venerdì 5 settembre 2025

Torta di mele con pasta sfoglia

Ti descrivo una ricetta semplice e golosa per una torta di mele con pasta sfoglia, ideale quando vuoi un dolce veloce ma di grande effetto. Ingredienti (per 6-8 porzioni) 1 rotolo di pasta sfoglia pronta (rotonda o rettangolare) 3-4 mele (Golden o Renette) 2-3 cucchiai di zucchero 1 cucchiaino di cannella (facoltativo) Succo di ½ limone 2 cucchiai di marmellata di albicocche (o pesche, o arance) 1 cucchiaio di burro fuso (facoltativo, per lucidare) Preparazione Preparare le mele Sbuccia le mele, togli il torsolo e tagliale a fettine sottili. Metti le fettine in una ciotola con il succo di limone per non farle annerire. Base Stendi la pasta sfoglia con la sua carta da forno in una teglia. Bucherella il fondo con una forchetta. Assemblaggio Spalma un velo sottilissimo di marmellata sul fondo (aiuta a dare dolcezza e lucentezza). Disponi le fettine di mela a raggiera o in file ordinate. Cospargi con zucchero e, se ti piace, un po’ di cannella. (Facoltativo) spennella le mele con un po’ di burro fuso per un effetto dorato. Cottura Inforna in forno già caldo a 180°C per circa 25-30 minuti, finché la sfoglia è dorata e croccante. Finitura A cottura ultimata, spennella le mele con poca marmellata sciolta in un goccio d’acqua calda per renderle lucide. Lasciala intiepidire prima di servire.

lunedì 1 settembre 2025

Spaghetti al lardo e pomodori

Linguine al lardo e pomodori Le linguine al lardo e pomodori, ottimo primo piatto facile, gustoso e veloce da preparare si fa nel tempo che la pasta cuoce, potete farlo con i bucatini, con gli spaghetti, ma sempre con pasta lunga, che ci sta molto bene con questo condimento.  Ingredienti linguine al lardo e pomodori • 320 gLinguine (o spaghetti o bucatini) • 100 gLardo • 14Pomodori di Pachino • q.b.Sale • q.b.Olio extravergine d’oliva • q.b.Rosmarino (se piace) Preparazione linguine al lardo e pomodori 1. 1- Per preparare le linguine al lardo e pomodori iniziate mettendo a bollire acqua salata sufficiente a cuocere la pasta. 2. 2- Nel frattempo tagliate il lardo a striscioline sottili, lavate i pomodori e  dividetelo in due o quattro parti. 3. 3- In una larga padella con un filo di olio extravergine di oliva fate diventare il lardo trasparente per pochi minuti, aggiungete i pomodori a  pezzetti e lasciate insaporire per due o 3 minuti, salate e se vi piace condite con qualche ago di rosmarino fresco tritato, spegnete e lasciate al caldo. 4- Quando l’acqua bolle  cuocete le linguine per il tempo indicato nella confezione, scolatele al dente direttamente nella padella col condimento aggiungendo un mestolo di acqua di cottura dalla pasta. 1. 5- Accendete il fuoco e saltate le linguine al lardo e pomodori per due minuti per insaporire, impiattate e servite il vostro piatto ancora caldissimo e.. BUON APPETITO

giovedì 21 agosto 2025

Carne scongelata: come capire se è andata a male o è ancora buona dal colore alla patina bianca fino all'odore

Carne scongelata: come capire se è andata a male o è ancora buona dal colore alla patina bianca fino all'odore di Martino Fiumi Il freezer è un'ottima soluzione per conservare i cibi a lungo. Carne inclusa. Una volta riportata a temperatura, è sempre bene fare queste verifiche Ossidazione, rancido, bruciature da congelamento e contaminazioni. Quando si scongela la carne sono tanti i rischi che si possono correre. Saperli è fondamentale perché ci permette di individuare i segni di alterazione e consumare la carne in sicurezza anche dopo mesi di congelamento, tanto più se abbiamo scordato di apporre le opportune etichette con su scritta la data di congelamento. «La carne, infatti, può presentarsi leggermente diversa dall’aspetto originale: a volte cambia colore senza compromettere la qualità, altre volte sembra intatta ma si degrada rapidamente se scongelata in modo scorretto», spiega Annamaria Acquaviva, dietista, nutrizionista e farmacista, ideatrice di Health Revolution. I 5 pilastri della salute. Benessere e longevità secondo il Metodo Acquaviva. Ecco, allora, una piccola guida su come orientarsi dalla catena del freddo alle differenze tra i tipi di carne fino ai sensi da usare per capire se sia ancora buona. Carne congelata: come capire se possiamo ancora mangiarla (o meno) Quando si scongela della carne dopo averla tolta dal freezer sono diversi gli scenari che possiamo trovarci davanti. Ecco come interpretarli. Partiamo dall'ossidazione. «L'ossidazione - spiega Acquaviva - può far cambiare leggermente colore alla carne. Può, ovvero, scurirla o, al contrario, farla diventare più pallida. Il che non significa che sia necessariamente deteriorata». Le bruciature da congelamento - o freezer burn - riconoscibili come una sottile patina bianca secca, sono invece il risultato della disidratazione superficiale dovuta alla sublimazione dell’acqua. «Non compromettono la sicurezza igienica, ma incidono sulla qualità sensoriale e sulla consistenza della carne, rendendola più secca o fibrosa», continua l'esperta. «Lo stesso fenomeno si osserva anche in altri alimenti congelati, ad esempio il pane che può assumere un aspetto biancastro e una consistenza gommosa o troppo asciutta». Diverso è l’odore rancido, tipico dell’ossidazione dei grassi, che ricorda l’olio andato a male: «Questo è un segnale a cui prestare molta attenzione: la carne non è più sicura, bisogna evitare di consumarla». Occhio, infine, alle contaminazioni microbiche - batteri e muffe per intenderci - che «non vengono eliminate dal congelamento, ma soltanto bloccate. Se la catena del freddo si interrompe o se lo scongelamento avviene in modo scorretto, i microrganismi riprendono a moltiplicarsi rapidamente», avverte Acquaviva. Quanto resiste la carne in freezer? «Intanto va detto che per una conservazione a regola d'arte la carne va conservata a - 18°C». A questa temperatura: il maiale può resistere fino a 4 mesi le carni bovine fino a 9 mesi pollo e tacchino fino a 12 mesi «Attenzione - puntualizza Acquaviva - alle carni lavorate come il macinato o le salsicce. Quelle resistono molto di meno, circa 2–3 mesi, e si ossidano più in fretta perché, essendo tagliate, hanno una maggiore superficie esposta all’aria». Il Ministero della Salute è, poi, molto chiaro su congelamento e surgelazione che «non sterilizzano, ma rallentano l’attività enzimatica e microbica, consentendo la conservazione degli alimenti per tempi molto più lunghi». «Quando poi si scongela - fa eco l'esperta - bisogna rispettare la catena del freddo, altrimenti ogni buona accortezza rischierà di risultare vana». A proposito di catena del freddo Il freezer, dunque, non uccide i batteri, ma ne blocca la crescita. Se la carne viene lasciata a temperatura ambiente, la proliferazione riprende velocemente. È, quindi, fondamentale rispettare la catena del freddo: la modalità più sicura è quella di mettere la carne da scongelare in un piatto, sul ripiano più basso del frigorifero. In questo modo lo scongelamento avviene lentamente e in sicurezza, mantenendo controllato lo sviluppo microbico. Guardare, toccare e annusare: l'attenzione sensoriale Quando la carne sarà scongelata sono molti i campanelli d’allarme a cui fare attenzione. Primo tra tutti il colore. Abbiamo visto che, se fosse un po’ più scura o pallida, la carne potrebbe semplicemente essersi ossidata. I toni grigiastri o verdastri o persino macchie sulla sua superficie indicano, invece, un deterioramento. In quanto tale pericoloso per la salute. Alle volte ci impensierisce di più la patina bianca che ricopre l’alimento. Lo ribadiamo: si tratta della bruciatura da congelamento, non pericolosa per l'organismo, ma indice di scarsa qualità. Anche la consistenza, mai viscida, e l’odore, mai pungente né rancido, devono mantenersi il più possibile simili a quelli originali.

mercoledì 20 agosto 2025

Preparazione della Cacio e pepe (ricetta originale)

X 4 X 1 Pasta cacio e pepe: ricetta e ingredienti 400 gpasta (tonnarelli o spaghetti) 100g 280 gpecorino romano 70g 1 cucchiaiopepe nero in grani 1/4 cucchiaio q.b.pepe nero in grani (macinato, da spolverare) q.b. Preparazione della Cacio e pepe (ricetta originale) Come si fa la Cacio e pepe? Vi ho detto che ci sono diverse tecniche, ma questo è l’unico metodo con cui ho sempre avuto un risultato perfetto. La preparazione della Pasta cacio e pepe è tipo una catena di montaggio: ci sono alcuni passi da seguire, in modo che la pasta prenda tutto il sapore del cacio e del pepe. Il segreto è preparare a parte la crema di pecorino, di consistenza pastosa, che verrà poi sciolta direttamente insieme alla pasta (la famosa cremina). Una cacio e pepe senza grumi e senza che il formaggio si addensi in nessun modo. Altro segreto è risottare i tonarelli o gli spaghetti direttamente nella padella, in modo da cucinare gli ultimi minuti insieme al pepe, assimilandone tutto il profumo. Per prima cosa, macinate al momento il pepe nero in grani. Potete utilizzare un mortaio, pestando il pepe con energia in senso rotatorio, o un batticarne oppure un macinino: è importante che la polvere ottenuta risulti grossolana. Quindi non utilizzate il pepe in polvere già confezionato (è importante per il buon esito della ricetta). Portate a bollore l’acqua per la pasta, salate leggermente (io metto circa la metà di sale, dato che il pecorino è già sapido di suo) e iniziate a lessare la pasta. Scaldare il pepe - Ricetta pasta cacio e pepe Scaldate una padella antiaderente e versate un bel cucchiaio pieno di pepe macinato. Fatelo tostare per qualche minuto, a fuoco medio. Appena sentirete sprigionarsi il suo aroma, versate subito 3 mestolini di acqua di cottura. Vedrete che inizierà a formarsi una schiuma bianca: è la combinazione del pepe con gli amidi della pasta contenuti nell’acqua. La crema di pecorino - Ricetta cacio e pepe Preparate la crema di pecorino: versate il pecorino grattugiato in una scodella e unite 2 mestolini di acqua di cottura, un po’ alla volta. Amalgamate con una spatola, fino ad ottenere una consistenza pastosa. Se necessario, unite ancora un goccino di acqua. Tenete da parte. Risottare la pasta - Ricetta spaghetti cacio e pepe Quando mancheranno 2 minuti alla fine della cottura, prelevate gli spaghetti con una pinza e versateli direttamente nella padella dove avete scaldato il pepe e portateli a cottura risottandoli per qualche minuto, muovendoli spesso con una pinza per farli amalgamare con il pepe. Potete anche scolare la pasta con lo scolapasta, ma tenete da parte un bel bicchiere di acqua di cottura, da aggiungere per evitare che la preparazione si asciughi troppo.

lunedì 11 agosto 2025

Carpaccio di pomodori

Carpaccio di pomodori: la ricetta fresca e veloce che ti svolta il contorno in estate In estate i pomodori sono senza dubbi tra i contorni più gettonati. Freschi e veloci da portare in tavola, stanno bene praticamente con tutto. Se però ti sei stufato dei soliti pomodori in insalata, ti consiglio di provare il carpaccio di pomodori. Una ricetta alternativa che conquisterà di sicuro tutti. affettare pomodori Carpaccio di pomodori: la ricetta fresca e veloce che ti svolta il contorno in estate (ricettaqubi.it) Informazioni utili Difficoltà: facile Tempi di preparazione: 5 minuti Dosi: 4 persone Ingredienti per il carpaccio di pomodori 2 pomodori cuore di bue; 4 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; 1 limone; 1 cucchiaio di capperi dissalati; 1 ciuffo di basilico; sale q.b.; pepe q.b. Preparazione carpaccio di pomodori Fare il carpaccio di pomodori è facilissimo. Bastano 5 minuti e porti in tavola un contorno fresco ed ancora più sfizioso dei soliti pomodori in insalata. Per farli, comincia a preparare il condimento, raccogliendo nel boccale di un frullatore ad immersione il succo di un limone spremuto e filtrato ed una presa di sale. Frulla tutto per qualche secondo, unendo l’olio extravergine d’oliva a filo. Continua così fino a quando l’emulsione non si sarà leggermente addensata. Dopodiché, lava ed asciuga i pomodori ed affettali sottilmente con l’aiuto di una mandolina o con un coltello dalla lama affilata. Sistemali su un vassoio, facendo in modo che si sovrappongano leggermente e poi condiscili con l’emulsione preparata, qualche fogliolina di basilico fresco, i capperi dissalati ed una grattata di pepe. Et voilà: il tuo carpaccio di pomodori è pronto da servire. Trucchi e consigli: puoi consumare il carpaccio di pomodori subito oppure lasciarlo marinare una mezz’oretta in frigorifero. Per un tocco in più, aggiungi anche un pizzico di origano, dell’aceto balsamico o della cipolla rossa di Tropea affettata sottilmente.

martedì 22 luglio 2025

La magia del ristorante a casa tua: trasforma i tuoi piatti in capolavori con il segreto degli chef

La magia del ristorante a casa tua: trasforma i tuoi piatti in capolavori con il segreto degli chef Con il segreto degli chef, trasformare i piatti in veri capolavori a casa tua è semplicissimo. Nessuno resisterà a tali prelibatezze! by Stella Di Benedetto 14 Luglio 2025in Food La magia del ristorante a casa tua: trasforma i tuoi piatti in capolavori con il segreto degli chef - Dailyfood.it Riuscire a realizzare piatti gustosi, prelibati e armoniosi come quelli che, normalmente, vengono serviti al ristorante non è facile ma con il segreto degli chef è possibile trasformare un pranzo o una cena casalinga in un pranzo o una cena stellata. Gli chef, infatti, per per esaltare i sapori e rendere i piatti assolutamente deliziosi, cercano il modo per trovare il giusto bilanciamento tra acidità e grassi in cucina. Se il sale, ad esempio, viene considerato fondamentale per dare sapore ai piatti, riuscire a trovare il bilanciamento perfetto tra acidità e grassi serve a rendere il piatto armonioso anche quando viene preparato utilizzando degli ingredienti molto semplici. Per ogni ricetta, dunque, è fondamentale trovare la giusta proporzione tra acidità e grassi e solo in questo modo si possono avere dei piatti da ristorante anche a casa. Il segreto degli chef: come bilanciare acidità e grassi nelle varie ricette Una ricetta non è mai come un’altra e, per servire un piatto che sia davvero succulento, saporito e armoniosamente gustoso, è importante saper bilanciare l’acidità e i grassi nel modo giusto. Nelle insalate, ad esempio, la dose giusta è tre parti di olio per una parte di acido. Gli acidi più comuni per condire le insalate sono l’aceto di vino o di mele e il succo di limone mentre quando si parla di grassi si fa riferimento all’olio extra vergine d’oliva, all’olio di avocado o olio di noci. Per rendere la carne più saporita ma anche per ammorbidirla, nei ristoranti, si usano molto le marinature. Anche in questo caso si usano gli stessi acidi delle insalate o per chi lo preferisce anche dello yogurt. Una marinatura perfetta per il pollo è quella composta da succo di limone, olio d’oliva, aglio e rosmarino. Il segreto degli chef: come bilanciare acidità e grassi nelle varie ricette – Dailyfood.it Anche la preparazione della salsa per la pasta che può essere di pomodoro o bianca richiede un bilanciamento perfetto tra acidi e grassi. Nel caso della salsa di pomodoro, a donare l’acidità alla pietanza è proprio il pomodoro mentre il grasso è rappresentato dall’olio evo, burro o panna. Quando, invece, si prepara una salsa bianca, si può rendere il piatto più fresco utilizzando limone, vino bianco o yogurt. Per esaltare, invece, il sapore delle verdure al forno, al grasso dell’olio si può aggiungere un pizzico di aceto balsamico che dona, invece, l’acidità necessaria per esaltare il sapore naturale delle verdure stesse. Lo stesso discorso vale per il pesce che si può condire con olio e limone oppure aceto. Utilizzare burro, latte o panna nelle zuppe insieme a succo di limone, aceto, yogurt serve a rendere il piatto non solo saporito, ma anche cremoso. Insomma, utilizzare in tutte le ricette sia acidi che grassi serve ad esaltare il sapore ma anche a trasformare un semplice piatto in un vero capolavoro come se fosse stato trasformato in un vero ristorante. Previous Post Gelato fatto in casa, la ricetta senza gelatiera che sta facendo impazzire tutti: pronto in pochi minuti Next Post Pizza light, la ricetta rivoluzionaria che non ti fa ingrassare: pochissime calorie e tanto sapore Stella Di Benedetto Stella Di Benedetto

giovedì 17 luglio 2025

Crema caffè soffice come una mousse: questa la prepari senza panna, con 2 soli ingredienti

Crema caffè soffice come una mousse: questa la prepari senza panna, con 2 soli ingredienti Diego Rossi Luglio 16, 2025 Solo caffè freddo e zucchero: ecco come preparare una crema al caffè estiva, densa e cremosa, pronta in 5 minuti, senza panna né latticini. C’è una ricetta che d’estate torna sempre, quasi da sola, e ogni volta sorprende per quanto è semplice e buona. Si prepara in pochi minuti, senza latte, senza panna, senza caffè solubile. Solo due ingredienti: caffè ghiacciato della moka e zucchero. Un procedimento che sembra quasi magia, ma funziona: basta montare il composto per qualche minuto e si trasforma in una crema densa, chiara, vellutata, da gustare col cucchiaino nei pomeriggi più caldi. Perfetta per chi cerca qualcosa di fresco, leggero e anche vegano, senza rinunciare al gusto. La prima volta che l’ho provata ero scettica. Ma il trucco è tutto lì: raffreddare benissimo il caffè e montare a lungo, senza fermarsi. Dopo 5 minuti di pazienza con lo sbattitore elettrico, prende forma una crema stabile, soffice, simile a quella del bar, ma fatta in casa, con due cose che abbiamo sempre a portata di mano. Gli step fondamentali per una crema perfetta Si comincia dal caffè. Va preparato in anticipo, lasciato ben raffreddare in frigorifero, poi messo in freezer per almeno 15 minuti prima di iniziare. L’ideale è farlo la sera prima e dimenticarlo in frigo per tutta la notte. Deve essere quasi ghiacciato, tipo granita, ma ancora liquido. Poi si passa allo zucchero: va setacciato, anche con un colino semplice, per evitare grumi. In una ciotola capiente, si unisce al caffè freddo e si comincia a montare con le fruste elettriche. Dopo pochi minuti la miscela comincia a schiarirsi, diventare più densa, liscia, quasi spumosa. Continuando a montare, si ottiene una crema stabile, che regge anche qualche ora in frigorifero. Non contiene stabilizzanti, quindi va consumata in giornata: al massimo si conserva per 24 ore, meglio se coperta. Crema Caffè Crema al caffè con solo due ingredienti, il trucco per farla cremosa come al bar – zafferanodop.it Si può aromatizzare con un filo di estratto di vaniglia, ma anche così è già perfetta. Non serve altro. Solo due ingredienti e uno sbattitore. L’effetto finale? Una delicata mousse fredda al caffè, senza lattosio, leggera e pronta in cinque minuti. Come gustarla: coppa fredda o tazzina con cioccolato fuso Questa crema al caffè può diventare un dessert vero e proprio o un accompagnamento. Può essere servita in coppa, con una spolverata di cacao amaro, oppure usata come topping su un gelato alla vaniglia o un frappè freddo. Ma la versione più golosa resta quella servita in una tazzina da caffè, con cioccolato fondente fuso sul fondo: la crema fredda che incontra il calore del cioccolato crea un contrasto che funziona sempre. Chi la prova una volta tende a rifarla spesso: non richiede ingredienti speciali, non sporca troppo, non ha tempi di attesa. Va solo preparata con cura e servita con fantasia. È un’idea perfetta per chi ha voglia di qualcosa di dolce, ma non vuole accendere forno o fornelli. Senza panna, senza latte, senza complicazioni. Solo il sapore deciso del caffè, e un po’ di zucchero. Tutto qui. E funziona.

mercoledì 16 luglio 2025

Pesce azzurro: ecco i migliori 5 pesci che fanno bene

Pesce azzurro: ecco i migliori 5 pesci che fanno bene Luglio 9, 2025 di admin Il pesce azzurro è una delle risorse marine più preziose per la nostra alimentazione. Con il suo profilo nutrizionale ricco di acidi grassi omega-3, proteine di alta qualità e una varietà di vitamine e minerali, non è sorprendente che questo alimento sia considerato un alleato fondamentale per la salute. Negli ultimi anni, l’interesse per il pesce azzurro è aumentato, grazie alla crescente consapevolezza dei suoi benefici. In questo articolo, esploreremo alcune delle specie più apprezzate e i motivi per cui dovrebbero fare parte della nostra dieta. Che cos’è il pesce azzurro? Si tratta di un gruppo di pesci caratterizzati da una carne più grassa rispetto ad altre varietà di pesci, come il pesce bianco. Questa categoria include specie come sardine, sgombri, alici e tonni, che si distinguono sia per il loro sapore intenso che per le proprietà nutrizionali. I pesci azzurri sono spesso considerati un alimento da privilegiare nelle diete mediterranee, ma la loro popolarità si sta diffondendo anche in altre parti del mondo. 1. Sardine Le sardine sono senza dubbio uno dei pesci azzurri più conosciuti e consumati. Piccole e saporite, possono essere cucinate in vari modi: arrostite, alla griglia o anche in umido. Oltre al loro delizioso sapore, le sardine sono note per il loro elevato contenuto di omega-3, che favorisce la salute del cuore e riduce il rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre, sono una fonte eccezionale di vitamina D e calcio, essenziali per la salute delle ossa. Le sardine possono anche vantare proprietà antinfiammatorie e sono un’ottima scelta per chi cerca di mantenere un peso corporeo sano. 2. Sgombro Un altro pesce azzurro che merita attenzione è lo sgombro. Caratterizzato da una carne ricca e saporita, lo sgombro è versatile in cucina e può essere preparato in diversi modi, dalle grigliate ai piatti al forno. Oltre a essere un’ottima fonte di proteine, lo sgombro contiene anche significative quantità di vitamina B12, fondamentale per il corretto funzionamento del sistema nervoso e per la produzione di globuli rossi. Gli studi hanno dimostrato che il consumo regolare di sgombro può contribuire a migliorare la salute mentale e a ridurre i sintomi di ansia e depressione. 3. Alici Le alici, note anche come acciughe, sono un altro pesce azzurro che non può mancare nella lista. Piccole ma ricche di sapore, sono spesso utilizzate come condimento in molte ricette mediterranee. Le alici sono particolarmente apprezzate per il loro alto contenuto di omega-3, ferro e calcio. Essendo spesso sott’olio o salate, le alici possono essere una scelta conveniente e gustosa per arricchire insalate, pasta e altri piatti. Inoltre, grazie alla loro ricchezza di nutrienti e antiossidanti, possono aiutare a combattere l’invecchiamento precoce e migliorare la salute della pelle. 4. Tonno Il tonno è un altro pesce azzurro molto popolare, soprattutto sotto forma di filetti in scatola. Sebbene il tonno fresco sia particolarmente apprezzato per il suo sapore e la sua consistenza, il tonno in scatola offre la stessa qualità nutrizionale e praticità. È una fonte eccellente di proteine e contiene quantità significative di selenio, un minerale con potenti proprietà antiossidanti. Tuttavia, è importante fare attenzione alla scelta del tipo di tonno, poiché alcune varietà possono contenere elevate quantità di mercurio. 5. Pesce sciabola Infine, non possiamo dimenticare il pesce sciabola, una specie meno conosciuta ma altrettanto nutritiva. Questo pesce ha una carne tenera e saporita che si presta a diverse preparazioni. La carne del pesce sciabola è contraddistinta da un alto contenuto di omega-3 e proteine, rendendolo una scelta eccellente per chi cerca di migliorare la propria alimentazione. Inoltre, il pesce sciabola è anche ricco di vitamine del gruppo B, che giocano un ruolo fondamentale nel metabolismo energetico e nella salute del sistema nervoso. L’integrazione di pesce azzurro nella dieta quotidiana non solo arricchisce le nostre pietanze con sapori unici, ma anche conferisce numerosi benefici per la salute. Aggiungere questi pesci alla tavola può contribuire a una dieta equilibrata, migliorando la salute cardiovascolare, il benessere mentale e la salute delle ossa. È importante variare le specie consumate per assicurarsi di ottenere una vasta gamma di nutrienti, considerando anche metodologie di pesca sostenibili e responsabili. Per concludere, non importa quale tipo di pesce azzurro si scelga, è essenziale per la nostra salute e il nostro benessere. Incorporare questi pesci nella propria alimentazione è non solo un modo per mangiare in modo sano, ma anche un opposto per sostenere i metodi di pesca sostenibili e preservare le risorse marine per le future generazioni. Con un giusto bilanciamento e varietà, il pesce azzurro può diventare un elemento fondamentale della dieta mediterranea e una fonte di salute per tutto l’anno.

sabato 12 luglio 2025

Maionese fatta in casa

Maionese fatta in casa: ricetta semplicissima per una salsa sana e genuina È la serata dedicata alle patatine fritte ma hai dimenticato di comprare la maionese? Niente paura, poiché la puoi preparare in pochi secondi direttamente a casa tua. Basta prendere due uova dal frigorifero e il gioco è fatto: otterrai una salsa leggerissima e decisamente più genuina di quella che acquisti di solito. La ricetta arriva dal canale Instagram Cucina e Delizia, gli ingredienti di cui hai bisogno sono pochissimi e il procedimento è di una semplicità unica. Preparazione della maionese fatta in casa Maionese fatta in casa: ricetta semplicissima per una salsa sana e genuina – Instagram @cucinaedelizia (Ocagiulivamilano.it) Ingredienti: 2 uova sode 1 tappo di aceto 2 cucchiai di olio d’oliva 1/2 limone 1/2 cucchiaio di sale 2 cucchiai di acqua Non devi fare altro che scaldare due uova in un pentolino, finché non saranno sode. Tagliale a pezzi e mettile in una ciotola, in cui aggiungerai man mano aceto (nella ricetta viene utilizzato quello di mele), olio d’oliva, il succo di mezzo limone, un cucchiaio di sale e due di acqua. A questo punto frulla il tutto e avrai ottenuto una maionese leggerissima e super saporita: non avrà nulla da invidiare a quella del supermercato, è più economica e più sana poiché realizzata con gli ingredienti che hai tu in casa.

Spaghetti e Baccalà

Ingredienti per 4 persone spaghetti 400 g di spaghetti baccalà q.b. baccalà dissalato aglio 1 spicchio d'aglio capperi 2 cucchiai di capperi olive 4 cucchiai di olive (verdi e nere) pomodoro 10 pomodori datterini prezzemolo 1 ciuffo di prezzemolo olio q.b. olio extravergine d'oliva sale q.b. sale paprika q.b. paprika dolce Preparazione Come fare gli spaghetti al baccalà Per preparare gli spaghetti al baccalà, dobbiamo innanzitutto pulire uno spicchio d'aglio e soffriggerlo in padella con un filo d'olio extravergine d'oliva. Non appena appare leggermente dorato, rimuoviamolo e aggiungiamo i pomodori datterini precedentemente lavati e tagliati a metà. Lasciamo appassire i pomodorini a fuoco vivace per alcuni minuti, dopodiché uniamo sia le olive tagliate a rondelle, sia i capperi dissalati. Nel frattempo, puliamo il baccalà dalla pelle e tagliamolo a pezzetti piuttosto piccoli. Uniamolo al resto degli ingredienti e cuociamolo in padella per 5 minuti circa, avendo cura di mescolare di tanto in tanto. Mentre il baccalà cuoce, portiamo a bollore l'acqua per la pasta. Non appena giunge a ebollizione, saliamola e cuociamo gli spaghetti per il tempo indicato sulla confezione. Scoliamoli al dente e versiamoli nella padella contenente il condimento: mescoliamoli con l'aiuto di due forchette, affinché il baccalà e i restanti ingredienti si amalgamino in modo omogeneo. Gli spaghetti al baccalà sono pronti per essere gustati: consigliamo di condirli con del prezzemolo fresco tritato e aggiungere a piacere della paprica dolce o, per un sapore più deciso, piccante.

lunedì 7 luglio 2025

Pasta Patate e Verza

Ingredienti per pasta patate e verza 200 g cannolicchi (per me senza glutine) 400 g cavolo verza 600 g patate 100 g pancetta 1/2 cipolla 1 panetto Parmigiano Reggiano DOP (grattugiato) 3 cucchiai olio extravergine d’oliva q.b. sale q.b. pepe q.b. brodo vegetale 471,69 Kcal calorie per porzione Info Come preparare pasta patate e verza densa e cremosa Per preparare pasta patate e verza iniziate pulendo il cavolo verza: eliminate le due foglie più esterne, quindi tagliatela a metà. Con un coltello incidete il fusto e rimuovetelo (1). Tagliatela quindi a listarelle (2). Trasferitela in uno scolapasta e sciacquatela abbondantemente (3). a. pulire e tagliare il cavolo verza Pelate le patate e tagliatele a pezzi non troppo piccoli (4). Tagliate la pancetta a cubetti. Tritate la cipolla e mettetela in una capiente pentola insieme all’olio (5). Appena inizia a soffriggere unite la pancetta (6). b. rosolare la pancetta con la cipolla Lasciatela rosolare per un paio di minuti a fiamma dolce, facendo attenzione a non bruciare la cipolla (7). Unite quindi le patate e la verza (8). Salate, pepate e mescolate bene, lasciando insaporire il tutto per un minuto circa. Poi bagnate con un mestolo o due di brodo vegetale caldo (9). c. unire patate e verza crudi Coprite la pentola con il coperchio e lasciate cuocere verza e patate a fiamma dolce per circa 15 minuti. Quando le patate inizieranno a sfaldarsi aggiungete ancora un po’ di brodo vegetale (10) e, non appena la minestra tornerà a bollire, anche la pasta (11). Cuocete pasta patate e verza per 8-10 minuti (regolatevi anche in base al tempo indicato sulla confezione della pasta), mescolandola costantemente quasi fosse un risotto (12) e aggiungendo poco brodo caldo se dovesse restringersi troppo. d. unire la pasta alla zuppa Man mano che la pasta cuoce, regolate la giusta quantità di brodo da aggiungere per ottenere una pasta e patate più densa o più brodosa, a seconda dei vostri gusti. Quando la pasta sarà cotta spegnete il fuoco e aggiungete il parmigiano grattugiato (13). Mescolate con cura per amalgamarlo al resto della minestra (14). e. mantecare pasta patate e verza con parmigiano Servite pasta patate e verza subito, guarnita con altro parmigiano a piacere oppure con un pizzico di pepe macinato al momento. v_ pasta patate e verza cremosa e densa ricetta zuppa invernale con pasta il chicco di mais

sabato 28 giugno 2025

Spaghetti alla Nerano

Gli Spaghetti alla Nerano sono un piatto tipico della costiera amalfitana, in particolare del borgo di Nerano, vicino a Massa Lubrense. Si tratta di una ricetta semplice ma straordinariamente gustosa, a base di zucchine fritte e provolone del Monaco, un formaggio a pasta semidura tipico della zona. 📝 Ingredienti (per 2 persone): 200 g di spaghetti 3–4 zucchine medie 80–100 g di Provolone del Monaco (in alternativa: caciocavallo stagionato) 1 spicchio d'aglio Basilico fresco q.b. Olio extravergine d’oliva Olio di semi per friggere Sale e pepe q.b. 👩‍🍳 Preparazione: Friggi le zucchine Lava le zucchine e tagliale a rondelle molto sottili. Friggile in abbondante olio di semi fino a doratura. Scolale su carta assorbente e salale leggermente. Alcuni chef le lasciano riposare qualche ora per esaltarne il sapore. Cuoci gli spaghetti Porta a bollore una pentola d’acqua salata e cuoci gli spaghetti, scolandoli molto al dente (tieni da parte un po’ d’acqua di cottura). Prepara la base In una padella capiente fai imbiondire l’aglio in olio extravergine. Aggiungi le zucchine fritte e un paio di cucchiai d’acqua di cottura della pasta per ammorbidirle. Manteca la pasta Versa gli spaghetti nella padella con le zucchine. Togli dal fuoco e aggiungi il Provolone del Monaco grattugiato finemente. Manteca energicamente con acqua di cottura, fino a ottenere una crema vellutata che avvolge la pasta. Finitura Aggiungi abbondante basilico fresco spezzettato e una macinata di pepe nero. 🍷 Abbinamento vino: Un Falanghina del Sannio o un Greco di Tufo, freschi e minerali, sposano perfettamente la cremosità del piatto.

mercoledì 25 giugno 2025

COME FARE LA PASTA E CECI IN SCATOLA

COME FARE LA PASTA E CECI IN SCATOLA Ingredienti 1 barattolo di Ceci precotti 120 gg. di Pasta formato misto 1 spicchio d'Aglio 2 rametti di rosmarino 30 gr. di Pancetta dolce (se gradita) Olio extravergine d'Oliva Acqua 4,5 mestoli Sale q.b. Procedimento 1 Scolate i ceci dall'acqua di conservazione e sciacquateli sotto acqua corrente. 2 Fate soffriggere in un giro d'olio uno spicchio d'aglio scamiciato; una volta imbiondito unite i ceci e due rametti di rosmarino fresco e lasciate insaporire per qualche minuto.3Eliminate l'aglio e addizionate un paio di mestoli d'acqua calda, salate e portate a bollore. 4 Recuperate circa 1/4 dei ceci e schiacciateli con una forchetta.5Metteteli in pentola e calate la pasta.6Aggiungete altra acqua, scaldata in precedenza, fino a coprire la pasta. 7 Prediligete la cottura molto al dente ed unite la pancetta dolce cubettata fatta tostare un precedenza in una padella antiaderente. 8 La vostra pasta con ceci in scatola é pronta per essere gustata. Buon appetito!

martedì 24 giugno 2025

Quanto dovremmo pagare un chilo di pomodori?

Italia Lunedì 23 giugno 2025 Quanto dovremmo pagare un chilo di pomodori? Per fare scelte più etiche bisogna guardare ai campi, ma anche allo strapotere della grande distribuzione organizzata di Isaia Invernizzi Di fronte ai pomodori esposti nel reparto ortofrutta di qualsiasi supermercato italiano non ci poniamo quasi mai molte domande. Nella fretta della spesa osserviamo forse il colore, la taglia e il prezzo, ma tra confezioni della stessa varietà non è facile dire se sia meglio una oppure l’altra, e capire soprattutto se siano ortaggi di qualità: le informazioni a disposizione, così come il tempo, sono poche. Ma in realtà sui pomodori, come su qualsiasi altro prodotto venduto nei supermercati, sarebbe opportuno farsi più domande. Tra le tante, una a cui lì per lì è quasi impossibile trovare una risposta: li stiamo pagando il giusto? La domanda è importante perché il prezzo di vendita dei pomodori è un indizio essenziale, che tuttavia acquisisce valore solamente se connesso anche ad altre informazioni, come l’area di coltivazione e l’azienda produttrice. Partendo da queste tracce è possibile farsi una minima idea della cosiddetta filiera, ovvero dei processi e dei passaggi necessari per portare i pomodori dalle serre ai reparti ortofrutta dei supermercati. Ma più passaggi ci sono nella filiera, più alcuni saranno poco trasparenti – addirittura nascosti – e più sarà difficile capire cosa contribuisce al prezzo finale; capire, cioè, se il prezzo sia giustificato, se le persone e le aziende che lavorano nella filiera abbiano ricevuto un compenso equo o se invece qualcuno abbia speculato. La risposta sommaria è che sì, nella maggior parte dei casi all’interno della filiera ci sono speculazioni che alimentano disuguaglianze, forme diffuse di illegalità e sfruttamento della manodopera, in particolare di quella straniera. Lo sfruttamento è il modo più immediato per contenere i costi di produzione, garantire margini più elevati e in definitiva rispondere alle esigenze di profitto riversando i problemi sui lavoratori più vulnerabili. Una possibile soluzione, per farla brevissima, sarebbe proteggere le aziende sane favorendo un consumo consapevole: pagando il giusto, appunto. Ma non è così facile, perché non dipende solo dai consumatori. E quindi per orientarsi e fare una scelta davvero consapevole ed etica è necessario non fermarsi alla versione brevissima della soluzione. Si fa presto a dire pomodori Nelle sue serre di Pachino, nella zona meridionale della Sicilia, Beppe Signorello pianta ogni anno tre varietà di pomodori: datterini, ciliegini e costoluti chiamati Marinda. I primi due sono più conosciuti, il Marinda meno: è un pomodoro che pesa dai 250 ai 300 grammi, con una forma piuttosto appiattita e a coste, di colore tra il rosso scuro e il verde brillante, ottimo anche così com’è, senza condimento. La produzione di queste tre varietà è molto diversa l’una dall’altra. Innanzitutto perché le piantine di datterini e ciliegini costano meno rispetto a quelle di costoluti, ma anche perché le lavorazioni dei primi due sono più semplici e veloci, così come i trattamenti e la raccolta. I costoluti producono invece più scarto: molti pomodori hanno difetti e non finiscono nelle forniture di ortomercati e supermercati, che esigono la perfezione. «Dalla scelta della varietà dipendono tanti fattori che incidono sul prezzo e sulla vendita», dice Signorello. Un pomodoro come il costoluto Marinda è più costoso e difficile da coltivare, più raro, quindi più rischioso. Solo chi garantisce un’ottima qualità riesce a competere. «Noi ci crediamo e continuiamo a proporlo ai mercati. Lo spediamo in tutta Italia, in Francia e in Germania. Viene venduto all’ingrosso tra 2,5 e 5 euro al chilo, dipende anche dalla disponibilità. Non è un prodotto semplice». Anche se le serre sono le stesse, con ciliegini e datterini è tutto diverso, compresa la destinazione: sono varietà molto diffuse di cui fa incetta la grande distribuzione organizzata (GDO), che rifornisce i supermercati. I rischi sono di meno, i margini sono decisamente più bassi. Tutte queste variabili vanno moltiplicate per il gran numero di varietà di pomodori coltivate in Italia: solo tenendo conto delle principali, sono circa 300. Ognuna ha bisogno di terreni, lavorazioni e trattamenti diversi, che incidono sui costi, sul prezzo all’ingrosso e infine sul prezzo al dettaglio. Raccolta dei pomodori Raccolta dei pomodori (Abed Rahim Khatib/Getty Images) Qualche esempio per capire cosa significa lavorazioni. Le piante di pomodoro crescono con due portamenti: si definiscono indeterminate le piante che continuano a svilupparsi e hanno bisogno di sostegni, come pali o spaghi, mentre quelle a crescita determinata hanno una forma a cespuglio. Le piante a crescita indeterminata devono essere legate una a una man mano che crescono; inoltre va fatta la cosiddetta sfemminellatura, ovvero la rimozione dei getti ascellari, di fatto una potatura, che serve a concentrare la produzione verso pochi rami. Queste operazioni – le lavorazioni, appunto – vengono fatte a mano, non possono essere automatizzate. Per trattamenti, invece, si intende l’applicazione di prodotti – i più comuni sono a base di rame, ma ce ne sono molti altri – per prevenire malattie fungine come la peronospora o le malattie di origine batterica. Vanno considerate poi la concimazione del terreno, l’irrigazione e l’ultima lavorazione in campo, cioè la raccolta fatta a mano. I costi di tutti questi passaggi variano a seconda della conformazione del territorio, della composizione del terreno, del caldo e della pioggia. Se l’inizio di stagione è molto piovoso aumentano i costi per la prevenzione delle malattie, se c’è siccità aumentano i costi di irrigazione. Ci sono altre incognite che non hanno a che fare direttamente con l’agricoltura: per esempio, dopo la pandemia e l’invasione della Russia in Ucraina sono aumentati i prezzi di concimi, fertilizzanti e trattamenti. «Lo scorso anno abbiamo calcolato un aumento dei costi di produzione del 32 per cento, e venivamo già da due anni difficili», continua Signorello. «Con pochissima acqua a causa della siccità abbiamo dovuto estirpare molte piante, perdendo parte del raccolto. I prezzi sul mercato però sono rimasti più o meno gli stessi: si fa fatica a compensare le spese». Dopo tutta questa premessa si potrebbe pensare che il costo di coltivazione e raccolta incida in modo determinante sul prezzo finale, invece secondo stime basate sui prezzi agricoli diffusi dall’Istat la coltivazione pesa solo per il 15 per cento, mentre la raccolta per il 10 per cento. In totale un quarto del prezzo finale è determinato dal lavoro nei campi. Il restante 75 per cento (ci arriviamo) viene determinato durante i passaggi successivi della filiera. I pomodori che diventano sughi e passate sono un’altra storia I costi di produzione potrebbero essere anche inferiori, anzi molto inferiori, ma esattamente come accade nell’industria anche nell’agricoltura le aziende italiane che coltivano pomodori sono per lo più piccole o piccolissime, a conduzione familiare. Fanno fatica a crescere, a diventare più grandi, e quindi a sfruttare le innovazioni della tecnologia e le cosiddette economie di scala. «Bisognerebbe cambiare mentalità e rendersi conto, tutti, che non siamo più contadini, ma imprenditori agricoli», dice Andrea Manca, agronomo e socio di un’azienda sarda specializzata nella distribuzione di frutta e verdura. – Ascolta anche il podcast Wilson: Perché guadagniamo poco Negli ultimi anni Manca ha costituito un gruppo di 70 aziende per ottimizzare i processi di produzione: lavorazioni e trattamenti vengono fatti solo dopo un’analisi attenta, non più seguendo solo il calendario come si faceva una volta e come fanno tuttora moltissimi agricoltori. Tutto questo vale per i pomodori prodotti per il consumo fresco, ovvero che vengono raccolti e venduti nei supermercati senza ulteriori lavorazioni. C’è però un settore parallelo, cioè quello dei pomodori chiamati da industria o da trasformazione, che vengono coltivati per essere venduti alle grandi aziende produttrici di sughi e passate. Nel 2024 l’Italia, con i suoi 5,3 milioni di tonnellate prodotte, è stato il terzo produttore mondiale dopo Cina e Stati Uniti. In questo caso il mercato è molto più concentrato e controllato, con una coltivazione più veloce e quasi interamente meccanizzata. Non servono serre e l’impiego di braccianti è limitato, soprattutto nelle regioni del Nord: le piante di pomodoro crescono a terra e i frutti vengono trattati e raccolti con macchinari. Anche l’irrigazione è automatica. Le varietà sono poche, selezionate per prediligere la resa e la resistenza alle malattie. Nelle regioni del Nord, in particolare in Pianura Padana, è più diffuso il pomodoro tondo, al Sud il pomodoro allungato. Un ottimo raccolto si aggira sulle 90 tonnellate per ettaro (ovvero 9 milioni di chilogrammi per ogni chilometro quadrato), niente a che vedere con la resa dei pomodori a consumo fresco. I margini sono ovviamente molto più bassi, anche perché ogni anno viene fissato un prezzo minimo di vendita attraverso una trattativa tra le associazioni che rappresentano le aziende agricole e le associazioni delle aziende di trasformazione. Fino al 2020 i pomodori da industria venivano pagati agli agricoltori 100 euro alla tonnellata, dunque 10 centesimi al chilo; nel 2023 si è arrivati a 15 centesimi, nel 2025 il prezzo minimo è stato fissato a 14 centesimi. La raccolta dei pomodori destinati alle industrie di sughe e passate La raccolta dei pomodori destinati alle industrie di sughi e passate (Emmanuele Ciancaglini/Getty Images) In entrambi i casi, sia nella filiera dei pomodori da consumo fresco che in quella dei pomodori da industria, dopo la raccolta i prodotti vanno imballati e trasportati: altri due passaggi importanti che incidono per circa il 20 per cento sul prezzo finale. I pomodori poi devono essere distribuiti, cioè piazzati sul mercato, un lavoro di intermediazione svolto da grossisti e agenti che ha un peso significativo sul prezzo, circa un quarto del totale. Imballaggio, trasporto e distribuzione, insieme, influiscono sul prezzo più della coltivazione. La distribuzione cambia a seconda delle destinazioni, che sono principalmente tre: la vendita diretta, la vendita al mercato ortofrutticolo all’ingrosso e quella alla grande distribuzione organizzata. Nella vendita diretta gli agricoltori vendono direttamente i pomodori ai clienti, fissando loro il prezzo: si parla così di filiera corta perché di fatto c’è un solo passaggio dal campo al sacchetto della spesa. Nella vendita all’ingrosso la filiera si allunga. Andrea Manca la paragona al giocare in Borsa. «Bisogna avere fiuto e piazzare i prodotti al momento giusto, anche perché su questi mercati i prezzi si fanno giorno per giorno», dice. Quest’anno, per come sta andando la stagione, gli agricoltori della sua zona sono contenti se un chilo di pomodoro di varietà camone viene pagato 1,70 euro, un chilo di pomodorini ciliegini 1,80, per i piccadilly 1,30, e 2,70 euro un chilo di datterini. Ma sono appunto prezzi che possono cambiare rapidamente, di settimana in settimana, e diversi da regione a regione. Il grande potere della grande distribuzione La vendita attraverso la grande distribuzione organizzata è impostata in modo ancora diverso. La GDO è la rete di fornitura e vendita di prodotti a largo consumo, basata su punti vendita di grandi dimensioni, come i supermercati. Fanno parte della GDO marchi come Conad, Carrefour, Lidl, Coop, Esselunga. Per ognuna di queste aziende avere un unico canale di fornitura a livello nazionale è un vantaggio in termini di costi e organizzazione. Tra gli agricoltori e la grande distribuzione c’è un rapporto ambivalente: essere scelti dalla GDO è considerata una grande opportunità, ma allo stesso tempo i margini sono bassissimi e c’è il rischio di svalutare la produzione. I supermercati pagano molto meno rispetto ai mercati ortofrutticoli, ma in modo costante, puntando sulla quantità e sul meccanismo degli sconti. Di solito i prezzi vengono fissati di settimana in settimana, non giorno per giorno, e nel periodo degli sconti si impone ai fornitori un abbassamento del prezzo con poche possibilità di trattare. Fino al 2021 erano diffuse le aste al ribasso organizzate online, una pratica che ora è vietata da una direttiva europea, che costringeva gli agricoltori a contendersi la fornitura offrendo la propria merce a un prezzo sempre inferiore, in alcuni casi fino a perdere soldi pur di rimanere agganciati alla GDO. L’obiettivo della grande distribuzione è strappare il prezzo più favorevole, spostando il valore della filiera dalla coltivazione al lavoro di distribuzione e vendita. Sugli scaffali il prezzo di una confezione di pomodori viene venduta a quattro o cinque volte il prezzo pagato all’agricoltore, una differenza che solo in parte è attribuibile ai passaggi intermedi. La GDO ha molto potere nelle trattative perché sa di poter trovare forniture alternative in poco tempo, anche all’estero, e senza troppi sforzi. Gli agricoltori accettano queste condizioni perché perdere una commessa della grande distribuzione arrecherebbe loro troppi danni. Il massiccio ricorso al sottocosto non altera solo il mercato, ma l’intero settore, fino alla produzione: i margini bassi limitano gli investimenti e costringono tutte le parti della filiera a comprimere il più possibile i costi. Vale soprattutto per gli agricoltori. L’alternativa è aumentare le rese – cioè produrre più pomodori dalla stessa pianta, limitando gli scarti – usando sementi più performanti e trattando le piante con più concimi e pesticidi. Il valore si concentra così sulla quantità e meno sulla qualità, a dispetto dei messaggi pubblicitari incentrati sulla genuinità e sul rispetto della tradizione agricola italiana. Una delle conseguenze più sottovalutate coinvolge i consumatori, che in un mercato invaso dagli sconti faticano a percepire il giusto valore dei prodotti. Le promozioni, le offerte, gli sconti e il sottocosto non sono più un’eccezione: sono campagne di marketing ormai ricorrenti, proposte quasi ogni settimana. Molte persone cambiano supermercato proprio in funzione delle promozioni, alimentando una competizione tra marchi pronti a proporre il prezzo più basso. Nessuno degli agricoltori sentiti per questo articolo si è lamentato apertamente della GDO, anzi molti sperano di avere sempre più contatti con i supermercati, ma tutti ammettono che è complicato tirare avanti con questi prezzi. «Non guadagni i miliardi, però almeno porti a casa il pezzo di pane», dice Andrea Manca. Vale anche per chi produce pomodoro da industria, che non ha rapporti diretti con la grande distribuzione. Gli agricoltori vendono alle aziende di trasformazione, produttrici di sughi e passate, che a loro volta riforniscono la GDO. «Da tempo chiediamo un dialogo più diretto con la grande distribuzione», dice Luigi Sidoli, direttore dell’AINPO, l’associazione interprovinciale produttori ortofrutticoli attiva soprattutto in Emilia-Romagna. «È giusto mantenere sughi e passate a un prezzo abbordabile, ma sarebbe sufficiente qualche centesimo in più al chilo per sistemare definitivamente i bilanci delle aziende agricole senza comportare grossi sconvolgimenti a valle». «Che fatica» Nella piana di Foggia Massimo Cardente coltiva una varietà di pomodoro oblungo, solitamente usata per fare i sughi. Lui però negli ultimi anni ha cercato di renderlo un prodotto adatto anche alle insalate, quindi per il consumo fresco. La raccolta è fatta a mano, perché il frutto è piuttosto delicato. I costi di produzione sono più alti rispetto al pomodoro da industria, e per questo non è semplice proporli a un prezzo giusto. «Vendiamo un chilo di pomodori tra 90 centesimi e un euro: a dirlo in giro sembra che sia un prezzo esagerato. Dicono che dovremmo farli a 50 centesimi, ma io mi sono imposto», dice Cardente. «Per ora il mercato ci ha dato ragione perché abbiamo trovato una clientela che ci asseconda e preferisce un prodotto di qualità. Però che fatica». Cassette di pomodori al mercato ortofrutticolo di Milano Cassette di pomodori al mercato ortofrutticolo di Milano (LaPresse/ Claudio Furlan) Chi non riesce a imporre il proprio prezzo, e sono migliaia di agricoltori, deve trovare altri modi per ottenere margini adeguati. Il più semplice è il risparmio sulla manodopera, sulle persone a cui viene affidata in particolare la raccolta. Sono per lo più braccianti stranieri, assunti con contratti irregolari pagati pochi euro all’ora, senza diritti e tutele. Il rapporto Agromafie e caporalato, pubblicato dall’osservatorio Placido Rizzotto del sindacato CGIL, stima che nei campi italiani vengano sfruttate circa 230mila persone, un quarto di tutti i braccianti, dati che dimostrano quanto questo problema sia esteso e pervasivo nel settore. Il lavoro irregolare ha un’incidenza elevata soprattutto in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio, dove si stima che oltre il 40 per cento dei braccianti abbia un contratto irregolare, per poche ore alla settimana, oppure non abbia proprio un contratto, e quindi lavori in nero. In molte regioni del Nord il tasso di irregolarità è solo leggermente più basso, tra il 20 e il 30 per cento. Migliaia di braccianti lavorano in condizioni proibitive, senza minime misure di sicurezza. Molti non hanno i documenti. Il caporalato è un reato sentinella, l’avvisaglia di possibili altri problemi nella filiera legati alla presenza della criminalità organizzata, interessata a estorsioni e all’appropriazione di terreni per intercettare illegalmente fondi europei destinati all’agricoltura. Negli ultimi anni sono state aperte molte inchieste per riciclaggio di denaro nella gestione dei mercati ortofrutticoli, nella rete di trasporto della merce e nella fornitura alla grande distribuzione. Finora i tentativi dei governi di introdurre più controlli nelle filiere agroalimentari e renderle più trasparenti hanno avuto scarsi risultati. La legge 185 del 2016, nota anche come decreto Caporalato, ha istituito tra le altre cose la Rete del lavoro agricolo di qualità (RLAQ), pensata per valorizzare le aziende agricole virtuose che rispettano i diritti dei lavoratori. La rete è un elenco gestito dall’INPS a cui le aziende possono aderire se hanno pagato regolarmente i contributi, se rispettano i contratti collettivi, se i titolari non hanno condanne per reati legati allo sfruttamento del lavoro. In teoria chi fa parte della rete dovrebbe avere agevolazioni burocratiche, maggiore visibilità sul mercato e più possibilità di accedere a finanziamenti pubblici. Basta un dato, uno solo, per dimostrare che finora la rete non ha raggiunto il suo obiettivo: in tutta Italia hanno aderito poco più di novemila aziende agricole, una quota minima del totale. Secondo i dati del censimento generale dell’agricoltura – i più recenti sono del 2020 – in Italia le aziende agricole sono 1 milione e 100mila. I motivi di un’adesione così scarsa sono molti, soprattutto il fatto che i benefici per le aziende sono insufficienti. Le serre della cosiddetta Fascia trasformata, un'area di 80 chilometri in provincia di Ragusa (foto Il Post) Le serre della cosiddetta Fascia trasformata, un’area lunga 80 chilometri in provincia di Ragusa (foto Il Post) Cosa fare, quindi? Secondo Davide Donatiello, professore di sociologia dell’università di Torino che ha collaborato al rapporto Agromafie della fondazione Placido Rizzotto, una strategia per rendere più sicura la filiera è la collaborazione tra le aziende produttrici. È un principio valido per i pomodori come per qualsiasi altro ortaggio o prodotto. Un gruppo di aziende costituite in un consorzio ha la possibilità di ottimizzare la produzione e soprattutto avere più potere nelle trattative con la grande distribuzione organizzata. «Finora è sempre stato complicato promuovere la tracciabilità della filiera perché le aziende pensano che qualsiasi tipo di bollino o certificazione nasconda dei costi, e in parte è vero», dice Donatiello. «Però siamo arrivati a un punto in cui è indispensabile creare corpi intermedi, per esempio i consorzi, per garantire più solidità e trasparenza nei vari passaggi della filiera. Altrimenti i margini rimarranno sempre bassi, e continuerà a esserci sfruttamento». La stessa richiesta è stata fatta più volte da associazioni, come Oxfam e Terra!, che da anni chiedono alla grande distribuzione di rendere pubbliche informazioni relative ai fornitori di cui si servono. Da alcuni anni in Francia alcuni marchi di supermercati come Leclerc oppure progetti sperimentali come C’est qui le patron?!, una cooperativa fondata da consumatori, mostrano il prezzo pagato all’agricoltore accanto al prezzo di vendita nei negozi. In Italia esiste un progetto con lo stesso nome, “Chi è il padrone?”, che però ha avuto molta meno fortuna che in Francia. La trasparenza dei passaggi tra campo e supermercato è il primo passo verso un consumo più consapevole, molto complesso da incentivare su larga scala: gli agricoltori sentiti per questo articolo dicono che ci sono troppi interessi all’interno della filiera e che ormai le disuguaglianze sono consolidate. Tuttavia tutti pensano che il cambiamento possa passare solo da un’attenzione e una sensibilità maggiori dal basso, da parte dei consumatori, anche partendo da cerchie limitate. È un processo lento e faticoso perché servono molti più sforzi rispetto all’acquisto al buio nei supermercati. Per esempio si può scegliere la filiera corta, acquistando direttamente dai contadini, oppure per chi abita in città attraverso gruppi d’acquisto solidali: si hanno molte più informazioni sulla provenienza dei prodotti e ci sono molti meno intermediari e passaggi tra i campi e l’acquisto. Al supermercato invece si possono evitare le filiere lunghissime, che importano pomodori dall’estero a prezzi molto bassi, controllando l’origine sull’etichetta. Allo stesso modo si può fare attenzione alle informazioni riportate sulle confezioni, se per esempio c’è un codice QR o altre indicazioni per risalire con più precisione all’area di coltivazione. Queste informazioni aiutano a escludere i pomodori di origine troppo generica, solitamente indicati con la scritta “provenienza Italia”. Se si vuole andare ancora più a fondo, va controllata l’affidabilità delle aziende produttrici in aree particolarmente interessate dallo sfruttamento come la Capitanata di Foggia, la Fascia trasformata in provincia di Ragusa, la Chjiana di Gioia Tauro, l’Agro pontino nel Lazio. Non tutte sfruttano le persone o si affidano ai caporali: bisogna controllare – principalmente online – se in passato sono state coinvolte in inchieste per reati di questo tipo. – Leggi anche: Nelle serre in provincia di Ragusa i diritti non esistono Bisogna anche tenere a mente che l’etichetta bio o quelle di noti marchi della grande distribuzione non escludono automaticamente lo sfruttamento o pessime condizioni di lavoro nei campi o all’interno della filiera. Le uniche certificazioni valide sono quelle di consorzi o cooperative etiche, dell’equo e solidale, che garantiscono la tracciabilità dell’intera filiera. La filiera corta, le aziende che non sfruttano, i marchi della filiera certificata e trasparente vendono pomodori e altri ortaggi a prezzi più alti rispetto ai supermercati proprio perché assicurano che tutti i lavoratori siano assunti regolarmente e vengano pagati secondo i contratti collettivi. Se si guardasse solo alla convenienza, non ci sarebbe gara rispetto ai prezzi proposti nei supermercati. Anche se il prezzo non è tutto, per iniziare a pagare il giusto bisogna quindi pagare un po’ di più. «Spesso le persone non si rendono conto che al prezzo di una tazzina di caffè si può comprare un chilo di pomodori, e soprattutto non sanno quanto lavoro c’è dietro quel chilo di pomodori», dice Massimo Cardente. «Si cerca sempre il prezzo più basso, senza rendersi conto che è un danno per chi li coltiva».

venerdì 6 giugno 2025

Tartare di tonno alla mediterranea

ChatGPT ha detto: La Tartare di tonno alla mediterranea è un antipasto raffinato e fresco, che abbina la delicatezza del tonno crudo a sapori intensi tipici della cucina mediterranea. Ecco una ricetta gourmet per prepararla. Tartare di Tonno alla Mediterranea 🐟 Ingredienti (per 2 persone): 200 g di filetto di tonno rosso freschissimo (abbattuto per consumo a crudo) 8–10 olive taggiasche denocciolate 6–8 capperi sotto sale (ben dissalati) 1/2 pomodoro ramato (privato dei semi) 1/2 limone (succo e scorza grattugiata) 1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva (di qualità) 1 cucchiaino di erbe fresche tritate (prezzemolo, basilico, origano fresco) Pepe nero macinato fresco Sale q.b. 🧑‍🍳 Preparazione: Preparare il tonno Taglia il tonno a cubetti molto piccoli con un coltello affilato. Non tritare, ma tagliare a coltello per mantenere la consistenza. Condire gli ingredienti mediterranei Trita finemente le olive, i capperi, il pomodoro (senza semi e acqua), le erbe aromatiche. Unire e insaporire In una ciotola, unisci il tonno con gli ingredienti tritati. Aggiungi il succo di limone, la scorza grattugiata, l’olio, un pizzico di sale e una macinata di pepe. Mescola delicatamente. Impiattamento elegante Guarnisci con un filo d’olio a crudo, qualche fogliolina di basilico o microgreens, e magari una fettina sottile di limone candito o una cialda croccante.

Pasta e lenticchie cremosa

Difficoltà: Facile Preparazione: 10 min Cottura: 30 min Dosi per: 4 persone Nota + il tempo di ammollo delle lenticchie (3 h) Spaghetti 320 g Lenticchie secche 400 g Guanciale 150 g Aglio in camicia 2 spicchi Rosmarino 2 rametti Peperoncino secco q.b. Parmigiano Reggiano DOP da grattugiare q.b. Olio extravergine d'oliva non filtrato q.b. Preparazione Come preparare la Pasta e lenticchie cremosa Pasta e lenticchie cremosa - 1 Pasta e lenticchie cremosa - 2 Pasta e lenticchie cremosa - 3 Per realizzare la pasta e lenticchie cremosa, per prima cosa mettete in ammollo le lenticchie per circa 3 ore 1. Trascorso questo tempo scolate le lenticchie 2 e sciacquatele. In una pentola capiente rosolate gli spicchi d’aglio in camicia schiacciati, i rametti di rosmarino e il peperoncino con un giro d’olio extravergine d’oliva 3. Pasta e lenticchie cremosa - 4 Pasta e lenticchie cremosa - 5 Pasta e lenticchie cremosa - 6 Aggiungete le lenticchie 4 e coprite con l’acqua 5. Portate a sfiorare il bollore, poi abbassate la fiamma e cuocete per circa 20 minuti o per il tempo indicato sulla confezione 6. Pasta e lenticchie cremosa - 7 Pasta e lenticchie cremosa - 8 Pasta e lenticchie cremosa - 9 Nel frattempo tagliate il guanciale a listarelle 7. Rosolate il guanciale in una padella ben calda 8 fino a quando il grasso diventerà trasparente 9. Pasta e lenticchie cremosa - 10 Pasta e lenticchie cremosa - 11 Pasta e lenticchie cremosa - 12 Trasferite il guanciale su carta assorbente e tenete da parte 10. Quando le lenticchie saranno cotte, eliminate l’aglio e passatele con un passaverdure 11 per ottenere una crema omogenea 12. Intanto portate a bollore una pentola di acqua salata per cuocere la pasta. Pasta e lenticchie cremosa - 13 Pasta e lenticchie cremosa - 14 Pasta e lenticchie cremosa - 15 Spezzate gli spaghetti 13 e cuoceteli al dente 14. Alla fine del tempo di cottura della pasta versate il guanciale nella crema di lenticchie 15. Pasta e lenticchie cremosa - 16 Pasta e lenticchie cremosa - 17 Pasta e lenticchie cremosa - 18 Aggiungete anche gli spaghetti 16 e mescolate bene 17. Impiattate completando la pasta e lenticchie cremosa con Parmigiano Reggiano DOP grattugiato e un filo di olio extravergine d’oliva a crudo 18! Consiglio Se preferite potete sostituire il guanciale con la pancetta.

martedì 27 maggio 2025

Spaghetti aglio olio e peperoncino con pomodori secchi e pangrattato

Ingredienti per gli spaghetti aglio olio e peperoncino con pomodori secchi e pangrattato 320 gspaghetti 3 spicchiaglio 1peperoncino piccante 40 gpomodori secchi 2 cucchiaiaceto di vino bianco 4 cucchiaipangrattato q.b.olio extravergine d’oliva q.b.Sale Come preparare gli spaghetti aglio olio e peperoncino con pomodori secchi e pangrattato Mettere a bagno i pomodori secchi in una ciotolina con dell’acqua e due cucchiai di aceto di vino bianco per almeno mezz’ora. Dopodiché scolarli, strizzarli bene e tagliarli a pezzetti tenendoli da parte. In alternativa possiamo usare dei pomodori secchi sott’olio scolandoli molto bene. In una piccola padella mettere un cucchiaino di olio extravergine di oliva e il pangrattato facendolo tostare a fiamma bassa per alcuni minuti. Mescolare spesso e fare attenzione a non farlo scurire troppo. Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata scolandoli tre minuti prima del tempo di cottura scritto sulla confezione. spaghetti aglio olio e peperoncino con pomodori secchi e pangrattato Nel frattempo in una capiente padella soffriggere gli spicchi d’aglio spellati e privati dell’anima e il peperoncino tagliato in due e privato dei semi con quattro cucchiai di olio extravergine di oliva. Se la pasta piace molto piccante tritare il peperoncino e lasciare anche i suoi semi. Eliminare l’aglio e il peperoncino se è stato lasciato intero. Versare nella padella i pomodori secchi e gli spaghetti assieme ad un mestolo di acqua di cottura. Finire di cuocere per tre minuti finché il liquido si sarà asciugato, ma non del tutto. Impiattare gli spaghetti aglio olio e peperoncino con pomodori secchi e servirli spolverandoli con il pangrattato. Se lo gradite potete aggiungere a questi spaghetti aglio olio e peperoncino con pomodori secchi e pangrattato anche una spolverata di Parmigiano Reggiano o di Grana Padano.

Spaghetti con alici e pecorino

Spaghetti con alici e pecorino Scritto il26 Agosto 2024 delizieinpentola Gli spaghetti con alici e pecorino sono un piatto molto particolare, perché molti inorridiscono di fronte all’abbinamento pesce/formaggio, ma vi assicuro che in questo caso le alici si sposano perfettamente con il sapore del pecorino. Almeno una volta provate questo accostamento. Ecco la ricetta. Ingredienti per 2 persone: 160 g spaghetti 150 g alici 3 cucchiai polpa di pomodoro 30 g pecorino romano (grattugiato) 1 ciuffo prezzemolo 1 spicchio aglio q.b. sale (poco) q.b. olio extravergine d’oliva 288,87 Kcal calorie per porzione Pulire le alici: togliere la testa e la spina centrale, poi sciacquarle sotto l’acqua (potete anche farvele pulire dal pescivendolo). Grattugiare il pecorino e tritare il prezzemolo. Sbucciare l’aglio, tagliarlo in 2 e farlo rosolare in una padella con un filo di olio. Unire le alici e farle rosolare per 5 minuti. A questo punto togliere l’aglio e unire la polpa di pomodoro, regolare di sale (ma poco, perché poi si aggiungerà il pecorino) e cuocere per 2/3 minuti. Lessare gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolarli e ripassarli nella padella con le alici e un cucchiaio di acqua di cottura della pasta. Spegnere il fuoco, aggiungere il pecorino e mescolare bene. Terminare con il prezzemolo tritato. Gli spaghetti con alici e pecorino sono pronti da portare in tavola. Varianti In estate potete sostituire la polpa di pomodoro con dei pomodori o pomodorini freschi.

mercoledì 21 maggio 2025

Noci: meglio da sole, nello yogurt o nelle insalate?

Noci: meglio da sole, nello yogurt o nelle insalate? Come consumarle per massimizzare gli effetti positivi Maggio 20, 2025 di admin Le noci sono uno degli alimenti più preziosi che la natura ci offre. Riconosciute per i loro molteplici benefici per la salute, queste piccole delizie sono ricche di grassi salutari, proteine, vitamine e minerali. Ma come possiamo consumare le noci per sfruttare al meglio le loro proprietà nutrizionali? Che si tratti di mangiarle da sole, di aggiungerle a un yogurt o di utilizzarle nelle insalate, ogni metodo ha i suoi vantaggi e peculiarità. Qual è il momento migliore della giornata per mangiare noci e ottenere il massimo dei benefici Quando si parla di noci, è importante considerare la loro composizione. Questi frutti oleosi sono una fonte eccellente di acidi grassi omega-3, noti per i loro effetti positivi sulla salute cardiaca e sulla riduzione dell’infiammazione. Inoltre, le noci sono arricchite di antiossidanti, che combattono lo stress ossidativo e possono contribuire a una minore incidenza di malattie croniche. Tuttavia, la modalità di consumo può influenzare in modo significativo l’assimilazione di questi nutrienti. Il consumo diretto delle noci Mangiare le noci da sole rappresenta un modo semplice e delizioso per introdurle nella propria dieta. Questo approccio permette di gustare il sapore naturale e la croccantezza, apprezzando a pieno le loro proprietà. Consumare noci come snack è una scelta nutriente e saziante, perfetta per spezzare la fame tra i pasti. Infatti, grazie al loro alto contenuto di grassi buoni e proteine, forniscono un apporto energetico che può sostenere la concentrazione e le performance fisiche. Un’altra ottima ragione per scegliere il consumo diretto è la versatilità. Le noci possono essere facilmente trasportate e conservate, rendendole una merenda pratica da portare al lavoro o a scuola. Inoltre, non hanno bisogno di preparazione speciale e possono essere gustate in qualsiasi momento della giornata. Per massimizzare i loro effetti positivi, è consigliabile optare per noci fresche e di alta qualità, evitando quelle salate o zuccherate. Integrarle nello yogurt Aggiungere le noci allo yogurt è un modo eccellente per arricchire la colazione o uno spuntino. Questa combinazione non solo migliora il profilo nutrizionale del pasto, ma offre anche una piacevole esperienza sensoriale. Lo yogurt, ricco di probiotici, contribuisce a una sana digestione, mentre le noci forniscono grassi essenziali e proteine, creando un mix nutriente e bilanciato. Per ottenere il massimo beneficio, è possibile scegliere yogurt greco, che ha un contenuto maggiore di proteine rispetto allo yogurt tradizionale. Aggiungendo noci, si possono anche includere frutta fresca o miele, creando così una ricetta personalizzata che soddisfa il palato e fornisce energia. Questa combinazione è anche ideale per chi pratica sport, poiché fornisce nutrienti essenziali per il recupero muscolare post-allenamento. Quando si aggiungono le noci allo yogurt, è importante considerare la giusta porzione. Una manciata di noci tritate, ad esempio, è sufficiente per ottenere un apporto significativo di nutrienti senza eccedere con le calorie. Utilizzarle nelle insalate Un modo innovativo e gustoso per gustare le noci è integrarle nelle insalate. Questo permette di combinare la croccantezza delle noci con una varietà di verdure fresche, erbette aromatiche e condimenti leggeri. Le noci non solo arricchiscono il sapore delle insalate, ma offrono anche un contrasto di texture che rende il piatto più interessante. Le insalate sono un’ottima opportunità per sperimentare. Si possono utilizzare noci tritate per un effetto croccante, o addirittura tostare le noci per esaltarne il sapore, aumentando così l’aroma del piatto. Altre combinazioni vincenti includono l’accostamento con formaggi freschi, frutta secca e dressing a base di olio d’oliva e aceto balsamico. Questi ingredienti non solo migliorano il sapore, ma contribuiscono anche a un apporto calorico bilanciato. È fondamentale mettere a punto le giuste proporzioni per massimizzare i benefici nutrizionali e gustativi. Non bisogna esagerare con le quantità, dato che, sebbene siano nutrienti, le noci sono anche caloriche. Una manciata addizionata all’insalata può fornire una dose adeguata di nutrienti senza compromettere la leggerezza del piatto. In sintesi, le noci sono un super alimento che può essere facilmente incorporato nella dieta quotidiana in vari modi. Che si scelga di consumarle da sole, di aggiungerle a uno yogurt cremoso o di utilizzarle nelle insalate, il loro uso è versatile e i benefici sono innegabili. Per sfruttare al massimo le loro proprietà nutritive, è sufficiente prestare attenzione alla scelta del tipo di prodotto e alle modalità di consumo. Con un po’ di creatività in cucina, le noci possono diventare un alleato prezioso per il benessere e la salute a lungo termine. CategorieSalute Qual è il momento migliore della giornata per mangiare noci e ottenere il massimo dei benefici Effetti collaterali delle noci: cosa devi sapere se decidi di mangiarle ogni giorno

Maionese all’acqua vado sul sicuro: è leggera e sta bene con tutto

Da quando ho scoperto la maionese all’acqua la faccio sempre e la uso dappertutto: leggerissima e senza un filo d’olio 20 Maggio 2025 di Veronica Elia Con la maionese all’acqua vado sul sicuro: è leggera e sta bene con tutto, ormai non posso più farne a meno! Per rendere i nostri piatti più saporiti e sfiziosi si possono aggiungere tantissimi condimenti diversi. Non solo olio extravergine d’oliva, sale, pepe e aceto, ma anche succo di limone, aceto di mele, spezie, erbe aromatiche e ovviamente salse di ogni tipo. Tra quelle più amate c’è senza dubbi la maionese. Ottima per insaporire panini, carne, insalate e chi più ne ha più ne metta! maionese e uova su di un tagliere Da quando ho scoperto la maionese all’acqua la faccio sempre e la uso dappertutto: leggerissima e senza un filo d’olio (Ricettaqubi.it) C’è da dire, però, che aggiungendone anche solo un cucchiaino, le calorie schizzano subito alle stelle. Chi infatti deve seguire una dieta ipocalorica deve assolutamente stare alla larga dalla maionese. Da quando però ho scoperto la versione all’acqua senza un filo d’olio è tutto diverso! Maionese all’acqua senza un filo d’olio: versione leggera che sta bene con tutto Hai mai assaggiato la maionese all’acqua? Puoi farla da solo con le tue mani in poche semplici mosse. Così ti viene fuori un condimento saporito e al tempo stesso leggerissimo, con molte meno calorie rispetto alla versione tradizionale. E poi è talmente buona che sta bene con tutto, specialmente con cruditè, pesce grigliato e patate al forno. Ingredienti per circa 300 grammi di salsa 2 uova sode; 1 cucchiaio di aceto di vino bianco; 3 cucchiai d’acqua; 1/2 cucchiaino di sale. Preparazione maionese in una ciotola Maionese all’acqua senza un filo d’olio: versione leggera che sta bene con tutto (Ricettaqubi.it) Con la maionese all’acqua non dovrai più preoccuparti delle calorie. La metti dove vuoi, tanto sta bene su tutto! Per farla, inizia a preparare le uova sode mettendole a bollire in acqua fredda e calcolando 8-9 minuti dal punto di bollore. Una volta pronte, lasciale raffreddare e sgusciale. Mettile quindi spezzettate all’interno di un bicchiere dai bordi alti, aggiungi l’acqua, l’aceto di vino bianco e, se vuoi, un pizzico di sale e frulla tutto con il mini pimer per un paio di minuti. Continua così fino ad ottenere una salsa bella liscia ed omogenea. Se dovesse rimanere un po’ troppo granulosa, aggiungi dell’altra acqua e vai avanti a frullare fino ad avere la consistenza desiderata. Il consiglio extra: se preferisci, al posto dell’aceto di vino bianco puoi usare il succo di limone. Per rendere più saporita la tua maionese all’acqua, puoi inoltre aggiungere delle spezie o delle erbe aromatiche come la curcuma, l’erba cipollina, i capperi o l’aglio in polvere. L’ideale è aromatizzare la salsa in modo diverso a seconda della ricetta a cui si vuole accompagnare. Ad ogni modo, sarà ottima anche liscia!

Anguria e gonfiore addominale: attenzione a come la consumi

Anguria e gonfiore addominale: attenzione a come la consumi Maggio 20, 2025 di admin L’anguria è un frutto estivo amato da molti, grazie al suo sapore dolce e rinfrescante. Tuttavia, per alcune persone, può rappresentare una fonte di disagio, specialmente quando si parla di gonfiore addominale. Nonostante i suoi molteplici benefici, inclusa l’alta percentuale di acqua e vitamine, la sua consumazione può avere effetti avversi se non avviene in modo corretto. Comprendere i motivi per cui l’anguria può causare gonfiore è fondamentale per poterla gustare senza problemi. La prima questione da considerare è la quantità. L’anguria è un frutto ricco di zuccheri naturali, come il fruttosio. Se consumata in grandi quantità, il fruttosio potrebbe non essere completamente assorbito dall’intestino e portare a fermentazione nell’intestino stesso, generando così gas e, in ultima analisi, gonfiore. Coloro che soffrono di sensitività al fruttosio potrebbero riscontrare questo problema più frequentemente, quindi è saggio moderare le porzioni, specialmente se hai già avuto esperienze di disagio dopo aver consumato frutta dolce. Un altro aspetto da tenere presente è il modo in cui si consuma l’anguria. Spesso può capitare di mangiarla come spuntino, magari in combinazione con altri alimenti. L’anguria, a causa del suo contenuto di acqua, può interferire con la digestione di alimenti più pesanti, causando una sensazione di pesantezza e gonfiore. Si consiglia quindi di mangiarla lontano dai pasti principali o di abbinarla con altri frutti, evitando combinazioni con cibi ad alto contenuto di grassi o proteine animali che rallentano la digestione. Il ruolo della digestione La digestione è un processo complesso e vari fattori possono influenzarla. Per esempio, l’assunzione di anguria in combinazione con cibi ricchi di carboidrati può amplificare la sensazione di gonfiore. Questo accade poiché entrambi questi alimenti richiedono un’attenzione particolare da parte del sistema digestivo. Mangiare in fretta può ulteriormente aggravare la situazione, poiché si tende a ingoiare aria, che si somma al gas generato dai cibi stessi. Per evitare tali inconvenienti, è importante concedersi il tempo necessario per masticare e apprezzare il gusto di ogni morso. Un altro aspetto essenziale è l’idratazione. Sebbene l’anguria sia composta principalmente da acqua, il consumo di liquidi può influenzare il gonfiore addominale. In estate, si tende a bere di più, ma è fondamentale scegliere bevande a basso contenuto di zuccheri o senza zuccheri aggiunti. Le bevande gassate, ad esempio, possono contribuire a gonfiare lo stomaco, quindi è meglio optare per acqua naturale o tisane, che possono coadiuvare la digestione. Il modo in cui si conserva l’anguria può anche avere un impatto significativo sulla sua freschezza e sulla risposta del nostro organismo. Un frutto conservato male potrebbe iniziare a fermentare, e anche un piccolo morso di anguria non fresca può avere effetti negativi, contribuendo a fastidiosi gonfiori addominali e ad altri sintomi gastrointestinali. Assicurati sempre che l’anguria sia conservata in un luogo fresco e consumala entro pochi giorni dall’acquisto. I benefici dell’anguria e le alternative Nonostante i problemi che può causare, l’anguria è ricca di nutrienti e offre vari benefici per la salute. È ricca di antiossidanti, che possono aiutare a combattere i radicali liberi nel corpo, proteggendo le cellule dallo stress ossidativo. Inoltre, contiene citrullina, un amminoacido che aiuta a migliorare la circolazione e può anche contribuire al benessere muscolare. È un’ottima fonte di vitamina C, essenziale per il sistema immunitario e per la pelle. Se, nonostante le precauzioni, continui a soffrire di gonfiore dopo aver mangiato anguria, potrebbe valere la pena considerare alternative fresche. Meloni e pesche sono altre opzioni fruttate che possono essere più tollerabili per chi ha uno stomaco sensibile. Anche le fragole offrono un buon apporto di zuccheri naturali e vitami, senza il rischio elevato di gonfiore. Prova a mescolare questi frutti in una bella macedonia, per un’alternativa deliziosa e nutriente. Strategie per mangiare l’anguria senza disagio Ecco alcune strategie utili per goderti l’anguria senza preoccuparti del gonfiore. Per prima cosa, limita le porzioni e cerca di non superare una fetta di anguria durante un singolo spuntino. In secondo luogo, mangiala lentamente e mastica bene, per favorire una digestione più efficiente. Infine, prova a consumare l’anguria da sola, senza accoppiarla con altri alimenti durante i pasti. In conclusione, è possibile gustare l’anguria senza sgradevoli effetti collaterali se si prestano attenzione al modo in cui la si consuma. Con una gestione oculata delle porzioni, una corretta combinazione alimentare e una conservazione adeguata, puoi continuare a godere di questo frutto estivo delizioso, senza temere il gonfiore addominale. In caso di dubbi o problematiche persistenti, è sempre consigliabile consultare un medico o un nutrizionista, per ottenere consigli più personalizzati.

lunedì 19 maggio 2025

Cipolle, 70 varietà diverse: tutto quello che non sapete

Cipolle, 70 varietà diverse: tutto quello che non sapete Dolci, pungenti o versatili: i bulbi più saporiti al mondo impreziosiscono centinaia di piatti. E la Rossa di Breme apre a breve la stagione delle sagre di Attilio Barbieri lunedì 19 maggio 2025 condividi Cipolle, 70 varietà diverse: tutto quello che non sapete 5' di lettura L'Italia custodisce nei suoi terreni un tesoro spesso sottovalutato: la cipolla, umile regina della cucina tradizionale. Da nord a sud, questo bulbo ha saputo adattarsi ai microclimi locali, dando vita a una varietà sorprendente di cultivar che raccontano la storia dei territori e delle tradizioni culinarie locali. Ogni provincia ha selezionato nel tempo la propria cipolla, adattandola al clima, al terreno e ai gusti locali. Alcune sono diventate protagoniste di presidi Slow Food, altre hanno ottenuto riconoscimenti come Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), Denominazioni Comunali (De.Co.) o le prestigiose certificazioni europee Dop e Igp. La mappa di questi vegetali restituisce un’Italia divisa fra dolcezza da una parte e pungenza dall’altra, tra bolliti, soffritti e insalate. In cui la cipolla gioca spesso un ruolo da protagonista. Fra l’altro a giorni iniziano le prime sagre dedicate all’allium cepa. Apre la Rossa di Breme, un paesone all’estremo sud della Lomellina, in provincia di Pavia con eventi che si svolgono dal 6 all’8 e dal 13 al 15 giugno. DOLCI TENTAZIONI Chi pensa che tutte le cipolle facciano piangere e lascino un retrogusto pungente non ha mai assaggiato le straordinarie varietà italiane selezionate proprio per essere mangiate crude. La varietà che meglio si presta è proprio la Cipolla Rossa di Breme, non a caso chiamata «la dolcissima»: il suo sapore è così delicato e la sua digeribilità così alta che può essere consumata cruda nell’insalata “alla bremese” con tonno e fagioli senza alcun timore. Scendendo verso il centro-sud, incontriamo il Cipollotto Nocerino Dop, coltivato tra le province di Salerno e Napoli, protagonista indiscusso delle insalate primaverili. Non da meno è la Cipolla bianca di Margherita Igp, gioiello pugliese dalla consistenza croccante e dal sapore delicato. In Veneto, la Cipolla bianca di Chioggia e la Cipolla rosa di Bassano offrono due interpretazioni diverse ma ugualmente raffinate in tema di dolcezza: la prima con la struttura croccante è perfetta nelle insalate veneziane, mentre la seconda arricchisce le tavole vicentine con un tocco di eleganza. Piccole ma sorprendenti sono la Cipolla Borettana emiliana e la Cipolla di Bassone toscana, venduta tradizionalmente in trecce, che danno personalità alle insalatone primaverili, senza prevaricare gli altri sapori. LE VERSATILI Alcune cipolle italiane possiedono il raro dono della versatilità, e riescono a esprimere qualità eccellenti sia quando consumate crude sia se vengono sottoposte a cottura. La Cipolla Rossa di Tropea Igp è probabilmente la più celebre rappresentante di questa categoria. Nata tra le terre calabresi ricche di iodio, ha conquistato i mercati internazionali grazie alla sua dolcezza e adattabilità. È sublime cruda in insalata ma rivela tutta la sua magia anche quando viene caramellata o trasformata in marmellata. Meno conosciuta ma ugualmente straordinaria è la Cipolla di Acquaviva delle Fonti, presidio Slow Food pugliese definita anche «la cipolla rossa che fa piangere di gioia». La sua dolcezza e croccantezza la rendono perfetta sia cruda che cotta. Nel Nord Italia, la Cipolla bionda piatta di Drubiaglio racconta una storia antica legata alla fertile valle della Dora Riparia in Piemonte. Si presta per essere impiegata nelle insalate fresche e pure come ingrediente portante delle cipolle ripiene. La Sicilia contribuisce con la monumentale Cipolla di Giarratana, che può raggiungere i 3 chilogrammi di peso ma conserva una dolcezza e una succosità che la rendono perfetta sia cruda che grigliata o cotta al forno. In Lombardia, la Cipolla ramata di Milano, con la sua straordinaria conservabilità (da settembre ad aprile), è una fedele compagna dell'inverno milanese, mentre nelle Marche, la Cipolla rossa piatta di Pedaso, salvata dall'estinzione, incanta con il suo colore rosso acceso tendente al violaceo. Fra le “versatili” impossibile dimenticare la dolce Cipolla di Cannara umbra, protagonista di una delle più antiche feste della cipolla d'Italia, e la Cipolla di Airola campana, ingrediente fondamentale della leggendaria "Genovese" napoletana, il famoso sugo a base di cipolle e carne. LE EQUILIBRATE Alcune varietà brillano particolarmente nelle cotture di media intensità, come frittate, ripieni e preparazioni al forno. Sono bulbi dal sapore equilibrato, né troppo pungenti né eccessivamente dolci. Il Piemonte è ricco di queste varietà: dalla delicata Cipolla piatlina bionda di Andezeno, alla Cipolla bionda astigiana e alla sua controparte rossa. La Cipolla di Leinì completa con il suo perfetto equilibrio tra dolcezza e intensità questo poker piemontese. In Liguria, la Cipolla di Pignone arricchisce le torte salate della tradizione spezzina, mentre la Cipolla Rossa Genovese di Zerli è l'ingrediente segreto di molti ripieni genovesi. In Toscana, la Cipolla lucchese mostra come anche un sapore apparentemente semplice possa diventare distintivo quando inserito nelle preparazioni giuste. Nel Centro-Sud, la Cipolla bianca di Fara Filiorum Petri abruzzese e la Cipolla di Eremiti campana rappresentano due interpretazioni diverse ma ugualmente riuscite della cipolla da preparazioni medie. LE INTENSE Alcuni tra i piatti più distintivi della tradizione italiana devono il loro successo alle cipolle da cottura lunga e con sapore intenso, che esprimono il meglio quando cuociono lentamente. In Lombardia, la Cipolla dorata di Voghera rappresenta un’eccellenza con il suo sapore deciso e la consistenza soda che mantiene quasi intatta anche dopo lunghe cotture. La sua straordinaria conservabilità la rendeva preziosa nell’economia contadina, fino a diventare un ingrediente fondamentale per tutto l'inverno. Il Piemonte vantala robusta Cipolla dorata di Castelnuovo Scrivia, mentre la Liguria risponde con la Cipolla rossa savonese e la particolare Cipolla egiziana dell'imperiese, entrambe capaci di trasformare un semplice soffritto in una base aromatica memorabile. L'Emilia-Romagna offre un trittico d'eccellenza: la Cipolla di Medicina, la Cipolla dorata di Parma e la Cipolla dell'acqua di Sant'Arcangelo, valorizzata da Slow Food, che deve le sue caratteristiche uniche al particolare terreno umido in cui cresce. In Toscana incontriamo un poker di varietà ideali per le zuppe della tradizione: la Cipolla vernina di Firenze, la Cipolla di Ripola, la Cipolla di Treschietto e la Cipolla rossa della Valtiberina aretina. Ciascuna porta un contributo unico alle ricette regionali, dalla ribollita alla zuppa frantoiana. Anche al Sud esistono varietà perfette per le cotture lunghe: la Cipolla ramata di Montoro e la Cipolla di Pompei in Campania, la Cipolla di Zapponeta in Puglia, fino alla Cipolla di Matera, che porta nelle zuppe il sapore unico dei terreni materani. La Sardegna chiude questo viaggio con un quartetto d'eccellenza: la Cipolla di Banari, la Cipolla di Gonnosfanadiga, la Cipolla di San Giovanni e la Cipolla di Zeppara, tutte fondamentali nelle zuppe dell'isola. LE SPECIALISTE Esiste poi una categoria particolare di cipolle italiane che esprimono il meglio di sé quando vengono confezionate sottaceto, in agrodolce o trasformate in confetture. Il simbolo indiscusso è la Cipollina di Ivrea, dal sapore delicato e dolce, ideale per essere conservata in agrodolce o sottaceto, per diventare uno dei contorni più amati del nord Italia. Ma pure la Cipolla Rossa di Breme diventa sublime nelle confetture e nelle mostarde lombarde, mentre la Rossa di Tropea è protagonista di indimenticabili composte agrodolci che accompagnano i formaggi calabresi.

venerdì 9 maggio 2025

Spaghetti e broccoli

Broccoli, cime di rapa, friarielli … In inverno c’è solo l’imbarazzo della scelta, anche per poter realizzare ‘ricette verdi’ con la pasta. Un classico imperdibile – e anche molto semplice da fare – sono gli spaghetti con i broccoli. Ricetta di Virginia Di Falco 1.6/5Vota questa ricetta 1 2 3 4 5 Ingredienti per 4 persone 400 gr di spaghetti 1 kg di broccoli 4 cucchiai di olio extravergine di oliva 1 spicchio di aglio peperoncino piccante, a piacere Preparazione Se non avete comprato dei broccoli già puliti, cominciate col lavarli, e liberarli delle foglie esterne e dei gambi più duri. A seconda dei gusti, avete poi due alternative per cuocerli. Se vi piace che si senta l'amaro della verdura, 'scoppettateli' direttamente in padella, in olio, aglio e peperoncino. Una volta cotti, sminuzzateli e versatevi gli spaghetti al dente facendoli poi saltare un minuto, a fuoco vivace. Se invece preferite la versione più delicata, date prima una leggera scottata ai broccoli in acqua bollente, poi scolateli molto bene. In una padella fate imbiondire lo spicchio di aglio che poi toglierete, aggiungete un po' di peperoncino a piacere e completate in padella la cottura della verdura, sminuzzandola in modo da facilitare una buona distribuzione del condimento nel piatto. In un padellino con poco olio fate tostare il pangrattato. Scolate gli spaghetti al dente, aggiungeteli ai broccoli e fate saltare per un minuto a fuoco vivace in modo da far insaporire per bene la pasta. Impiattate, spolverate con il pangrattato tostato e servite con un filo d’olio evo. Vini abbinati: Piedirosso

martedì 15 aprile 2025

Dieta e alimentazione

Mantenere il cervello sano: quale dieta seguire secondo gli esperti La Mind Diet è consigliata contro il declino cognitivo: quali alimenti prevede e quali invece sono da limitare accuratamente Angela Leucci 14 Aprile 2025 - 19:36 I punti chiave • La dieta - intesa in senso etimologico, come abitudine alimentare - presenta sempre una ricaduta, positiva o negativa, sull’organismo o parti di esso. Tra i diversi piani alimentari da adottare, sempre dietro consiglio di un nutrizionista perché è sempre bene chiedere prima un consulto con uno specialista, c’è sicuramente la Mind Diet, che - si ritiene - tuteli contro il declino cognitivo. Che cos’è la Mind Diet Come spiega HealthLine, la Mind Diet è una dieta che combina due abitudini alimentari molto note, ovvero la dieta medierranea e la dieta Dash (Dietary Approaches to Stop Hypertension), che per molti ricercatori sono tra le più salutari. In altre parole, la Mind Diet contiene cibi presenti in queste due diete, cibi specifici che la scienza ha collegato a benefici per le funzioni cerebrali. Non si tratta quindi di una dieta vera e propria in realtà, ma di un canovaccio su cosa mangiare e cosa molto meno. Quali alimenti fanno parte della Mind Diet I cibi compresi nella Mind Diet sono: • verdure a foglia verde o in generale non amidacee, come cavolo riccio, spinaci, cavolo nero e broccoli. Questi alimenti possiedono vitamina K, luteina, folati e beta-carotene; • frutti di bosco come fragoline, mirtilli, lamponi e mori che hanno effetti antiossidanti grazie alla presenza di flavonoidi; • frutta secca per ottenere una certa varietà di nutrienti, e perché è ricca di proteine e grassi sani, che fanno bene all’apparato cardiovascolare e al sistema nervoso; • olio di oliva sia crudo che per cucinare; • cereali integrali come avena, quinoa, riso integrale, oltre che pane e pasta da grano integrale; • pesci grassi come salmone, trota, tonno, sgombro e sardine, che contengono acidi grassi omega-3, o in alternativa alimenti con questa sostanza come semi di lino, avocado e noci; • legumi come fagioli, lenticchie e soia. I cibi da evitare accuratamente Gli alimenti che invece la Mind Diet suggerisce di limitare al massimo sono: • burro e margarina; • formaggi; • carni rosse come manzo, maiale e agnello; • fritture; • dolci sia artigianali che industriali, dai gelati alle merendine. Questi alimenti contengono tutti grassi saturi - associati alle malattie cardiache e al morbo di Alzheimer - ed è questa la ragione per cui vanno limitati. Si badi bene: limitati, non eliminati, non solo perché è l’abuso di un alimento che fa male, ma anche perché un divieto potrebbe causare ricadute psicologiche negative. I cibi contro il declino cognitivo: una revisione Sul sito di Harvard, il direttore responsabile della redazione medica della rivista universitaria Howard E. LeWine ha pubblicato una revisione di alcuni studi per chiarire alcuni punti sulla Mind Diet e sull’idea di arrestare il declino cognitivo attraverso l’alimentazione: “Così come non esiste una pillola magica per prevenire il declino cognitivo - scrive l’esperto - nessun singolo alimento può garantire un cervello attivo con l'avanzare dell'età. I ​​nutrizionisti sottolineano che la strategia più importante è seguire un regime alimentare sano che includa molta frutta, verdura, legumi e cereali integrali. Cercate di assumere proteine ​​da fonti vegetali e pesce e scegliete grassi sani, come l'olio d'oliva o di canola, piuttosto che grassi saturi”. A tutti questi alimenti si possono aggiungere due bevande - tè e caffè - che, grazie alla presenza della caffeina (per chi la tollera), possono migliorare la concentrazione a breve termine.