martedì 19 dicembre 2023

Carne rossa, lo studio che smonta l'Oms: "Nutriente alleato contro il cancro"

Carne rossa, lo studio che smonta l'Oms: "Nutriente alleato contro il cancro" 19 Dicembre 2023 - 15:36 Una ricerca dell'Università di Chicago dimostra l'importanza di un nutriente presente nella carne rossa e nei latticini che aiuterebbe a combattere l'insorgenza di alcuni tipi di cancro: ecco di cosa si tratta e le dichiarazioni degli scienziati Cosa dice lo studio L'importanza del nutriente Tva Quando va consumata la carne rossa La carne rossa non è più il male assoluto di chi la consuma, anzi, avrebbe proprietà benefiche contro il cancro: nel caso specifico, un nutriente chiamato acido trans-vaccenico (o Tva) migliorerebbe le capacità delle cellule conosciute con il nome T CD8+ di infiltrarsi nei tumori e attaccare le cellule cancerose. Cosa dice lo studio I risultati arrivano da uno studio portato avanti dall'Università di Chicago e pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature che va a modificare, completamente, anche la "guerra" dichiarata anni or sono dall'Oms che ha sempre messo in guardia dal consumo della carne rossa. Attenzione: gli scienziati non dicono certo, nel loro articolo scientifico, di iniziare a consumarne in quantità industriale perché sarebbe assolutamente nociva ma spiegano i meccanismi che si innescano facendone un uso normale e senza eccessi. "La ricerca ha anche scoperto che i pazienti con livelli più elevati di Tva circolante nel sangue hanno risposto meglio all’immunoterapia, suggerendo che potrebbe avere un potenziale come integratore nutrizionale per integrare i trattamenti clinici per il cancro", ha spiegato Jing Chen, docente di Medicina presso l'Università di Chicago e uno degli autori senior del nuovo studio. Sebbene siano numerosi gli studi che cercano di stabilire un rapporto causa-effetto tra la dieta e la salute umana, rimane sempre molto complicato capire fino in fondo i meccanismi per l'ampia varietà di cibi che le persone mangiano. "Ma se ci concentriamo solo sui nutrienti e sui metaboliti derivati ​​dal cibo, cominciamo a vedere come influenzano la fisiologia e la patologia", sottolinea Chen, spiegando la scoperta che riguarda l'acido trans-vaccenico in grado di migliorare l'immunità antitumorale perché attiverebbe un importante percorso immunitario. L'importanza del nutriente Tva Il nuovo studio, quindi, ha preso in esame oltre 250 molecole bioattive derivate dai nutrienti e quali fossero le migliori in grado di attivare le cellule T CD8+, un gruppo di cellule immunitarie fondamentali per uccidere le cellule cancerose o infette viralmente: dopo averne valutati alcuni, ecco che la Tva ha ottenuto i risultati migliori. Ma dove si trova esattamente? Si tratta dell’acido grasso più abbondante nel latte umano ma il organismo non è in grado di produrlo da solo. Soltanto il 20% circa del Tva viene scomposto in altri sottoprodotti, lasciandone l'80% in circolo nel sangue. Con un esperimento condotto sui topi si sono accorti che i roditori con una dieta piena di Tva hanno ridotto "significativamente il potenziale di crescita del tumore del melanoma e delle cellule del cancro del colon rispetto ai topi nutriti con una dieta di controllo. La dieta Tva ha anche migliorato la capacità delle cellule T CD8+ di infiltrarsi nei tumori". Insomma, sì alle carne rossa (e ai latticini, ma quelli non erano stati certo banditi dall'Oms) ma come sempre con tutte le accortezze del caso come vale per qualsiasi cibo o bevande. La scoperta apre la strada all'utilizzo del solo nutriente come integratore alimentare per aiutare vari trattamenti contro il cancro basati sulle cellule T, anche se Chen ha sottolineato "che è importante determinare la quantità ottimizzata del nutriente stesso, non la fonte di cibo". Quando va consumata la carne rossa La ricerca è considerata molto importante dalla prof. Elisabetta Bernardi, specialista in Scienza dell'Alimentazione, biologa e nutrizionista. A Il Sole 24 Ore ha spiegato l'importanza di aver fatto chiarezza sul tema sottolineando che gli studi effettuati sulla carne "e che hanno dimostrato la cancerogenicità sono studi che prendevano in considerazione dei consumi molto elevati di carne". In una dieta mediterranea "la carne andrebbe consumata almeno due-tre volte a settimana seguendo appunto le linee guida per una corretta alimentazione ed è bene variare il tipo di consumo", ha spiegato l'esperta spiegando che la variazione della tipologia di carne è importante per assumere nutrienti come proteine di ottima qualità "perché completi dal punto di vista degli amminoacidi essenziali e quindi contribuiscono alla rigenerazione del muscolo e dei tessuti. Beneficiamo anche del suo contenuto di ferro altamente assimilabile".

sabato 9 dicembre 2023

Il sale può scatenare deficit cognitivi

Dieta e alimentazione Il sale può scatenare deficit cognitivi: cosa rivela lo studio 8 Dicembre 2023 - 19:21 Nuove evidenze scientifiche dimostrano l'associazione tra il sale e alcune importanti malattie neurodegenerative: ecco il meccanismo che si innesca, il corretto consumo quotidiano del sodio e le terapie disponibili Alessandro Ferro Tabella dei contenuti Cosa dice lo studio Le ricerche precedenti Quali terapie Che troppo sale facesse male con diretti effetti sul cuore e sulla pressione sanguigna (per citare soltanto alcuni esempi) è una cosa ormai nota da anni ma è invece molto recente la scoperta delle implicazioni dirette sui danni cerebrali in grado, nei casi più gravi, di scatenare importanti deficit cognitivi fino ad arrivare al morbo di Alzheimer. Cosa dice lo studio Tra gli studiosi compare anche Costantino Iadecola che ha guidato il team italiano, professore di Neuroscienze, ricerca sul cervello e sulla mente al Weill Cornell Medical College di New York. La ricerca, pubblicata su Nature Neuroscience, metterebbe in relazione alcuni meccanismi ipertensivi legandoli all'eccessivo consumo di sale che va "limitato al massimo perché il sodio è all'origine di meccanismi di natura immunitaria che portano a danni cerebrali e allo sviluppo di deficit cognitivi, Alzheimer e demenze", spiega l'esperto a Repubblica. Indiziata principale per il meccanismo sarebbe l'Interleuchina 17 (Il-17): oltre un miliardo di persone nel mondo è affetta da ipertensione e circa il 50% di loro è sensibile al sale e a un aumento della pressione quando avviene il consumo. Sebbene la relazione con la demenza non sia ancora chiarita del tutto, esami strumentali hanno rilevato tracce di Il-17 sulla membrana durale che circonda il cervello. Gli studiosi hanno poi visto che si innesca anche un altro meccanismo immunitario che va ancora decifrato. Le ricerche precedenti Quanto scoperto ultimamente va a cementificare le evidenze con altri due studi del 2018 e 2019 dove era stato già stato visto che un eccessivo apporto di sodio compromette "le capacità cognitive attraverso un meccanismo di natura immunitaria che origina nell'intestino e che porta sia a un accumulo della proteina neurotossica tau fosforilata, come nelle demenze, sia a una riduzione non marginale dell'irrorazione cerebrale in aree cruciali per la cognizione". Il nuovo studio ha aggiunto un altro tassello con un effetto diretto, ancora più importante, proprio nel cervello. Iadecola e il suo team hanno spiegato che quando c'è ipertensione si assiste ad un aumento dell'Il-17 nel cervello e nel fluido cerebrospinale "che attiva il sistema immunitario, e che pensavamo arrivasse al cervello dallo stomaco navigando nel flusso ematico" mentre, in realtà, Il-17 è già dentro al cervello. Quali terapie Adesso bisogna trovare le soluzioni per bloccare questo meccanismo. "Si è discusso se la gestione della pressione sanguigna con farmaci ipertensivi sia sufficiente per prevenire il declino cognitivo", ha affermato la prima autrice dello studio, la dottoressa Monica Santisteban, attualmente assistente professore di medicina presso il Vanderbilt University Medical Center. Per bloccare al meglio i linfociti nelle meningi si pensa a somministrare alcuni anticorpi ad hoc per bloccare questo processo: Iadecola sottolinea che il danno sia "immunitario e non vascolare". L'Oms predica già da anni che l'uso del sale sia limitato e non superiore ai cinque grammi quotidiani che corrispondono, nel complesso, a due grammi di sodio ma gli italiani ne consumano mediamente il doppio con gli uomini vicini ai dieci grammi al giorno e le donne a circa 7,2 g.