sabato 27 settembre 2014

10 errori a tavola che non ti aspetti: dall'abbinare il parmigiano alla rucola a cuocere i peperoni (FOTO)


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ERRORI


Pensi di saper tutto in fatto di alimentazione sana? Attenzione, potresti fare – più spesso di quel che credi – piccoli errori che mandano all’aria tutti gli sforzi. Non è solo la scelta dell’alimento (un’insalata piuttosto che un piatto di patate fritte) ad incidere sul bilancio di uno stile alimentare corretto: anche il metodo di cottura o di preparazione del cibo conta, e non poco. Lo spiega Luca Piretta, nutrizionista e gastroenterologo all'Università La Sapienza di Roma: “La scelta della materia prima è importante, ma anche la preparazione, la cura dell’alimento hanno importanza. Ci sono regole da rispettare che vanno al di là della scelta alimentare in sé.
L’esempio più comune è quello del mangiare troppo in fretta. Ma ci sono altri errori che commettiamo pensando di fare la cosa giusta”. Attenzione allora anche agli abbinamenti in tavola. Sicuri che quel piattino di rucola e parmigiano sia buono dal punto di vista nutrizionale? E se invece avete scelto di fare uno strappo alla regola e andare al fast food, sapete come bilanciare il surplus calorico? Basta scegliere la bibita giusta per proteggersi un po’ dagli effetti negativi dei fritti. Insieme all’esperto, Luca Piretta, abbiamo raccolto dieci errori molto comuni, ve li sveliamo in gallery.

martedì 23 settembre 2014

Succo di Limone: un sorprendente toccasana Le straordinarie proprietà di un rimedio naturale decisamente low cost. Ecco i dettagli

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Succo di Limone
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Succo di Limone
Iniziare la giornata con una tazza di acqua calda e succo di limone, è un metodo semplice ed efficace per ritrovare benessere e salute. Il limone, infatti, non è solo un alimento, ma un vero e proprio farmaco naturale.

Per godere al massimo delle proprietà di questo frutto gli esperti consigliano di bere un bicchiere di acqua tiepida con limone, ogni mattina a digiuno. Infatti, il succo costituisce circa il 30% del peso del frutto e contiene: dal 6 al 8% di acido citrico, citrati di calcio e potassio, sali minerali e oligoelementi quali ferro, fosforo, manganese e rame, grandi quantità di vitamina B1, B2 e B3, carotene, vitamina A, vitamina C e vitamina P.

Tra le mille proprietà del limone, la principale è quella di equilibrare e regolarizzare il metabolismo ed in particolare le funzioni digestive. Ciò rende particolarmente indicata la sua assunzione durante periodi di dieta alimentare e nei periodi di disintossicazione. Inoltre, la presenza di acido citrico lo rende utile contro la litiasi biliare ed in caso di forme leggere di intossicazione. Insomma, un vero e proprio toccasana per gli stati di acidosi e di iperacidità gastrica.

Ma non solo, una “buona” spremuta di limone sembra essere capace di rafforzare il sistema immunitario, prevenendo i raffreddori e stimolando le funzioni del cervello e dei nervi. Inoltre, la prodigiosa bevanda, è in grado di bilanciare il pH e di incentivare la perdita di peso grazie alla pectina contenuta nel suo succo.

Tuttavia, il salutare frutto stimola anche la digestione, aiutando il tratto gastrointestinale e creando un ambiente alcalino favorevole al benessere dell'intero organismo. Le vitamine ed i sali minerali contenuti  nel limone riducono, infatti, le tossine dell'apparato digerente. Inoltre, la suddetta spremuta sembra essere incredibilmente efficace anche contro gli inestetismi della pelle, dalle rughe alle macchie. Infine, le sue virtù diuretiche agevolano i processi di dimagrimento e disintossicazione, facilitando la missione quotidiana del fegato.

venerdì 19 settembre 2014

Ipertensione: e se lo zucchero facesse peggio del sale?

Salute Una scoperta che forse rivoluzionerà l'approccio medico

da "ilGiornale.it"

Una ricerca americana ridimensiona il ruolo del sodio sull'aumento della pressione sanguigna: il vero nemico sarebbe lo zucchero, che stimolando l'ipotalamo accelera il battito cardiaco

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Ipertensione: e se lo zucchero facesse peggio del sale?Thinstock
15-set L'ipertensione è una condizione per cui la pressione sanguigna all'interno delle arterie coinvolte nella circolazione sistemica risulta troppo elevata. Tale situazione, che oggigiorno costituisce la principale causa di mortalità cardiovascolare, comporta un sovraccarico ai danni del cuore, e conseguente aumento delle probabilità di patologie gravi quali ictus, infarto del miocardio ed aneurisma. Sebbene l'ipertensione richieda la maggior parte delle volte una terapia farmacologica a base di principi attivi che abbassino la pressione arteriosa, spesso il cambio di stile di vita può risultare altrettanto decisivo per evitare complicazioni: ai pazienti che ne soffrono viene consigliato di svolgere esercizio fisico quotidiano, diminuire il peso, evitare l'assunzione di alcolici e adottare una dieta povera di sodio.

Questo significa, dunque, limitare l'utilizzo del sale da cucina a tavola. Ma nonostante diversi trials clinici siano concordi nell'affermare la correlazione tra eccesso di sodio e comparsa di ipertensione, uno studio recente comparso sull'American Journal of Cardiology mette in dubbio tale assodato legame. Secondo i ricercatori del Saint Luke's Mid American Heart Institute di Kansas City, infatti, il vero nemico non sarebbe il sale, bensì lo zucchero.

Questo è il risultato della sperimentazione a stelle e strisce, che ha comportato l'analisi dei valori riguardanti circa 9000 donne che hanno partecipato ad uno studio francese. La ricerca americana punta il dito contro lo zucchero, capace di stimolare l'ipotalamo, area del cervello la cui sollecitazione provoca appunto un aumento del battito cardiaco e, di conseguenza, della pressione sanguigna. In particolare, ciò che gli scienziati del Saint Luke's giudicano estremamente dannoso sono le bibite gasate che, oramai, siamo abituati a consumare in grandi quantità: tali bevande zuccherine causano forti sbalzi di pressione, uno dei principali motivi per cui sopraggiunge un rischio maggiore di infarto del miocardio.

Dunque secondo questa sperimentazione il consumo di alimenti dolci è connesso all'insorgenza di ipertensione in maniera notevolmente maggiore rispetto a quelli salati: anzi, anche il divieto di consumare questi ultimi in caso di pressione alta, cosa che rappresenta come detto in precedenza la prassi utilizzata in questi casi, peggiorerebbe la situazione, in quanto avrebbe come diretta conseguenza un aumento dell'assunzione di cibi processati con zuccheri aggiunti e raffinati, gli stessi che provocano obesità e diabete. Una conclusione su cui la comunità scientifica si è comunque divisa: il professor Graham McGregor, della Queen Mary University of London, ha affermato che occorreranno maggiori sperimentazioni per confermare l'ipotesi dei ricercatori americani, dunque è ancora presto per stravolgere l'approccio medico al problema dell'ipertensione, condizione che oggigiorno rappresenta il principale fattore di rischio di decesso prevenibile in tutto il mondo. 
Pubblicato il: 15-09-2014
Di: 
FONTE : American Journal of Cardiology, Saint Luke's Mid American Heart Institute
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martedì 16 settembre 2014

The Future of Science 2014, Maria Benedetta Donati: "Tradiamo la dieta mediterranea, per questo ci ammaliamo di più"

Serena Zoli x HUFFINGTON POST.IT


DIETA

Che fa bene lo sappiamo. Ma non quanto lo fa. Che sia originata da noi e che tutto il mondo cerchi di adottarla ci inorgoglisce. Dal 2011, poi, il nostro autocompiacimento ha compiuto un gran balzo quando l’Unesco l’ha dichiarata “Patrimonio immateriale dell’umanità”. Eppure la stiamo tradendo. Sulle nostre tavole italiane avanzano altri modelli di alimentazione, proprio quelli che sono sotto accusa in America e altrove.
Parliamo della Dieta mediterranea, quella che viene simboleggiata con una piramide che, via via che si restringe, restringe lo spazio da dare nei nostri menù a questo o quel cibo. In vetta, la carne rossa. "Probabilmente era giusto come una volta, mangiarla solo la domenica o i giorni di festa", commenta la professoressa Maria Benedetta Donati, del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), nel Molise.
E’ lei che porterà a Venezia alla Conferenza mondiale “Sradicare la fame" (18-20 settembre) le prove del nostro “tradimento” e dei danni alla salute conseguenti a questo abbandono con uno studio condotto su 25mila volontari della sua regione (perciò, con ironia, ha battezzato la ricerca “dei Moli-sani”). E lo farà proprio mentre riporterà all’attenzione gli ambiti e le malattie per i quali è meno nota l’importante azione di contrasto della dieta “all’olio d’oliva”: tumori e malattie degenerative del cervello.
"E’ una copertura a tutto tondo quella procurata dalla Dieta mediterranea – ribadisce la Donati, - ed è fors’anche riduttivo chiamarla “dieta”. Fondamentale è abbinarvi il movimento, l’attività fisica. Un tempo da noi la fatica la facevano in tanti. Diciamo che si tratta di una tradizione culturale del Sud Europa e che è molto di più della somma dei vantaggi portati dai singoli alimenti. Ecco, è un’orchestra".
Forse è meglio cominciare dall’inizio, almeno per cenni. Di quell’orchestra colse il suono per la prima volta, durante la seconda guerra mondiale, tra Calabria e Campania un biologo statunitense venuto al seguito delle truppe. Ancel Keys fu colpito dalle basse percentuali, in quelle zone, di malati e morti per problemi cardiovascolari e gastrointestinali. Lì ebbe la prima intuizione che la radice stesse nello stile di vita nel sud d’Italia, ipotesi che confermò con decenni di studi e allargò a tutta l’area del Mediterraneo (e ne poté godere tanto egli stesso che, trapiantatosi per 20 anni a Pioppi, nel Cilento, è morto nel 2004 alle soglie dei 101 anni!).
E adesso che succede? Nello studio condotto tra 2005 e 2010 il gruppo della Donati ha constatato che è in atto un progressivo allontanamento: le persone sopra i 60 anni risultano più fedeli alla Dieta mediterranea dei giovani, che i volontari esaminati in anni recenti sono meno ligi di quelli incontrati all’inizio dello studio, che la “disaffezione” ha creato diffusi problemi di salute, in particolare tra i diabetici presi in esame come gruppo specifico.
Sorprende un altro dato: il maggiore abbandono constatato tra 2007 e 2010, la professoressa Donati lo collega alla crisi economica. Ma come mai? Non erano ricchi i meridionali osservati da Keys, come fa la Dieta mediterranea a essere una questione di soldi? "Sì, non era costosa – osserva la studiosa – ma lo è diventata forse. Intanto fa prevalere nettamente il pesce sulla carne, raccomanda molta frutta e verdura che se non si abita in campagna e la si trova a chilometro zero, costa, poi predilige i cibi freschi o surgelati, e non in scatola che costano meno ma hanno troppo sale. Inoltre, a supporto di questa ipotesi si è visto che i soggetti con minor reddito presentavano, accanto alla minore adesione alla Dieta, un maggior tasso di obesità. Abbiamo dunque avuto questo riscontro metabolico. E l’obesità è la vera epidemia della nostra epoca, anche nei bambini. Rischiosa per inferto e ictus".
Si è registrato, nello studio Moli-sani, pure un aumentato rischio di diabete, ma non solo: anche un’aumentata mortalità a causa di questa malattia. Escono ribaditi da questa ricerca i benefici di prevenzione meno noti “regalati” dalla Dieta mediterranea. Parlando alla Fondazione Cini nell’annuale Conferenza di “The Future of Science” organizzata dalle Fondazioni Umberto Veronesi, Giorgio Cini e Silvio Tronchetti Provera, Maria Benedetto Donati ne riassumerà così i meriti: "E’ protettiva nei confronti dei tumori ormono-dipendenti, vale a dire della prostata nell’uomo, di seno, utero, ovaio nella donna. Dati più recenti hanno portato in evidenza anche vantaggi per la salute mentale: mangiare “mediterraneo” aiuta a prevenire malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson".
Dinanzi a questi dati dobbiamo davvero accusarci di autolesionismo a lasciarci travolgere da altri tipi di alimentazione. "L’attenzione rivolta alla potenziale capacità degli alimenti di prevenire le malattie è un fenomeno relativamente recente", spiega la professoressa Donati. "Il cibo come cura: se ne tratta negli ultimi decenni". Ma la messe raccolta è già notevole.
Ripetiamoli gli elementi base dello “stile di vita”, quasi una panacea, dell’Italia meridionale d’antan: frutta, verdura, pesce, cereali integrali, legumi, frutta secca, vino con moderazione. Carne poca, meglio bianca. "Un’altra insidia che spinge verso il fast food – e non intendo tanto Mc Donald’s quanto i panini, il toast e cibi già pronti", conclude l’esperta, "è il fatto che oggi in famiglia lavorano tutti e non c’è più chi ha tempo di dedicarsi alle lunghe cotture dei cereali, a mondare e bollire le verdure, a mettere a bagno i fagioli tot ore prima.. E’ tutto uno stile di vita diverso che si va diffondendo. E’ il modello culturale americano".

sabato 6 settembre 2014

I 10 peperoncini più piccanti al mondo (FOTO)


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SHU


Come sapete, il peperoncino è un alimento molto salutare, che noi italiani dovremmo inserire più spesso nella nostra dieta. Ricco di vitamine e antiossidanti, ha la curiosa proprietà di bruciare i grassi. Oltre che la lingua. Soprattutto con i peperoncini di cui parleremo fra poco: i peperoncini più piccanti del mondo.
Vi ricordate la scena dei Simpson, quando Homer si copre la bocca di cera per poter assaggiare alla fiera i peperoncini più piccanti, e ingurgitando il pericolosissimo peperoncino nicaraguese del commissario Winchester, entra in uno stato psichedelico?
Ecco, magari non vi capiterà mai niente del genere, ma nessuno di noi sa cosa succede davvero quando si mangiano certi peperoncini. Quando andate al ristorante indiano, e credete che il cuoco abbia reso il vostro Tika Masala immangiabile, bene, quello è niente.
Forse non tutti sanno che esiste un metro oggettivo per calcolare la piccantezza di un peperoncino: si chiama Scala di Scoville, e fu creata appunto dal chimico del Connecticut Wilbur Scoville.
La scala parte da 0 e arriva a 16 milioni, che è capsaicina pura, l’essenza stessa del piccante.
Per farci qualche idea, il temibile peperoncino calabrese si aggira attorno ai 25 000 SHU, classificandolo ad esempio sopra al celebre Jalapeno. Vedrete che mangiare calabrese vi sembrerà un Calippo al limone in confronto. Qui a seguito trovate 10 peperoncini ai limiti della realtà.
Rocoto – 175.000 SHU
peperoncino
Simile a una mela, appena lo aprite troverete la «dolce» sorpresa: sembra un peperone, ma al posto dei soliti bianchi vedrete degli spettrali semini neri, Prima di venire assaliti dal terribile bruciore, troverete questo peperoncino molto saporito, con delle note di agrume.
Scotch Bonnett – 350.000 SHU
shu
Questo bellissimo peperoncino deve il suo strano nome alla sua somiglianza con il tipico cappello scozzese, il Tam o’ Shanter. Sebbene sia uno dei più piccanti al mondo, lo Scotch Bonnet è uno dei peperoncini più utilizzati al mondo, soprattutto in Giamaica, Trinidad e Tobago, Suriname, Africa Occidentale e in Guyana, dove è anche chiamato palla di fuoco! Nella cucina caraibica, lo Scotch Bonnet è usato per preparare il jerk, una specialissima salsa dentro cui viene immerso il pollo prima di venire grigliato.
Red Savina Habanero – 500.000 SHU
shu
Frank Garcia, un contadino californiano, stava ammirando le sue belle piante di Orange Habanero, e si accorse che da una pianta era apparsa una qualità diversa, di colore rosso. Il signor Garcia doveva essere dotato di un certo senso dell’umorismo, perchè chiamò quella nuova specialità piccantissima come sua madre, Savina. Un nome più descrittivo è quello che possiede in Repubblica Dominicana, cioè Lingua del Diavolo! Un grammo di questo peperoncino basta a «insaporire» 576 chili di salsa.
Chocolate Habanero -700.000 SHU
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Non sono bellissimi d’aspetto? La vita è una scatola di cioccolatini secondo Forrest Gump, se ti capita un Chocolate Habanero forse qualcuno lassù ti odia.Solitamente questa qualità giamaicana è meno piccante del Red Savina, ma una pianta particolarmente energetica ha fatto registrare l’incredibile cifra di 700mila SHU.
Red Trinidad 7 Pot – 500.000 SHU
shu
Più saliremo di livello, e meno i peperoncini saranno carini. Non assomiglieranno più a cioccolatini o a cappelli scozzesi, ma avranno un aspetto minaccioso, rinsecchito, letale.Questa qualità proveniente dal Trinidad sembra una fragola esplosiva.
Naga Bhut Jolokia – 1.000.000 SHU
shu
Questo peperoncino proviene dall’India, e venne creato dall’etnia mercantile Bhutia. é noto con molti nomi: Naga Jolokia, il più celebre, vuol dire «Re Cobra», ma è soprannominato pure «peperoncino fantasma».
Su Youtube potete trovare molti geni che si sfidano a ingoiare Naga Bhut Jolokia interi, e su Kijiji ne trovate alcuni dei rari esemplari. Al contrario di altri peperoncini, gli effetti aumentano col passare dei minuti, raggiungendo il picco dopo circa 20 minuti. Gli effetti possono passare anche dopo due ore.
Naga Viper – 1.380.000 SHU
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Gerald Fowler, eccentrico contadino inglese, incrociò il Naga Bhut Jolokia, il Naga Morich e il Trinidad Scorpion. Gli fruttò nel 2011 il titolo nel Guinness dei Primati per il peperoncino più piccante al Mondo. sono passati 3 anni, e quel record è stato umiliato.
7 Pot Brain Strain – 1.900.000 SHU
shu
Se leggete che un peperoncino è della varietà 7 Pot, sapete che non sbagliate. il nome viene dalla sua curiosa forma simile a delle cervella umane. Non solo assomiglia al cervello, ma lo fonde letteralmente.
Trinidad Moruga Scorpion – 2.009.231 SHU
shu
Il nome perfetto per un peperoncino così spaventoso. Proveniente dalle infuocate terre di Trinidad e Tobago, è un peperoncino enorme. Pensate che appena raccolto è grande come una pallina da golf! Anche toccarlo addirittura con dei guanti di lattice può causare pericolose irritazioni alla pelle. Più facile cominciare piantando i suoi innocui semi, ovviamente in vendita su Kijiji
Carolina Reaper – 2.200.000 SHU
shu
Direttamente dalla porta dell’Inferno, eccovi il Carolina Reaper e, manco a dirlo,anche lui vi aspetta su Kijiji. Mai pianta è stata così piccante, a memoria d’uomo. L’aspetto è da solo luciferino: secco, raggrinzito, pronto a colpire e far male. Ideato dall’ incrocio di un Habanero Red dell’Isola di St.Vincent e da una qualità di Naga Pakistano. Ironicamente, il suo diabolico creatore si chiama Steve Currie. Dicono che sappia di cannella. Noi ci fidiamo.

venerdì 5 settembre 2014

Il caffè aiuta a dormire: migliora il sonno e ci fa sentire rigenerati. I ricercatori: "Ecco come ci tiene svegli"

Ilaria Betti, L'Huffington Post

Lo prendiamo per tenerci svegli. Ma se ci facesse l'effetto opposto? Il caffè, da sempre alleato contro i momenti di stanchezza, potrebbe facilitare e addirittura migliorare il nostro sonno. Preso prima di un sonnellino, riesce a rendere la pausa molto più ristorante. Un paradosso? Gli scienziati della Loughborough University hanno chiamato il fenomeno "coffe nap" (letteralmente "pisolino da caffè") e hanno cercato di individuarne le cause.
Gli studiosi sono arrivati a scoprire questo strano potere della caffeina quasi per caso. Per implementare nuove tecniche per combattere la sonnolenza nei guidatori, hanno misurato le onde cerebrali di un gruppo di persone sottoposte ad una simulazione di guida in una situazione di privazione di sonno. E hanno scoperto che prendendo un caffè e addormentandosi subito, i partecipanti all'esperimento si sentivano al risvegliomolto più energici di prima.
Come è possibile? Dipende tutto dalla chimica, in particolare dall'adenosina, un composto chimico che induce il sonno più profondo, responsabile della sensazione di intorpidimento che proviamo dopo aver dormito molto. La caffeina è un inibitore di adenosina, ma il corpo impiega circa 20 minuti per sentirne gli effetti. Ecco perché è utile impiegare quel lasso di tempo: chi si appisola immediatamente dopo il consumo, sentirà l'effetto stimolante subito dopo il risveglio e si sentirà molto più rigenerato.
"Se riesci ad addormentarti prima che la caffeina faccia effetto, appena ti sveglierai i suoi effetti si faranno sentire puntuali e tu avrai dormito meravigliosamente", spiega all'Huffington Post USA il ricercatore Dr. David Dinges, professore del dipartimento di psichiatria alla University of Pennsylvania.

giovedì 4 settembre 2014

I 7 cibi che ti renderanno più intelligente. Gli alimenti che migliorano la tua memoria e ti aiutano a pensare meglio

Silvia Pasqualotto, L'Huffington Post


Rispettare una dieta sana non è utile solo per chi vuole mantenersi in forma. Mangiare i cibi giusti può, infatti, influenzare il modo in cui funziona il nostro cervello. Questi sono 7 super alimenti che tutti dovrebbero mangiare per sfruttare al massimo le potenzialità del proprio cervello
CURCUMA 
Oltre ad avere centinaia di usi terapeutici, questa spezia esotica aiuta anche a rafforzare la memoria e stimolare la produzione di nuove cellule cerebrali. La curcuma ha proprietà antiossidanti, anti-infiammatorie ed è stato dimostrato che può calmare l'infiammazione delle cellule cerebrali e nervose. Come se non bastasse la curcuma aiuta a inibire l'accumulo di beta amiloidi distruttivi nel cervello dei malati di Alzheimer. La curcuma può essere gustata con un piatto unico di verdure fresche e riso saltati in padella.
curcuma
MANDORLE 
Con il loro alto contenuto di vitamina E, le mandorle proteggono il cervello dai danni legati all'età e migliorano le capacità di apprendimento e memoria. I dadi gustosi contengono anche riboflavina e di L-carnitina, nutrienti che stimolano l'attività cerebrale. 
Le mandorle tostate sono un ottimo spuntino ma possono anche essere aggiunte all'insalata e ai dolci.
mandorle
MIRTILLI 
La scienza ha trovato un legame tra una dieta ricca di mirtilli, l'apprendimento veloce e una migliore conservazione della memoria. Gli antiossidanti e altre sostanze fitochimiche presenti nel super bacca hanno anche il potere di eliminare i radicali liberi e ridurre lo stress. I mirtilli ritardano anche la perdita di memoria a breve termine. 
I mirtilli sono ottimi freschi nello yogurt ma anche cotti nei muffin o nei pancakes.
CEREALI INTEGRALI
I cereali integrali aiutano a mantenere il cervello sano,ì perché sono ricchi di carboidrati complessi, fibre e acidi grassi come gli omega 3 che contrastano i danni provocati dai picchi di zucchero e dai coaguli di sangue. I cereali integrali con un basso indice glicemico, come orzo e bulgur, rilasciano il glucosio più lentamente nel flusso sanguigno e questo aiuta a mantenere che una costante fornitura di energia al cervello. Tutto questo contribuisce a mantenere il buon umore. 
Un ottimo modo per mangiarli è all'interno di cremose zuppe di verdure.
mirtilli
AVOCADO 
Grande fonte di omega 3, omega 6, acidi grassi e grassi monoinsaturi, L'avocado aumenta l'afflusso di sangue al cervello. La vitamina E protegge inoltre il corpo e il cervello dai danni dei radicali liberi. L'avocado può essere usano per preparare salse o insalate.
avocado
CECI 
La combinazione di carboidrati complessi contenuta nei ceci aiuta ad alimentare il cervello e mantiene svegli. I ceci sono, infatti, ricchi di magnesio che svolge un ruolo chiave nel metabolismo energetico aiutando i recettori delle cellule del cervello a velocizzare la trasmissione dei messaggi neuronali. Il magnesio aiuta anche a rilassare i vasi sanguigni, permettendo più flusso di sangue al cervello. I ceci possono essere usati per preparare l'hummus. Un'ottima salsa fatta con ceci macinati, succo fresco di limone, tahini, aglio tritato, olio d'oliva, sale e acqua.
ceci
CIOCCOLATO FONDENTE 
Il cioccolato è molto più salutare di quanto si possa pensare. I flavonoli che si trovano nel cioccolato migliorare il flusso di sangue al cervello, che a sua volta migliora la funzione cognitiva e la memoria. Il cacao contiene, inoltre, sostanze stimolanti come la caffeina e la teobromina che migliorano la funzione del cervello nel breve termine. Il cioccolato fondente è quello migliore. Ricordatevi di controllare sempre la percentuale di cacao presente nella confezione: più alta è meglio fa alla vostra salute.
cioccolato