzichè il grado di pigiatura del mosto. La pigiatura è seguita dalla diraspatura che consiste nell'eliminazione dei raspi dal pigiato. L'utilizzo di macchine particolari, dette pigiodiraspatrici, consente di eseguire simultaneamente i processi di pigiatura e diraspatura.
    L'operazione di diraspatura presenta sia vantaggi che svantaggi. I vantaggi nell'effettuare la diraspatura sono:
    • La sensibile riduzione del volume occupato dal pigiato (la riduzione che si ottiene è del 30% circa).
    • Il succo dei raspi, ricco di potassio, può conferire al prodotto finale un sapore erbaceo ed astringente.
    • I raspi modificano la composizione del vino, in quanto contengono grosse quantità d'acqua e piccole quantità di zucchero. Ciò si traduce in un annacquamento del vino.
    • I raspi assorbono alcool ed altre sostanze gli antociani, responsabili, questi ultimi, della colorazione del vino. Il vino prodotto senza diraspare sarà senza dubbio più chiaro rispetto ad uno prodotto con diraspatura.
    Gli svantaggi della diraspatura sono:
    • I raspi favoriscono, una buona termoregolazione: l'acqua contenuta in essi, infatti, limita l'innalzamento della temperatura che si ha durante la fase di fermentazione. Ciò è senz'altro un vantaggio, in quanto temperature troppo alte possono bloccare la fermentazione, evento questo fortemente indesiderato.
    • I raspi favoriscono l'areazione del mosto, contenendo molto ossigeno che è un elemento essenziale per una corretta condotta della fase di macerazione e fermentazione.
    La fase successiva alla diraspatura è il riempimento dei tini di fermentazione, anche detti fermentini. Si tratta di recipienti a forma di tronco di cono, costruiti in vari materiali (cemento, legno, metallo). I tini possono essere classificati come:
    • Tini chiusi.
    • Tini aperti a cappello galleggiante: tini che favoriscono il galleggiamento delle parti solide del mosto (note anche con il nome di vinacce o cappello).
    • Tini aperti a cappello sommerso: tini che costringono il cappello che si forma a rimanere sommerso nel succo d'uva. Ciò avviene utilizzando speciali setacci montati nel tino.
    Ovviamente differenti sistemi di conservazione del mosto condurranno a diverse qualità di vino.
    Fermentazione alcolica e macerazione
    Nei tini di fermentazione, i processi che avvengono sono essenzialmente due: la fermentazione alcolica e la macerazione. Queste due fasi sono di fondamentale importanza per un corretto processo di vinificazione in rosso. In questa fase, infatti, si decide la qualità del prodotto finale più che in ogni altra fase del processo. La fermentazione alcolica è indotta dalla presenza di lieviti. Alcuni autori ritengono che i lieviti siano presenti sulle bucce delle uve altri, invece, ritengono che essi siano presenti (come residui) nei tini di fermentazione in cantina. I principali parametri che influenzano la fermentazione alcolica sono:
    • La temperatura: una temperatura superiore ai 30 °C comporta il blocco della fermentazione. D'altro canto anche una temperatura troppo bassa può causare l'arresto della fermentazione. La temperatura ideale alla quale condurre la fermentazione dipende dal tipo di vinificazione che si sta effettuando: per la vinificazione in rosso una temperatura ideale è intorno ai 25-27 °C.
    • Il pH: un ambiente eccessivamente acido abbatte fortemente il tasso di crescita dei lieviti, causando quindi un blocco della fermentazione.
    • La concentrazione di ossigeno: una mancanza di ossigeno non favorisce la riproduzione di lieviti, causando ancora una volta il blocco della fermentazione.
    Tutti questi parametri variano durante la fermentazione stessa. La fermentazione alcolica ha come obiettivo la trasformazione di zuccheri in alcool. La reazione chimica che regola tale trasformazione produce come elemento secondario anidride carbonica ed è inoltre fortemente esotermica:
    C6H12O 2C2H5OH + 2CO2 + Calore
    Teoricamente, un volume di mosto di un litro, contenente una quantità di zucchero pari a 180g, è soggetto ad un incremento di temperatura di 33°C, se mantenuto in condizioni adiabatiche. Nella pratica invece, lo sviluppo di gas secondari e la non perfetta coibentazione dei tini di fermentazione riducono l'incremento di temperatura a circa 15°C. La formazione di anidride carbonica provoca il caratteristico ribollire del mosto contenuto nei tini di fermentazione. L'azione meccanica espletata, inoltre, favorisce l'accumulo in superficie delle parti solide del mosto, portando alla formazione del cappello. L'azione meccanica separa cioè, il vino fiore dalla vinaccia (o cappello). La fermentazione deve avvenire ad opera di lieviti, contenuti nel cappello; questi, per riprodursi e sopravvivere, hanno bisogno di ossigeno, di una temperatura e di una gradazione alcolica non troppo elevate. Una temperatura superiore a 30°C causa, come detto, il blocco della fermentazione alcolica, ossia il blocco della trasformazione dello zucchero in alcool. Questo è un evento fortemente indesiderato, visto che la presenza di zucchero vuol dire instabilità biologica del prodotto finale che, quindi, non potrà essere conservato a lungo. Infatti vini affetti da un arresto precoce della fermentazione sono tipicamente molto dolci ed instabili. Per consentirne la conservazione per due o tre mesi devono essere trattati necessariamente con anidride solforosa (SO2). Il trattamento con SO2, noto anche come solfitazione, ha infatti un effetto antisettico.
    La mancanza di ossigeno nella fermentazione provoca la riduzione dei lieviti e lo sviluppo di fermentazioni deviate ad opera di batteri lattici ed acetici, il cui risultato è la trasformazione dello zucchero in prodotti diversi dall'etanolo, quali acido lattico ed acido acetico. In realtà, fermentazioni deviate possono generarsi anche dall'impiego di ceppi di lieviti molto eterogenei e non selezionati. Si può facilmente intuire che tali fenomeni causano un irreversibile danneggiamento del mosto e sia il gusto che la qualità del prodotto finale ne vengono compromessi.
    Nel caso in cui si verifichi un blocco della fermentazione oppure si desideri per qualche ragione accelerare la fermentazione, si può ricorrere all'inoculo di lieviti esogeni (lieviti selezionati e coltivati in provetta) oppure all'aggiunta di mosto concentrato o già in fermentazione.
    La macerazione è il processo di scambio di sostanze, contenute nella vinaccia, tra cappello e vino fiore. Le sostanze in questione sono soprattutto antociani rossi e tannini. Gli antociani, come già detto, sono responsabili della colorazione del vino; i tannini invece, se presenti in quantità non eccessive, ostacolano la precipitazione in soluzione degli antociani stessi. Lo scambio di sostanze deve essere favorito operando meccanicamente sul cappello: le operazioni di rottura del cappello e lisciviazione dello stesso sono note come follatura e rimontaggio, rispettivamente.
    Un fenomeno che è importante citare e che interessa gli antociani rossi è la rifissazione. Gli antociani tendono a fissarsi sui vinaccioli costituenti parte del cappello, provocando così una decolorazione del vino. Il processo di rifissazione spiega perché la colorazione del vino aumenta nei primi giorni della fermentazione, dopodiché comincia a diminuire. Secondo alcuni autori, la macerazione avviene tanto più velocemente quanto maggiore è il numero di cellule morte presenti nel cappello: ciò si spiega semplicemente se si pensa che le cellule morte non trattengono affatto le sostanze che le costituiscono. E' quindi chiaro che le condizioni ambientali nelle quali si vorrebbe che avvenisse la macerazione (temperature alte, pH bassi, tenore alcolico elevato) sono nettamente in contrasto con quelle desiderate per ottenere una buona fermentazione alcolica.
    Operazioni meccaniche sul vino
    Rimontaggio
    Il rimontaggio consta nella spillatura del vino fiore dal fondo del tino e nella reimmissione di esso nella parte superiore del tino. Il processo ha molteplici effetti positivi:
    • Favorisce la dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nella vinaccia (lieviti, antociani e tannini).
    • Favorisce l'areazione del mosto: infatti il vino fiore spillato viene areato e poi pompato in cima al tino per la reimmissione. L'aggiunta di ossigeno favorisce la proliferazione di lieviti nel cappello.
    • Favorisce il raffreddamento del mosto nel tino di fermentazione, anche se questo effetto è da considerarsi marginale e secondario rispetto ai due precedenti.
    E' opportuno rimontare nei primissimi giorni della fermentazione alcolica, mentre è inutile rimontare il mosto non fermentato oppure il mosto a fermentazione quasi terminata: sono i lieviti in via di accrescimento che hanno bisogno di ossigeno, non il mosto.
    Follatura
    La follatura è il processo di rottura meccanica del cappello in un tino di fermentazione. Il processo favorisce:
    • La dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nel cappello.
    • Lo scambio termico del sistema con l'ambiente esterno al tino.
    • Una distribuzione più omogenea della temperatura nel mosto in fermentazione.
    E' utile operare una follatura nel caso in cui la temperatura del mosto incominci a crescere pericolosamente. Si tenga conto del fatto che un semplice rimontaggio difficilmente riattiva una fermentazione bloccata, evento questo più probabile se l'azione prodotta sul mosto è una follatura.
    Separazione del vino dalle parti solide
    Alcuni autori ritengono la fermentazione alcolica terminata quando il tenore di zucchero disciolto in soluzione è circa di 2g/hl. Alla fine della fermentazione, ammesso che essa non si sia bloccata (evento che presenta vie alternative di conduzione del resto della vinificazione), ha luogo il processo di svinatura.
    La svinatura è l'estrazione del vino fiore dal tino di fermentazione e la separazione di questo dalle vinacce. Il vino così ottenuto è conservato in un altro tino. Nel caso in cui si sia avuto un blocco della fermentazione, tale vino è ricco di zuccheri non trasformati in alcool e viene trattato con SO2 con gli obiettivi già messi in evidenza precedentemente, ottenendo così il vino novello dolce. In realtà anche se non si è avuto un blocco della fermentazione il vino può essere sottoposto a solfitazione al fine di ottenere un vino che non dovrà invecchiare ma che sia tuttavia biologicamente stabile. La vinaccia viene poi sottoposta a torchiatura: il vino estratto dalla prima torchiatura è qualitativamente meno pregiato del vino fiore e viene detto vino di prima torchiatura. Esso potrà essere vinificato a parte od aggiunto al vino fiore. Le successive fasi di torchiatura, invece, forniscono un vino che è via via peggiore di quelli precedentemente estratti, e che va vinificato a parte per la produzione di aceto (tipicamente).

    Fermentazione malolattica
    La successiva fase di trattamento del vino è detta fermentazione malolattica. Di norma a tale fase possono essere sottoposti i vini destinati ad invecchiamento e quindi non trattati con solfitazione. L'anidride solforosa infatti, è un vero e proprio antisettico e quindi inibisce, se usata in dosi opportune, la fermentazione malolattica. In realtà la solfitazione è usata anche come processo di selezione dei lieviti che portano avanti la fermentazione alcolica: questo effetto selettivo può tuttavia aversi solo con impieghi modesti dell'anidride solforosa.
    La fermentazione malolattica consta nella trasformazione dell'acido malico in acido lattico e anidride carbonica. Il processo di fermentazione avviene, questa volta, ad opera di batteri malolattici. Alcuni autori ritengono che un vino non può ritenersi biologicamente stabile ed immune da successive incontrollate fermentazioni se non ha subito la fermentazione malolattica. Nel caso in cui tale fermentazione stentasse ad avviarsi, è pratica comune l'aggiunta al vino di batteri malolattici coltivati in vitro, oppure l'aggiunta al vino che non fermenta di un vino che è in piena fermentazione malolattica (l'aggiunta è circa il 10% del volume del vino che non fermenta). I principali parametri che influenzano la fermentazione malolattica sono:
    • La temperatura: la velocità di fermentazione è massima per temperature appartenenti all'intervallo 20-25°C.
    • Il pH: più aumenta l'acidità del vino più specie batteriche si inibiscono e quindi la fermentazione malolattica diviene più difficoltosa ma più pura, nel senso che solo l'acido malico è la sostanza che viene attaccata e trasformata. Il pH ottimo è tra 3.3 e 4.0; più è alto questo valore tanto più aumenta la velocità della fermentazione, e ciò è dovuto al fatto che i batteri lattici si sviluppano meglio in un ambiente non troppo acido.
    • Il tempo di macerazione: siccome i batteri si sviluppano principalmente nel cappello, è necessario evitare macerazioni troppo lunghe che potrebbero dar luogo a spunti lattici durante la fase di fermentazione alcolica. E' tuttavia vero che un maggior numero di batteri favorisce la fermentazione malolattica.
    Il vino ottenuto dalla fermentazione malolattica viene successivamente sottoposto ad invecchiamento.
    Varianti alla produzione tradizionale
    Quella descritta precedentemente è considerata la tecnica classica per la vinificazione. Essa è attuata dalla quasi totalità delle aziende di dimensioni medio-piccole ed ogni qualvolta l'obiettivo sia quello di ottenere vino di elevata qualità. In presenza di elevati volumi di produzione possono utilizzarsi anche differenti tecniche di vinificazione.
    Vinificazione continua
    Per la vinificazione in continuo si deve disporre di piùu ambienti di fermentazione in serie, di inserire il pigiato lentamente da un lato della catena e di prelevare il prodotto fermentato alla fine della catena stessa. Il processo di vinificazione classico, descritto precedentemente, è caratterizzato da una fermentazione uniformemente rallentata. Infatti i lieviti si trovano a doversi riprodurre in un ambiente man mano sempre più ostile. Inoltre le variazioni di temperatura che si verificano, specialmente in grossi tini di fermentazione, sono ampie e non semplici da limitare. Nella vinificazione continua invece, la natura stessa del processo di vinificazione fa sì che i lieviti si trovino sempre nella fase di crescita esponenziale e che la temperatura sia abbastanza costante (una volta che l'impianto ha raggiunto il regime di alimentazione con il pigiato). I sistemi di vinificazione continua si distinguono in:
    • Sistemi aperti: i lieviti sono trascinati dal prodotto fermentato nei vari ambienti di fermentazione posti in serie.
    • Sistemi chiusi: i lieviti (tutti o in parte) rimangono riciclati nel fermentatore. Ovviamente il sistema non può essere completamente chiuso, altrimenti ciò provocherebbe un accumulo enorme dei lieviti stessi.
    Dal punto di vista fisico, essi si dividono poi in:
    • Sistemi omogenei: l'ambiente di fermentazione è mantenuto forzatamente in stato di agitazione.
    • Sistemi eterogenei coerenti: presentano gradienti progressivi dello stato di fermentazione e della concentrazione di lieviti lungo l'impianto stesso.
    • Sistemi eterogenei incoerenti: la composizione del substrato e la popolazione dei lieviti sono condizionati dai movimenti di turbolenza e convezione dovuti allo sviluppo di CO2.
    Per quanto riguarda le condizioni di fermentazione si ha che:
    • La temperatura di fermentazione rimane pressoché costante: prove sperimentali attestano la veridicità di questa affermazione. Anche in assenza di sistemi di raffreddamento la temperatura di fermentazione risulta circa 5°C minore rispetto alla temperatura che si misura tipicamente nei processi di vinificazione tradizionale; questo è imputabile anche al materiale con cui sono costruiti gli impianti per la fermentazione continua.
    • La fermentazione è più veloce nei processi di fermentazione continua, infatti i sistemi di vinificazione continua sono progettati per ottenere la massima concentrazione di lieviti.
    • I vini prodotti con vinificazione continua subiscono più facilmente la fermentazione malolattica.
    Vinificazione con macerazione carbonica
    Gli enologi definiscono metabolismo anaerobico dell'uva l'insieme dei fenomeni che si verificano quando l'uva è posta in assenza di ossigeno oppure in atmosfere arricchite artificialmente con anidride carbonica. La vinificazione con processo di macerazione carbonica è una variante del processo tradizionale per la produzione di vini rossi, che prevede l'utilizzo di meccanismi anaerobici dell'uva per ottenere più velocemente la macerazione dell'uva. Questo metodo di vinificazione, solitamente, non prevede la diraspatura: le linee di pensiero, presenti a riguardo, sono tuttavia divergenti. Alcuni esperti dicono che questo non è un bene perché insieme all'uva macerano anche i raspi; tuttavia evitare la diraspatura permette di non pigiare gli acini.
    La macerazione carbonica può essere schematizzata come la sequenza dei seguenti passi:
    • Raccolta e trasporto di uve intere dalla vigna alla cantina.
    • Introduzione in tini chiusi.
    • Riempimento dei tini con anidride carbonica (CO2), mantenendo un debole flusso in ingresso che compensa la parte di CO2 assorbita dall'uva. Alcuni enologi affermano che è opportuno disporre di mosto in fermentazione (10% del volume complessivo del tino) da depositare nei tini di fermentazione prima che questi siano riempiti con uva e CO2. I fenomeni che avvengono in questa fase sono:
      • Fermentazione intracellulare negli acini.
      • Fermentazione classica del mosto sul fondo del tino.
      • Passaggio di CO2 all'interno degli acini e parziale diffusione all'esterno di quella prodotta per effetto della fermentazione intracellulare.
      • Diminuzione dell'acido malico per effetto dell'attivitàa respi- ratoria e fermentativa; ciò comporta una ridotta acidità fissa e quindi un più breve periodo di consumabilità del prodotto finale; tra l'altro la successiva fermentazione malolattica è addirittura velocizzata per effeto del pH non troppo basso.
      • Selezione dei lieviti e sviluppo di batteri malolattici.
      • Maggiore produzione di sostanze profumate che conferiscono al vino così prodotto caratteristiche di delicatezza, morbidezza sapore di fruttato.
      • Minore quantità di sostanze coloranti e di tannini.
    • Travaso, succhi di sgrondo e spremitura: terminata la macerazione si effettua un travaso del contenuto dei tini. Ciò che si estrae sono essenzialmente succhi di sgrondo e uve ancora ricche di zuccheri che daranno un vino di spremitura abbastanza denso. Questo è un vino di qualità migliore rispetto ai succhi di sgrondo.
    • Fermentazione alcolica: processo analogo a quanto detto per la vinificazione tradizionale in rosso.
    • Fermentazione malolattica: processo anch'esso analogo a quanto già descritto per la vinificazione in rosso tradizionale.
    • Solfitazione.
    Le caratteristiche dei vini ottenuti con questa tecnica di conduzione della vinificazione sono differenti da quelle dei vini prodotti con i tradizionali processi: i risultati del processo di macerazione sono meno evidenti per questa categoria di vini, nel senso che i processi di scambio di sostanze, che normalmente avvengono durante la macerazione classica (macerazione in presenza di succo d'uva) avvengono ma in misura ridotta. La temperatura del processo di vinificazione con macerazione carbonica non supera mai la temperatura di 30-35°C.
    Vinificazione per macerazione a caldo
    Il processo di vinificazione per macerazione a caldo, o termovinificazione, è un'altra variante del processo classico per la produzione di vini rossi. Esso impiega il calore come elemento catalizzatore per la macerazione delle uve o dei mosti. Il processo si applica sia ad uve intere sia ad uva pigiata e diraspata, consente di separare la fase di macerazione da quella di fermentazione, e può essere quasi considerata una forma di pastorizzazione. L'uva intera viene posta su piani sovrapposti e riscaldati da un'atmosfera di vapor d'acqua. In questo modo la temperatura delle bucce può arrivare fino a 75°C, mentre la polpa arriva fino a 30°C. L'elevato valore della temperatura provoca la morte delle cellule che costituiscono i tessuti vivi dell'uva, provocando parallelamente una veloce cessione dei tannini ed antociani dalle bucce alla polpa. Dopo il raffreddamento le uve possono essere vinificate nella maniera abituale, facendole fermentare dopo averle pigiate e diraspate; per facilitare l'avvio della fermentazione si aggiungono lieviti a mosto non riscaldato, spesso separando le parti solide. La termovinificazione applicata invece ad uva già pigiata e diraspata, avviene riscaldando il pigiato in grossi recipienti con agitazione continua delle vinacce.











    LA VINIFICAZIONE IN BIANCO


    Il vino bianco viene generalmente ottenuto per fermentazione del mosto in assenza di macerazione delle parti solide dell'uva. La pressatura precede la fermentazione ed, insieme alle altre operazioni meccaniche compiute sull'uva (trasporto, pigiatura e sgrondatura), risulta un fattore determinante per la produzione di un vino bianco di buona qualità. I migliori vini bianchi sono quelli che contengono la minor quantità di sostanze provenienti da bucce, vinaccioli, raspi ecc. Tuttavia la macerazione non è completamente assente: la separazione dell'uva dalle parti solide non sempre avviene prima dell'inizio della fermentazione alcolica. Le caratteristiche del vino dipendono fortemente dai modi e dai tempi con cui sono effettuate le operazioni di estrazione del succo, normalmente classificabili come: pigiatura, sgrondatura e pressatura.
    In figura è riportato un possibile schema a blocchi del processo di vinificazione in bianco.

    Raccolta delle uve e ammostatura
    L'operazione di raccolta è di fondamentale importanza, in quanto essa interessa direttamente la qualità del prodotto ed i suoi caratteri aromatici. Una vendemmia anticipata può dare vini assai fini e spesso più netti di una raccolta tardiva; al contrario i vini rossi hanno come prerequisito un ottimo stato di maturazione dell'uva. Normalmente è preferibile raccogliere l'uva circa 15 giorni prima del suo massimo grado di maturazione. Più tardiva è la raccolta più l'aroma sarà ricco così come il profumo più intenso, ma il vino risulterà grossolano e meno vivace. La raccolta precoce ha anche il merito di limitare la gradazione alcolica del vino ottenuto.
    Le condizioni di trasporto dell'uva dal vitigno alla cantina giocano un ruolo fondamentale per il successo della vinificazione. Per prevenire ossidazioni e prefermentazioni, è necessario trasportare le uve in piccole ceste (preferibilmente di vimini) per consentire il fenomeno della respirazione degli acini ed impedire lo schiacciamento dei chicchi.

    Linee di lavorazione dell'uva
    Nelle moderne tecniche di vinificazione ci si interessa sempre più alle condizioni di trattamento meccanico dell'uva ed a tutti i fenomeni che avvengono dopo la pigiatura e pressatura: questo perché è universalmente riconosciuta la rilevanza di questi sul risultato finale. Ciò implica che non è assolutamente possibile pensare di fare artigianalmente un buon vino bianco. Vengono ora descritti i tre metodi principali di estrazione del mosto. I processi elementari che li compongono saranno discussi in seguito.
    • Pressatura senza pigiatura: con questo metodo vengono prodotti i vini di qualità migliore o vini particolari (es. spumanti). I grappoli interi vengono posti all'interno della gabbia di una pressa idraulica; le pareti della gabbia esercitano una pressione crescente sugli acini in modo tale da farli scoppiare. In tal modo il succo proviene direttamente dal centro dell'acino, e quindi è meno contaminato da sostanze presenti sulla buccia. Il tempo di contatto con le parti solide è ovviamente trascurabile, quindi trascurabili sono pure i fenomeni di macerazione. Il succo ottenuto è limpido grazie all'azione filtrante delle parti solide stesse.
    • Pressatura dopo la pigiatura: l'uva pigiata viene trasferita in una pressa, dalla quale il succo sgronda durante il riempimento della pressa stessa. A più riprese poi, si ottiene altro succo per effetto di pressature successive. I succhi ottenuti con pressature successive vanno frazionati e vinificati separatamente. Il processo descritto richiede attrezzature meno onerose rispetto al precedente, ma il risultato è un estratto peggiore rispetto al caso precedente.
    • Pigiatura, sgrondatura e pressatura in continuo: si tratta di lavorazioni utilizzate da grandi cantine. La pigiatrice è disposta sopra lo sgrondatore, così si riducono al minimo le esigenze di trasporto del pigiato ed i relativi processi di macerazione. Lo sgrondatore meccanico permette di ottenere grosse quantità di mosto in tempi relativamente brevi (ma questo deve subire poi una defecazione). La vinaccia sgrondata è poi pressata in più riprese, dando succhi che devono essere necessariamente vinificati separatamente. La qualità del succo che si ottiene è buona ma non eccellente.

    Pigiatura
    Lo scopo che si vuole raggiungere è quello di liberare i succhi e la polpa, evitando però lacerazioni di bucce, vinaccioli e raspi. Sotto quest'aspetto sono raccomandate come macchine le cosiddette pigiatrici a rulli. La diraspatura è fortemente sconsigliata in quanto i raspi fanno da filtro per il succo di sgrondo consentendo una minor produzione di feccia. Ciò non vuol dire che essa è sempre assente: l'opportunità di una diraspatura va decisa in relazione alle caratteristiche del vino che si vuole ottenere. Da evitarsi sono le pigiodiraspatrici centrifughe che schiacciano i chicchi e l'azione brutale forma notevole feccia, la cui presenza avvia processi rapidissimi di macerazione ed ossidazione.
    Il passaggio allo sgrondatore va effettuato preferibilmente per gravità, evitando pompaggi che favorirebbero lacerazioni dei raspi e quindi macerazioni indesiderate. Di rado, a valle della pigiatura e prima della sgrondatura, si procede alla macerazione per dotare il vino di particolari caratteri organolettici.
    Sgrondatura
    Il processo di sgrondatura ha come obiettivo la separazione dei succhi, liberati dalla pigiatura, dalla parte solida. Questo è il punto debole della vinificazione in bianco, in quanto il contatto prolungato tra le due parti degrada la qualità del prodotto finale.
    Le tecniche di sgrondo principali sono:
    • Sgrondo statico o spontaneo: il processo vede lo sgrondo come fenomeno naturale, provocato dalla gravità. Il processo è corrente nelle piccole cantine e non consente di raccogliere più del 50% del succo estraibile dal pigiato. Siccome i tempi di sgrondo sono lunghi rispetto ai tempi di pigiatura, è necessario disporre di vasche di sgrondo dove porre il pigiato per poi pressarlo. Le vasche tradizionali sono da evitare, perchè accentuano la macerazione. Va da sé che tale procedimento non consente la produzione di vini di qualità elevata.
    • Sgrondo meccanico o dinamico: lo sgrondo è provocato artificialmente da eliche rotanti. La velocità di rotazione deve essere molto bassa, per impedire che si abbia un'eccessiva formazione di feccia. Il procedimento consente l'estrazione di circa il 75% di tutto il succo estraibile. L'inconveniente è appunto la produzione di feccia, maggiore rispetto al metodo precedente.
    Il succo ottenuto dalla sgrondatura si dice mosto fiore, mentre le parti solide sono sottoposte a successive pressature.
    Pressatura
    L'obiettivo della pressatura è la completa estrazione del succo contenuto nella vinaccia. La pressione deve essere lieve, tanto da evitare le già menzionate lacerazioni di raspi e vinaccioli, ma abbastanza elevata da consentire la massima estrazione di succo consentita. Mentre è d'obbligo separare i mosti ottenuti dalle ultime frazioni di pressatura (10-15%) è consigliabile frazionare anche quelli ottenuti da pressature precedenti. In tal modo si ottengono vini di prima qualità dal succo di prima spremitura, vini di qualità inferiore dai successivi succhi.
    L'operazione di pressatura può essere eseguita in numerosi modi, utilizzando cioè numerose macchine (pressa verticale, orizzontale, orizzontale idraulica, orizzontale pneumatica, pressatura continua, ecc.).
    Defecazione
    Il processo che va sotto il nome di defecazione consta nell'eliminazione delle fecce dai succhi che, fermentati, daranno origine al vino bianco. Finora si è sottolineata l'importanza dell'assenza di macerazione nel corso della vinificazione in bianco, anche se si è ribadito il fatto che essa può essere presente per dotare il vino di particolari caratteri organolettici. Il processo di defecazione, in quest'ottica, è di importanza fondamentale per ottenere un prodotto che risponda a requisiti qualitativi severi. La differenza tra due vini, uno che ha subito la defecazione e l'altro che non l'ha subita, non solo sta nel colore (il colore del vino defecato è molto più chiaro) ma anche nel gusto: il vino non trattato con defecazione mostra un gusto erbaceo e di terra, nonché di ammuffito, caratteristici aromi delle uve marce.
    Ciò non solo mostra l'importanza del processo in questione, ma anche il fatto che l'operazione di defecazione deve essere praticamente totale: una parziale eliminazione delle fecce dal vino non ha una grande influenza sul prodotto finale. I processi di defecazione più diffusi sono di seguito descritti:
    • Defecazione statica: il procedimento più usato per separare le fecce è la sedimentazione spontanea. Normalmente, questo presuppone un periodo di riposo del vino, della durata di 24-48 ore, accompagnato da un blocco delle attività fermentative ottenuto tramite solfitazione. La principale difficoltà della defecazione statica consiste nella lentezza della sedimentazione. Ovviamente il processo avrà differenti velocità in relazione alla grandezza delle particelle da eliminare: le particelle a diametro maggiore (e probabilmente più pesanti) si sedimentano prima rispetto a quelle più piccole. La velocità di caduta dipende inversamente dal coefficiente di viscosità dinamica, ovvero più il liquido è denso più lenta sarà la defecazione spontanea. Questo è il motivo per il quale l'eventuale correzione zuccherina del mosto (tipicamente operata con l'aggiunta di mosti concentrati) è opportuno sia effettuata dopo la defecazione. In generale il processo descritto permette di raccogliere un mosto ben chiarificato; il grado di chiarezza del mosto dipende in misura notevole dal vitigno di provenienza delle uve utilizzate.
    • Defecazione a freddo : recentemente ha destato molto interesse la defecazione a freddo, ovvero il processo di defecazione statica a temperatura di 2-5°C.
    • Defecazione per centrifugazione: poiché la defecazione statica è un processo molto lungo e laborioso, che richiede notevoli capacità di vasche libere, si è cercato di sostituirla con quella meccanica utilizzando la forza centrifuga. La tecnica centrifuga si è rivelata soddisfacente specie per le grandi cantine. La centrifugazione viene effettuata sul mosto subito dopo l'estrazione ed un breve periodo di riposo, che consente il deposito delle impurità terrose, la cui presenza può danneggiare i macchinari. La velocità di chiarificazione è di circa 1000 volte superiore rispetto al caso esaminato precedentemente. E' da dire, comunque, che la qualità del prodotto ottenuto con questo metodo è inferiore rispetto al prodotto ottenuto per defecazione statica.
    Arricchimento
    Questa fase prevede un possibile arricchimento del prodotto filtrato, nel caso in cui quest'ultimo non garantisca il raggiungimento della gradazione alcolica prestabilita. Possono essere aggiunti mosti concentrati rifermentati (MCR) oppure mosti concentrati (MC), in quantità che rispettino le normative vigenti nel paese di produzione del vino. E' altresì possibile l'aggiunta di additivi vari (nutrienti di varia composizione, tannini, acido tartarico, ecc.) in riferimento alle caratteristiche del prodotto da trattare ed al risultato finale che si vuole ottenere.
    Fermentazione alcolica
    Il processo di fermentazione che interessa i vini bianchi presenta caratteristiche differenti rispetto a quello cui vanno soggetti i vini rossi. Obiettivo della fermentazione alcolica è comunque la trasformazione di zuccheri in etanolo ed anidride carbonica secondo la reazione chimica che regola la fermentazione dei vini rossi. La fermentazione deve avvenire soltanto ad opera di lieviti, sostanze che si sviluppano sulle bucce degli acini d'uva. Mentre la vinificazione in rosso prevede il contatto prolungato dei succhi estratti per pigiatura con la parte solida dell'uva, il processo di vinificazione in bianco prescrive l'allontanamento immediato (a meno di casi particolari) delle parti solide dal succo. Ciò ha ovviamente ripercussioni sulla modalità di conduzione della fermentazione alcolica per la vinificazione in bianco: tale processo risulterà più lento rispetto alla vinificazione in rosso, per la minore concentrazione di lieviti presenti nei succhi (derivante dal fatto che le bucce vengono immediatamente allontanate dal succo); la temperatura è di norma minore per la vinificazione in bianco rispetto a quella in rosso. Una temperatura troppo elevata, ad esempio superiore ai 35°C non solo può provocare un arresto della fermentazione alcolica ma anche una perdita di aroma, dovuta all'evaporazione di sostanze aromatiche insieme con l'anidride carbonica che si sviluppa. Oltretutto l'aroma secondario che si sviluppa, prodotto dai lieviti che operano a temperature elevate, è meno intenso, più grossolano ed a volte anche sgradevole. E' quindi opportuno condurre la fermentazione al di sotto dei 20°C . Esperienze di vinificazione condotte a temperature più basse non mostrano un incremento di qualità del prodotto finale tale da giustificare l'aumento di costo del processo di fermentazione stesso. L'inizio della fermentazione dei mosti bianchi è, come già sottolineato, meno rapido che di quelli rossi, poiché i lieviti sono meno numerosi essendo in parte allontanati con le vinacce. Molti sono i fattori capaci di modificare l'andamento della fermentazione; tuttavia è stato dimostrato che l'aggiunta di tutti i fattori di crescita conosciuti accelerano di poco il corso della fermentazione . Dal punto di vista pratico, conviene intervenire preventivamente e, per esempio, inoculare lieviti selezionati per aiutare l'innesco della fermentazione. E' infatti vantaggioso avere sin dall'inizio del processo una rapida moltiplicazione delle cellule ed una elevata popolazione di lieviti. L'areazione, tecnica di attivazione largamente impiegata nella vinificazione in rosso, viene sconsigliata in quella in bianco. I recipienti ideali nei quali condurre la fermentazione sono botti di legno, poste in locali temperati. I fusti sono piccoli, con capienze che vanno da 2 a 12 hl. La temperatura iniziale ideale alla quale un mosto dovrebbe iniziare a fermentare, è di circa 16-18°C. Questa temperatura assicura un forte fattore di crescita della popolazione di lieviti, presenti nel mosto. L'ossigenazione, consentita dai barili di legno, è un altro fattore favorevole a questo fenomeno, ma dà luogo ad un fenomeno sconveniente che è l'ossidazione, processo che verrà in seguito discusso. Gli svantaggi dell'utilizzo di contenitori in legno sta in una possibile alterazione dell'aroma ed inoltre in una possibile disuniformità di fermentazione tra botte e botte. Attualmente, per ragioni economiche, la fermentazione avviene in vasche di metallo. Come per la vinificazione in rosso, i parametri che influenzano principalmente la fermentazione in bianco sono la temperatura, il pH e l'ossigeno disciolto. Questi parametri vengono dinamicamente modificati dall'evoluzione della fermentazione. L'andamento della fermentazione può essere seguito analizzando la concentrazione degli zuccheri riduttori: si ritiene terminata, una fermentazione che avviene in presenza di un tenore di zuccheri riduttori di circa 2g/hl.
    Fermentazione malolattica
    Secondo alcuni autori l'importanza della fermentazione malolattica è ormai acquisita per i vini rossi; per i vini bianchi, invece, il suo insorgere da luogo a risultati aleatori e spesso negativi, per cui viene ricercata soltanto in casi particolari. Nei vini bianchi secchi, la fermentazione secondaria non conduce ad un miglioramento delle caratteristiche del prodotto: si tende a perdere l'aroma e la tipicità del vino in questione. Se invece si ricercano caratteristiche quali vinosità, rotondità e corpo, caratteristiche di un certo invecchiamento del vino, la fermentazione malolattica è necessaria per evitare l'insorgere di fermentazioni batteriche incontrollate che trasformerebbero il vino in aceto. In definitiva, l'esigenza o meno di una riduzione di acidità dovuta ad agenti batterici è di carattere prevalentemente organolettico.
    Travaso
    Se la vinificazione è stata condotta correttamente, la fermentazione è lenta e rallenta ulteriormente con l'aumentare della gradazione alcolica. Tale andamento regolare è fondamentale per ottenere vini bianchi di qualità. Ovviamente si deve fare di tutto per consentire che la fermentazione alcolica non si blocchi. Le operazioni successive dipendono da ciò che si vuole fare con il mosto fermentato. Sebbene sconsigliata, potrebbe volersi una fermentazione malolattica nel caso il mosto sia ricco di acido malico e si preferisca ottenere un prodotto finale dal gusto più morbido a scapito della freschezza. Nella maggior parte dei casi, comunque, la fermentazione malolattica non avviene e quindi il vino deve essere stabilizzato con trattamenti a base di anidride solforosa. Non è corretto solfitare direttamente nelle vasche di fermentazione, perchè l'agitazione necessaria alla distribuzione dell'anidride solforosa stessa rimette in sospensione i lieviti depositati sul fondo: ciò non deve avvenire in quanto l'anidride solforosa, combinandosi con i lieviti, potrebbe dar luogo ad idrogeno solforato. Resta inteso che è necessario omogeneizzare la SO2 nel mosto, al fine di ridurre la quantità che se ne utilizza. La successiva fase quindi è il travaso in altri recipienti del mosto fermentato (ormai vino novello) ed il trattamento di questo con anidride solforosa.
    Trattamenti anti-ossidanti
    Le cause di deterioramento del vino bianco che più interessano l'enologo ed il consumatore finale sono quelle che compromettono la stabilità del prodotto. La precaria stabilità del vino bianco ne condiziona pesantemente la distribuzione: si è spesso in presenza di eccellenti vini in cantina che poi perdono le proprie caratteristiche, prima di arrivare al consumatore finale.
    La maggior causa d'instabilità è l'ossidazione del prodotto. L'ossigeno denatura l'aroma, incupisce il colore. Le fasi in cui si ha grossa ossidazione sono la sgrondatura ed anche la pressatura. Bisogna assolutamente arginare i fenomeni enzimatici che ne scaturiscono, provocando perdita di qualità del prodotto finale. Alcuni lavori hanno messo in evidenza dei dati a dir poco sconcertanti: il consumo di ossigeno da parte di un mosto è di circa 2mg/l/minuto, mentre l'ossigeno consumato da un vino "finito" è di circa 1-2mg/l/giorno. L'ossidazione ha un'origine prevalentemente enzimatica: infatti, riscaldando il mosto fino a 90°C per tre minuti, sotto atmosfera di azoto, il consumo di ossigeno è circa 150 volte più lento! Questo processo può essere utilizzato per impedire l'ossidazione.
    Sono di seguito descritte le principali tecniche di protezione da ossidazione, attualmente più diffuse:
    • Solfitazione: come già detto più volte, l'anidride solforosa ha effetti antisettici. Come tale può essere utilizzata per evitare l'insorgere di ossidazioni del mosto, eliminandone la causa prima, vale a dire gli enzimi che la producono. L'addizione di SO2 provoca un arresto del consumo di ossigeno dopo un certo periodo di tempoT che dipende da:
      • La dose di SO2 aggiunta: T varia da 6 min a 1.4 min con solfitazione da 1 ad 8 g/hl.
      • La velocità iniziale di consumo dell'ossigeno: a parità di SO2 introdotta, T è tanto maggiore quanto è più elevata la velocità iniziale di consumo di ossigeno.
      • Lo stato sanitario dell'uva: a parità dei precedenti parametri descritti, T è maggiore per le uve ammuffite (9 min per uve ammuffite contro 2 min per uve sane, con una solfitazione di 3g/hl).
      • Il pH del mosto: a parità dei precedenti parametri, T è maggiore se il pH è maggiore.
    E' da dire tuttavia, che uno dei problemi della vinificazione in bianco è stato sempre quello di ridurre al minimo l'utilizzo di anidride solforosa nel processo di vinificazione. L'impiego di gas inerti può essere utile a questo scopo.
    • Impiego di gas inerti : tenuto conto della velocità di consumo di O2 nel mosto, è bene evitare ogni contatto tra questo ed ossigeno (questo è il motivo al quale si accennava all'inizio, quando si è detto che produrre vini bianchi di qualità in maniera artigianale è praticamente impossibile). La tecnica di adoperare atmosfere di azoto oppure anidride carbonica non ha avuto molto successo, non tanto per le difficoltà tecniche che pone, peraltro facilmente superabili, ma perchè il trattamento non inibisce la causa ma solo l'effetto. Il vino che ne deriva non è dunque stabile.
    • Refrigerazione: esperienze di laboratorio hanno messo in evidenza che la massima velocità di consumo di ossigeno si ha ad una temperatura appartenente al seguente intervallo 35-45°C; per una temperatura di 12°C la velocità di consumo ossigeno è tre volte inferiore rispetto a quella che si misura per 30°C. Una possibile tecnica sarebbe quella di refrigerare il mosto. In questo modo si riduce l'apporto di SO2 da utilizzare, ma parallelamente si rende difficoltoso il processo di defecazione (in seguito descritto), essenziale per la qualità ed il colore del prodotto finale.
    • Defecazione e trattamento con bentonite: una buona defecazione riduce del 40% il consumo di ossigeno di un mosto, perchè elimina le tirosinasi, non solubili nel mosto stesso. Il trattamento con bentonite favorisce cioè l'eliminazione di alcuni enzimi responsabili del processo di ossidazione. Tuttavia i due trattamenti non sembrano una esauriente risposta al problema.
    • Riscaldamento: il mosto portato a 65°C diviene praticamente immune ad attacchi enzimatici, visto che gli enzimi vengono in questo modo completamente eliminati. Il vino ottenuto con questo trattamento è assolutamente stabile.
    Successiva a questa fase è la procedura di invecchiamento e poi di imbottigliamento del vino.

    CENNI DI VINIFICAZIONE



      vinificazione in bianco



      LA VINIFICAZIONE IN ROSSO
      La vinificazione in rosso, secondo la procedura tradizionale, comporta quattro fasi:
      • Trattamenti meccanici dell'uva: pigiatura, diraspatura, riempimento dei tini di fermentazione.
      • Fermentazione alcolica e macerazione.
      • Operazioni meccaniche sul vino: rimontaggio, follatura, svinatura e torchiatura.
      • Fermentazione malolattica.
      Nel seguito sono descritte le singole fasi cui corrisponde lo schema a blocchi di dettaglio riportato in figura.


      Successivamente saranno descritte alcune varianti della procedura tradizionale di produzione e in particolare la vinificazione continua, quella per macerazione carbonica e quella a caldo.
      Trattamenti meccanici dell'uva
      La prima operazione che interviene nella vinificazione è, ovviamente, il trasporto delle uve raccolte dalla vigna alla cantina. Questa operazione non è di fondamentale importanza per i vini rossi, mentre lo è invece nella produzione di vini bianchi di qualità. Gli enologi raccomandano di evitare pigiature sommarie dell'uva, pigiature che hanno l'obiettivo di ridurre i volumi di trasporto ma che hanno l'effetto indesiderato di avviare fermentazioni e macerazioni incontrollate, due processi importantissimi per la produzione di un vino rosso di buona qualità.
      Il successivo passo da compiere è la pigiatura dell'uva. Il processo, noto anche come ammostatura, ha come scopo quello di rompere la buccia, e di liberare il succo e la polpa. Il prodotto di tale operazione è detto pigiato. Il pigiato può essere trattato con anidride solforosa: ciò ha come scopo un aumento della velocità di macerazione delle parti solide del pigiato stesso. Spesso l'uva viene solo lievemente pigiata al fine di evitare la lacerazione di raspi e vinaccioli, responsabili della formazione di abbondanti fecce. Si preferisce aumentare la durata della macerazione anzichè il grado di pigiatura del mosto. La pigiatura è seguita dalla diraspatura che consiste nell'eliminazione dei raspi dal pigiato. L'utilizzo di macchine particolari, dette pigiodiraspatrici, consente di eseguire simultaneamente i processi di pigiatura e diraspatura.
      L'operazione di diraspatura presenta sia vantaggi che svantaggi. I vantaggi nell'effettuare la diraspatura sono:
      • La sensibile riduzione del volume occupato dal pigiato (la riduzione che si ottiene è del 30% circa).
      • Il succo dei raspi, ricco di potassio, può conferire al prodotto finale un sapore erbaceo ed astringente.
      • I raspi modificano la composizione del vino, in quanto contengono grosse quantità d'acqua e piccole quantità di zucchero. Ciò si traduce in un annacquamento del vino.
      • I raspi assorbono alcool ed altre sostanze gli antociani, responsabili, questi ultimi, della colorazione del vino. Il vino prodotto senza diraspare sarà senza dubbio più chiaro rispetto ad uno prodotto con diraspatura.
      Gli svantaggi della diraspatura sono:
      • I raspi favoriscono, una buona termoregolazione: l'acqua contenuta in essi, infatti, limita l'innalzamento della temperatura che si ha durante la fase di fermentazione. Ciò è senz'altro un vantaggio, in quanto temperature troppo alte possono bloccare la fermentazione, evento questo fortemente indesiderato.
      • I raspi favoriscono l'areazione del mosto, contenendo molto ossigeno che è un elemento essenziale per una corretta condotta della fase di macerazione e fermentazione.
      La fase successiva alla diraspatura è il riempimento dei tini di fermentazione, anche detti fermentini. Si tratta di recipienti a forma di tronco di cono, costruiti in vari materiali (cemento, legno, metallo). I tini possono essere classificati come:
      • Tini chiusi.
      • Tini aperti a cappello galleggiante: tini che favoriscono il galleggiamento delle parti solide del mosto (note anche con il nome di vinacce o cappello).
      • Tini aperti a cappello sommerso: tini che costringono il cappello che si forma a rimanere sommerso nel succo d'uva. Ciò avviene utilizzando speciali setacci montati nel tino.
      Ovviamente differenti sistemi di conservazione del mosto condurranno a diverse qualità di vino.
      Fermentazione alcolica e macerazione
      Nei tini di fermentazione, i processi che avvengono sono essenzialmente due: la fermentazione alcolica e la macerazione. Queste due fasi sono di fondamentale importanza per un corretto processo di vinificazione in rosso. In questa fase, infatti, si decide la qualità del prodotto finale più che in ogni altra fase del processo. La fermentazione alcolica è indotta dalla presenza di lieviti. Alcuni autori ritengono che i lieviti siano presenti sulle bucce delle uve altri, invece, ritengono che essi siano presenti (come residui) nei tini di fermentazione in cantina. I principali parametri che influenzano la fermentazione alcolica sono:
      • La temperatura: una temperatura superiore ai 30 °C comporta il blocco della fermentazione. D'altro canto anche una temperatura troppo bassa può causare l'arresto della fermentazione. La temperatura ideale alla quale condurre la fermentazione dipende dal tipo di vinificazione che si sta effettuando: per la vinificazione in rosso una temperatura ideale è intorno ai 25-27 °C.
      • Il pH: un ambiente eccessivamente acido abbatte fortemente il tasso di crescita dei lieviti, causando quindi un blocco della fermentazione.
      • La concentrazione di ossigeno: una mancanza di ossigeno non favorisce la riproduzione di lieviti, causando ancora una volta il blocco della fermentazione.
      Tutti questi parametri variano durante la fermentazione stessa. La fermentazione alcolica ha come obiettivo la trasformazione di zuccheri in alcool. La reazione chimica che regola tale trasformazione produce come elemento secondario anidride carbonica ed è inoltre fortemente esotermica:
      C6H12O 2C2H5OH + 2CO2 + Calore
      Teoricamente, un volume di mosto di un litro, contenente una quantità di zucchero pari a 180g, è soggetto ad un incremento di temperatura di 33°C, se mantenuto in condizioni adiabatiche. Nella pratica invece, lo sviluppo di gas secondari e la non perfetta coibentazione dei tini di fermentazione riducono l'incremento di temperatura a circa 15°C. La formazione di anidride carbonica provoca il caratteristico ribollire del mosto contenuto nei tini di fermentazione. L'azione meccanica espletata, inoltre, favorisce l'accumulo in superficie delle parti solide del mosto, portando alla formazione del cappello. L'azione meccanica separa cioè, il vino fiore dalla vinaccia (o cappello). La fermentazione deve avvenire ad opera di lieviti, contenuti nel cappello; questi, per riprodursi e sopravvivere, hanno bisogno di ossigeno, di una temperatura e di una gradazione alcolica non troppo elevate. Una temperatura superiore a 30°C causa, come detto, il blocco della fermentazione alcolica, ossia il blocco della trasformazione dello zucchero in alcool. Questo è un evento fortemente indesiderato, visto che la presenza di zucchero vuol dire instabilità biologica del prodotto finale che, quindi, non potrà essere conservato a lungo. Infatti vini affetti da un arresto precoce della fermentazione sono tipicamente molto dolci ed instabili. Per consentirne la conservazione per due o tre mesi devono essere trattati necessariamente con anidride solforosa (SO2). Il trattamento con SO2, noto anche come solfitazione, ha infatti un effetto antisettico.
      La mancanza di ossigeno nella fermentazione provoca la riduzione dei lieviti e lo sviluppo di fermentazioni deviate ad opera di batteri lattici ed acetici, il cui risultato è la trasformazione dello zucchero in prodotti diversi dall'etanolo, quali acido lattico ed acido acetico. In realtà, fermentazioni deviate possono generarsi anche dall'impiego di ceppi di lieviti molto eterogenei e non selezionati. Si può facilmente intuire che tali fenomeni causano un irreversibile danneggiamento del mosto e sia il gusto che la qualità del prodotto finale ne vengono compromessi.
      Nel caso in cui si verifichi un blocco della fermentazione oppure si desideri per qualche ragione accelerare la fermentazione, si può ricorrere all'inoculo di lieviti esogeni (lieviti selezionati e coltivati in provetta) oppure all'aggiunta di mosto concentrato o già in fermentazione.
      La macerazione è il processo di scambio di sostanze, contenute nella vinaccia, tra cappello e vino fiore. Le sostanze in questione sono soprattutto antociani rossi e tannini. Gli antociani, come già detto, sono responsabili della colorazione del vino; i tannini invece, se presenti in quantità non eccessive, ostacolano la precipitazione in soluzione degli antociani stessi. Lo scambio di sostanze deve essere favorito operando meccanicamente sul cappello: le operazioni di rottura del cappello e lisciviazione dello stesso sono note come follatura e rimontaggio, rispettivamente.
      Un fenomeno che è importante citare e che interessa gli antociani rossi è la rifissazione. Gli antociani tendono a fissarsi sui vinaccioli costituenti parte del cappello, provocando così una decolorazione del vino. Il processo di rifissazione spiega perché la colorazione del vino aumenta nei primi giorni della fermentazione, dopodiché comincia a diminuire. Secondo alcuni autori, la macerazione avviene tanto più velocemente quanto maggiore è il numero di cellule morte presenti nel cappello: ciò si spiega semplicemente se si pensa che le cellule morte non trattengono affatto le sostanze che le costituiscono. E' quindi chiaro che le condizioni ambientali nelle quali si vorrebbe che avvenisse la macerazione (temperature alte, pH bassi, tenore alcolico elevato) sono nettamente in contrasto con quelle desiderate per ottenere una buona fermentazione alcolica.
      Operazioni meccaniche sul vino
      Rimontaggio
      Il rimontaggio consta nella spillatura del vino fiore dal fondo del tino e nella reimmissione di esso nella parte superiore del tino. Il processo ha molteplici effetti positivi:
      • Favorisce la dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nella vinaccia (lieviti, antociani e tannini).
      • Favorisce l'areazione del mosto: infatti il vino fiore spillato viene areato e poi pompato in cima al tino per la reimmissione. L'aggiunta di ossigeno favorisce la proliferazione di lieviti nel cappello.
      • Favorisce il raffreddamento del mosto nel tino di fermentazione, anche se questo effetto è da considerarsi marginale e secondario rispetto ai due precedenti.
      E' opportuno rimontare nei primissimi giorni della fermentazione alcolica, mentre è inutile rimontare il mosto non fermentato oppure il mosto a fermentazione quasi terminata: sono i lieviti in via di accrescimento che hanno bisogno di ossigeno, non il mosto.
      Follatura
      La follatura è il processo di rottura meccanica del cappello in un tino di fermentazione. Il processo favorisce:
      • La dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nel cappello.
      • Lo scambio termico del sistema con l'ambiente esterno al tino.
      • Una distribuzione più omogenea della temperatura nel mosto in fermentazione.
      E' utile operare una follatura nel caso in cui la temperatura del mosto incominci a crescere pericolosamente. Si tenga conto del fatto che un semplice rimontaggio difficilmente riattiva una fermentazione bloccata, evento questo più probabile se l'azione prodotta sul mosto è una follatura.
      Separazione del vino dalle parti solide
      Alcuni autori ritengono la fermentazione alcolica terminata quando il tenore di zucchero disciolto in soluzione è circa di 2g/hl. Alla fine della fermentazione, ammesso che essa non si sia bloccata (evento che presenta vie alternative di conduzione del resto della vinificazione), ha luogo il processo di svinatura.
      La svinatura è l'estrazione del vino fiore dal tino di fermentazione e la separazione di questo dalle vinacce. Il vino così ottenuto è conservato in un altro tino. Nel caso in cui si sia avuto un blocco della fermentazione, tale vino è ricco di zuccheri non trasformati in alcool e viene trattato con SO2 con gli obiettivi già messi in evidenza precedentemente, ottenendo così il vino novello dolce. In realtà anche se non si è avuto un blocco della fermentazione il vino può essere sottoposto a solfitazione al fine di ottenere un vino che non dovrà invecchiare ma che sia tuttavia biologicamente stabile. La vinaccia viene poi sottoposta a torchiatura: il vino estratto dalla prima torchiatura è qualitativamente meno pregiato del vino fiore e viene detto vino di prima torchiatura. Esso potrà essere vinificato a parte od aggiunto al vino fiore. Le successive fasi di torchiatura, invece, forniscono un vino che è via via peggiore di quelli precedentemente estratti, e che va vinificato a parte per la produzione di aceto (tipicamente).

      Fermentazione malolattica
      La successiva fase di trattamento del vino è detta fermentazione malolattica. Di norma a tale fase possono essere sottoposti i vini destinati ad invecchiamento e quindi non trattati con solfitazione. L'anidride solforosa infatti, è un vero e proprio antisettico e quindi inibisce, se usata in dosi opportune, la fermentazione malolattica. In realtà la solfitazione è usata anche come processo di selezione dei lieviti che portano avanti la fermentazione alcolica: questo effetto selettivo può tuttavia aversi solo con impieghi modesti dell'anidride solforosa.
      La fermentazione malolattica consta nella trasformazione dell'acido malico in acido lattico e anidride carbonica. Il processo di fermentazione avviene, questa volta, ad opera di batteri malolattici. Alcuni autori ritengono che un vino non può ritenersi biologicamente stabile ed immune da successive incontrollate fermentazioni se non ha subito la fermentazione malolattica. Nel caso in cui tale fermentazione stentasse ad avviarsi, è pratica comune l'aggiunta al vino di batteri malolattici coltivati in vitro, oppure l'aggiunta al vino che non fermenta di un vino che è in piena fermentazione malolattica (l'aggiunta è circa il 10% del volume del vino che non fermenta). I principali parametri che influenzano la fermentazione malolattica sono:
      • La temperatura: la velocità di fermentazione è massima per temperature appartenenti all'intervallo 20-25°C.
      • Il pH: più aumenta l'acidità del vino più specie batteriche si inibiscono e quindi la fermentazione malolattica diviene più difficoltosa ma più pura, nel senso che solo l'acido malico è la sostanza che viene attaccata e trasformata. Il pH ottimo è tra 3.3 e 4.0; più è alto questo valore tanto più aumenta la velocità della fermentazione, e ciò è dovuto al fatto che i batteri lattici si sviluppano meglio in un ambiente non troppo acido.
      • Il tempo di macerazione: siccome i batteri si sviluppano principalmente nel cappello, è necessario evitare macerazioni troppo lunghe che potrebbero dar luogo a spunti lattici durante la fase di fermentazione alcolica. E' tuttavia vero che un maggior numero di batteri favorisce la fermentazione malolattica.
      Il vino ottenuto dalla fermentazione malolattica viene successivamente sottoposto ad invecchiamento.
      Varianti alla produzione tradizionale
      Quella descritta precedentemente è considerata la tecnica classica per la vinificazione. Essa è attuata dalla quasi totalità delle aziende di dimensioni medio-piccole ed ogni qualvolta l'obiettivo sia quello di ottenere vino di elevata qualità. In presenza di elevati volumi di produzione possono utilizzarsi anche differenti tecniche di vinificazione.
      Vinificazione continua
      Per la vinificazione in continuo si deve disporre di piùu ambienti di fermentazione in serie, di inserire il pigiato lentamente da un lato della catena e di prelevare il prodotto fermentato alla fine della catena stessa. Il processo di vinificazione classico, descritto precedentemente, è caratterizzato da una fermentazione uniformemente rallentata. Infatti i lieviti si trovano a doversi riprodurre in un ambiente man mano sempre più ostile. Inoltre le variazioni di temperatura che si verificano, specialmente in grossi tini di fermentazione, sono ampie e non semplici da limitare. Nella vinificazione continua invece, la natura stessa del processo di vinificazione fa sì che i lieviti si trovino sempre nella fase di crescita esponenziale e che la temperatura sia abbastanza costante (una volta che l'impianto ha raggiunto il regime di alimentazione con il pigiato). I sistemi di vinificazione continua si distinguono in:
      • Sistemi aperti: i lieviti sono trascinati dal prodotto fermentato nei vari ambienti di fermentazione posti in serie.
      • Sistemi chiusi: i lieviti (tutti o in parte) rimangono riciclati nel fermentatore. Ovviamente il sistema non può essere completamente chiuso, altrimenti ciò provocherebbe un accumulo enorme dei lieviti stessi.
      Dal punto di vista fisico, essi si dividono poi in:
      • Sistemi omogenei: l'ambiente di fermentazione è mantenuto forzatamente in stato di agitazione.
      • Sistemi eterogenei coerenti: presentano gradienti progressivi dello stato di fermentazione e della concentrazione di lieviti lungo l'impianto stesso.
      • Sistemi eterogenei incoerenti: la composizione del substrato e la popolazione dei lieviti sono condizionati dai movimenti di turbolenza e convezione dovuti allo sviluppo di CO2.
      Per quanto riguarda le condizioni di fermentazione si ha che:
      • La temperatura di fermentazione rimane pressoché costante: prove sperimentali attestano la veridicità di questa affermazione. Anche in assenza di sistemi di raffreddamento la temperatura di fermentazione risulta circa 5°C minore rispetto alla temperatura che si misura tipicamente nei processi di vinificazione tradizionale; questo è imputabile anche al materiale con cui sono costruiti gli impianti per la fermentazione continua.
      • La fermentazione è più veloce nei processi di fermentazione continua, infatti i sistemi di vinificazione continua sono progettati per ottenere la massima concentrazione di lieviti.
      • I vini prodotti con vinificazione continua subiscono più facilmente la fermentazione malolattica.
      Vinificazione con macerazione carbonica
      Gli enologi definiscono metabolismo anaerobico dell'uva l'insieme dei fenomeni che si verificano quando l'uva è posta in assenza di ossigeno oppure in atmosfere arricchite artificialmente con anidride carbonica. La vinificazione con processo di macerazione carbonica è una variante del processo tradizionale per la produzione di vini rossi, che prevede l'utilizzo di meccanismi anaerobici dell'uva per ottenere più velocemente la macerazione dell'uva. Questo metodo di vinificazione, solitamente, non prevede la diraspatura: le linee di pensiero, presenti a riguardo, sono tuttavia divergenti. Alcuni esperti dicono che questo non è un bene perché insieme all'uva macerano anche i raspi; tuttavia evitare la diraspatura permette di non pigiare gli acini.
      La macerazione carbonica può essere schematizzata come la sequenza dei seguenti passi:
      • Raccolta e trasporto di uve intere dalla vigna alla cantina.
      • Introduzione in tini chiusi.
      • Riempimento dei tini con anidride carbonica (CO2), mantenendo un debole flusso in ingresso che compensa la parte di CO2 assorbita dall'uva. Alcuni enologi affermano che è opportuno disporre di mosto in fermentazione (10% del volume complessivo del tino) da depositare nei tini di fermentazione prima che questi siano riempiti con uva e CO2. I fenomeni che avvengono in questa fase sono:
        • Fermentazione intracellulare negli acini.
        • Fermentazione classica del mosto sul fondo del tino.
        • Passaggio di CO2 all'interno degli acini e parziale diffusione all'esterno di quella prodotta per effetto della fermentazione intracellulare.
        • Diminuzione dell'acido malico per effetto dell'attivitàa respi- ratoria e fermentativa; ciò comporta una ridotta acidità fissa e quindi un più breve periodo di consumabilità del prodotto finale; tra l'altro la successiva fermentazione malolattica è addirittura velocizzata per effeto del pH non troppo basso.
        • Selezione dei lieviti e sviluppo di batteri malolattici.
        • Maggiore produzione di sostanze profumate che conferiscono al vino così prodotto caratteristiche di delicatezza, morbidezza sapore di fruttato.
        • Minore quantità di sostanze coloranti e di tannini.
      • Travaso, succhi di sgrondo e spremitura: terminata la macerazione si effettua un travaso del contenuto dei tini. Ciò che si estrae sono essenzialmente succhi di sgrondo e uve ancora ricche di zuccheri che daranno un vino di spremitura abbastanza denso. Questo è un vino di qualità migliore rispetto ai succhi di sgrondo.
      • Fermentazione alcolica: processo analogo a quanto detto per la vinificazione tradizionale in rosso.
      • Fermentazione malolattica: processo anch'esso analogo a quanto già descritto per la vinificazione in rosso tradizionale.
      • Solfitazione.
      Le caratteristiche dei vini ottenuti con questa tecnica di conduzione della vinificazione sono differenti da quelle dei vini prodotti con i tradizionali processi: i risultati del processo di macerazione sono meno evidenti per questa categoria di vini, nel senso che i processi di scambio di sostanze, che normalmente avvengono durante la macerazione classica (macerazione in presenza di succo d'uva) avvengono ma in misura ridotta. La temperatura del processo di vinificazione con macerazione carbonica non supera mai la temperatura di 30-35°C.
      Vinificazione per macerazione a caldo
      Il processo di vinificazione per macerazione a caldo, o termovinificazione, è un'altra variante del processo classico per la produzione di vini rossi. Esso impiega il calore come elemento catalizzatore per la macerazione delle uve o dei mosti. Il processo si applica sia ad uve intere sia ad uva pigiata e diraspata, consente di separare la fase di macerazione da quella di fermentazione, e può essere quasi considerata una forma di pastorizzazione. L'uva intera viene posta su piani sovrapposti e riscaldati da un'atmosfera di vapor d'acqua. In questo modo la temperatura delle bucce può arrivare fino a 75°C, mentre la polpa arriva fino a 30°C. L'elevato valore della temperatura provoca la morte delle cellule che costituiscono i tessuti vivi dell'uva, provocando parallelamente una veloce cessione dei tannini ed antociani dalle bucce alla polpa. Dopo il raffreddamento le uve possono essere vinificate nella maniera abituale, facendole fermentare dopo averle pigiate e diraspate; per facilitare l'avvio della fermentazione si aggiungono lieviti a mosto non riscaldato, spesso separando le parti solide. La termovinificazione applicata invece ad uva già pigiata e diraspata, avviene riscaldando il pigiato in grossi recipienti con agitazione continua delle vinacce.











      LA VINIFICAZIONE IN BIANCO


      Il vino bianco viene generalmente ottenuto per fermentazione del mosto in assenza di macerazione delle parti solide dell'uva. La pressatura precede la fermentazione ed, insieme alle altre operazioni meccaniche compiute sull'uva (trasporto, pigiatura e sgrondatura), risulta un fattore determinante per la produzione di un vino bianco di buona qualità. I migliori vini bianchi sono quelli che contengono la minor quantità di sostanze provenienti da bucce, vinaccioli, raspi ecc. Tuttavia la macerazione non è completamente assente: la separazione dell'uva dalle parti solide non sempre avviene prima dell'inizio della fermentazione alcolica. Le caratteristiche del vino dipendono fortemente dai modi e dai tempi con cui sono effettuate le operazioni di estrazione del succo, normalmente classificabili come: pigiatura, sgrondatura e pressatura.
      In figura è riportato un possibile schema a blocchi del processo di vinificazione in bianco.

      Raccolta delle uve e ammostatura
      L'operazione di raccolta è di fondamentale importanza, in quanto essa interessa direttamente la qualità del prodotto ed i suoi caratteri aromatici. Una vendemmia anticipata può dare vini assai fini e spesso più netti di una raccolta tardiva; al contrario i vini rossi hanno come prerequisito un ottimo stato di maturazione dell'uva. Normalmente è preferibile raccogliere l'uva circa 15 giorni prima del suo massimo grado di maturazione. Più tardiva è la raccolta più l'aroma sarà ricco così come il profumo più intenso, ma il vino risulterà grossolano e meno vivace. La raccolta precoce ha anche il merito di limitare la gradazione alcolica del vino ottenuto.
      Le condizioni di trasporto dell'uva dal vitigno alla cantina giocano un ruolo fondamentale per il successo della vinificazione. Per prevenire ossidazioni e prefermentazioni, è necessario trasportare le uve in piccole ceste (preferibilmente di vimini) per consentire il fenomeno della respirazione degli acini ed impedire lo schiacciamento dei chicchi.

      Linee di lavorazione dell'uva
      Nelle moderne tecniche di vinificazione ci si interessa sempre più alle condizioni di trattamento meccanico dell'uva ed a tutti i fenomeni che avvengono dopo la pigiatura e pressatura: questo perché è universalmente riconosciuta la rilevanza di questi sul risultato finale. Ciò implica che non è assolutamente possibile pensare di fare artigianalmente un buon vino bianco. Vengono ora descritti i tre metodi principali di estrazione del mosto. I processi elementari che li compongono saranno discussi in seguito.
      • Pressatura senza pigiatura: con questo metodo vengono prodotti i vini di qualità migliore o vini particolari (es. spumanti). I grappoli interi vengono posti all'interno della gabbia di una pressa idraulica; le pareti della gabbia esercitano una pressione crescente sugli acini in modo tale da farli scoppiare. In tal modo il succo proviene direttamente dal centro dell'acino, e quindi è meno contaminato da sostanze presenti sulla buccia. Il tempo di contatto con le parti solide è ovviamente trascurabile, quindi trascurabili sono pure i fenomeni di macerazione. Il succo ottenuto è limpido grazie all'azione filtrante delle parti solide stesse.
      • Pressatura dopo la pigiatura: l'uva pigiata viene trasferita in una pressa, dalla quale il succo sgronda durante il riempimento della pressa stessa. A più riprese poi, si ottiene altro succo per effetto di pressature successive. I succhi ottenuti con pressature successive vanno frazionati e vinificati separatamente. Il processo descritto richiede attrezzature meno onerose rispetto al precedente, ma il risultato è un estratto peggiore rispetto al caso precedente.
      • Pigiatura, sgrondatura e pressatura in continuo: si tratta di lavorazioni utilizzate da grandi cantine. La pigiatrice è disposta sopra lo sgrondatore, così si riducono al minimo le esigenze di trasporto del pigiato ed i relativi processi di macerazione. Lo sgrondatore meccanico permette di ottenere grosse quantità di mosto in tempi relativamente brevi (ma questo deve subire poi una defecazione). La vinaccia sgrondata è poi pressata in più riprese, dando succhi che devono essere necessariamente vinificati separatamente. La qualità del succo che si ottiene è buona ma non eccellente.

      Pigiatura
      Lo scopo che si vuole raggiungere è quello di liberare i succhi e la polpa, evitando però lacerazioni di bucce, vinaccioli e raspi. Sotto quest'aspetto sono raccomandate come macchine le cosiddette pigiatrici a rulli. La diraspatura è fortemente sconsigliata in quanto i raspi fanno da filtro per il succo di sgrondo consentendo una minor produzione di feccia. Ciò non vuol dire che essa è sempre assente: l'opportunità di una diraspatura va decisa in relazione alle caratteristiche del vino che si vuole ottenere. Da evitarsi sono le pigiodiraspatrici centrifughe che schiacciano i chicchi e l'azione brutale forma notevole feccia, la cui presenza avvia processi rapidissimi di macerazione ed ossidazione.
      Il passaggio allo sgrondatore va effettuato preferibilmente per gravità, evitando pompaggi che favorirebbero lacerazioni dei raspi e quindi macerazioni indesiderate. Di rado, a valle della pigiatura e prima della sgrondatura, si procede alla macerazione per dotare il vino di particolari caratteri organolettici.
      Sgrondatura
      Il processo di sgrondatura ha come obiettivo la separazione dei succhi, liberati dalla pigiatura, dalla parte solida. Questo è il punto debole della vinificazione in bianco, in quanto il contatto prolungato tra le due parti degrada la qualità del prodotto finale.
      Le tecniche di sgrondo principali sono:
      • Sgrondo statico o spontaneo: il processo vede lo sgrondo come fenomeno naturale, provocato dalla gravità. Il processo è corrente nelle piccole cantine e non consente di raccogliere più del 50% del succo estraibile dal pigiato. Siccome i tempi di sgrondo sono lunghi rispetto ai tempi di pigiatura, è necessario disporre di vasche di sgrondo dove porre il pigiato per poi pressarlo. Le vasche tradizionali sono da evitare, perchè accentuano la macerazione. Va da sé che tale procedimento non consente la produzione di vini di qualità elevata.
      • Sgrondo meccanico o dinamico: lo sgrondo è provocato artificialmente da eliche rotanti. La velocità di rotazione deve essere molto bassa, per impedire che si abbia un'eccessiva formazione di feccia. Il procedimento consente l'estrazione di circa il 75% di tutto il succo estraibile. L'inconveniente è appunto la produzione di feccia, maggiore rispetto al metodo precedente.
      Il succo ottenuto dalla sgrondatura si dice mosto fiore, mentre le parti solide sono sottoposte a successive pressature.
      Pressatura
      L'obiettivo della pressatura è la completa estrazione del succo contenuto nella vinaccia. La pressione deve essere lieve, tanto da evitare le già menzionate lacerazioni di raspi e vinaccioli, ma abbastanza elevata da consentire la massima estrazione di succo consentita. Mentre è d'obbligo separare i mosti ottenuti dalle ultime frazioni di pressatura (10-15%) è consigliabile frazionare anche quelli ottenuti da pressature precedenti. In tal modo si ottengono vini di prima qualità dal succo di prima spremitura, vini di qualità inferiore dai successivi succhi.
      L'operazione di pressatura può essere eseguita in numerosi modi, utilizzando cioè numerose macchine (pressa verticale, orizzontale, orizzontale idraulica, orizzontale pneumatica, pressatura continua, ecc.).
      Defecazione
      Il processo che va sotto il nome di defecazione consta nell'eliminazione delle fecce dai succhi che, fermentati, daranno origine al vino bianco. Finora si è sottolineata l'importanza dell'assenza di macerazione nel corso della vinificazione in bianco, anche se si è ribadito il fatto che essa può essere presente per dotare il vino di particolari caratteri organolettici. Il processo di defecazione, in quest'ottica, è di importanza fondamentale per ottenere un prodotto che risponda a requisiti qualitativi severi. La differenza tra due vini, uno che ha subito la defecazione e l'altro che non l'ha subita, non solo sta nel colore (il colore del vino defecato è molto più chiaro) ma anche nel gusto: il vino non trattato con defecazione mostra un gusto erbaceo e di terra, nonché di ammuffito, caratteristici aromi delle uve marce.
      Ciò non solo mostra l'importanza del processo in questione, ma anche il fatto che l'operazione di defecazione deve essere praticamente totale: una parziale eliminazione delle fecce dal vino non ha una grande influenza sul prodotto finale. I processi di defecazione più diffusi sono di seguito descritti:
      • Defecazione statica: il procedimento più usato per separare le fecce è la sedimentazione spontanea. Normalmente, questo presuppone un periodo di riposo del vino, della durata di 24-48 ore, accompagnato da un blocco delle attività fermentative ottenuto tramite solfitazione. La principale difficoltà della defecazione statica consiste nella lentezza della sedimentazione. Ovviamente il processo avrà differenti velocità in relazione alla grandezza delle particelle da eliminare: le particelle a diametro maggiore (e probabilmente più pesanti) si sedimentano prima rispetto a quelle più piccole. La velocità di caduta dipende inversamente dal coefficiente di viscosità dinamica, ovvero più il liquido è denso più lenta sarà la defecazione spontanea. Questo è il motivo per il quale l'eventuale correzione zuccherina del mosto (tipicamente operata con l'aggiunta di mosti concentrati) è opportuno sia effettuata dopo la defecazione. In generale il processo descritto permette di raccogliere un mosto ben chiarificato; il grado di chiarezza del mosto dipende in misura notevole dal vitigno di provenienza delle uve utilizzate.
      • Defecazione a freddo : recentemente ha destato molto interesse la defecazione a freddo, ovvero il processo di defecazione statica a temperatura di 2-5°C.
      • Defecazione per centrifugazione: poiché la defecazione statica è un processo molto lungo e laborioso, che richiede notevoli capacità di vasche libere, si è cercato di sostituirla con quella meccanica utilizzando la forza centrifuga. La tecnica centrifuga si è rivelata soddisfacente specie per le grandi cantine. La centrifugazione viene effettuata sul mosto subito dopo l'estrazione ed un breve periodo di riposo, che consente il deposito delle impurità terrose, la cui presenza può danneggiare i macchinari. La velocità di chiarificazione è di circa 1000 volte superiore rispetto al caso esaminato precedentemente. E' da dire, comunque, che la qualità del prodotto ottenuto con questo metodo è inferiore rispetto al prodotto ottenuto per defecazione statica.
      Arricchimento
      Questa fase prevede un possibile arricchimento del prodotto filtrato, nel caso in cui quest'ultimo non garantisca il raggiungimento della gradazione alcolica prestabilita. Possono essere aggiunti mosti concentrati rifermentati (MCR) oppure mosti concentrati (MC), in quantità che rispettino le normative vigenti nel paese di produzione del vino. E' altresì possibile l'aggiunta di additivi vari (nutrienti di varia composizione, tannini, acido tartarico, ecc.) in riferimento alle caratteristiche del prodotto da trattare ed al risultato finale che si vuole ottenere.
      Fermentazione alcolica
      Il processo di fermentazione che interessa i vini bianchi presenta caratteristiche differenti rispetto a quello cui vanno soggetti i vini rossi. Obiettivo della fermentazione alcolica è comunque la trasformazione di zuccheri in etanolo ed anidride carbonica secondo la reazione chimica che regola la fermentazione dei vini rossi. La fermentazione deve avvenire soltanto ad opera di lieviti, sostanze che si sviluppano sulle bucce degli acini d'uva. Mentre la vinificazione in rosso prevede il contatto prolungato dei succhi estratti per pigiatura con la parte solida dell'uva, il processo di vinificazione in bianco prescrive l'allontanamento immediato (a meno di casi particolari) delle parti solide dal succo. Ciò ha ovviamente ripercussioni sulla modalità di conduzione della fermentazione alcolica per la vinificazione in bianco: tale processo risulterà più lento rispetto alla vinificazione in rosso, per la minore concentrazione di lieviti presenti nei succhi (derivante dal fatto che le bucce vengono immediatamente allontanate dal succo); la temperatura è di norma minore per la vinificazione in bianco rispetto a quella in rosso. Una temperatura troppo elevata, ad esempio superiore ai 35°C non solo può provocare un arresto della fermentazione alcolica ma anche una perdita di aroma, dovuta all'evaporazione di sostanze aromatiche insieme con l'anidride carbonica che si sviluppa. Oltretutto l'aroma secondario che si sviluppa, prodotto dai lieviti che operano a temperature elevate, è meno intenso, più grossolano ed a volte anche sgradevole. E' quindi opportuno condurre la fermentazione al di sotto dei 20°C . Esperienze di vinificazione condotte a temperature più basse non mostrano un incremento di qualità del prodotto finale tale da giustificare l'aumento di costo del processo di fermentazione stesso. L'inizio della fermentazione dei mosti bianchi è, come già sottolineato, meno rapido che di quelli rossi, poiché i lieviti sono meno numerosi essendo in parte allontanati con le vinacce. Molti sono i fattori capaci di modificare l'andamento della fermentazione; tuttavia è stato dimostrato che l'aggiunta di tutti i fattori di crescita conosciuti accelerano di poco il corso della fermentazione . Dal punto di vista pratico, conviene intervenire preventivamente e, per esempio, inoculare lieviti selezionati per aiutare l'innesco della fermentazione. E' infatti vantaggioso avere sin dall'inizio del processo una rapida moltiplicazione delle cellule ed una elevata popolazione di lieviti. L'areazione, tecnica di attivazione largamente impiegata nella vinificazione in rosso, viene sconsigliata in quella in bianco. I recipienti ideali nei quali condurre la fermentazione sono botti di legno, poste in locali temperati. I fusti sono piccoli, con capienze che vanno da 2 a 12 hl. La temperatura iniziale ideale alla quale un mosto dovrebbe iniziare a fermentare, è di circa 16-18°C. Questa temperatura assicura un forte fattore di crescita della popolazione di lieviti, presenti nel mosto. L'ossigenazione, consentita dai barili di legno, è un altro fattore favorevole a questo fenomeno, ma dà luogo ad un fenomeno sconveniente che è l'ossidazione, processo che verrà in seguito discusso. Gli svantaggi dell'utilizzo di contenitori in legno sta in una possibile alterazione dell'aroma ed inoltre in una possibile disuniformità di fermentazione tra botte e botte. Attualmente, per ragioni economiche, la fermentazione avviene in vasche di metallo. Come per la vinificazione in rosso, i parametri che influenzano principalmente la fermentazione in bianco sono la temperatura, il pH e l'ossigeno disciolto. Questi parametri vengono dinamicamente modificati dall'evoluzione della fermentazione. L'andamento della fermentazione può essere seguito analizzando la concentrazione degli zuccheri riduttori: si ritiene terminata, una fermentazione che avviene in presenza di un tenore di zuccheri riduttori di circa 2g/hl.
      Fermentazione malolattica
      Secondo alcuni autori l'importanza della fermentazione malolattica è ormai acquisita per i vini rossi; per i vini bianchi, invece, il suo insorgere da luogo a risultati aleatori e spesso negativi, per cui viene ricercata soltanto in casi particolari. Nei vini bianchi secchi, la fermentazione secondaria non conduce ad un miglioramento delle caratteristiche del prodotto: si tende a perdere l'aroma e la tipicità del vino in questione. Se invece si ricercano caratteristiche quali vinosità, rotondità e corpo, caratteristiche di un certo invecchiamento del vino, la fermentazione malolattica è necessaria per evitare l'insorgere di fermentazioni batteriche incontrollate che trasformerebbero il vino in aceto. In definitiva, l'esigenza o meno di una riduzione di acidità dovuta ad agenti batterici è di carattere prevalentemente organolettico.
      Travaso
      Se la vinificazione è stata condotta correttamente, la fermentazione è lenta e rallenta ulteriormente con l'aumentare della gradazione alcolica. Tale andamento regolare è fondamentale per ottenere vini bianchi di qualità. Ovviamente si deve fare di tutto per consentire che la fermentazione alcolica non si blocchi. Le operazioni successive dipendono da ciò che si vuole fare con il mosto fermentato. Sebbene sconsigliata, potrebbe volersi una fermentazione malolattica nel caso il mosto sia ricco di acido malico e si preferisca ottenere un prodotto finale dal gusto più morbido a scapito della freschezza. Nella maggior parte dei casi, comunque, la fermentazione malolattica non avviene e quindi il vino deve essere stabilizzato con trattamenti a base di anidride solforosa. Non è corretto solfitare direttamente nelle vasche di fermentazione, perchè l'agitazione necessaria alla distribuzione dell'anidride solforosa stessa rimette in sospensione i lieviti depositati sul fondo: ciò non deve avvenire in quanto l'anidride solforosa, combinandosi con i lieviti, potrebbe dar luogo ad idrogeno solforato. Resta inteso che è necessario omogeneizzare la SO2 nel mosto, al fine di ridurre la quantità che se ne utilizza. La successiva fase quindi è il travaso in altri recipienti del mosto fermentato (ormai vino novello) ed il trattamento di questo con anidride solforosa.
      Trattamenti anti-ossidanti
      Le cause di deterioramento del vino bianco che più interessano l'enologo ed il consumatore finale sono quelle che compromettono la stabilità del prodotto. La precaria stabilità del vino bianco ne condiziona pesantemente la distribuzione: si è spesso in presenza di eccellenti vini in cantina che poi perdono le proprie caratteristiche, prima di arrivare al consumatore finale.
      La maggior causa d'instabilità è l'ossidazione del prodotto. L'ossigeno denatura l'aroma, incupisce il colore. Le fasi in cui si ha grossa ossidazione sono la sgrondatura ed anche la pressatura. Bisogna assolutamente arginare i fenomeni enzimatici che ne scaturiscono, provocando perdita di qualità del prodotto finale. Alcuni lavori hanno messo in evidenza dei dati a dir poco sconcertanti: il consumo di ossigeno da parte di un mosto è di circa 2mg/l/minuto, mentre l'ossigeno consumato da un vino "finito" è di circa 1-2mg/l/giorno. L'ossidazione ha un'origine prevalentemente enzimatica: infatti, riscaldando il mosto fino a 90°C per tre minuti, sotto atmosfera di azoto, il consumo di ossigeno è circa 150 volte più lento! Questo processo può essere utilizzato per impedire l'ossidazione.
      Sono di seguito descritte le principali tecniche di protezione da ossidazione, attualmente più diffuse:
      • Solfitazione: come già detto più volte, l'anidride solforosa ha effetti antisettici. Come tale può essere utilizzata per evitare l'insorgere di ossidazioni del mosto, eliminandone la causa prima, vale a dire gli enzimi che la producono. L'addizione di SO2 provoca un arresto del consumo di ossigeno dopo un certo periodo di tempoT che dipende da:
        • La dose di SO2 aggiunta: T varia da 6 min a 1.4 min con solfitazione da 1 ad 8 g/hl.
        • La velocità iniziale di consumo dell'ossigeno: a parità di SO2 introdotta, T è tanto maggiore quanto è più elevata la velocità iniziale di consumo di ossigeno.
        • Lo stato sanitario dell'uva: a parità dei precedenti parametri descritti, T è maggiore per le uve ammuffite (9 min per uve ammuffite contro 2 min per uve sane, con una solfitazione di 3g/hl).
        • Il pH del mosto: a parità dei precedenti parametri, T è maggiore se il pH è maggiore.
      E' da dire tuttavia, che uno dei problemi della vinificazione in bianco è stato sempre quello di ridurre al minimo l'utilizzo di anidride solforosa nel processo di vinificazione. L'impiego di gas inerti può essere utile a questo scopo.
      • Impiego di gas inerti : tenuto conto della velocità di consumo di O2 nel mosto, è bene evitare ogni contatto tra questo ed ossigeno (questo è il motivo al quale si accennava all'inizio, quando si è detto che produrre vini bianchi di qualità in maniera artigianale è praticamente impossibile). La tecnica di adoperare atmosfere di azoto oppure anidride carbonica non ha avuto molto successo, non tanto per le difficoltà tecniche che pone, peraltro facilmente superabili, ma perchè il trattamento non inibisce la causa ma solo l'effetto. Il vino che ne deriva non è dunque stabile.
      • Refrigerazione: esperienze di laboratorio hanno messo in evidenza che la massima velocità di consumo di ossigeno si ha ad una temperatura appartenente al seguente intervallo 35-45°C; per una temperatura di 12°C la velocità di consumo ossigeno è tre volte inferiore rispetto a quella che si misura per 30°C. Una possibile tecnica sarebbe quella di refrigerare il mosto. In questo modo si riduce l'apporto di SO2 da utilizzare, ma parallelamente si rende difficoltoso il processo di defecazione (in seguito descritto), essenziale per la qualità ed il colore del prodotto finale.
      • Defecazione e trattamento con bentonite: una buona defecazione riduce del 40% il consumo di ossigeno di un mosto, perchè elimina le tirosinasi, non solubili nel mosto stesso. Il trattamento con bentonite favorisce cioè l'eliminazione di alcuni enzimi responsabili del processo di ossidazione. Tuttavia i due trattamenti non sembrano una esauriente risposta al problema.
      • Riscaldamento: il mosto portato a 65°C diviene praticamente immune ad attacchi enzimatici, visto che gli enzimi vengono in questo modo completamente eliminati. Il vino ottenuto con questo trattamento è assolutamente stabile.
      Successiva a questa fase è la procedura di invecchiamento e poi di imbottigliamento del vino.