sabato 18 giugno 2022

CUORE DI PANNA

18 GIU 2022 11:31 CUORE DI PANNA – MONTATA, DA CAFFÈ, OPPURE DA CUCINA: LA PANNA È LA REGINA DELLA TAVOLA (MA PER CARITA', NON METTETELA NELLA CARBONARA!) – LA PAROLA DERIVA DA “PANNO”, PERCHÉ È IL VELO CHE LE GOCCIOLINE DI GRASSO CHE SI ADDENSANO FORMANO SULLA SUPERFICIE DEL LATTE LASCIATO A RIPOSARE, MA SI PUÒ OTTENERE ANCHE CON LA... - LA PANNA È UNA DEGLI ALIMENTI CRIMINALIZZATI DAI GRASSOFOBI ALIMENTARI, MA I SUOI VALORI NUTRIZIONALI DELLA PANNA DIPENDONO DAL TIPO: PER ESEMPIO… - La parola panna deriva da panno. Con evidente logica, perché è il velo che le goccioline di grasso che si addensano formano sulla superficie del latte lasciato a riposare, anche chiamato crema del latte (sbagliando, chiamiamo panna anche lo strato che si forma in cima se bolliamo il latte, che però non sono grassi ma lattoalbumina coagulata). Tornando alla panna, quella che si crea per naturale ascesa delle particelle grasse del latte in seguito a decantazione si chiama panna da affioramento. Ma c'è anche quella da centrifugazione del latte e quella di siero, dal recupero dei grassi del siero del latte. Con la panna si fa il burro: la panna prodotta direttamente da centrifugazione del latte appena munto, con filiera a bassa temperatura, è migliore di quella da affioramento, dove bisogna intervenire con trattamenti termici per stoppare la carica microbica, o di siero, di conseguenza lo è il burro. DIRETTIVE EUROPEE Le direttive europee (regolamento CE 1308/2013) prevedono che la panna debba contenere almeno il 10% di grassi del latte. C'è la panna da caffetteria (in inglese half-and-half o half cream, in tedesco kaffeesahne), grassi dal 10 al 20%. C'è la panna da cucina, anche detta «mezza panna», grassi tra 20 e massimo 30% (panna da caffè e da cucina non si possono montare per il troppo basso contenuto di grassi). C'è la panna da montare, anche detta panna da pasticceria, 30% di grassi almeno, fino al 15% di zucchero se zuccherata. La quantità minima di grassi per montare la panna è 30 grammi su 100 millilitri. Poi, abbiamo la panna doppia: con almeno il 45% di grassi, si chiama anche crème de gruyère. Poi, la panna spray, 80% di panna da montare, zuccheri e latte magro che si monta al momento, grazie al protossido di azoto, quando premiamo il tasto di emissione della bomboletta che la contiene sotto pressione. La panna non è un formaggio, ma un latticino, cioè un prodotto della lavorazione del latte. Il formaggio, che può essere stagionato o fresco e, per la legge italiana, non è un latticino, si ottiene tramite coagulazione della parte proteica del latte (caseina) e della parte grassa per mezzo del caglio; dal residuo della produzione del formaggio dalla cagliata, il siero del latte, si ottiene la ricotta. Ed esiste anche una specie di ricotta della panna, cioè una crema che si ottiene dal residuo della trasformazione della panna in burro. Si chiama latticello (in francese babeurre, in tedesco Buttermilch, in inglese buttermilk, cioè latte del burro, in finlandese piimä, ovvero latte acido). IL LATTICELLO Il latticello si otteneva anticamente lasciando inacidire il siero di panna dopo la separazione dal burro. Abbiamo usato il tempo imperfetto perché oggi l'industria lo realizza inoculando batteri nel latte perché ne fermentino il lattosio. Per farlo in casa, frullate per 10 minuti 250 millilitri di panna fresca, si dividerà in 90 grammi di burro e 125 di latticello. Se invece si vuol fare il latticello ma non il burro, si può mescolare una parte di latte con una di yogurt intero bianco. Con il latticello si fanno tanti dolci e il pollo fritto statunitensi e si beve, come se fosse yogurt, in Nord Europa e alcuni Paesi asiatici. QUALITÀ FRANCESE LATTICELLO Altro derivato della panna è la crème fraîche, che si ottiene addizionando la panna non pastorizzata di colture di alcuni batteri Lactobacillales perché la fermentino facendola diventare più corposa e acida, poi si pastorizza. Non si può ottenere in casa, a meno che non si abbiano panna non pastorizzata e batteri, tuttavia se non la si trova confezionata la si può «imitare» miscelando un cucchiaio di succo di limone o aceto con 2 tazze di panna e lasciando cagliare. La crème fraîche è un tipo di panna acida con il 30-45% di grassi.La crème fraîche d'Isigny è una panna acida Aop (che è l'equivalente francese del nostro Dop) originaria di Isigny-sur-Mer in Normandia. Se incappate nella crème fraîche fleurette non vi spaventate, è solo una crème fraîche più liquida. Nemmeno se vi trovate davanti la sour cream: è solo il nome angloamericano della panna acida. Mentre la smetana, prodotto dell'Est Europa, somiglia alla panna acida ma ne differisce per modalità di produzione. La panna si usa anche nella fabbricazione di formaggi molto grassi come il camembert oppure, coagulata con acido citrico o acetico a 75 gradi, il mascarpone. «PRO CREAM» La panna rientra nel novero degli alimenti criminalizzati dai grassofobi alimentari, quelli che hanno la fobia dei grassi negli alimenti indotta dal salutismo contemporaneo spesso al limite dell'ortoressia. Potremmo quasi teorizzare l'esistenza di due fazioni, la no cream e la pro cream, proprio come avviene con i vaccini. Noi siamo pro cream. I valori nutrizionali della panna dipendono dal tipo: 100 grammi di quella fresca da cucina e da montare hanno 336 calorie, 35 grammi di grassi e 140 milligrammi di colesterolo, quella da cucina a lunga conservazione normale 21,5 grammi di grassi, 219 calorie e 110 milligrammi di colesterolo e la versione light, con 10% di grassi, 132 calorie e 60 milligrammi di colesterolo. La panna da montare a lunga conservazione ha il 31% di grassi e 301 calorie. La panna a lunga conservazione è sottoposta a sterilizzazione a 100 gradi con funzione antibatterica che, in più, abbatte un po' i grassi. DUE VOLTE A SETTIMANA Fatta questa precisazione che può tornare utile, resta che la panna è un prodotto dalla quota lipidica abbastanza alta, principalmente fornita da grassi saturi e colesterolo. Per un soggetto in buona salute, l'apporto quotidiano di grassi saturi consigliato è fino al 10% delle calorie totali e non oltre 300 milligrammi di colesterolo al giorno. Se usata come condimento, la panna da cucina sostituisce egregiamente l'olio, del quale può avere tra un quinto e un terzo delle calorie. Un paio di volte a settimana si può tranquillamente mangiare panna da cucina e panna dolce; se si segue una dieta ipocolesterolemica si può diminuire la quantità o scegliere panna light. In caso di dieta normale, comunque non si deve abusare della panna perché grassi saturi e colesterolo in grandi assunzioni attentano alla salute cardiocircolatoria, oltre che alla linea. Le calorie della panna zuccherata da montare o montata aumentano leggermente.

mercoledì 27 aprile 2022

https://ricette.giallozafferano.it/Scarola-affogata.html CONTORNI Scarola affogata Difficoltà: Facile Preparazione: 5 min Cottura: 20 min Dosi per: 4 persone Costo: Basso PRESENTAZIONE Siete alla ricerca di un'idea veloce e stuzzicante per cucinare le scarole? Allora dovete assolutamente provare la ricetta della scarola affogata! Si tratta di un contorno molto semplice arricchito da olive, capperi e peperoncino che servono ad insaporire il fondo di cottura. La scarola è uno degli ingredienti protagonisti della cucina del sud, la ritroviamo di frequente in diverse ricette accompagnata dai fagioli, dalle patate e addirittura come ripieno per la pizza! Ma le scarole affogate fanno parte di quei contorni che invece accompagnano, quasi quotidianamente, i secondi piatti del Mezzogiorno. Una ricetta davvero stuzzicante, dal carattere deciso e che si farà amare facilmente da tutti. Provate per credere! PREPARAZIONE COME PREPARARE LA SCAROLA AFFOGATA Per preparare la scarola affogata cominciate dalla pulizia di quest’ultima. Lavate accuratamente le foglie che avrete staccato dal gambo posto alla base della scarola 1, poi affettate sottilmente il peperoncino 2 e spostatevi ai fornelli. Mettete sul fornello una casseruola e all’interno fate un giro d’olio, aggiungete uno spicchio d’aglio in camicia e poi il peperoncino 3. Lasciate insaporire per qualche istante mescolando il fondo 4 e tuffate le foglie di scarola 5. Aiutatevi con il mestolo per farle ammorbidire 6. Chiudete con il coperchio e lasciate cuocere per 10 minuti 7. Trascorso questo tempo le foglie si saranno un po’ ammorbidite, quindi regolate di sale e aggiungete le olive e i capperi dissalati (basterà sciacquarli sotto un getto d’acqua fresca) 9. Proseguite la cottura per altri 10 minuti 10 finché il tutto non risulterà ben cotto 11. Impiattate la vostra scarola affogata e servitela ben calda 12. CONSERVAZIONE Potete conservare la scarola affogata per 3-4 giorni in frigorifero tenendola in un recipiente a chiusura ermetica. Al bisogno potrete anche congelarla. CONSIGLIO Rendete speciale la vostra scarola affogata sfumando con del vino bianco o rosato. Inoltre potrete dare una nota di croccante aggiungendo dei pinoli tostati oppure della frutta secca a vostro piacimento. In alternativa, per dare una nota di dolcezza, aggiungete dell’uvetta o dei fichi secchi sbriciolati. Se il sapore amaro della scarola dovesse risultare troppo forte per voi basterà sbollentare le foglie per pochi istanti!

lunedì 14 marzo 2022

Carne morbida come il burro: come cucinarla e come recuperarla con un ingrediente segreto!X

Carne morbida come il burro: come cucinarla e come recuperarla con un ingrediente segreto! In genere, la scelta per la cottura ideale della carne si gioca tra la griglia e la padella. Nel primo caso, badate a non metterne troppa sul fuoco; disponete le bistecche in modo tale che possa ricevere sufficiente aria per “respirare”. Non bucherellatele mai e sistematele nella zona centrale, la più calda. Se il taglio è piccolo, ponetela direttamente a contatto con la brace, altrimenti sistematela sulla griglia. E avete meno dimestichezza in cucina, cucinatela in padella. Non riempitela eccessivamente, cuocetene poca per volta per regalarle il giusto spazio. Poche regole, qualche accortezza e la riuscita è assicurata, o quasi. Ma se fallirete e la resa finale vi regalerà una consistenza troppo secca e dura, potete rimediare con un ingrediente segreto che la renderà nuovamente morbida come il burro. Aggiungete qualche goccia di acquavite, e come per magia il coltello affonderà nella tenerezza più assoluta. È l’alcbool, infatti, ad avere un enorme potere, quello di rinvigorire alimenti che paiono ormai immangiabili. Ad esempio, provatelo sul formaggio rinsecchito: immergetelo per qualche secondo nel vino bianco e tornerà sodo e morbido come un tempo. E che buon appetito sia!

domenica 13 marzo 2022

«Air fry», tutto quello che c'è da sapere sul robot che frigge con l'aria e 12 ricette

di REDAZIONE COOK Friggere con l’aria (e cucinare): il robot da cucina e le ricette facili da provare 1 / 22 Il fenomeno Friggere con l’aria? Si può. E a renderlo possibile è la air fry, un robot da cucina nato negli Usa che sta rivoluzionando il mondo della frittura. «Ricordate l'Instant Pot? È stato l’elettrodomestico del 2020 — afferma il direttore di Good Housekeeping, il magazine statunitense che parla di prodotti da cucina, in un'intervista al New Yorker — ma oggi il pot più efficace è l’Air Fry». Il paragone non è un caso: l’Instant Pot, nella sua ascesa da gadget stravagante a robot indispensabile, è stato un successo non solo per i suoi ideatori ma anche per editori di libri di cucina e siti web di ricette. Tanto da esser diventato un caso. Il vortice delle novità tecnologiche non può fermarsi e il mondo culinario vuole un altro apparecchio superstar. Nero, ovale e lucido, l’aspetto della friggitrice è proprio quello di una diavoleria di ultima generazione. Lo schermo è touch e la maniglia sporgente, se tirata, rivela il cesto interno per friggere, progettato per massimizzare il flusso d’aria intorno al cibo. 2 / 22 Come funziona L’Air Fry è una friggitrice ad aria compressa in grado di abbattere le calorie dal 70 per cento all’80 per cento, riducendo la quantità di grassi. ecco come funziona: utilizzando un po' di olio di semi e molta aria calda, l’apparecchio replica gli effetti della frittura rendendo i cibi croccanti e dorati. L’aria si muove molto rapidamente attraverso il cibo, eliminando l’umidità di cottura e rendendo la superficie asciutta. 3 / 22 Air Fry vs friggitrice tradizionale Oltre a produrre cibi meno inzuppati d’olio, l’Air Fry è molto più veloce di una friggitrice normale: le patatine sono pronte in meno di 10 minuti e i bocconcini di pollo in 8. E poiché assomiglia molto a un forno ventilato, si può usare per preparare anche dolci: biscotti, frolle e persino torte. 4 / 22 Cosa friggere I migliori risultati si ottengono con le verdure: peperoni fritti, pomodori tostati, patate fritte e bucce croccanti, fiori di zucca in pastella. Ma anche involtini primavera, mozzarelle impanate, graffe, anelli di cipolla e zeppole. 5 / 22 Non solo fritto Con l’apparecchio di ultima generazione non si ottengono solo cibi fritti: «Ciò che la maggior parte della gente sbaglia — si legge nell’articolo del New Yorker — è la convinzione che si debbano cucinare solo fritture con questo robot». In realtà l’elenco di preparazioni possibili è lungo. Alcuni esempi? Biscotti con frolle friabili, cotolette di maiale, patate al cartoccio, verdure ripiene gratinate. Insomma, tutto quello che si potrebbe ottenere da un forno ventilato, con la differenza che l’air fry assicura una croccantezza maggiore. «Se non si vuole friggere, ma avere una cottura meno aggressiva basta abbassare la temperatura di 5 gradi e mantenere lo stesso tempo», spiegano sul magazine. 6 / 22 Le migliori da acquistare Il Good Housekeeping ne ha individuate 5: dalla migliore in fatto di qualità prezzo (Farberware Multi-Functional Air Fryer a 62 euro circa) alla super accessoriata (Philips Avanced XXL a 252,99 euro). Ci sono poi anche la NuWave Brio Air Fry con speciale cestello anti ustione (86 euro circa); la Ninja Foodi 1400-Watt Multi Cooker (206 euro circa), che combina in un solo robot le funzioni air fry e quelle di una pentola a pressione, e la Decker Purify air fryer, che frigge 4 porzioni alla volta e dora alla perfezione (75 euro circa). 7 / 22 Pollo croccante e parmigiano Dai gamberetti al cocco alla parmigiana veloce, ecco le 15 ricette croccanti ma poco oleose da preparare in una Air fry . Iniziamo dal pollo. Se non hai mai usato una friggitrice prima, questa è la ricetta perfetta da cui iniziare. Con l'Air fry, poi, l'impanatura esterna (di semplice farina o pangrattato) diventa croccante e leggera mentre l'interno rimane tenero. Il segreto? Lasciare le strisce di pollo in ammollo per una notte nel latte 8 / 22 Patatine fritte dolci Le friggitrici ad aria compressa sono assolutamente perfette per preparare patatine fritte croccanti, quindi perché non sperimentare: insieme alla classica patata gialla, provate a tagliare a tronchetti anche quella arancione dolce. Il resto lo fa l'Air fry. 9 / 22 Filetti di pesce impanati L'asso nella manica da giocare quando di invita a cena qualcuno. Questi filetti di pesce fritto, oltre ad essere leggeri, sono personalizzabili. Dopo aver infarinato e passato nell'uovo sbattuto i filetti di merluzzo tocca al pangrattato. L'impanatura, in questo caso, può essere insaporita con spezie ed erbe: prezzemolo, un trito di salvia e rosmarino oppure curry. 10 / 22 Gamberetti al cocco Al posto della solita impanatura, si può sostituire la farina e il pangrattato con le scaglie di cocco. Il risultato sarà un antipasto leggero perché senza olio e senza glutine, da abbinare con una salsa yogurt. 11 / 22 Chips di mela Per preparare queste croccanti chips di mela, l'unico ingrediente necessario è il frutto, per insaporirlo si possono poi aggiungere un pizzico di cannella e di sale. Basta tagliare a rondelle sottilissime alcune mele (aiutatevi con una mandolina, spolverizzatele di cannella e sale e friggete nell'Air fry per 8 minuti. 12 / 22 Bastoncini di pesce e mandorle Per rendere i vostri bastoncini di sogliola ancora più gustosi, al posto del pangrattato usare la farine di mandorle. La croccantezza rimane la stessa ma il sapore è più dolce e goloso. 13 / 22 Baked potato Con l'Air fry si possono dimezzare i tempi di cottura delle patate al forno, la preparazione diventa allora facilissima e veloce: basta lavare bene la buccia, salarle e posizionarle nel cestello intere. Il risultato? L'esterno della patata diventa croccante mentre l'interno rimane tenero. 14 / 22 Ceci fritti Una volta lessi e asciugati bene, si passa al condimento: metteteli in una ciotola e conditeli con un cucchiaio di olio e le spezie che preferite (paprike, curry, erbe). Versateli poi nel cestello della friggitrice ad aria e accendetela a 200°C, saranno poi sufficienti 9 minuti. Servite appena pronti in ciotoline per assicurare tutta la loro croccantezza. 15 / 22 Cavoletti di Bruxelles speziati I cavoletti di Bruxelles croccanti sono deliziosi e, cucinandoli in una friggitrice ad aria, l'esterno diventa dorato e gustoso. Prima di metterli nel cestello potete insaporirli con spezie o in una semplice salsa chili. 16 / 22 Polpette in salsa Pronte in venti minuti, le polpette di carne, preparate seguendo la proprio ricetta, possono essere fritte con l'Air fry, l'unica indicazione importante da seguire è la dimensione: vanno fatte poco più grandi di una noce 17 / 22 Zucchine al gratin Per le zucchine ripiene è sufficiente svuotarle e con la polpa preparare la farcitura: tritate la verdura stessa e mescolatela con prezzemolo, parmigiano e, se volete, dei pezzetti di salsiccia. Prima di posizionare le barchette ripiene nell'Air fry spolverizzatele di pangrattato 18 / 22 Asparagi croccanti Per preparare questo piatto sono necessari venti minuti: eliminate la parte bianca degli asparagi e immergeteli nell'uovo sbattuto, poi nel pangrattato Una colta impanati friggeteli nell'Air fry a 200°C 19 / 22 Ciambelline alla cannella Per preparare i donuts o le graffe l'Air fry è perfetta La ricetta da seguire è quella classica, poi vanno ricavate delle piccole sfere (scegliete voi se fare il buco al centro o meno) da cuocere a 180°C 20 / 22 Chips di zucchine Le chips possono essere fatte anche con le zucchine: tagliatele a rondelle sottili, immergetele nell'uovo sbattuto e passatele poi nell'impanatura di pangrattato e parmigiano 21 / 22 Melanzana alla parmigiana Passate le fette di melanzana prima nella farina, poi nell'uovo sbattuto e infine nel pangrattato Fate cuocere per 10 minuti nell'Air fry, rimuovetele, poggiateci sopra una fetta di mozzarella e della passata di pomodoro con basilico e rimettete tutto nella friggitrice per 4-5 minuti

Uova, quante balle sul colesterolo: dalla vitamina D alle proteine, ciò che non tutti sanno

13 marzo 2022 Sono le uova l’alimento più completo in natura. Contengono proteine, grassi saturi, vitamina D, zinco, ferro e potassio. Ne basta uno di 70 grammi per fornire il 16 % del fabbisogno giornaliero di proteine per un adulto. Ricchissimo di proprietà e indicato per chi vuole dimagrire è il tuorlo che contiene omega 3 e ferro, difficile da trovare in natura. Ma quali uova scegliere al bancone del supermercato? Ebbene quelle provenienti da agricoltura biologica sono le migliori, seguite da quelle di allevamento all’aperto, e a terra. E’ bene sapere che non esiste alcuna correlazione tra il consumo di uova e l’aumento dei livelli di colesterolo. Un uomo che osserva una dieta sana ed equilibrata può consumarne fino a 6 a settimana, una donna 4. Unica controindicazione: non mangiatele crude perché non danno benefici né ai muscoli né all’organismo e possono essere pericolose per via di possibili infezioni da salmonella. Infine, conservatele in frigo e fate attenzione alla data di scadenza. Ma se la superate, tranquilli. Mettete le uova dentro un recipiente d’acqua, se non galleggiano sono ancora buone! .

domenica 6 marzo 2022

TECNICHE IN CUCINA Come cucinare il pollo

di ALESSIA CALZOLARI Delicata e versatile, la carne bianca per eccellenza si presta a ricette leggere e gustose, così come a piatti ricchi, di tradizione e sapore: ecco come sfruttarla al meglio in cucina 1 / 4 Come pulire il pollo e altre accortezze in cucina Che in cucina sia molto amata non è una sorpresa: la carne di pollo, dopo quella di maiale, è la seconda più consumata al mondo. Apporta poche calorie e se si elimina la pelle anche pochi grassi, ma è anche ricca di proteine altamente biodisponibili e, soprattutto, offre la possibilità di essere usata in ricette sempre diverse tra loro. Dal brodo, al pollo arrosto, passando per le semplici fettine alla griglia, che però possono trasformarsi anche in straccetti o involtini non ci si annoia mai. Come pulire il pollo Molte persone hanno l’abitudine di sciacquare il pollo, intero o a pezzi, sotto l’acqua corrente prima di mettersi ai fornelli. Cartellino rosso. È un passaggio non solo inutile, ma anche potenzialmente dannoso. Germi e batteri presenti sulla carne cruda potrebbero spargersi in tutto il lavandino o schizzare per tutta la cucina e diventare terreno fertile per eventuali contaminazioni o propagarsi su superfici e utensili. Per questo motivo è importante mantenere un’accurata igiene delle mani per tutto il periodo in cui si manipola la carne cruda, evitare di usare taglieri di legno più difficili da igienizzare e fare un uso promiscuo degli strumenti da cucina. Le uniche parti da eliminare sono eventuali piumette residue, se presenti. Per farlo usate la fiamma del fornello o un accendino e poi tamponate la carne con della carta da cucina inumidita, che deve finire immediatamente in pattumiera. Lavatevi subito le mani, prima di passare al prossimo step. Eventuali patogeni moriranno con una accurata cottura. Guida all’acquisto Dal macellaio o al supermercato trovate sia polli interi, che già sezionati. Ali e sovracosce sono di solito i tagli più economici. Sceglieteli se la pelle non è macchiata e se il grasso sottocutaneo è giallo vivo, indicano che la carne è fresca. In generale, se possibile, sarebbe da preferire il pollo ruspante, con carne soda e saporita. Se non riuscite a reperirlo e le indicazioni del macellaio o sull’etichetta non sono chiare osservate il pollo: se la polpa è compatta ed elastica, la pelle è asciutta e non appiccicosa siete davanti a un prodotto di buona qualità. Una volta comprato, fate attenzione a non interrompere la catena del freddo e cercate di riporre la carne in frigo il prima possibile, è molto sensibile al calore. Potete conservarla per qualche giorno oppure decidere di congelarla fino a 3 mesi in freezer. 2 / 4 Come cucinare un pollo intero C’è da chiederselo? Pollo intero fa rima con “pollo arrosto della domenica”, anche se potete trovarlo non sezionato e aperto a libro per cucinare il pollo alla diavola. Ogni famiglia ha la sua ricetta, ma ci sono alcune piccole accortezze che sono sempre valide e lo renderanno ancora più gustoso. Come prima cosa, ricordatevi di cuocere la carne – e questo vale per tutte le tipologie – quando è a temperatura ambiente. Questo significa che va tirata fuori dal frigo per tempo. Tamponate poi la pelle con della carta da cucina, per asciugarla. Questo passaggio contribuirà a far formare una pelle dorata e croccante, quella per cui si litiga in famiglia. Per condire il pollo, massaggiatelo con dell’olio extravergine d’oliva. Non ne serve molto, ma non omettetelo. Anzi, aggiungerne troppo potrebbe essere controproducente e dare eccessiva umidità alla carne. Il risultato? Un ottimo pollo lesso cotto in forno. Salate generosamente e poi sbizzarritevi con erbe e spezie: aglio, limone, salvia, rosmarino, curry, paprika, zenzero sono solo alcuni degli ingredienti da poter usare da soli o combinati tra loro. Al momento della cottura dovete avere il forno già caldo in modalità statica a 220 °C e posizionare il pollo con il petto verso il basso. È la porzione più magra e che si cuoce prima, a diretto contatto con il calore potrebbe seccarsi e asciugarsi troppo. Giratelo poi dopo circa 40 minuti per far dorare anche questo lato del pollo. Non c’è pollo senza patate arrosto. Meglio, però, cuocerle separatamente così da controllare meglio la cottura e la doratura e non aggiungere umidità alla teglia, che porta sempre al rischio di ottenere cibo bollito e non arrostito. Bollito di pollo Se avete un bel pollo intero, potete anche decidere di lessarlo per ottenere del brodo e della carne da mangiare con maionese, salsa verde o altri contorni oppure da usare per preparare ricette come le polpette. Fatelo cuocere per almeno due ore con sedano, carota e cipolla in abbondante acqua: calda, se volete una buona carne, fredda se preferite che sia il brodo il pezzo forte. Il pollo ripieno Chiedete al vostro macellaio di fiducia di disossarvi e aprirvi a metà un pollo intero e farcitelo come se fosse un grande involtino, un rollè. Potete usare salumi, una farcia con pane ammollato nel latte e altri ingredienti, verdure e formaggi. Arrotolatelo con cura e legatelo, senza rompere la pelle. Mettetelo in teglia, conditelo con olio, sale e se volete erbe aromatiche e cucinatelo per circa 30-45 minuti a 200° C. 3 / 4 Come cucinare il pollo a pezzi Il pollo già porzionato è forse quello più adatto alla cucina di tutti i giorni, come il petto di pollo a fette che si prepara in pochi minuti alla griglia o sotto forma di scaloppina. Se ne avete uno intero che volete ridurre in pezzi, magari per farlo fritto, partite dalle cosce. Tagliate la pelle all’altezza dell’articolazione, piegatele verso l’esterno e staccatele. Dopo di che passate alle ali, anche qui agite sull’articolazione. A questo punto dividete il petto a metà con un’incisione per tutta la sua lunghezza, staccando la polpa con delicatezza. Petto di pollo Si trova intero, a metà o già sfilettato ed è un taglio più costoso, magro e molto versatile. Se intero potete cucinarlo in tegame come un arrosto, bollirlo per poi preparare un’insalata oppure tagliarlo a bocconcini per un pollo al curry, per uno spezzatino o degli spiedini. Le fettine possono essere impanate - come delle milanesine - o preparate come involtini o straccetti. Fate solo attenzione a non farlo asciugare troppo, per evitare che diventi duro e gommoso. Se non siete certi della cottura, preferite ricette in umido o in cui ci sia presente una buona parte di liquido, che lo manterranno morbido. Sovracosce e alette Tenere e gustose, le sovracosce si possono preparare sia al forno che in padella per il pollo alla cacciatora. Le alette, invece, sono buonissime speziate e magari un po’ agrodolci, da mangiare rigorosamente con le mani, se non addirittura fritte. Provatele anche per arricchire un brodo in maniera molto economica. Fusi di pollo Le cosce sono perfette sia al forno – di solito sono le preferite dai bambini – che in padella o in umido. Spesso hanno la pelle, che le rende più gustose, ma anche più grasse. Se volete eliminarla, tenete un fuso con una mano e con l’altro tirate la pelle con decisione. Aiutatevi se volete con un pezze di carta da cucina. Potete anche disossarli a casa e ottenere delle braciole che sono deliziose sulla griglia o al barbecue: incidete la carne lungo l’osso e passate la lama di un bisturi o un coltello affilato intorno all’osso, per staccarlo dalla polpa. Per una cottura più veloce, appiattite le bistecchine tra due fogli di carta da forno. Se, invece, avete comprato le cosce intere e volete separare le sovracosce, basta dividerle dai fusi con un coltello robusto all’altezza dell’articolazione, usate un batticarne per dare un colpo netto e deciso. Le rigaglie (frattaglie) Non tutti le amano, ma fegatini, cuore e stomaco muscolare possono essere usati in tante ricette. Si possono mischiare con altra carne nel ragù oppure frullare per ottenere un patè per i crostini.

giovedì 3 marzo 2022

One pot pasta (e non solo), cos’è e come si prepara in un’unica pentola

Questo tipo di preparazione comporta una serie di vantaggi pratici da non trascurare, uniti a risultati avvolgenti e cremosi al palato. Nell’articolo vi spieghiamo i trucchi per eseguire questa tecnica, proponendovi in seguito alcune ricette facili, rapide e gustose. 1 / 15 One pot Se fare una one potvuol dire cucinare una pietanza usando un’unica pentola, questa è un’usanza gastronomica vecchia come il mondo. Da qualche anno, però, con one pot indichiamo una tendenza connessa alla preparazione della pasta. Che non viene più calata in acqua bollente e poi amalgamata con i sughi, ma fatta cuocere direttamente in un recipiente insieme agli ingredienti. Che vengono messi tutti insieme e a crudo (inclusa la pasta) e ricoperti con acqua a temperatura ambiente. Il trend–o tecnica –l’ha lanciato l’autrice statunitense Martha Stewart. Ma poi ha conquistato varie cucine del globo e– pur con un po’ di scetticismo– si è insinuato anche nelle nostre. Il motivo? La one pot pasta comporta una serie di vantaggi pratici da non trascurare, uniti a risultati avvolgenti e cremosi al palato. Nelle prossime schede vi spieghiamo i trucchi per eseguire questa tecnica, proponendovi in seguito alcune ricette facili e gustose. 2 / 15 One pot pasta, alla Martha Stewart o risottata: come si fa La chiamiamo tecnica, ma la one pot pasta è abbastanza semplice e non richiede un alto livello di abilità. Basta regolarsi con le quantità. Come Martha Stewart insegna, si mette tutto in un unico recipiente (wok, casseruola, tegame) coprendo con acqua a temperatura ambiente e cuocendo a fuoco medio. Diciamo che il rapporto tra pasta e acqua deve essere di 1:3. Ma le percentuali possono cambiare a seconda degli ingredienti che rilasciano più o meno liquidi e del tipo di pasta. Visto che cuocerà tutto insieme, dobbiamo regolarci bene con i tagli della materia prima. Occhio a non usare pentole troppo alte e strette e a non abbondare con l’acqua– se si asciuga troppo se ne può aggiungere in corso d’opera. Se non ci piace questo metodo, la pasta si può anche risottare, versando un mestolo per volta di acqua calda o brodo. E gli ingredienti, volendo, possono essere messi a soffriggere pure prima di inserire la pasta. In questo modo, Stewart potrebbe non chiamarla più one pot, ma vi assicuriamo che il risultato è sicuramente gustoso. 3 / 15 One pot: perché sì Sono essenzialmente tre i motivi principali per i quali scegliere una one pot. Il primo riguarda il cronometro: cimentarsi in diverse preparazioni e cotture separate fa, infatti, allungare i tempi che con la one pot si riducono. C’è chi si diverte proprio nel realizzare pietanze elaborate e con lunghi passaggi, ma il tempo, a volte, è tiranno anche per i più abili. E, cosa da non trascurare, stando di meno davanti ai fornelli, si agevola il risparmio energetico. Poi c’è il vantaggio pratico di dover lavare solo una pentola, diminuendo la fatica, riducendo i consumi di acqua e sapone, e ottimizzando lo spazio: ecco perché la one pot è perfetta da sfoggiare nelle cucine piccole, ma anche nei banchetti di fortuna allestiti in montagna o in barca. Senza dimenticare il risultato strettamente culinario, che è fondamentale: cuocere pasta e ingredienti insieme fa sì che gli amidi rimangano dentro, donando al piatto cremosità e sapore. Inoltre, è inutile lasciarsi frenare troppo dal nazionalismo gastronomico. Questo tipo di preparazione non si discosta dal principio di tante ricette della nostra tradizione: come, ad esempio, la pasta e patate napoletana con la provola. 4 / 15 One pot: perché no In realtà sono pochi i motivi per i quali non scegliere una one pot. Uno di questi può essere la poca praticità se dobbiamo cucinare per tante persone. Ma se abbiamo una bella casseruola ampia, il problema è risolto. Forse il limite principale, se vogliamo chiamarlo tale, è che non possono essere usate le paste fresche, perché i tempi di cottura sono troppo brevi. 5 / 15 ll ricettario di Martha Stewart Martha Stewart è la paladina per eccellenza di questa preparazione. Sono tantissime le ricette che portano la firma della scrittrice e personaggio televisivo statunitense e che richiedono l’utilizzo di una sola pentola. Nel 2014 è stato pubblicato un libro, One pot, con dentro più di 120 piatti scelti da lei. Non solo pasta, ci sono preparazioni di tutti i generi. 6 / 15 Una ricetta con il vino rosso Gli spaghetti one pot sono un piatto dalle mille qualità. Una su tutte: la cottura in un’unica pentola dona loro una cremosità speciale. È il caso di questi spaghettoni al vino rosso: semplici ed eleganti, vi faranno fare bella figura a cena con poco sforzo. Anche se alla vostra tavola si siede un ospite dell’ultimo momento. Non preoccupatevi per il tempo, ci vogliono solo 20 minuti per preparare il tutto. 7 / 15 La variante della carbonara (con le zucchine) La crema di amido che si forma nel wok, dove cuociono pasta e zucchine insieme, si sposa a perfezione con l’uovo. Non importa manchi il guanciale, questa carbonara verde è gustosa e avvolgente. 8 / 15 Con i legumi e le acciughe One pot e legumi è un matrimonio che s’ha da fare. I segreti di queste mafalde con i ceci sono due: il fondo con le acciughe che si sciolgono nell’olio e il brevissimo tempo di cottura (in 15 minuti avrete il piatto pronto a tavola). 9 / 15 Dalla Sardegna una ricetta della tradizione (ma one pot) Gli gnocchi sardi sembrano fatti apposta per la one pot: in questa ricetta con zucca e fagioli, si nascondono deliziosamente in una crema morbida. La pancetta, invece, può essere usata anche come parte crunchy da aggiungere alla fine. 10 / 15 Pasta risottata Se siete amanti dei classici, potete provare questa pasta e fagioli risottata con il brodo e servita con guanciale croccante. 11 / 15 La particolare cacio e pepe, ma «senza cacio» La cacio e pepe è un comfort food molto amato e rapido da cucinare. In questa versione il pecorino è sostituito dal miso che insieme alle mezze maniche forma un connubio super cremoso. 12 / 15 Le proprietà del limone Acqua insaporita dalle scorze di limone biologico, il Provolone del Monaco a mantecare in chiusura. Questa pasta agrumata si inizia a preparare la sera prima, quando si mettono a bagno le bucce. Dopo questo passaggio, però, ci vogliono pochi minuti per risottare lo spaghettino. 13 / 15 Spezzatino con la storica birra scura, la Guinness One pot non vuol dire solo pasta, lo abbiamo accennato. Se pensiamo alle carni, viene subito in mente lo spezzatino. Questo che vi proponiamo è il classico Guinness stew che si cucina il giorno di San Patrizio in Irlanda. 14 / 15 Stanley Tucci e la ricetta delle uova in purgatorio Le uova in purgatorio sono un piatto povero e tradizionale che richiede l’utilizzo di una sola padella. Ecco la ricetta che Stanley Tucci, vincitore di due premi oscar e protagonista della docu- serie Searching for Italy, mangiava durante la sua adolescenza trascorsa in Italia.

lunedì 28 febbraio 2022

Lasagne al forno

Lasagne al forno di REDAZIONE CUCINA Difficoltà: MEDIO Preparazione: 3 H 40 MIN Dosi: 4 PERSONE INGREDIENTI 400 g di farina 2 uova 200 g di carne di manzo tritata 100 g di carne di maiale magra tritata 50 g di salsiccia 150 g di polpa di pomodoro 80 g di cipolla 60 g di carota 40 g di sedano 20 g di burro 2 dl di brodo di carne 1 dl di vino bianco sale pepe 50 g di burro 50 g di grana grattugiato burro per la teglia PREPARAZIONE Primo da vino rosso morbido, fruttato e sgrassante come la Bonarda dei Colli Piacentini. Mondate e lavate la cipolla, la carota e il sedano, quindi tritateli, fateli appassire in una casseruola con il burro e lasciate rosolare per qualche minuto. Sbriciolate la salsiccia e unitela alle verdure insieme con le carni di manzo e di maiale; fate insaporire mescolando e dopo 4-5 minuti bagnate con il vino, lasciatelo evaporare e versate la polpa di pomodoro; salate, pepate e proseguite la cottura per 2 ore, mescolando di tanto in tanto e bagnando con il brodo. Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, sgusciate le uova e versatele al centro; sbattetele con la forchetta e impastate per ottenere un composto liscio e omogeneo. Stendete una sfoglia molto sottile e tagliatela a grossi rettangoli. In una casseruola dalle pareti basse portate a ebollizione abbondante acqua, salatela e cuocete le lasagne poche per volta; a mano a mano che saranno pronte sgocciolatele con il mestolo forato, passatele nel colapasta e poi stendetele su un canovaccio ad asciugare. Ungete di burro una teglia, meglio se antiaderente, e ricoprite il fondo con uno strato di pasta, condite con qualche cucchiaio di ragù, qualche pezzettino di burro, cospargetevi sopra il grana e ricominciate daccapo, fino a esaurimento degli ingredienti. Terminate con uno strato di pasta, cospargetelo di grana e pezzettini di burro. Fate cuocere le lasagne in forno caldo a 180 °C per circa 40 minuti.

Lasagne, i 6 errori da evitare quando si preparano

di MARTINA BARBERO Come fare le lasagne perfette. Ecco ricetta e consigli per realizzare al meglio un piatto tipico italiano 1/7 Lasagne: la carta forno 2/7 Lasagne: i condimenti troppo liquidi 3/7 Lasagne: gli angoli di pasta (sguarniti) 4/7 Lasagne: la superficie 5/7 Lasagne: le verdure crude 6/7 Lasagne: se avanza per il giorno dopo 7/7 Leggi le altre schede 1/7 Lasagne: la carta forno 2/7 Lasagne: i condimenti troppo liquidi 3/7 Lasagne: gli angoli di pasta (sguarniti) 4/7 Lasagne: la superficie 5/7 Lasagne: le verdure crude 6/7 Lasagne: se avanza per il giorno dopo 7/7 Leggi le altre schede 1/7 Lasagne: la carta forno 2/7 Lasagne: i condimenti troppo liquidi 3/7 Lasagne: gli angoli di pasta (sguarniti) 4/7 Lasagne: la superficie 5/7 Lasagne: le verdure crude 6/7 Lasagne: se avanza per il giorno dopo 7/7 Leggi le altre schede 1 / 7 Lasagne: la carta forno Strati di pasta porosa e sottile alternati a ragù di carne e besciamella. È la lasagna, un piatto che fa tremare di gioia le papille gustative in tutta Italia e oltre. Le ricette della tradizione sono molte, ma spesso si commettono errori comuni. Il primo è la carta da forno. Se per pizze, torte e biscotti è un’ottima soluzione, con la lasagna è un pasticcio. L’umidità del preparato inzuppa la carta che rischia di diventare un tutt’uno con l’ultimo strato. Per evitare di mangiare una pasta «bolognese e cartone» ungete la teglia con burro, olio o lo stesso ragù. 2 / 7 Lasagne: i condimenti troppo liquidi È importante non annacquare la lasagna, a nessuno piacciono molli e brodose. Le salse casalinghe possono riuscire un po’ liquide, vero. Il consiglio comunque è quello di non comprarle al market sotto casa. Besciamella e ragù fatti in casa hanno una marcia in più e alla consistenza sbagliata si può porre facilmente rimedio: alla besciamella aggiungete mezzo cucchiaio di farina, mentre il sugo «dimenticatelo» su un fuoco basso per 20 minuti. 3 / 7 Lasagne: gli angoli di pasta (sguarniti) Assicuratevi di coprire e farcire con cura ogni spazio della sfoglia, sia essa fresca o secca. Gli angoli seccano facilmente in forno, cuociono troppo e nel piatto vengono poi scartati. Abbondate di condimento lungo tutto il perimetro della lasagna e con una forchetta soffocate sotto pezzi di ragù le virgole ribelli. 4 / 7 Lasagne: la superficie La lasagna è quel confort food tutto italiano che fa venire l’acquolina sbirciando dal forno. Affascinati, la vediamo sobbollire e gonfiarsi silenziosa. Negli ultimi 10 minuti di cottura si realizza l’opera d’arte: la doratura del primo strato. Merito, sì di un buon grill, ma soprattutto delle mani che lo hanno curato. Non terminate mai con troppa besciamella, il risultato sarebbe una patina bruna e bruciacchiata. Mettetene solo uno o due cucchiai e abbondate di ragù. Spargete del parmigiano e, per una crosta più croccante, lasciate cadere del pangrattato. 5 / 7 Lasagne: le verdure crude È un piatto che si presta bene alle varianti. Ottima, quindi, anche quella verde a base di verdure e besciamella. Ricordate , però, di tagliare i vostri ingredienti in piccoli cubetti e di sbollentarli prima. Il composto deve risultare omogeneo e i diversi strati aderire bene l’uno all’altro. 6 / 7 Lasagne: se avanza per il giorno dopo Come la parmigiana, l’insalata di riso e il tiramisù, anche la lasagna è più buona il giorno dopo. Gli ingredienti si amalgamano meglio e i diversi sapori si integrano facendo onore al quinto gusto, l’umami. Abbondate con le porzioni e conservatela in frigo. La pasta al forno non stanca anche se mangiata due giorni di fila.

sabato 26 febbraio 2022

CARBONARA con UOVA pastorizzate

CARBONARA con UOVA pastorizzate Il 6 aprile è stato il Carbonara Day giorno in cui da anni si celebra questo famosissimo piatto tra sfide a colpi di padella, guerre tra puristi ed innovatori, comitati “NO pancetta SI guanciale”, solo tuorli o uova intere, panna o non panna… Se non lo aveste capito questa ricetta da sempre è fonte di discussioni, perché ognuno ne rivendica la propria versione, tutti sono d’accordo nel momento in cui la si celebra ma divisi quando si tratta di prepararla Anche io ho preso parte ai festeggiamenti in una lunga diretta Webinar in collaborazione con Sonia Peronaci e Pasta De Cecco, cucinando in diretta con altri 100 foodblogger quintali di carbonara! Quella che vi propongo oggi è la ricetta che, almeno nella scelta degli ingredienti, è quella che il più possibile cerca di essere quella della tradizione: guanciale, percorino romano DOP, uova, pepe macinato fresco e spaghetti! In cosa mi discosto dalla ricetta originale? Nella pastorizzazione delle uova per mangiare in totale sicurezza. Se non avete la possibilità di acquistare dei tuorli già pastorizzati, vi spiegherò un paio di metodi infallibili per farlo in casa poco tempo. Ma come nasce la magia della carbonara? Il Segreto per un risultato perfetto, ovvero una Carbonara cremosa dove tutti gli ingredienti sono perfettamente legati tra loro senza creare l’effetto frittata è innanzitutto realizzare una perfetta crema di tuorli, formaggio e acqua di cottura della pasta e poi altri piccoli trucchi che vi svelerò lungo il procedimento. Vedrete che cucinerete i migliori spaghetti alla carbonara che abbiate mai preparato: cremosi, avvolgenti e ricchi di sapore! CARBONARA con UOVA pastorizzate Difficoltà Bassa Tempo di preparazione 15 Minuti Tempo di cottura 15 Minuti Porzioni 4 persone Metodo di cottura Fornello Cucina Italiana Inspired by 713,49 Kcal calorie per porzione Info Ingredienti 320 gspaghetti (o rigatoni) 200 gguanciale 100 gpecorino romano (DOP grattugiato) q.b.pepe nero (una macinata abbondante) 4tuorli (+ 2 uova intere) Preparazione Preparazione guanciale Pulire con cura il guanciale: eliminare tutta la cotenna e parte del pepe. Tagliatelo a fette spesse circa 1 cm e poi a cubetti di 1 cm. Mettetelo a tostare in una padella ben calda a fuoco vivo, SENZA olio né burro. Aspettare, senza mescolare, fino a quando il primo grasso non si sarà sciolto, poi mescolate, abbassate la fiamma e fate finire di sciogliere completamente il grasso e diventare croccante i cubetti di guanciale (ci vorranno circa 15 minuti. Passato questo tempo scolate il guanciale conservando il grasso sciolto in una ciotola ed i cubetti in un piatto e lasciateli raffreddare entrambi. Preparazione uova Per la PASTORIZZAZIONE delle uova vedi nota in fondo alla ricetta. Una volta pastorizzate le uova mettetele in una ciotola capiente i tuorli e le uova intere, sbattetele con una frusta a mano, Unite il grasso sciolto del guanciale, una abbondante macinata di pepe nero ed infine il pecorino grattugiato. Mescola tutto per bene con una frusta o una forchetta: deve diventare una crema densa ed omogenea. Cottura pasta Nel frattempo cuocete la pasta in abbondante acqua, non troppo salata visto che già il condimento è abbastanza sapido. A metà cottura prelevate due mestoli di acqua di cottura e metteteli in una ciotola a raffreddare, vi serviranno in seguito per mantecare la pasta (l’acqua va prelevata a metà cottura per avere il tempo di raffreddare altrimenti a contatto con le uova creerebbe una bella frittata!) Scolate la pasta al dente. Mantecatura Versate l’acqua di cottura della pasta tenuta da parte in precedenza nella ciotola con la crema di uovo, aggiungete il guanciale intiepidito e mescolate velocemente. Trasferite la pasta appena scolata nella ciotola ed amalgamate con un cucchiaio. È importante compiere questa operazione velocemente per evitare che il tuorlo si rapprenda e assuma la consistenza dell’uovo strapazzato. L’ideale sarebbe, se si riesce, di muovere inizialmente la ciotola con movimenti circolare per emulsionare la crema di uova formaggio e guanciale con la pasta senza usare pinze o mestoli. RICORDATEVI: La magia di una carbonara perfetta è tutta in questo impegnativo minuto di emulsione delle uova, del formaggio e del grasso del guanciale con l’acqua di cottura e con il glutine della pasta stessa. Mi raccomando servite immediatamente nei piatti ben caldi.

domenica 13 febbraio 2022

FRITTO È BUONO TUTTO, MA SAPEVATE CHE FA ANCHE BENE?

(O COMUNQUE MENO MALE DEL PREVISTO) - STUDI RECENTI HANNO DIMOSTRATO CHE ALCUNE VERDURE FRITTE AIUTANO A PREVENIRE LE MALATTIE CRONICHE E L'OLIO CUCINATO INCENTIVA LA SECREZIONE DI BILE CHE SCIOGLIE I GRASSI ALIMENTARI E LIBERA LE VITAMINE – MA PER AVERE BUONI RISULTATI, È FONDAMENTALE SCEGLIERE IL GRASSO GIUSTO… - Gemma Gaetani per “La Verità” Si dice spesso che fritto sia tutto buono, anche una ciabatta, ma si tratta di una iperbole, perché l'affermazione giusta sarebbe che molti cibi, fritti, invece che cotti in altri modi, sono più buoni. Per frittura si intende la tecnica della cottura in lipido, che può essere un grasso animale o un olio vegetale. Un lipido che naturalmente deve essere caldo al punto giusto e perciò sarà sempre liquido, di suo o perché sciolto dalla temperatura necessaria a friggere. Infatti, se a temperatura ambiente i grassi possono essere solidi, come accade tra i grassi vegetali allo strutto e al burro e, tra quelli vegetali, al burro di cocco, a temperatura di frittura si sciolgono. L'uomo frigge da millenni, già gli antichi Egizi nel 2500 a.C. friggevano, e friggevano anche gli antichi Romani. In primo luogo dolcini come le frictilia, considerate le antenate delle chiacchiere carnascialesche, piccole paste fritte nello strutto e cosparse di miele che si preparavano in occasione dei Saturnali dicembrini (smaltivano il grasso derivante dalla macellazione del maiale tipica del periodo invernale). I Romani friggevano i dolci, come illustra Catone nelle ricette del De agri cultura dei globulos, i globi, o della frittella, l'encytum, impasto di formaggio fresco e farina di farro cotto a tocchetti nel caso dei primi e a spirale in quello dei secondi (si colavano con un imbuto) e poi aromatizzati con miele e semi di papavero. IMPANATURE ANTICHE Friggevano, poi, carni e pesci, questi ultimi soprattutto «impanati» non nel senso attuale del passaggio in farina, uovo e pane grattugiato, ma premuti su sfarinati grezzi per assorbire e nascondere i segni della perduta freschezza e poi fritti in strutto o olio di oliva. Si friggevano le verdure, poi ammollando il fritto con garum, vino, aceto e miele: i nostri attuali fritti «alla scapece», come per esempio le zucchine, derivano direttamente dalle usanze del popolo di Romolo e Remo, infatti «scapece» è giunzione e adattamento di pronuncia di «ex Apicio», cioè «da Apicio». Vi sorprenderà, ma anche il fritto giapponese tempura deriva dagli antichi Romani. Nel XVI secolo i primi missionari gesuiti in Giappone insegnarono ai giapponesi a friggere le verdure in questa pastella di derivazione antico-romana, così leggera da parere un velo, fatta di sola acqua fredda e farina. Questo metodo di frittura era già usato nel III secolo dai cristiani nei periodi di penitenza, in particolar modo dopo l'introduzione delle Quattro Tempora di papa Callisto per la santificazione del tempo all'inizio di ogni stagione nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato. Mercoledì e sabato dovevano essere giorni di digiuno ossia non mangiare al mattino e dopo sesta (mezzogiorno) e il venerdì di astinenza da ogni cibo di derivazione animale cioè carne, compreso il pesce, uova, latte e latticini (oltre che dalle bevande alcoliche e dall'olio d'oliva). Fino all'inizio del XX secolo la legge dell'astinenza dalle carni proibiva di consumare uova e latticini, oggi non più, ma nel frattempo il fritto delle Tempora si è cristallizzato nella tempura giapponese. Non sempre gli antichi Romani concepivano la frittura croccante e asciutta come noi, intendendo con friggere un generico cuocere ad alta temperatura. I fritti si trovavano nella taberna e nella caupona oppure per il pranzo o uno snack si prendevano da bancarelle sulla strada, parenti antiche delle odierne friggitorie, citate anche da Marziale. Nel Medioevo, prende il sopravvento la frittura intesa come facciamo noi oggi per lo più in grassi solidi animali, come lo strutto, a disposizione dei ceti più ricchi. Al Nord, dove sono più diffusi gli allevamenti bovini e suini, si usa molto anche il burro. Oggi, il fritto italiano presenta una grande ricchezza di possibilità: dal pane fritto, ingrediente, tra altri, della seuppetta valdostana, all'arancina siciliana passando per la pizza fritta napoletana, ogni regione possiede un cabaret di pietanze regionali fritte o di fritti declinati a modo proprio. Qualunque sia il grasso che si usa, la frittura prevede una temperatura tra i 160 e i 185 gradi. IL PUNTO DI FUMO Per imparare a friggere bene, bisogna capire il comportamento degli oli. Più i pezzi che friggiamo sono piccoli, più in fretta friggeranno. La stessa cosa vale per l'olio: più è caldo, più velocemente friggerà, perciò dobbiamo valutare il momento della «calata» nell'olio che frigge in base alle dimensioni e ai tempi di cottura. A una temperatura bassa, di 160 gradi, faremo friggere i cavolfiori in pastella o le alici fritte che hanno bisogno di 5-6 minuti per cuocere, le zucchine a julienne possono cuocere in 2 minuti a 180 gradi e non di più altrimenti brucerebbero. La domanda più ricorrente è se il fritto faccia male o bene. La risposta non può essere assoluta, perché l'eventuale negatività o positività del fritto dipende da vari fattori. Esaminiamoli. Innanzitutto, il tipo di grasso e la quantità di volte che lo si usa. I grassi con cui friggiamo vanno usati solo una volta e poi smaltiti. Sebbene si tenda a percepire come più leggera la frittura con oli di semi, la leggerezza effettiva risulta essere nel gusto, nel senso che il fritto in olio di semi di arachide, di girasole, perfino di semi vari, non ha il gusto di oliva che si sente quando friggiamo in olio di oliva. Allo stesso tempo, però, l'olio extravergine di oliva risulta meno grasso degli oli di semi, quindi, pur connotando il sapore del fritto, aiuta a realizzare un fritto più leggero. Sono diverse anche le reazioni dei due tipi di olio, di oliva o di semi, alla temperatura. L'olio di oliva e quello di arachidi contengono una grande quantità di acidi grassi monoinsaturi, formati in particolare dall'acido oleico, che li rende più resistenti alle alte temperature che si possono raggiungere friggendo (per innescare la reazione di Maillard occorrono almeno 140 gradi). Gli acidi grassi polinsaturi, invece, si deteriorano più facilmente riscaldandosi: l'olio di pesce, di girasole, di mais e di vinaccioli sottoposti a un potente riscaldamento e al superamento del punto di fumo possono creare composti dannosi per l'organismo, come acroleina e acrilammide che sono cancerogeni. Il punto di fumo è la temperatura massima sostenibile dal grasso in fase di frittura, superata quella l'olio degenera, di conseguenza o si frigge rispettando quelle temperature oppure si usano altri oli con più alto punto di fumo. Il punto di fumo dell'olio di girasole e di soia e del burro è 130 gradi, di mais 160, di cocco e di arachide 180, extravergine di oliva di 210, di palma, raffinato, 240 (gli oli raffinati hanno un punto di fumo più alto rispetto a quelli non raffinati), burro chiarificato 250. Il punto di fumo diminuisce anche se l'olio è stato sottoposto a processi degradanti, per esempio lasciato all'aria o alla luce in un contenitore trasparente oppure già scaldato o già usato per friggere. MEGLIO L'EXTRAVERGINE In una frittura salutare per l'organismo viene utilizzato olio extravergine di oliva, meno grasso degli oli di semi e più ricco di acido oleico e antiossidanti che rimangono stabili anche ad alto punto di fumo. La salubrità del fritto dipende anche da orario, frequenza e quantità del cibo fritto. Più prodotti fritti si mangiano e più lo stomaco fa difficoltà a digerirli. Mangiare troppo fritto troppo spesso non fa male soltanto alla linea: aumenta il livello di colesterolemia, con conseguenze sull'apparato cardiocircolatorio, e si sottopone lo stomaco a uno stress eccessivo. Per questa ragione è meglio mangiare i fritti a pranzo, dando così più tempo a fegato e intestino per digerire e smaltire prima di andare a dormire. Ed è consigliabile non mangiare solo alimenti fritti, ma calare i fritti nel contesto di un pasto per il resto equilibrato e delicato, per esempio verdure crude e frutta che aiutano fegato e reni. Se non si presentano già condizioni impedenti, per esempio si soffre di fegato oppure si è in sovrappeso, la dose ideale di fritti - pochi - è di due volte a settimana. A queste condizioni, il fritto farebbe addirittura bene. ALICI FRITTE Alcune verdure fritte in olio extravergine di oliva anziché lessate o cotte in un mix di acqua e olio hanno dimostrato di presentare maggiori composti fenolici, che aiutano a prevenire le malattie croniche. Lo dice uno studio spagnolo del Dipartimento nutrizionale dell'università di Granada, guidato dalla professoressa Cristina Samaniego Sànchez, la quale ha spiegato: «Nel corso degli anni, la ricerca ha portato a credere che friggere le verdure è un grande divieto e le proprietà antiossidanti non contano di fronte alla paura del grasso. Ora però non è più così». PAROLA DI NUTRIZIONISTA Non è l'unica a pensarla in questo modo. Già nel 2015 Sara Farnetti, specialista in medicina interna e nutrizione funzionale del Policlinico Gemelli di Roma e nutrizionista di Miss Italia, ha condotto uno studio sull'effetto di una dieta priva di soffritto e fritto con olio extravergine di oliva e di una includente su donne obese: le donne che hanno mangiato cibi ripassati o fritti nell'olio hanno registrato una produzione minore di insulina e C-peptide, sostanze responsabili dell'accumulo di grasso corporeo soprattutto sull'addome. BACCALA' FRITTO Anche Debora Rasio, autrice di La dieta per la vita, ha spiegato come la dominante frittofobia, inducendo a pensare che il cotto a secco o il lessato siano migliori del soffritto o fritto, abbia reso molti carenti di vitamine liposolubili, assorbibili solo dai grassi. L'olio cucinato incentiva la secrezione di bile che scioglie i grassi alimentari e libera le vitamine che essi contengono, rendendo rapido e agevole il loro assorbimento. Il soffritto favorisce il dimagrimento, perché gli acidi biliari entrano abbondanti nel circolo sanguigno e attivano il metabolismo, aumentando il consumo di calorie da parte delle cellule adipose; migliora la forma fisica perché il fegato, attivato, lavora meglio nel trasformare gli ormoni circolanti (questo aiuta anche le donne in menopausa a recuperare la naturale forma); rende la pelle più luminosa, perché l'aumento di bile elimina le molte tossine liposolubili che la pelle trattiene; riduce il gonfiore intestinale, perché il miglioramento della digestione e l'azione disinfettante della bile normalizzano la flora batterica intestinale e riducono la produzione di gas; migliora il livello di energia, perché l'azione combinata tra eliminazione di tossine e stimolo funzionale aumenta la produzione di energia a livello delle cellule epatiche; migliora il gusto del piatto. Mantenendo la regola di un soffritto al giorno e due fritti a settimana, noi esercitiamo il fegato con uno stress calcolato che ne migliora la prestazione. Paradossalmente, condire per molto tempo con olio a crudo può condurre a difficoltà digestive (soprattutto di pasta, riso e patate lesse), gastrite, reflusso ed eruttazioni a causa della ridotta produzione di bile per rallentamento epatico da mancata stimolazione. Con piatti che riattivano la produzione di bile e la digestione, la situazione si ribalta e il fegato, riattivato, si depura.

giovedì 10 febbraio 2022

Come cucinare la carne: i trucchetti per mantenerla morbida

By Daniela De Pisapia - Febbraio 9, 2022620 Esiste una ricetta per cucinare la carne in maniera perfetta? Spesso attraverso la cottura diventa dura, ma in realtà un trucco per evitare che perda la sua naturale morbidezza esiste. Ecco come cucinare la carne per ottenere un piatto tenero e succulento. Prendiamo spunto dai trucchi degli chef più esperti per servire in tavola la carne cotta in maniera eccellente, il risultato sarà da leccarsi i baffi. Come cucinare la carne-Altranotizia Preparare le pietanze a base di carne mantenendola morbida e succulenta non è sempre facile, eppure un segreto c’è: scopri come cucinare la carne per gustarla sempre tenera al punto giusto. Come cucinare la carne senza renderla dura Le preparazioni a base di carne sono le più gettonate della tradizione culinaria italiana. La carne è insieme al pesce il secondo piatto per eccellenza della cucina nostrana. Ci sono tante ricette gustose ma gli intenditori la preferiscono alla brace, grigliata, scottata. Insomma senza fronzoli. Rinunciare a una ricetta che preveda la cottura in umido con aggiunta di salsa di pomodoro o altri sughi vuol dire però essere bravi a cuocerla a puntino. La carne infatti durante la cottura rischia di perdere i succhi che sono naturalmente presenti al suo interno e di risultare dura e stopposa. Se anche tu ami la carne ma a volte ti è capitato che cuocendola perdesse la sua tenerezza, scopri come cuocerla in maniera impeccabile. I trucchetti da seguire Per prima cosa cospargiamo la carne ancora cruda con del sale grosso e lasciamola riposare per quattro ore. Poi, se il piatto che vogliamo preparare prevede una cottura in padella, come ad esempio degli involtini passiamola al batticarne. Altrimenti no. Il batticarne non va usato per cotture alla griglia. A questo punto prepariamo una salsa composta limone e vino e mettiamo la carne a marinare con questa salsa quanto più tempo possibile. Poi cuociamo lentamente. Quando la cottura sarà completa, conserviamo il sughetto che la carne avrà rilasciamo e usiamolo per condirla, insieme alla salsa usata per la marinatura. LEGGI ANCHE—>Torta salata alla parmigiana | La ricetta di Benedetta Rossi LEGGI ANCHE—> Come fare l’impasto della pizza | Il trucchetto di Carlo Cracco Se il sugo dovesse risultare acquoso, alla fine aggiungiamo fecola di patate o farina per addensarlo. A questo punto la carne è pronta per essere gustata ed essere portata in tavola, certi di assaporare un piatto gustoso, succulento, e soprattutto morbido e tenerlo al punto giusto!

Vellutata di piselli e asparagi

Vellutata di piselli e asparagi di DAVID FRENKIEL E LUISE VINDAHL Difficoltà: - Preparazione: - Dosi: - INGREDIENTI 1 cipolla 2 spicchi d’aglio 1 cucchiaio d’olio d’oliva 250 g di asparagi 300 g di piselli 500 ml di brodo vegetale 1 cucchiaino di sale e pepe qb peperoncino tritato 200 ml di latte di cocco o di panna 10-15 foglioline di menta fresca il succo di un mezzo limone piccolo PREPARAZIONE Aneto, patate novelle, fragole. L’arrivo della bella stagione è un trionfo di sapori nel piatto anche in Svezia, che ogni anno celebra la fine del freddo con una grande festa e un buffet ricco di coloratissime prelibatezze estive. Foto e ricetta di David Frenkiel e Luise Vindahl. Pelate e tritate finemente insieme la cipolla e l’aglio. Scaldate l’olio d’oliva in un tegame capiente e dal fondo spesso a fiamma media e soffriggeteli finché saranno morbidi e trasparenti, mescolando spesso per evitare che si brucino. Tagliate i gambi degli asparagi e tritateli finemente (mettete da parte le punte) e aggiungeteli al tegame con il soffritto. Unite anche i piselli: potete usare sia quelli freschi che quelli congelati, fatti però precedentemente scongelare. Lasciate insaporire per qualche minuto. Aggiungete quindi il brodo vegetale ben caldo, sale, pepe e peperoncino e fate cuocere a fuoco basso per altri dieci minuti. Versate il latte di cocco, o la panna, e la menta e passate il tutto con un frullatore a immersione fino a ottenere una crema densa e omogenea. Assaggiate e regolate di sale, aggiungete poi il succo di limone oppure qualche goccia di aceto di vino bianco. Preparate la guarnitura mescolando insieme lenticchie, semi di zucca, le punte di asparagi tritate e il timo finemente tagliuzzato. Servite la vellutata nelle scodelle, guarnite con le punte di asparagi e un filo d’olio.

Frittelline di legumi piccanti alla messicana

ANTIPASTI Frittelline di legumi piccanti alla messicana di REDAZIONE CUCINA Difficoltà: MEDIO Preparazione: 40 MIN Dosi: 4 PERSONE INGREDIENTI 150 g di farina di ceci 100 g di farina tipo 00 200 g di fagioli misti lessati 1 uovo 2 cipolle bionde 1 spicchio di aglio 1 cucchiaino di bicarbonato 1 cucchiaio di peperoncino piccante in polvere 3 dl di salsa di pomodoro messicana piccante alcune foglie di radicchio di Treviso olio di semi di arachidi sale pepe nero in grani PREPARAZIONE Accompagnate con il Monteregio, un rosso fruttato e secco prodotto lungo la caratteristica e omonima strada del Monteregio di Massa Marittima. Mondate le cipolle e affettatele al velo; sbucciate e tritate finemente lo spicchio di aglio. In una terrina setacciate insieme i due tipi di farina, quindi aggiungete il bicarbonato, il peperoncino, una presa di sale e una macinata di pepe. Mescolate bene e incorporate l’uovo leggermente sbattuto e tanta acqua quanta ne occorrerà per ottenere una pastella densa e soffice. Scolate con cura i fagioli lessati e immergeteli nella pastella insieme con le cipolle e il trito di aglio; mescolate delicatamente per amalgamare il tutto. Scaldate in una padella abbondante olio di semi di arachidi e, quando sarà bollente, friggetevi il composto di legumi a cucchiaiate; rigirate le frittelle con due palette per farle dorare in modo uniforme e, a mano a mano che saranno pronte, prelevatele con un mestolo forato e adagiatele su carta assorbente da cucina a perdere l’unto in eccesso. Disponete le frittelle di legumi su un piatto da portata, decorate con le foglie di radicchio ben lavate e asciugate e servite subito in tavola, accompagnando con la salsa piccante.

Dip di fagioli cannellini con bruschette all’aglio

ANTIPASTI Dip di fagioli cannellini con bruschette all’aglio di VALERIA NECCHIO Difficoltà: FACILE Preparazione: 25 MIN Dosi: 4 PERSONE INGREDIENTI 600 g fagioli cannellini (cotti) 40 ml olio extra vergine d’oliva 1 rametto di rosmarino 3 cucchiai di succo di limone ½ cucchiaino di sale marino fino 2 spicchi d’aglio Pepe nero macinato q.b. Per le bruschette 12 fettine di pane rustico 2 spicchi d’aglio PREPARAZIONE I dip di legumi, cioè le salsine da antipasto, sono un piatto veloce, sano e versatile. Oltre ai ceci (pensate al famoso hummus), anche i fagioli si prestano allo scopo, e con l’abbondanza di varietà locali che abbiamo in Italia, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Per questo dip ho scelto dei fagioli cannellini, semplicemente aromatizzati con aglio e olio al rosmarino. Servito con delle bruschette diventa un perfetto stuzzichino da sgranocchiare con un aperitivo, come anche un antipasto leggero. Preparazione 1. Mettete il rosmarino nell’olio e lasciate in infusione per 15 minuti. 2. Passato il tempo, filtrate l’olio e mettetelo in un mixer insieme ai fagioli, il succo di limone, l’aglio tritato e il sale. Fate andare il mixer fino a che non avrete ottenuto una purea morbida e uniforme. Trasferite la purea così ottenuta in una ciotola e condite con del pepe nero macinato fresco. 3. Per le bruschette, scaldate una griglia e tostate il pane da entrambi i lati. Sfregateci sopra lo spicchio d’aglio sbucciato e servite subito insieme alla dip di cannellini.

giovedì 3 febbraio 2022

Frittata

di REDAZIONE COOK Come si fa la frittata? Regole e consigli per una frittata da chef Come fare una frittata 1 / 7 Come fare una frittata perfetta? Ci sono delle regole da seguire? Scopriamo tutto e vediamo i migliori consigli per questa ricetta! Frittata di pasta, classica con prosciutto e formaggio, frittata con gli asparagi , carciofi, radicchio, frittata alla spagnola con patate e via libera alla fantasia: esistono tantissime varianti della frittata, un piatto delizioso a base di uova e che si prepara in pochi minuti, ma che presenta alcune insidie e difficoltà che spesso in molti sottovalutano. Per fare una frittata perfetta, infatti, ci sono numerosi fattori da tenere in considerazione: ingredienti, dosaggi, tecniche, cottura, e ovviamente una delle cose più difficili: girarla! 2 / 7 Frittata: ricetta Prima di tutto partiamo dagli ingredienti base per la frittata: uova (calcolatene 2 per persona), sale, pepe e formaggio grattugiato. Mescolateli in una ciotola sbattendo con una forchetta per fare amalgamare bene il tutto. Una volta fatto, si passa alla cottura. La prima regola fondamentale è ungere bene una padella antiaderente con del burro, così che la frittata non si attacchi. Una volta fatto, versate il composto. La cottura andrà eseguita a fuoco lento, così da evitare che la frittata si bruci restando ancora cruda sopra. Potete bucherellare ogni tanto con i rebbi di una forchetta e usare un coperchio per non far disperdere il calore. Una volta passati una decina di minuti circa giratela e concludete la cottura anche dall’altro lato, alzando leggermente la fiamma per dorare bene la superficie. Servite e tagliate a fette: buon appetito! 3 / 7 Frittata: abbinamenti Adesso che sapete le basi, potete anche spingervi più in là e preparare frittate di tutti i tipi. Le frittate sono ottime con le verdure, con gli affettati e con i formaggi, che potete inserire dentro l’impasto e mescolare con uova e tutto il resto. Ci sono delle verdure o degli alimenti che richiedono però una cottura preliminare: parliamo di tutti quegli ingredienti con tempi lunghi, come patate, oppure salsiccia. Per quanto riguarda i trucchi per insaporire una frittata, potete usare delle erbe (prezzemolo, basilico, coriandolo) del cipollotto, spezie a gradimento. Per un piatto meridionale utilizzate spaghetti o rigatoni. 4 / 7 Come girare la frittata Si tratta di una delle capacità più invidiate in cucina, un’abilità che va sviluppata e perfezionata negli anni. Per girare perfettamente una frittata senza fare danni ci sono però alcuni semplici consigli che potete seguire. Ecco quali sono: usate sempre una padella antiaderente e ben unta. In questo modo la frittata non si attaccherà; non abbiate fretta! La domanda più importante che potete porvi è come capire quando girare la frittata. Spesso chi la cucina viene colto dal facile inganno che sia un piatto velocissimo e che dopo pochi minuti possa già girarla. Questa fretta, spesso, può portare a girarla quando non è ancora ben cotta. In generale attendete che sia croccante sotto e già compatta sopra (aiutatevi cuocendola sempre con un coperchio) e solo allora capovolgetela. Per quanto riguarda il metodo c’è chi la fa saltare, chi la gira con una spatola, chi invece capovolge la padella su un coperchio o un piatto piano. Non esiste un modo giusto e uno sbagliato: scegliete la tecnica che preferite. 5 / 7 Frittata al forno Non solo padella! La frittata è versatile e si può cucinare anche in forno. Procurarvi una teglia con i bordi alti. Rompete le uova e sbattetele con una forchetta. Unite sale, pepe e formaggio grattugiato. Foderate la teglia con carta forno precedentemente bagnata e strizzata. Aggiungete il composto all’interno e fate cuocere per 40 minuti a 180° in forno già caldo. 6 / 7 Omelette e frittata: differenze Fino agli anni ’50 la frittata è stata confusa con l’omelette. Tuttavia esiste una differenza sostanziale che distanzia le due ricette: la preparazione francese non prevede il passaggio nel quale il composto viene girato durante la cottura. Infatti, viene servita semplicemente piegata in due e all’interno rimane sempre un po’ morbida, con una consistenza “bavosa”. Un’altra differenza fra le due è lo spessore: l’omelette è cotta nel burro mentre la frittata in olio d’oliva. La prima, inoltre, è spesso più bassa della e, fra gli ingredienti, non presenta il Parmigiano.

martedì 1 febbraio 2022

VERZA SAPORITA IN PADELLA

Ingredienti 1 verza media 3 cucchiai di parmigiano grattugiato un filo d'olio extravergine acqua q.b (circa 200 ml) un pezzettino di dado vegetale sale e pepe Procedimento Lava la verza e tagliala a strisce in una padella, metti un filo d'olio e la versa tagliata aggiungi un po d'acqua, copri e lascia cuocere per circa 10 minuti aggiungi il dado, il sale e il pepe e mescola. Se necessario aggiungi un altro po d'acqua continua la cottura finché la verza non diventa morbida. Togli il coperchio e alza al massimo il fuoco Fai asciugare bene la verza e spegni il fuoco aggiungi il parmigiano, mescola e impiatta

sabato 29 gennaio 2022

La ricetta del ragù veloce dello chef Andrea Berton (da fare in 20 minuti)

di GABRIELE PRINCIPATO Per portarlo in tavola serve davvero poco: praticamente il tempo di preparazione della pasta. Assicura lo chef 1 / 9 La ricetta veloce Preparare un ragù velocemente? È facile con la ricetta di Andrea Berton, chef dell'omonimo ristorante stellato di Milano. Per portarlo in tavola servono appena 20 minuti, durante i quali volendo si può cuocere la pasta. Se vorrete, quando replicherete questo piatto a casa, potrete fotografarlo e condividerlo con noi su Instagram usando l'hasthag #OggiCucinoIo, taggando @Corriere e @Cook.Corriere, raccontandoci anche perché o per chi l'avete realizzato. 2 / 9 Gli ingredienti Dosi per 4 persone: 500 g di carne di vitello tritata, 200 g di passata di pomodoro, scorza grattugiata di mezzo limone, 100 g di carote a cubetti, 2 scalogni tritati, 1 spicchio d'aglio in camicia, 1 bicchiere di vino rosso, 1 ramo di rosmarino, 4 foglie di basilico, 2 foglie di salvia, olio evo, sale. 3 / 9 Preparazione Fate rosolare per qualche minuto la carne di vitello in padella con un filo d’olio e sale quanto basta. Mescolate di tanto in tanto. 4 / 9 Le carote Aggiungete le carote precedentemente tagliate a cubetti. 5 / 9 Lo scalogno e l'aglio Unite in padella dello scalogno tritato e uno spicchio d’aglio in camicia. Poi, mescolare bene. 6 / 9 Il vino A questo punto versate sulla carne del vino rosso a filo e lasciatelo sfumare. 7 / 9 Gli odori e la passata di pomodoro Aggiungete un mazzetto di odori (rosmarino, salvia e basilico) e la passata di pomodoro. Mescolate e lasciate sul fuoco. Dopo 15 minuti il ragù veloce sarà pronto. 8 / 9 Il trucco dello chef Se volete rendere fresco il ragù, insieme agli odori e alla passata di pomodoro, unite in padella anche una grattugiata di scorza di limone.

giovedì 27 gennaio 2022

Gennaro Esposito, pasta liscia o rigata: la risposta dello chef

di CHIARA AMATI Lo chef napoletano non ha dubbi: a intrappolare meglio il sugo è solo una. Il motivo? «Scientifico e dimostrato». Eccolo Per sempre liscia 1 / 10 La parola allo chef Al supermercato è sempre l’ultima delle scelte. Persino in tempi di razzie da Coronavirus. Come accadde durante il primo lockdown quando fecero il giro del mondo le immagini delle corsie delle paste prese d’assalto. Tutte vuote: di pasta — lunga, corta, tonda, rettangolare, a nido... — neppure l’ombra. A eccezione di quella liscia che, evidentemente, proprio non piace. E dire che noi italiani dovremmo essere intenditori. Perché in molti snobbino questa varietà lo spiega bene chef Gennaro Esposito, patron del ristorante «Torre del Saracino» a Vico Equense, in provincia di Napoli, con all’attivo due stelle Michelin e tre forchette Gambero Rosso. Ecco allora il motivo, i vantaggi e come utilizzarla. 2 / 10 Liscia o rigata, non è (solo) questione di gusto «La pasta liscia, in particolare le penne? Le difendo a spada tratta perché non sono comprese, persino da noi italiani che in materia, si sa, siamo piuttosto ferrati — esordisce chef Esposito —. La maggior parte della gente, infatti, è convinta che le penne rigate, frutto di una lavorazione semplificata da parte di chi non aveva sufficiente esperienza in materia (siamo al Nord, un paio di secoli fa), siano da preferire perché trattengono maggiormente il sugo solo per il fatto di avere una superficie zigrinata. Ma è pura fantasia. La realtà è un’altra e la dimostro». 3 / 10 Cadono le certezze La zigrinatura — il rigo sulla superficie della pasta, per intenderci — più che trattenere il sugo costituirebbe un limite. «In cottura la presenza di questo “scalino” fa sì che la pasta non cuocia in maniera uniforme — argomenta chef Esposito — . Mi spiego: se noi tagliamo a metà una penna rigata notiamo, in sezione, un cerchio costellato di tante punte. Per cuocere le quali servono in genere 6 minuti, contro i 9 che occorrono per arrivare al cuore della pasta stessa. Un divario di tempo importante, ben 3 minuti, che si traduce in una “stracottura” delle punte. Quando, a fuochi spenti, andremo a condire la pasta, dalle punte stracotte, quindi facilmente sfaldabili, uscirà una sorta di emulsione ricca di amido che finirà per interferire con il sugo, mortificando il lavoro di equilibrio fatto in precedenza dallo chef». Esiste una sola eccezione a tutto questo: i rigatoni all’amatriciana. «Una ricetta che ha nello squilibrio dei grassi la sua caratteristica. E che la fuoriuscita di amido paradossalmente bilancia — spiega Gennaro Esposito —. In altre parole, quando vado a condire la pasta, non ho percezione del grasso proprio grazie all’eccesso di amido. Resta, di fatto, un’eccezione». 4 / 10 Per sempre liscia Pare, insomma, che la pasta debba essere liscia. Per l’esattezza, «liscia, realizzata con materie prime di qualità, trafilata in bronzo ed essiccata a bassa temperatura, da un minimo di 45°C a un massimo di 70°C per intenderci — puntualizza chef Esposito —. In questo modo non ci sarà bisogno di rigature perché la superficie avrà quella particolare ruvidità che consente alla pasta stessa di trattenere al meglio ogni tipo di sugo. Se, dunque, le penne rigate creano suggestioni, pur comportando una masticazione più difficoltosa, le cugine lisce, tipicamente napoletane, sono per veri intenditori. Per coloro che alla passata, senz’altro comoda perché pronta all’uso, preferiscono i pelati o un bel pomodoro fresco da pulire, tagliare e lavorare. Ma vuoi mettere gli aromi e i profumi che sprigiona? Impagabili, proprio come quella pasta liscia che ne raccoglie tutti i sapori. La rigata? Espressione di un pensiero debole, che non va in profondità. Ma sono certo che se si spingesse oltre, alla pasta liscia, una volta provata, non direbbe più no». 5 / 10 Pasta alla genovese, la ricetta napoletana A dispetto del nome, la pasta alla genovese è un primo piatto tipico della cucina partenopea. Secondo la tradizione, bisognerebbe usare gli ziti spezzati a mano, ma indicati sono anche i paccheri, le penne, i mezzani o i sedani, naturalmente lisci. La ricetta? Ve la suggeriamo qui. 6 / 10 Ingredienti Per 4 persone servono: 1 costa di sedano, 7 cipolle ramate di Montoro, 1 carota, 2 pomodorini, 400 grammi di pasta liscia (ad esempio penne, ziti, paccheri, sedani, mezzanelli ...), 700 grammi di carne di manzo, 80 grammi di pecorino, olio evo q.b., 40 grammi di strutto, 3 bicchieri di vino bianco fermo, sale e pepe q.b. 7 / 10 Preparazione Dopo aver lavato bene sedano e carote e pulito metà cipolla, fate un trito sottile e soffriggete, in olio evo e strutto, per qualche minuto. In un’altra padella, anche senza condimenti, cuocete la carne finché la sua superficie sarà dorata. A quel punto toglietela e mettetela insieme al soffritto. Continuate a cuocere in maniera omogenea e sfumate con del vino bianco fermo. 8 / 10 Il sugo Prendete le cipolle rimaste e tagliatele sottili, fatele sudare a lungo sul fuoco, prestando attenzione a salarle un pochino dopo 25/30 minuti di cottura. Quando saranno colorite, unite la carne, facendola insaporire per una decina di minuti e, pian piano, aggiungete del vino bianco. Coprite e continuate a cuocere a fuoco bassissimo, controllando ogni 15 minuti circa. Tempo un paio di ore e la cottura sarà ultimata: lo capirete anche dal colore bruno della cipolla e dalla sua consistenza simile a quella di una marmellata, mentre la carne, morbidissima, tenderà a sfilacciarsi. A quel punto spegnete il fuoco, separate la carne e riponetela, al caldo, in un altro contenitore. 9 / 10 La cottura della pasta In abbondante acqua salata, cuocete la pasta liscia che avete scelto, scolatela al dente e versatela nella padella con il sugo alla genovese. Spolverate di pecorino e servite con del pepe, secondo il vostro gusto.

martedì 25 gennaio 2022

«Namelaka», la ricetta della crema-mousse che sta conquistando il mondo

di LYDIA CAPASSO Si confeziona facilmente e in poco tempo, senza bisogno di strumenti particolari. Bisogna avere solo un po’ di pazienza perché deve riposare in frigorifero. Il risultato è strepitoso. E molto, molto versatile Gli ingredienti Per 400 grammi di panna fresca servono 200 grammi di latte intero, 10 grammi di sciroppo di glucosio (alcune versioni non lo prevedono, quindi potete ometterlo se non lo avete) e poi cioccolato e gelatina, i cui quantitativi variano a seconda del tipo di cioccolato e della percentuale di cacao in esso contenuta. 250 grammi di cioccolato fondente al 70 per cento e 5 grammi di gelatina oppure 350 grammi di cioccolato al latte al 40 per cento e 5 grammi di gelatina oppure 340 grammi di cioccolato bianco al 35 per cento e 4 grammi di gelatina. Il procedimento Spezzettate il cioccolato e fatelo fondere a bagnomaria oppure nel microonde (potenza 500 w per 30 secondi, mescolate e rimettete in forno ancora per 30 secondi, mescolate e andate avanti così fino a che il cioccolato si sarà ben sciolto). Mettete la gelatina in un po’ di acqua per reidratarla, portate a ebollizione il latte con il glucosio e fatevi sciogliere la gelatina ben strizzata. Versate il latte sul cioccolato in tre riprese e mescolate con cura. Aggiungete la panna fredda, emulsionate e mettete in frigorifero a riposare anche per una notte intera. Usate la Namelaka così com’è oppure, se la preferite più areata, montatela con le fruste elettriche. Gli usi Il grande successo della Namelaka è probabilmente in parte dovuto alla sua versatilità. Per la presenza della gelatina e del cioccolato, non cola e resta soda, è quindi perfetta per farcire pan di Spagna o bignè, ma anche per accompagnare torte da forno o biscotti. Se montata, è il ripieno perfetto per una cream tart o può essere inserita in un dolce al bicchiere insieme a un crumble. Leggi anche: «Il pan di Spagna perfetto in 5 mosse» Le varianti Se voleste arricchire o profumare la Namelaka, fate bollire insieme al latte le bucce grattugiate di limoni e di arance nel caso di crema al cioccolato fondente, oppure mettete in infusione del tè matcha o del caffèper quella al cioccolato bianco. Un pizzico di fleur de sel inserito a freddo contrasta molto bene con il cioccolato al latte. DOLCI Crumble Con il termine generico di crumble spesso ci si riferisce alla ricetta tradizionale inglese del crumble alle mele, tuttavia esiste una preparazione basilare in pasticceria che si chiama allo stesso modo e che va a definire invece un composto croccante realizzato con ingredienti base quali zucchero, farina e burro. Di per sè non è un dolce, nè una torta, ma è quasi indispensabile come elemento di accompagnamento in molte preparazioni di dolci al cucchiaio, proprio perchè va prima di tutto ad aggiungere la nota croccante al piatto, per secondo, spesso aromatizzato con spezie od elementi aggiuntivi (nocciole, differenti tipi di cioccolato ec..) impreziosisce il gusto della portata principale. Realizzarlo è semplicissimo, qui di seguito vi spieghiamo come fare. Seguite i passaggi! Ingredienti 75g farina 0050g burro50g zucchero20g cacao amaro in polvere Procedimento 1 Inserite tutti gli ingredienti all'interno di una bowl, quindi con i polpastrelli delle dita impastateli in maniera molto grossolana, senza lavorarli troppo. 2 Stendeteli in una placca da forno rivestita con carta da forno. Infornate per 10-15 minuti a 180°. 3 Successivamente fate raffreddare il crumble in frigorifero per un'ora almeno. Passato questo tempo sarà quindi pronto da usare, sbriciolatelo grossolanamente con le mani e servitelo, noi lo usiamo spesso per accompagnare panna cotta e bavarese, con le quali si sposa alla perfezione.

lunedì 17 gennaio 2022

Ode agli antipasti, la specialità piemontese che tutto il mondo ci invidia

di Luca Iaccarino Ci sono intere nazioni cui basterebbe il vitello tonnato per trovare un posto al sole sul mappamondo gastronomico, e per noi è solo una voce in un elenco sterminato Qual è la specialità piemontese che tutto il mondo ci invidia? I tajarin, direte. Buoni, ma non penso a quelli. La bagna cauda? Eccezionale, fa impazzire i giapponesi, ma no, non mi riferisco alla bagna cauda. Il bollito? Squisito, ma lo fanno anche in Emilia. Gli arrosti? Ottimi, ma la Francia comanda. Gli agnolotti? Certo, pazzeschi, ma a essere onesti tortellini, gyoza o dumpling sono alla stessa altezza. No, la specialità piemontese che tutto il mondo ci invidia sono gli antipasti. Gli antipasti come li facciamo noi, diciamocelo, non li fa nessuno. Il vitello tonnato e l’insalata russa, le acciughe al verde e l’antipasto «primavera», i sottoli e i peperoni con le acciughe, i tomini elettrici e il salame, il carpione e la carne cruda…. Potrei andare avanti ancora un bel po’, ma mi fermo qui, ché altrimenti mi viene fame. I soli antipasti piemontesi mettono assieme così tante prelibatezze che quasi non ci rendiamo conto del patrimonio che costituiscono. Ci sono intere nazioni cui basterebbe il vitello tonnato per trovare un posto al sole sul mappamondo gastronomico, e per noi è solo una voce in un elenco sterminato. Certo, figlio della cultura francese, del «servizio alla francese» (quello che prevede tutte le portate in vassoi sul tavolo da cui i clienti si servono da soli; mentre quello «alla russa» è quello che prevede che sia il cameriere a servire), ma solo qui in Piemonte gli antipasti sono diventati gli antipasti. Non c’è regione italiana che abbia una cultura degli antipasti come la nostra, non c’è nessun luogo al mondo che li intenda come li intendiamo noi. Un tempo, i ristoranti torinesi valorizzavano gli antipasti con quegli enormi buffet colmi di decine di preparazioni: ricordate Goffi? O i locali della collina? Mi torna in mente, da ragazzo, la meraviglia di fronte alla piramide di delikatessen a La Pace di via Galliari. Ora: capisco benissimo che quelle cornucopie di manicaretti sono desuete, che quel tipo di esposizione abbia fatto il proprio tempo (ancor di più in tempi di legittima batteriofobia), che la stessa idea di «antipasto misto» suoni un po’ fanè, con gli ingredienti che si mischiano nel piatto, ma a me ancora piace da morire andare nei ristoranti che ti servono gli antipasti «alla russa» uno dopo l’altro, magari anche coadiuvati da un carrello, come il Centro di Cercenasco, come Gemma a Roddino, come Il Gufo Bianco, come tanti locali vecchio stile. Gli antipasti sono così buoni che, diciamocelo, basterebbero quelli, senza nessun bisogno del pasto seguente.

domenica 16 gennaio 2022

Topinambur, il pieno di potassio, ferro e fibre.

Topinambur, il pieno di potassio, ferro e fibre. Come cucinarlo per riequilibrare la flora batterica intestinale 16 gennaio 2022 Il suo sapore ricorda quello del carciofo per questo il topinambur viene chiamato anche carciofo di Gerusalemme. È un tubero ingiustamente sottovalutato che tuttavia ha numerose proprietà nutritive. Ha un buon contenuto di potassio e ferro e contiene sia fibra solubile, che permette la riduzione dei livelli di colesterolo e glucosio nel sangue, sia fibra insolubile che invece è utile in caso di stipsi. Queste proprietà fanno del topinambur un alimento ideale per chi vuole tenere sotto controllo il peso corporeo. In cucina il topinambur può essere consumato cotto nel risotto oppure come contorno a vapore, in forno, trifolato o in vellutate, da abbinare con patate, cipolla, o con la zucca. Crudo è l’ideale perché mantiene intatte tutte le sue proprietà nutrizionali. Ottimo tagliato a fettine e condito con olio, sale e succo di limone. Ricordatevi del topinambur quando andate a fare la spesa.

mercoledì 12 gennaio 2022

domenica 9 gennaio 2022

Città che vai, torrone che trovi: Benevento, Cremona e Grinzane Cavour

18 GENNAIO 2016 TERRITORIO TORRONE CURIOSITÀ Scoprite i luoghi dove il torrone è diventato parte integrante del territorio Il Torrone non è solo una delle nostre più grandi passioni. È un patrimonio dell’intero Mediterraneo. La sua antichissima origine si lega alle scorribande degli arabi, che lo chiamavano «qubbayta» e con ogni probabilità lo importarono dalla Cina; alla golosità dei Romani, che lo nominarono «cupedia» o «cubbaida» e ne radicarono la produzione in Sicilia, nel Beneventano e nella Bassa lombarda. Passando per gli anni dell’Evo Medio in cui, sotto l’appellativo di «touron» o «nougat», si diffuse in Francia e in Spagna. Fino alla leggenda premoderna di Cremona i cui pasticceri, ispirandosi al Torrazzo della città, avrebbero consegnato alla storia il nome e la foggia del torrone contemporaneo. Secoli di import-export, influenze culturali, passaggi di ricette e contaminazioni. Il torrone è, più di ogni altro, un dolce che si lega al territorio dove viene prodotto, accogliendo ed inglobando le tradizioni locali e trasformandosi, nelle mani dei giusti pasticceri, in un’eccellenza tipica. Ma quali sono i luoghi dove il torrone ha trovato la sua vocazione artigiana? Ecco una carrellata delle principali città dove ci piace degustare questo antichissimo dolce. Partiamo con le tappe italiane. citta-benevento Benevento L’antica capitale del Sannio è la città italiana che contende a Cremona l’origine storica del torrone tricolore. Per afferrare la primogenitura, però, non basta un piatto di lenticchie. Viene bensì chiamato in causa lo stesso Marziale, poeta latino del I secolo a.C., il quale annoverava la cupedia – progenitrice del torrone – tra i prodotti tipici di Benevento e del Sannio in generale. Cupedia deriva dal latino cupio («desiderare»), tanto il torrone sannita era amato dai Romani. Se parliamo di “Torrone di Benevento” oggi ci riferiamo a diverse varietà: quello bianco con mandorle, il “cupedia” bianco con nocciole, quello bianco morbido con mandorle (chiamato «del Papa» perché verosimilmente destinato a vecchi porporati sdentati) e il Torroncino Croccantino ricoperto con cioccolato, tipico di San Marco dei Cavoti, che a questa specialità, in dicembre, dedica una pittoresca festa. cremona-torrazzoCremona Se a Benevento spetta l’origine, a Cremona si deve il nome. Così almeno stando alla leggenda che vuole il torrone cremonese figlio di un’idea originale. Il 25 ottobre 1441, Bianca Maria Visconti sposa Francesco Sforza e i pasticceri di corte celebrano l’unione con un dolce che farà storia. Prendendo spunto dal Torrazzo della cattedrale, creano una torre in miniatura (simbolo di territorialità e saldezza) fatta di miele, zucchero, albumi d’uovo e frutta tostata. Da Torrazzo a torrone la strada è breve. Oggi Cremona è uno dei grandi poli produttivi di questa leccornia, celebrata durante l’annuale Festa del Torrone, a novembre. Torroneria-Piemontese-galloGallo Grinzane – Alba (CN) Non fatevi trarre in inganno dall’umile apparenza di questa piccola frazione di Alba, capitale delle Langhe e dell’omonimo Tartufo Bianco. Grazie all’opera di nostro bisnonno Giuseppe, la famiglia Sebaste produce torrone dal lontano 1885. Un torrone unico, perché il primo in assoluto ad aver introdotto le nocciole nell’impasto, al posto delle mandorle. Il torrone croccante o morbido con le nocciole (solo Nocciole Piemonte IGP per i prodotti di Antica Torroneria Piemontese) si è talmente legato al territorio delle Langhe da diventarne un’eccellenza autoctona, un classico italiano e poi internazionale, simbolo della festa.

martedì 4 gennaio 2022

Dieta mediterranea, uno stile alimentare votato al benessere

Tgcom24 Donne Alimentazione 04 GENNAIO 2022 05:00 Dieta mediterranea, uno stile alimentare votato al benessere Patrimonio Unesco dal 2010, è un vero e proprio modello nutrizionale i cui benefici per la nostra salute sono universalmente riconosciuti La dieta mediterranea, più che un vero e proprio programma nutrizionale, è uno stile alimentare e anche uno stile di vita ispirato alla tradizione dei Paesi del bacino del Mediterraneo tra cui il nostro, che ne rappresenta uno degli esempi più interessanti e significativi. Una questione di stile: quando si parla di dieta mediterranea non ci si limita ad indicare la tipologia degli alimenti a cui fare riferimento, ma si descrive uno stile di vita ove il tempo del pasto riveste un ruolo centrale nella vita delle persone. Nelle culture mediterranee, infatti, i pasti in famiglia o fra amici sono un momento di convivialità in cui fare conversazione e riaffermare i propri legami di amicizia o di affetto. Godere del pasto in un'atmosfera calma e rilassata significa anche dare valore al cibo che abbiamo nel piatto, godendo di quel senso di appagamento e sazietà indispensabili per non dover ricorrere a pasti continui, magari consumati di fretta e per strada. Dare valore al cibo, masticando a dovere e assaporando gli alimenti, significa anche combattere l'obesità o l'incremento di peso, colpevoli dell'insorgere di molte patologie. Scegliere bene e consapevolmente: la corretta scelta degli alimenti, ma soprattutto l'attenzione alle porzioni, che non devono mai essere esagerate, sono alla base della cosiddetta "dieta mediterranea". Qualità e porzioni non sono comunque gli unici requisiti per uno stile nutrizionale sano ed equilibrato, perché grande attenzione va posta anche al trasporto, alla conservazione e anche a come il cibo viene consumato. Frutta e verdura al primo posto: nella piramide alimentare della dieta mediterranea, il primo posto va certamente ai prodotti vegetali, dando sempre la preferenza a ortaggi e frutta di stagione. Ricchi di fibre, vitamine, sali minerali e acqua, sono davvero un toccasana per il buon funzionamento del nostro organismo. Attenzione però, perché tra frutta e verdura c'è una grande differenza: se i prodotti dell'orto possono essere mangiati in maniera quasi illimitata, la frutta deve essere invece limitata e possibilmente consumata al mattino. La frutta infatti contiene zucchero e questo in alcuni casi potrebbe essere un problema in persone che hanno patologie come il diabete e per chi segue un regime dietetico ipocalorico. Pasta e cereali, davvero immancabili: il fabbisogno alimentare nel bacino mediterraneo fin dall'antichità è stato soddisfatto soprattutto con cibi ottenuti dai cereali. Il grano duro, ad esempio, costituisce la materia prima di alimenti tipici di quest'area, quali pasta, pane, cous-cous, burghul e altri. Nell'ultimo secolo poi la pasta è diventata un alimento fondamentale un po' ovunque, anche se anche per questo alimento occorre accertarsi della qualità delle materie prime. Quanto alle dosi, il consumo di pasta deve essere controllato, perché una porzione da 100 grammi apporta all'incirca 350 kcal, non proprio pochissime se pensiamo che un individuo adulto ha un fabbisogno energetico di circa 2.000-2.500 kcal al giorno. Legumi, da consumare tutto l'anno: dal punto di vista nutrizionale i legumi sono un alimento completo. Oltre alle vitamine A, B, C ed E, sono ricchi di sali minerali (ferro, fosforo e calcio) e di lecitina, che favorisce l’emulsione dei grassi che, e che quindi svolgono un ruolo di protezione dell’apparato cardiocircolatorio e di controllo della pressione arteriosa. Piselli, fave, fagioli, ceci, lenticchie e soia, insieme ai cereali, sono una buona fonte di proteine vegetali ed hanno un elevato contenuto di fibra alimentare, soprattutto cellulosa, localizzata prevalentemente nella buccia esterna, capace di regolare le funzioni intestinali. Latte e latticini, buoni e preziosi: il latte, con i suoi derivati, appartiene alla tradizione alimentare mediterranea. Costituito da acqua, zuccheri (lattosio), grassi (trigliceridi, fosfolipidi e colesterolo), proteine (soprattutto caseina), sali minerali (calcio, fosforo, sodio, potassio) e vitamine (A, D, E e alcune del gruppo B) il latte rappresenta una vera miniera di virtù per la salute. Essendo una fonte di calcio altamente biodisponibile, latte e derivati dovrebbero essere consumati nella quantità di 2 o 3 porzioni al giorno, contribuendo a consolidare il tessuto osseo. Tra i formaggi, meglio optare per quelli magri o ricchi dal punto di vista nutrizionale; per chi è intollerante al lattosio, ma non solo, è perfetto per esempio il Pecorino Romano DOP. Questo formaggio, tra i più antichi della penisola italiana visto che vanta la sua presenza nei pasti quotidiani e nei banchetti dei palazzi imperiali dell'antica Roma, è infatti ottenuto con latte di pecora, fermenti lattici e caglio di agnello. Prodotto nel Lazio e in Sardegna e nella provincia di Grosseto, proprio per la sua ricchezza in calcio e fosforo è ideale nel soddisfare le necessità minerali dei bambini in accrescimento e delle persone in età avanzata, soprattutto le donne in menopausa; inoltre, grazie al contenuto di sale, che contribuisce al suo sapore intenso, è perfetto per condire un gustoso piatto di pasta senza aggiungere altro, rendendolo digeribile e ottimo per chi è a dieta. Olio di oliva, elisir di benessere: non è la quantità di grassi, ma la qualità che fa la differenza nella dieta mediterranea non è la quantità di grassi, ma la qualità che fa la differenza. Ecco il motivo per cui l’olio di oliva è diventato l’alimento grasso principale, tenuto conto tra l'altro che i suoi grassi diminuiscono il rischio di patologie cardiovascolari, è estremamente digeribile, protegge lo stomaco dagli acidi, stimola la secrezione del pancreas, favorisce l’assorbimento del calcio e l’accrescimento delle ossa lunghe. Se ancora non bastasse, ricordiamo che l’olio d’oliva è uno straordinario antiossidante, che tiene lontani invecchiamento e malattie. Recenti evidenze scientifiche evidenziano che il consumo regolare di olio di oliva è in grado di contrastare il deficit cognitivo tipico degli anziani e pare anche di rallentare l'avanzare della malattia di Alzheimer. Carne rossa, poca ma buona: gli alimenti di origine animale consumati all’interno di una dieta sana e ricca di prodotti vegetali rappresentano un apporto di nutrienti e possono rientrare in una dieta salutare e preventiva. La carne rossa, che nella dieta mediterranea è prevista in un consumo molto moderato, è la principale fonte di proteine: ricchissima di vitamine del gruppo B, soprattutto la B12, è necessaria per mantenere in salute le cellule nervose e indispensabile per la formazione sia dei globuli rossi che del DNA. Nella scelta del tipo di carne è sempre bene privilegiare quella meno lavorata e tagliata di fresco, facendo attenzione anche alla cottura e ai metodi di preparazione. Salumi e insaccati, gusto con moderazione: a chi non piacciono? I salumi rappresentano infatti un’alternativa gustosa alla carne, ma bisogna fare attenzione al contenuto in sale e in grassi saturi. Nella piramide alimentare i salumi sono nella parte alta, cioè fra i prodotti da consumare non più di una volta alla settimana proprio perché legati all’assunzione di sale. Tra gli insaccati, il prosciutto crudo viene considerato il migliore tra i salumi per l’estrema naturalità e per il basso apporto di grassi, in particolare di quelli saturi, contenuti in misura inferiore rispetto ai monoinsaturi e polinsaturi (grassi sani). Alcuni nutrizionisti suggeriscono il San Daniele DOP, che è fonte di proteine nobili e di vitamine, soprattutto quelle del gruppo B (B1, B2 e B6) e contiene sali minerali come sodio, fosforo, potassio e zinco, oltre a ferro, magnesio e rame. Per queste sue proprietà è un alimento adatto a tutti, purché inserito in un programma alimentare corretto e bilanciato. Il pesce, una grande risorsa: le linee guida raccomandano il consumo di almeno due porzioni a settimana di questo alimento, dal momento che pesce e frutti di mare contengono diverse componenti nutrizionali salutari, tra cui proteine ad alto valore biologico, selenio, iodio, vitamina D e acidi grassi polinsaturi omega 3, le cui più alte concentrazioni sono presenti nel pesce azzurro, come acciughe, aringhe e sardine. Il consumo di pesce e olio di pesce può contribuire a migliorare la funzione vascolare, normalizzare la frequenza e migliorare la contrazione del muscolo cardiaco: per questo, l’abituale consumo di pesce è associato a una minore incidenza di malattia cardiovascolare, mortalità cardiaca e ictus ischemico. Studi epidemiologici hanno evidenziato che livelli elevati di omega 3 riducono l’incidenza di cancro della mammella, del colon e del retto e della prostata. Un buon calice di vino in tavola: di questa bevanda, utilizzata già da Ippocrate per curare le ferite, come antipiretico e perfino come purgante, ormai ne è stata acclarata l'efficacia per la buona salute. Soprattutto il vino rosso è un ottimo alleato di benessere, in quanto contiene polifenoli, presenti nell'uva, che svolgono una funzione protettiva verso le malattie cardiache, oltre a ridurre i radicali liberi che causano le infiammazioni. L’alcool, d’altro canto, incrementa i livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL) nel plasma, che contribuiscono invece alla riduzione del colesterolo. Attenzione però a non esagerare: le dosi consentite sono pari a un bicchiere di vino rosso al giorno per le donne e a due calici per gli uomini da consumare soltanto durante i pasti.