mercoledì 29 dicembre 2021

Tutti i colori della polenta (e le caratteristiche nutrizionali)

di Daniela Natali Quella gialla e quella bianca, quella scura e poi quelle di avena, di orzo, di castagne. Adatte ai celiaci oppure no. Tutte nutrienti, tutte diverse Si fa presto a dire polenta, ma di polente ce ne sono tante. E non parliamo dei modi di condirle, o di accompagnarle, ma proprio delle diverse tipologie di polenta o meglio delle farine da cui derivano. C’è la polenta gialla, ma anche quella bianca e quella scura, quella di castagne e di orzo. Quali caratteristiche nutrizionali hanno e che cosa le differenzia? «La polenta gialla — risponde Marina Carcea, dirigente tecnologo al Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione del Crea — già si distingue in due tipi: bramata e fioretto, la prima deriva dalla parte più esterna del chicco, la seconda dal “cuore” ed è a grana più fine. Questo comporta più che una differenza nutrizionale una diversità negli utilizzi. La bramata è la classica farina da polenta, la seconda può servire anche per preparazioni dolci o torte salate. Quanto alla farina bianca, deriva dalla macinazione del mais bianco quindi manca di carotenoidi, antiossidanti responsabili del colore giallo, che proteggono la salute di pelle, ossa e occhi. Essendo derivata pur sempre dal mais è priva di glutine e, come del resto la farina gialla, è adatta a chi soffre di celiachia». Anche la farina «scura» è di mais? «Quella che si usa per preparare la notissima polenta taragna è costituita in genere da un misto di farina di mais e di grano saraceno, privo di glutine e caratterizzato da una presenza un po’ più alta di proteine, di fibra e anche ricco di sali minerali come ferro, zinco e selenio». Particolarità, invece, della farina di segale? «La segale, che cresce bene anche in zone fredde di montagna, è sempre un cereale pertanto ricco in carboidrati e questo ne ha fatto un cibo fondamentale in tempi passati nelle zone agricole e povere. Poiché la segale è una graminacea, contiene glutine e perciò non è adatta ai celiaci». E che dire dell’avena e della farina che ne deriva? «L’avena appartiene anch’essa alla famiglia delle graminacee. Come la farina di mais, crea problemi di lievitazione e quindi non è del tutto adatta, se utilizzata da sola, e non miscelata con farina di grano, per le preparazioni da forno. È comunque molto nutriente e adatta per essere consumata a colazione come prodotto soffiato o sotto forma di fiocchi nel classico porridge all’inglese». Meno nota è la farina di orzo. «L’orzo è un cereale con una composizione proteica non adatta ai celiaci, però, come ci dice la letteratura scientifica, grazie alle sue fibre, è utile nel controllo della glicemia e dei livelli di colesterolo quindi protegge il nostro sistema cardiocircolatorio. La farina di orzo è infatti particolarmente ricca di betaglucani, polisaccaridi indigeribili, che aiutano a ridurre l’assorbimento di colesterolo e glucosio della dieta e stimolare il nostro senso di sazietà». Manca la farina di castagne. « Più che per la polenta, viene utilizzata per preparare dolci. Non solo il castagnaccio tipico del Nord Italia, ma anche i “necci” della Garfagnana, una specie di crepes da completare con un ripieno sia dolce, che salato, a base però sempre di ricotta. E qui vorrei spendere una parola “sull’accompagnamento” di tutte queste farine che ci hanno salvato dalla fame, ultima quella di mais diffusasi in Europa dopo la sua importazione dalle Americhe. Da sole saziano e danno energia di pronto utilizzo, dato che sono fondamentalmente a base di carboidrati, ma non bastano e infatti quando l’alimentazione era soprattutto a base di polente e affini, era diffusa la “pellagra”, dovuta alla carenza di vitamine, ma già l’abbinamento con i non costosi latticini, o con il latte, come si fa nella bergamasca, costituiva un rimedio perché all’organismo venivano anche fornite proteine e vitamine. Un uso saggio delle risorse che può insegnarci ancora qualcosa». 28 dicembre 2021 (modifica il 28 dicembre 2021 | 09:52)

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