lunedì 10 ottobre 2016

La dieta mediterranea "salva" il cuore dei cardiopatici. I risultati della ricerca finanziata dalla Fondazione Veronesi

 |  Di Fabio Di Todaro

Che la dieta mediterranea sia uno dei pilastri per mantenere un buono stato di salute,prevenire diverse malattie e assicurarsi una vita più longeva era noto. Ma pochi studi avevano finora indagato il ruolo del modello alimentare mediterraneo applicato ai pazienti affetti da malattie cardiovascolari. La lacuna è stata colmata dai ricercatori dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), che sono giunti a una conclusione significativa. «Abbiamo scoperto che tra chi segue una dieta ricca di alimenti di origine vegetale, con un apporto contenuto di prodotti di origine animale, i tassi di mortalità per qualsiasi causa sono ridotti del 37 per cento», afferma Giovanni De Gaetano, responsabile del dipartimento di epidemiologia e prevenzione, che ha presentato gli esiti della ricerca durante l’ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia, assieme alla ricercatrice Maria Laura Bonaccio, finanziata dalla Fondazione Umberto Veronesi.
PROTETTI DALLA DIETA MEDITERRANEA - Nello studio, che è una costola del più grande trial Moli-Sani, partito nel 2005 per conoscere i fattori ambientali e genetici alla base delle malattie cardiovascolari e dei tumori, i ricercatori hanno arruolato 1.197 individui con età media pari a 67 anni e con una storia di malattia cardiaca (malattie coronariche ed eventi cerebrovascolari, come gli ictus). I dati sulla dieta sono stati tratti dai questionari alimentari, mentre l’aderenza alla dieta mediterranea è stata valutata attraverso uno specifico score che assegna un punteggio compreso tra 0 e 9. Tanto più i consumi sono conformi alla dieta mediterranea, così come era stata studiata da Ancel Keys, tanto più il punteggio è alto. Durante il periodo di follow-up, durato sette anni e mezzo, si sono verificati 208 decessi. Ma confrontando i dati con il tipo di dieta seguita, s’è notato che l’incremento di due punti nello score era associato a una diminuzione del rischio di morte del 21 per cento in media, mentre la maggiore aderenza alla dieta mediterranea abbassava il rischio del 37 per cento.
FRUTTA E VERDURA FANNO LA DIFFERENZA - Isolando i singoli elementi è stato possibile calcolare il «peso» degli elementi protettivi. È così emerso che l’apporto di vegetali influisce per il 26 per cento, mentre il pesce garantisce un beneficio quantificabile in una riduzione del rischio di morte pari al 23 per cento. Seguono l’assunzione di frutta e noci (- 13,4 per cento) e un elevato apporto di acidi grassi monoinsaturi e saturi (-12,9 per cento). I risultati dell’indagine sono stati tratti dopo aver escluso alcuni fattori che avrebbero potuto condizionare il decorso della malattia, inizialmente presente in tutte le persone coinvolte: come l’età, il sesso, l’introito calorico, il livello di attività fisica, l’abitudine al fumo, l’ipertensione, la presenza di elevati livelli di colesterolo nel sangue e una precedente diagnosi di diabete. Come precisato dallo stesso Gaetano, «si tratta dei risultati di uno studio osservazionale, che non ci permette dunque di dire nulla in merito ai rapporti di causa ed effetto». Restano dunque da indagare i meccanismi che rendono la dieta mediterranea un fattore protettivo. «Ma non possiamo escludere che alcuni composti apportati dagli alimenti di origine vegetale riducano lo stato infiammatorio e contribuiscano in questo modo a ridurre i tassi di mortalità per tutte le cause», chiosa lo specialista.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul sito della Fondazione Veronesi
Per approfondire vai su www.fondazioneveronesi.it
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