mercoledì 1 maggio 2019

Spaghetti alla birra

Ingredienti

Pasta 320 g 

Pancetta 125 g 

Cipolla rossa 1 

Olio extravergine d'oliva q.b. 

Birra chiara 1 bicchiere 

Sale q.b. 

Peperoncino q.b.

Preparazione

Affettate finemente la cipolla e unitela in un tegame assieme all'olio d'oliva

Accendete la fiamma e rosolate la cipolla, poi aggiungete la pancetta e cuocete per altri due minuti mescolando

Unite il bicchiere di birra per fare sfumare e nel frattempo andate a cuocere la pasta in acqua bollente

Scolate la pasta al dente e unitela nella padella con il sugo, cuocendo un altro paio di minuti mescolando con un cucchiaio di legno

domenica 28 aprile 2019

Ipertensione, gli alimenti che aiutano a mantenere bassa la pressione

L’ipertensione è tra i fattori di rischio per la mortalità per malattie cardiovascolari e spiega il 40% di decessi per ictus e il 25% per quelli di malattia coronarica. Alcuni alimenti, suggeriti dal professor Massimo Volpe, professore ordinario di cardiologia e direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università La Sapienza di Roma con Daiichi Sankyo possono essere di grande aiuto per tenere sotto controllo la pressione 

di Cristina Marrone

Cacao
Il cioccolato amaro (all’incirca 10 grammi al giorno) contenente alte percentuali di cacao, aiuta a ridurre la pressione.

Mirtillo
Grazie all‘aumento della produzione di ossido nitrico, un vasodilatatore, il mirtillo aiuta anche a ridurre la pressione

Aglio
Sostanze derivate dalla metabolizzazione dell’aglio contribuiscono alla corretta regolazione dell’ossido nitrico endoteliale, sostanza con potere vasodilatatore.

Peperoncino
È un vasodilatatore e conseguentemente può abbassare la pressione arteriosa.

Pomodoro
E' ricco di potassio e contribuisce a tenere bassa la pressione

Barbabietola rossa
E' ricca di nitrati inorganici in grado di aumentare l’ossido nitrico nel sangue e abbassare la pressione, soprattutto nei pazienti già ipertesi già con l’assunzione di una singola porzione al giorno. Altri alimenti che aumentano i livelli dell’ossido nitrico nel sangue sono lattuga, bietola, rucola e spinaci.



































sabato 27 aprile 2019

Zucchero, il cibo killer peggio del colesterolo: come ti ammazza 27 Aprile 2019

LO STUDIO

Colesterolo

Altro che colesterolo e trigliceridi. Sono i carboidrati, e non i grassi, i principali killer del nostro cuore. Quanto indicato fino a ieri da tutte le linee guida internazionali e da centinaia di studi e documenti scientifici sulla prevenzione della salute cardiaca, è stato messo in discussione al Congresso Europeo di Cardiologia tenutosi il mese scorso a Barcellona, in Spagna, dove è stato presentato un mega lavoro epidemiologico chiamato PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology), una ricerca condotta dall' Università di Hamilton in Ontario e pubblicata in questi giorni sul prestigioso Lancet, i cui dati dimostrano che la riduzione dei grassi non migliora affatto la salute del cuore, la quale invece trarrebbe vantaggio dalla riduzione dei glucidi, in sostanza degli zuccheri che andrebbero consumati sotto il 60% dell' energia totale.

I risultati delle analisi eseguite su oltre 135mila persone provenienti da 18 paesi, ha certificato che è l' elevata assunzione di carboidrati a determinare un maggior rischio di mortalità cardiovascolare, e che è sufficiente anche solo una bevanda zuccherata al giorno per incrementare il rischio di morire di malattie che coinvolgano arterie e cuore, mentre, a sorpresa, l' assunzione di grassi è associata a rischi molto minori.

Secondo gli studiosi, chi assume un quarto del totale delle calorie dallo zucchero triplica il rischio rispetto a chi invece ne assume il 10%, che rappresenta la dose massima raccomandata dall' OMS.

PANE E PASTA
Abbondare con il glucosio però, non significa soltanto mangiare dolci o bere bibite zuccherate, ma anche consumare quegli alimenti che, a prima vista, si pensa siano privi di zuccheri, come il pane e la pasta, che ne contengono una quantità rilevante insieme alle proteine, senza contenere invece un grammo di grassi.

Nel pensiero comune gli eccessi di zuccheri sono associati ad obesità, diabete o carie dentali, mentre oggi è stato lanciato l' allarme per il rischio di insufficienza cardiaca, della quale pare sia responsabile un metabolita del glucosio, il G6P, ovvero il Glucosio 6-fosfato, che è causa di stress per le fibre muscolari cardiache, poiché modifica le proteine muscolari e induce di conseguenza un danno alla funzione di contrazione e di pompaggio del cuore, nota appunto come insufficienza cardiaca, ed i ricercatori fanno sapere che tale molecola G6P si può accumulare sia assumendo troppo zucchero che troppo amido. A finire sul banco degli imputati è soprattutto il saccarosio, lo zucchero bianco aggiunto a cibi e bevande, che dovrebbe essere bandito dalla dieta, come fosse un componente velenoso e tossico, nei soggetti che iniziano ad avere problemi di glicemia, di sovrappeso o di ipertensione arteriosa. Lo zucchero infatti è calorico, fa aumentare la pressione, muta il metabolismo, provoca problemi al fegato ed è considerato da questa ricerca dannoso per la salute al pari del fumo e dell' alcol, che non a caso deriva dalla distillazione dello zucchero. Secondo tale studio infatti, il glucosio in eccesso è uno dei principali responsabili dei 35milioni di morti all' anno per malattie cardiovascolare favorite dal diabete, dall' obesità e dalla ipertensione.

CIBI SALATI
Secondo la ricerca Pure, l' assunzione dei grassi non è invece associata al rischio cardiaco, poiché gli individui esaminati nella fascia alta del consumo di lipidi, che preferivano i cibi salati a quelli dolci, mostravano una riduzione del 23% dei rischi di mortalità totale, ma anche una riduzione del 18% del rischio di ictus e di ben il 30% del rischio di morte per attacchi cardiaci. Inoltre ciascun tipo di grasso è stato associato alla riduzione del rischio di mortalità, che arriva a meno 14% per i grassi saturi, meno 19% per i grassi monoinsaturi e meno29% per quelli polinsaturi, ed una maggiore assunzione dei grassi saturi è stata addirittura associata ad una riduzione del 21% del rischio di ictus cerebrale.

Naturalmente, come spesso accade, anche in questo caso a fare la differenza sono le quantità, e fortunatamente in fatto di dieta noi italiani non somigliamo affatto agli americani, il cui apporto quotidiano di calorie proviene esclusivamente dallo zucchero, che ne assumono in quantità spesso pari o superiore alle 500 unità, il che vuol dire che più di un terzo delle calorie ingerite ogni giorno deriva solo da questo ingrediente. Resta però il dato scientifico che dopo i 40anni il metabolismo cambia rapidamente per tutti, ed a mio parere tutto quello che viene consumato in quantità eccessive può provocare danni, grassi compresi, soprattutto nei pazienti che sono in terapia con diuretici, beta-bloccanti e Ace-inibitori per patologie cardiache e pressorie sottostanti, per cui, al fine di evitare il rischio cardiaco ulteriore della molecola G6P, che può condurre all' insufficienza ed all' arresto del cuore, conviene limitare il consumo di cibi contenenti zuccheri e amidi, senza eccedere nemmeno in quelli ricchi di grassi.

In Italia abbiamo infatti il record della longevità, grazie anche alla nostra dieta mediterranea, ma ricordo che nessun soggetto in sovrappeso, grasso od obeso, arriva mai ad essere centenario, per cui per diventare davvero vecchi bisogna mangiare davvero poco.

di Melania Rizzoli

sabato 23 marzo 2019

I 5 migliori ristoranti a Massa e Carrara dove si mangia bene e si spende poco


I 5 migliori ristoranti a Massa e Carrara dove si mangia bene e si spende poco

By Vincenzo Girasoli 27 Aprile 2018, 21:10

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5. RISTORANTE LO STORNO

Ristorante a conduzione familiare i cui punti forti sono tre: la pasta fresca fatta in casa, il pesce freschissimo ed il prezzo decisamente sotto la media. Siamo in posizione centrale a Marina di Carrara e se avrete la fortuna di passare da qui non fatevi sfuggire i tagliolini al Granchio. Una fortuna a cui volentieri non farete a meno ogni volta che vi troverete a Marina di Carrara. CONSIGLIATISSIMO!
Prezzo: 25€ a persona
Indirizzo: Ruga Alfio Maggiani, 69, 54033 Carrara MS
Telefono: 339 133 2579 


4. LA CONGIURA BISTECCHERIA

Qui vale la regola del poco ma buono. Qui si mangia la carne a regola d’arte. Qui si mangia veramente bene. Il servizio è eccellente ed il conto lo è ancora di più. Per una cena di carne completa non spenderete più di 30 euro a persona. Bravi!
Prezzo: 30€ a persona
Indirizzo: Via Marina Vecchia, 69, 54100 Massa MS
Telefono: 339 133 2579 

3. RISTORANTE DA MATTI

Se volete provare il lardo di colonnata in tutte le paste ed in tutte le salse siete nel posto giusto. Accoglienza squisita così come squisiti ed indimenticabili sono i piatti che qui proverete. Per un conto così leggero che semplicemente non ci crederete. Una vera eccellenza italiana a cui con orgoglio esclamo BRAVI!
Prezzo: 20 € a persona
Indirizzo: Via Giardino, 54033 Colonnata, Italia
Telefono: 0585 758050

2. IL PIERROT RISTORANTE PIZZERIA BISTECCHERIA

Che voi veniate qui a mangiare la pizza, il pesce o la carne poco importa, mangerete sempre bene. Ma la carne merita un commento in più per qualità e per prezzo. Mettete un antipasto per due, 1.2kg di fiorentina e un bel vino a 30 euro a persona. Non male, e chissà che non ci scappa anche il dolce!
Prezzo: 30€ a persona
Indirizzo: Viale Cristoforo Colombo, 17, 54033 Carrara MS
Telefono: 0585 633659 

1. RISTORANTE IL TRILLO

E’ un autentico piacere perdersi nelle colline di Massa. E’ un autentico piacere provare l’autentica tradizione massese in cucina. Qui ogni dettaglio è curato, ogni sapore è indimenticabile. E poi gli occhi si entusiasmeranno alla vista della splendida limonaia. Assolutamente da provare: le cipolle ripiene di carne, le lasagne tordellate e le pappardelle al ragù di cinghiale. Il prezzo? Non spenderete più di 30euro per un’esperienza da provare e riprovare!
Prezzo: 30€ a persona
Indirizzo: Via Bergiola Vecchia 30, 54100, Massa


venerdì 22 marzo 2019

Bisfenolo nei cartoni delle pizze, ma è pericoloso? Niente allarmi, ma prudenza


Corriere della Sera
 / 
SALUTE

L’INDAGINE

Le analisi condotte da il Salvagente richiamano l’attenzione sul Bisfenolo A e sulle tutele necessarie per i consumatori: sostanza tossica in due imballaggi su tre
di Vera Martinella
Bisfenolo nei cartoni delle pizze, ma è pericoloso? Niente allarmi, ma prudenza 

I cartoni per trasportare la pizza possono essere pericolosi per la salute o sono sicuri dal punto di vista sanitario? A richiamare l’attenzione dei legislatori e dei produttori sulla questione è un’indagine condotta da il Salvagente, rivista impegnata contro le truffe ai consumatori , che ha trovato tracce di sostanze nocive in due imballaggi su tre. «Ma non è il caso di lanciare un allarme – commenta l’esperto Carlo La Vecchia, ordinario di Epidemiologia all’Università degli Studi di Milano -: le quantità di sostanze tossiche che possono essere assunte con il solo contatto di una pizza con il cartone è davvero difficile da misurare e, quand’anche si verificasse, si tratterebbe di una “dose” talmente limitata che è davvero improbabile possa causare danni al nostro organismo».

L’indagine: sostanza tossica in 2 cartoni su 3 (non prodotti in Italia)
Le associazioni dei consumatori hanno sporto varie denunce in questi anni, per il fatto che nei cartoni sono state rintracciate sostanze tossiche e nocive. Le analisi ora condotte da il Salvagente hanno fatto analizzare in laboratorio gli imballaggi per pizza prodotti da tre diverse aziende (una spagnola, una tedesca e una italiana) indagando sulla «migrazione» del bisfenolo A (o Bpa, composto di sintesi utilizzato nella produzione della plastica) dalla scatola all’alimento. Solo nelle scatole prodotte all’estero però è stata rilevata la presenza della sostanza tossica. «Lo ritroviamo in due cartoni su tre in concentrazione elevate, superiori a quelle consentite per i contenitori in plastica, e la “traccia” che quei cartoni sono stati prodotti con carta riciclata, vietata dalla legge per il trasporto della pizza» scrivono nelle loro conclusioni. Il passaggio della sostanza verrebbe scatenato dall’alta temperatura che raggiunge il cartone (60-65 gradi) in cui si mescolano gli acidi del pomodoro e i grassi della mozzarella e dal tempo prolungato in cui la pizza, dopo essere uscita dal forno, resta all’interno del contenitore.

Bisfenolo A, messo al bando dai biberon perché pericoloso
Il bisfenolo A è un composto di sintesi utilizzato nella produzione della plastica, già stato al centro dell’attenzione una decina d’anni fa quando è stato messo al bando dalle tettarelle e dai biberon europei per la sua azione sul sistema endocrino, quello che regola molte funzioni del nostro organismo tramite la corretta produzione degli ormoni. Che c’entra un composto utilizzato per la plastica nei cartoni per la pizza? Il problema è in effetti relativo soltanto ai contenitori realizzati con carta riciclata. Le norme attuali impongono però che i cartoni per pizza siano realizzati esclusivamente con cellulosa vergine, vietando l’utilizzo di carta riciclata per i prodotti “umidi”: in tal modo sono bandite le sostanze chimiche potenzialmente tossiche che col calore potrebbero trasferirsi dal cartone agli alimenti. «La commissione Envi Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento europeo il 14 gennaio 2108 pur abbassando i limiti di migrazione del bisfenolo A dai contenitori agli alimenti (da 600 a 50 parti per miliardo) e portare a zero la soglia negli involucri per alimenti destinati a bambini e neonati ha votato contro l’eliminazione totale di questa sostanza. Nonostante questa tolleranza – da molti giudicata eccessiva – con i valori che abbiamo misurato nelle nostre analisi i due contenitori per la pizza risultati contaminati sarebbero fuorilegge» si legge nell’indagine del Salvagente.

Il parere dell’esperto: nessun allarme per i contenitori della pizza
«Il discorso relativo al bisfenolo A e ad altri agenti chimici affini è stato ampiamente affrontato una decina d’anni fa quando diversi studi avevano evidenziato il problema per le plastiche alimentari – commenta La Vecchia -. Gli effetti nocivi per l’uomo sono stati studiati a lungo e sono state prese le misure necessarie. Il principio da seguire, in caso di questi elementi sospetti, è comunque quello di prudenza: tanto più in considerazione del fatto che è facile eliminare questo elemento dalla produzione i imballaggi per alimenti, anche in assenza di una sua reale pericolosità, meglio sarebbe eliminarlo del tutto. Sia ben chiaro, però, che questo non significa che i cartoni per la pizza sono pericolosi: quando anche siano effettivamente misurate (e non è semplice farlo in modo univoco per tutte le pizze e tutti cartoni, ndr) le concentrazioni di queste sostanze nocive in grado di passare dal contenitore all’alimento sono così basse da non poter arrecare danni misurabili alla salute delle persone».

giovedì 14 marzo 2019

Funghi, ne mangi almeno 300 grammi a settimana? Studio sconvolgente: le conseguenze per il tuo cervello

SCIENZA
I funghi potrebbero essere un ottimo alleato a tavola per mantenere giovane il cervello: infatti uno studio su oltre 600 persone ha svelato che mangiare 300 grammi o più di funghi a settimana potrebbe addirittura dimezzare il rischio di declino cognitivo, ovvero di quei subdoli deficit patologici delle capacità mentali che spesso rappresentano l'anticamera della demenza.
Pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease, lo studio è stato condotto da Lei Feng della National University of Singapore, che sta attualmente pianificando una sperimentazione clinica con una sostanza estratta dai funghi e già sotto i riflettori perché precedenti studi ne hanno suggerito le potenziali proprietà anti-invecchiamento e anti-demenza:si tratta dell''ergotioneina', un amminoacido con funzioni antiossidanti e antinfiammatorie, assimilabile con la dieta.

In un precedente studio gli esperti asiatici avevano visto che anziani con declino cognitivo presentano un deficit di questa sostanza nel sangue.

Nel nuovo lavoro gli esperti hanno analizzato il rischio di declino cognitivo, confrontando il consumo di sei funghi molto usati nella cucina asiatica (ma non così diversi per proprietà nutritive rispetto ai funghi della nostra tradizione gastronomica). Gli anziani sono stati seguiti per sei anni e sottoposti a batterie di test fisici e neurposicologici. È emerso che mangiare mezzo piatto di funghi a settimana (300 grammi circa) si associa a un rischio dimezzato di soffrire di declino cognitivo. "Questa correlazione è sorprendente e incoraggiante - dichiara Feng -. Sembra che un singolo ingrediente della tavola, peraltro facilmente disponibile, possa avere effetti ragguardevoli sulle funzioni cognitive". 
   
 

martedì 19 febbraio 2019

Sua Maestà il Peperoncino

BRUCIA IL PALATO (E LE CHIAPPE) PERÒ FA BENE: TUTTE LE VIRTÙ DEL PEPERONCINO - È ANTIBATTERICO, RICCO DI CAROTENE E DI VITAMINE, RIEQUILIBRA LA PRESSIONE, LENISCE IL DOLORE AGLI ARTI E AI NERVI, STIMOLA IL METABOLISMO. E C'È CHI RIESCE E MANGIARNE PURE UN CHILO - MALGRADO LE CREDENZE POPOLARI, NON È MAI STATO ACCERTATO IL SUO POTERE AFRODISIACO…

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Gemma Gaetani per “la Verità”

Vi piace il peperoncino? Se no, dovreste farvelo piacere, almeno ogni tanto, perché fa bene. Chiamiamo abitualmente peperoncino alcune specie di piante del Capsicum, un genere della famiglia delle Solanacee alle quali appartengono anche patate, peperoni, melanzane, pomodori e tabacco.

Usiamo metonimicamente la bacca per indicare la pianta, ma, in realtà, confermiamo l' etimologia: la parola latina capsicum deriva da capsa, che vuol dire scatola, proprio in riferimento alla bacca in quanto contenitore dei semi del peperoncino. Secondo un' altra teoria etimologica, capsicum deriverebbe dal greco kapto, con il significato di mordere e con riferimento a quella sensazione di bruciore che pare morsicare la lingua, le labbra e il cavo orale.

A nostro avviso, ha più senso la prima tesi, che, oltretutto, ci conduce a un altro elemento importante da sapere sul peperoncino: le molecole che danno luogo al gusto piccante sono maggiori nella capsa, ossia nella bacca, in particolare nella membrana interna, che nei semi. Se, quindi, volete ridurre la percentuale di piccante dei piatti, utilizzando il peperoncino, usate bacca e semi o solo semi. Se volete ampliarla, eliminate i semi e usate più bacche. Sappiate, inoltre, che la capsaicina è superiore nella parte alta della capsula e man mano diminuisce.

Se avete piantine di peperoncino in vaso sul balcone o in un orto, per aumentarne la piccantezza, prima della raccolta, assetatele un po': diminuite o non effettuate proprio le innaffiature nei due-tre giorni precedenti. Non tutte le piante del genere Capsicum, tuttavia, sono piccanti. Non lo è il peperone, infatti anche detto peperone dolce. Non lo sono alcuni peperoni più piccoli del classico peperone. Ma a cosa è dovuta la piccantezza?



Innanzitutto a un alcaloide di nome capsaicina. Con altri componenti che sono detti anch'essi capsaicinoidi, costituisce la squadra «incendiaria» che determina in ciò che il peperoncino tocca una sensazione di forte bruciore. I capsaicinoidi, poi, sono responsabili anche di ulteriori caratteristiche di sapore. Per questo motivo, ogni tipo di peperoncino piccante, fatta salva la costante della piccantezza, presenta varianti e sfumature gustative assai sottili ma percettibili.

A proposito del famoso bruciore, è interessante sapere che quando proviamo quella tipica sensazione di aumento della temperatura locale, mangiando peperoncino, in realtà si tratta di un' illusione dei nostri termorecettori. I capsacinoidi stimolano i cosiddetti recettori del caldo VR1 (recettori per i vanilloidi 1) che si trovano anche sulla lingua. Essi reagiscono all' incontro con la capsaicina mandando al cervello lo stesso segnale di bruciore che comunicherebbero se fossero stati davvero scaldati. Ma non lo sono stati. Questa è anche la ragione per cui i peperoncini non sono piccanti per tutti gli esseri viventi.

La capsaicina protegge la bacca. Il suo effetto «infiammante» serve da deterrente: il mammifero animale se ne tiene a distanza, quello umano ha imparato a dosare il piccante e a mangiarselo, a dispetto di ogni forma di difesa vegetale Ma, diversamente dai mammiferi, gli uccelli non possiedono i recettori nervosi sensibili alla capsaicina, quindi mangiano tranquillamente i peperoncini.

Molti allevatori utilizzano i peperoncini piccanti rossi, particolarmente nel periodo della muta, per pigmentare i canarini a fattore rosso - grazie al contenuto del peperoncino di carotene, zeaxantina, criptoxantina, luteina. Ricerche su storni, beccofrusoni dei cedri, ciuffolotti messicani, tordi americani dal becco ricurvo e piccioni hanno dimostrato che questi uccelli non sono irritati dalla capsaicina. I volatili, ghiotti di peperoncini, però, non se ne cibano e basta.

Sono proprio loro i responsabili della diffusione dei semi della pianta: ci sono quelli che cadono giù da soli mentre l' uccello becca la bacca e poi ci sono quelli contenuti nelle feci rilasciate in volo, perché i semi attraversano inalterati l' apparato digerente degli uccelli. Gli uccelli li mangiano ma li «ripiantano» anche. Insomma, per il peperoncino, l' analisi costi/benefici del rapporto con gli uccelli è positiva: più gli uccelli ne mangiano, più la specie si perpetua.

Non a caso, con la definizione «bird pepper», ossia «peperoncino degli uccelli», ci si riferisce a tutta una serie di specie di Capsicum estremamente piccanti, per lo più selvatiche, e con bacche piccole, caratteristica che aiuta gli uccelli a cibarsene.

Anche noi umani abbiamo istituito un rapporto di grande amore nei confronti del peperoncino. Sono molti, infatti, gli appassionati che li coltivano da sé, studiando, magari piantando con le proprie mani anche cultivar straniere e realizzando ibridazioni. Le specie più coltivate di peperoncino sono cinque.

La Capsicum annuum è la più diffusa e - oltre ai peperoni dolci - comprende il peperoncino comune italiano, il peperoncino di Cayenna e il peperoncino messicano jalapeño. Della Capsicum baccatum fanno parte il cappello del vescovo, l' aji amarillo e l' aji habanero. Capsicum chinense è una specie sudamericana (originaria dell' Amazzonia), che include l' habanero, lo Scotch Bonnet e il fatalii. Capsicum frutescens vede svettare il tabasco, con il quale si prepara l' omonima salsa liquida, e Capsicum pubescens il sudamericano rocoto. Sono tutti nomi che ai non esperti di peperoncino non dicono molto, ma un appassionato potrebbe disquisirne per ore.

Figura un po' sorella dell' appassionato di vino, sorta di sommelier del peperoncino autodidatta, l' amatore/assaggiatore di peperoncino ha anche la sua gara: l' Accademia italiana del peperoncino di Diamante, in provincia di Cosenza, organizza ogni anno il Campionato italiano mangiatori di peperoncino, con eliminatorie provinciali e regionali e finalissima a Diamante: trenta minuti di assaggi (peperoncini crudi e tagliuzzati in porzioni da 50 grammi, si può abbinare soltanto pane e olio).

Giuria composta da cinque componenti: il presidente, il giudice di tavola, due giudici di peso e, ragionevolmente, un medico. L' ultima edizione, a settembre scorso, è stata vinta da Arturo Rencricca, che ha bissato il successo dell' anno precedente e superato il suo record mangiando ben 1 chilo di peperoncino.

Pensateci: un chilo di peperoncino. Roba da mandare all' ospedale una persona con una tolleranza normale del peperoncino e difatti, sempre pochi mesi fa, un trentaquattrenne americano è finito al pronto soccorso proprio durante una gara di degustazione di peperoncini: dopo aver addentato il Carolina reaper, ha iniziato a vomitare violentemente e a sentire dolori in tutta l' area cranica. Diagnosi: un mal di testa a rombo di tuono secondario alla sindrome da vasocostrizione cerebrale reversibile.

Negli anni, i peperoncini sono divenuti sempre più piccanti. La scala Scoville, ideata da Wilbur Scoville nel 1912, misura la piccantezza di un peperoncino. Il valore Shu (Scoville heat units) indica la quantità di capsaicina equivalente contenuta in un peperoncino.

Uno dolce, che non contiene capsaicina, sulla scala Scoville ha valore zero. L'habanero, generalmente, presenta da 80.000 a 300.000 Shu.

Dipende dalle varietà, perché tramite incroci con varietà dolci si sono ottenuti habanero più delicati (la qual cosa aiuta chi ama il peperoncino, ma non la sensazione dell' esplosione di un incendio in bocca), mentre, di contro, l'habanero Red Savina misura ben 577.000 Shu e ha detenuto anche il Guinness dei primati come peperoncino più piccante. Attualmente il peperoncino più piccante del mondo è il Pepper X, ben 3.180.000 Shu, che ha spodestato il Dragon' s Breath, 2.480.000 Shu, che a sua volta superò nel 2013 il Carolina Reaper e le sue 2.200.000 Shu. Quest' ultimo aveva rubato il podio al Trinidad Scorpion Butch T. (1.463.8000 Shu), che a sua volta lo aveva scippato al Naga Viper (1.382.118 Shu).

Come vedete, seppure l' etimologia dal greco kapto (morso) sia dubbia, nei nomi di cultivar anche recenti il peperoncino è spesso associato a un animale che morde e il cui morso, tra vipere e scorpioni, fa decisamente parecchio male! Perciò facciamo lo spray al peperoncino e non, per dire, alla lavanda, come arma di difesa «vegetale». La gradazione Scoville di quello in uso alla polizia, laddove questa lo abbia in dotazione, come negli Stati Uniti, sta tra i 2.500.000 e 5.300.000 Shu, mentre gli spray a disposizione per i privati non superano i 2.000.000 di Shu.


A questo proposito può essere utile sapere che per tamponare la sensazione di bruciore, nel caso in cui ve ne sia necessità mangiando, si consiglia di bere del latte e mangiare del pane masticandolo ben bene, perché rimuove la capsaicina dal cavo orale in maniera meccanica. Dopo aver maneggiato il peperoncino per la preparazione delle vostre ricette, lavate sempre le mani con acqua e sapone onde evitare di toccarvi il viso e gli occhi con le dita «capsaicinate» e procurarvi il famigerato bruciore.

Perché fa bene quella che, secondo Cibo. La storia illustrata di tutto ciò che mangiamo, è «la spezia più coltivata al mondo»? In Super piccante di Maia Beltrame, una monografia molto bella dedicata al peperoncino, alcune proprietà sono così spiegate: «I semi [...

sono piccanti solo superficialmente, ma visto che contengono lecitina contribuiscono ad abbassare il tasso di colesterolo.

 Malgrado le colorate credenze popolari, che lo vogliono fidato complice di notti appassionate, non è mai stato accertato scientificamente che il peperoncino sia un efficace afrodisiaco. [...] Secondo alcune ricerche scientifiche, sembra che la sensazione di bruciore prodotta dalla capsaicina stimoli il cervello a produrre endorfine, sostanze che possiedono proprietà analgesiche: si tratterebbe quindi di una sorta di oppiaceo naturale».

Ancora: «Ottimo digestivo, mentre invece se ne sconsiglia l' uso a chi soffre di ulcera o di gastroenteriti. Favorisce infatti l' azione dei succhi gastrici ed evita la fermentazione e la formazione di gas intestinali, tanto che nelle regioni del Sud Italia è tradizione mettere nell' infuso di camomilla un cucchiaino di peperoncino in polvere e due di miele per risolvere i problemi di digestione, all' insegna del detto "un diavolo scaccia l' altro!".

[...] È un ottimo antibatterico e per questo motivo si è ampiamente affermato nella cucina dei Paesi asiatici e africani, dove è difficile la conservazione dei cibi per il clima caldo e per il contesto precario di igiene. Anche in Europa è utilizzato come conservante in molti salumi e formaggi».

In Italia, infatti, abbiamo, per esempio, la salsiccia pasqualora siciliana; in Calabria la salsiccia di Calabria, la soppressata in versione anche piccante e soprattutto la mitica 'nduja, una salsiccia spalmabile di carne conciata, con poco sale e molto peperoncino, in Basilicata la salsiccia di Cancellara, il pezzente (con polvere di peperone di Senise dolce e piccante e perfino aglio fresco tritato, oltre a finocchio selvatico e sale); in Campania versioni piccanti sia della soppressata di Gioi, sia della soppressata e salsiccia del Vallo di Diano.

Ma il peperoncino è solo antibatterico? No. Prosegue la Beltrame: «Se si esamina uno di questi piccoli frutti si scopre che è composto per il 75% da acqua. Molto ricco in carotene e in vitamine PP, E, K, è una vera bomba di vitamina C, che è stata individuata nel 1937, proprio mentre il ricercatore ungherese Albert Szent-Györgyi stava studiando la polpa di un peperoncino. Questa scoperta gli ha fruttato un premio Nobel per la medicina».

Per l' alto contenuto di vitamina C e anche per la sua attività antibatterica, lenitiva ed espettorante il peperoncino è d' aiuto nel mal di gola, nella tosse, nella sinusite e, in generale, nelle malattie da raffreddamento. Sono attestate anche proprietà di aumento del metabolismo, stimolazione della circolazione, rafforzamento dei vasi sanguigni, equilibrio della pressione arteriosa e antidolorifiche (in particolar modo nell' artrite, nella nevralgia del trigemino e nella cefalea a grappolo).