giovedì 11 giugno 2015

Bevete tranquillamente il vostro caffè al mattino

La costruzione (globalizzata) dei fatti. Bevete tranquillamente il vostro caffè al mattino

Pubblicato: Aggiornato: 
CAFFEINE

su "HUFFINGTONPOST.IT"
La notizia è che il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Pisa organizzerà corsi di grammatica per i suoi studenti, per cercare di arginare l'impoverimento - anche grammaticale - della scrittura. Da anni, in centinaia di testi o di colloqui orali ho incontrato diffusamente la scomparsa del ragionamento ipotetico-deduttivo. Conseguenti sono confusi e scambiati con antecedenti. Come cerco di dire loro, le conseguenze sostituiscono le premesse. Gli effetti diventano cause. Le deduzioni si scambiano con le osservazioni (i dati scientifici). I fatti, le osservazioni si dissolvono nell'organizzazione del ragionamento. Nel migliore dei casi, fatti e conseguenze dei fatti si confondono indistintamente.
In seguito compare la notizia che "prendere il caffè al mattino potrebbe non essere una buona idea". Faccio, un po' come d'abitudine, un passo indietro (purtroppo, "un solo passo indietro") e vado alla fonte citata. Mi fermo (anche nella fretta della fruizione delle notizie online) all'autorevolezza del Washington Post. In genere, faccio un ulteriore passo indietro per capire lo studio che sarebbe alla base della notizia. L'autorevolezza del Washington Post e il poco tempo mi fanno decidere, in questo caso, che sarà stato pubblicato un nuovo studio che ha dimostrato i due "fatti" nuovi, al netto del resto, che sono riportati. La caffeina riduce (ho intenzionalmente evitato il condizionale che, invece, sarebbe d'obbligo) il picco secretorio del cortisolo, il cosiddetto "ormone dello stress". Questo picco invariabilmente si presenta ogni mattino nelle ore a cavallo del risveglio. Prendere un caffè al mattino ridurrebbe questa secrezione spontanea, riducendo la naturale capacità (?) di questo ormone di promuovere la vigilanza. Inoltre, i livelli elevati di cortisolo al mattino indurrebbero il fenomeno della tolleranza alla caffeina (la necessità di assumere quantità progressivamente maggiori per beneficiare degli stessi effetti). Questo il secondo "fatto" nuovo.
Con più calma e tempo sono ritornato sulla questione ed ho cercato lo studio che avrebbe dimostrato tutto quello che è stato raccontato in modi diversi dai media di mezzo mondo. D'altra parte, questo tipo di ricerca è parte quasi quotidiana del mio lavoro come uomo di scienza. Non l'ho trovato immediatamente, come mi succede solitamente in questi casi. Ho impiegato un po' di tempo, andando indietro negli anni (è più difficile essere certi che una cosa non sia mai esistita, piuttosto che trovare una cosa che esiste). Semplicemente, quello studio non esiste, né recentemente né in anni più remoti.
Non riuscendo a credere a quello che mi stava davanti, ho cercato di ricostruire come è nata la notizia. Questo è relativamente facile. Per cui la ricostruzione necessariamente incompleta - ma sufficientemente chiara - è la seguente. Nel 2013 un blog di divulgazione di neuroscienze, come centinaia disponibili in rete, pubblica un articolo semiserio sull'effetto della caffeina sul cortisolo. Il senso del blog era rivolto alla comunità scientifica, nota per essere popolata da accaniti consumatori di caffè, con l'esplicito invito a decidersi a studiare il fenomeno... nonostante la passione per il caffè. Più recentemente, un canale di divulgazione popolare su Youtube, in maniera leggera ripropone la "notizia". Bizzarramente, i media che ho verificato hanno costruito gli articoli in modo diverso per quanto riguarda le fonti, cioè il nuovo studio che dimostrerebbe quello che si racconta.
Qualcuno ha glissato semplicemente la questione, rimandando ad un precedente articolo giornalistico o a uno studio che - semmai - dimostra effetti benefici della caffeina. Qualcun altro ha fatto riferimento al blog semiserio del 2013. Qualcun altroha chiaramente indicato come fonte il canale video su Youtube. Un po' si comprendono queste diverse scelte, perché lo studio - d'altra parte - non esiste.
Come sanno i grandi bugiardi, le migliori menzogne sono quelle che infarciscono il racconto con quante più cose vere possibili. Così hanno fatto l'articolo sul blog del 2013 e allo stesso modo il video su Youtube. Il cortisolo, come la maggior parte degli ormoni, viene secreto spontaneamente ogni 24 ore, con dei massimi e dei minimi livelli sempre alle stesse ore. Il picco massimo - è noto da molti anni - è invariabilmente nelle ore mattutine a cavallo del risveglio. La disciplina che si occupa di queste variazioni periodiche delle funzioni biologiche è la cronobiologia. Così come da alcuni anni si sta progressivamente sviluppando una nuova disciplina, la cronofarmacologia, che si occupa dell'identificazione dei momenti del giorno in cui si massimizzano gli effetti dei farmaci e, più in generale, delle sostanze attive sul sistema nervoso, come la caffeina.
È noto da decenni il meccanismo della liberazione del cortisolo in condizioni di stress, così come è noto il suo ruolo nelle risposte di "fight or flight". Così noto e consolidato che viene chiamato quasi sempre "ormone dello stress". Meno evidente e consolidata la nozione che determini direttamente un incremento dei livelli di vigilanza. Al mattino, come si potrebbe impropriamente dedurre dai massimi livelli di secrezione spontanea di cortisolo, non abbiamo degli alti livellli di vigilanza. Semmai abbiamo esattamente il contrario. Le prime fasi dopo il risveglio sono contrassegnate da un periodo di circa 30 minuti di ridotta efficienza nella maggior parte delle funzioni, cognitive e motorie. Questo fenomeno, ampiamente studiato, si chiama "inerzia del sonno". Da decenni, studiosi in molte parti del mondo stanno lavorando all'identificazione di contromisure per contrastare questo fenomeno. Un ambito specifico di questi studi è quello che riguarda i militari e gli astronauti. Il rimedio "definitivo" non è stato ancora identificato. Di sicuro, uno delle alternative valutate e studiate è stata l'assunzione di caffeina (in dosaggi molto maggiori di quelli contenuti in una tazza di caffè). Con effetti positivi sulla vigilanza, anche se non si riescono completamente ad annullare gli effetti negativi dell'inerzia del sonno.
Il caffè, quindi, non determina una riduzione dell'ipotetico effetto "risvegliante" del cortisolo, semmai agisce esattamente al contrario. È uno dei pochi rimedi "naturali" per i quali è stata ripetutamente dimostrata la capacità di indurre un aumento di vigilanza.
Spero che almeno la notizia del Corriere sui prossimi corsi di grammatica all'Università di Pisa sia vera. Mi chiedo se si rivelerà davvero utile per gli studenti di Giurisprudenza di quell'Universitá. In questi anni, mi sono interrogato ripetutamente su quali fossero le cause della scomparsa del ragionamento deduttivo. La "facile" spiegazione dello scadimento della formazione liceale e media superiore non mi ha mai convinto completamente. Troppo diffuso, troppo trasversale a regioni diverse di provenienza e a storie di liceo diverse per essere la spiegazione principale. Mi sono chiesto quale fosse la spiegazione generazionale dell'inversione delle deduzioni con le osservazioni, delle ipotesi con i fatti.
Comincio a temere che la piccola storia che ho raccontato c'entri qualcosa. La costruzione di "fatti", basandosi su congetture quasi certamente non vere o, quanto meno, non verificate, sembra la madre (o una delle madri) della scomparsa del ragionamento ipotetico-deduttivo, che incontro da anni in così tanti studenti universitari. La storia dell'indesiderabilità del caffè al mattino ha raggiunto, probabilmente, milioni di persone nel villaggio globale (io ho controllato solo il passaggio online e solo su siti in lingua italiana e inglese). Una storia, come forse numerose altre, in cui ci si abitua a considerare congetture al pari dei fatti o, peggio,prevalenti sui fatti. Se mi è consentito, mi sembra qualcosa di molto più preoccupante di cui occuparsi dell'effetto negativo (e falso) del caffè sulla vigilanza al mattino.

sabato 11 aprile 2015

Ricette veloci dal web!

http://www.leitv.it/cambio-cuoco/speciale/speciale-ricette-veloci/?intcmp=articoloaspeciale_other_23914_leitv_ss_other


SPECIALE RICETTE VELOCI: TANTE IDEE SFIZIOSE MA SOPRATTUTTO VELOCI PER TUTTE LE OCCASIONI!

Poco tempo per cucinare? Niente paura, eccovi tutte le ricette velocissime più buone si sempre!
Le ricette veloci sono una soluzione perfetta per tutte quelle volte in cui il tempo per cucinare è davvero poco e gli ospiti hanno già suonato il vostro campanello. Dagli antipasti al brunch della domenica passando per le ricette vegan e i piatti senza glutine, eccovi uno speciale ricchissimo di ricette veloci per tutte le occasioni!

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mercoledì 25 marzo 2015

Il caffè, delizia o demonio?

Testatina Benessere...






Tutto quello che c’è da sapere: effetti benefici ma non esagerate. La caffeina non è solo nella vostra tazzina ma è presente anche nel cioccolato, nel tè, nelle bevande energetiche ma non solo...
Caffè, parla l’esperto: «Mai più di quattro tazzine al giorno» (di B. Gasperini)
Delizia o demonio? Il caffè può essere entrambe le cose ma è soprattutto una bevanda buona che può far bene. Non va demonizzato, perché può essere d’aiuto anche per curare il mal di testa o altre patologie ma certo non è un medicinale. Non può esser la panacea di tutti i mali ma può diventare – anzi lo è – un piacere. Oggi, con l’aiuto di un esperto, vi spieghiamo cosa c’è dietro una tazzina di caffè ma anche a tutte le altre sostanze che contengono caffeina. Qui potrete leggere quali patologie sconsigliano l’assunzione di questa bevanda e molto altro ancora. Una guida, insomma, al piacere del caffè. Che può diventare anche demonio, ma se non avete particolari patologie e se evitate di esagerare, ecco che il rischio sarà più che scongiurato. Buona lettura, magari con accanto una bella tazza di caffè.


Il filosofo e drammaturgo francese François-Marie Arouet, meglio conosciuto come Voltaire – intorno al 1740 – la considerava una moda passeggera, ma sbagliava. La prima caffetteria di cui si abbia notizia si chiamava “Scuola delle persone colte” e aprì nel 1554 a Istanbul. Dopo quasi cinque secoli la tazzina di caffè scandisce ancora le nostre giornate e rimarca i nostri appuntamenti sociali. Consuetudine, piacere o esigenza che sia, nel tempo a questa bevanda nera sono stati riconosciuti effetti benefici. Ma non uguali per tutti. E comunque con il patto di gustarla a piccole dosi.
La caffeina nel caffè. In un chicco di caffè ci sono centinaia di sostanze. La caffeina, un alcaloide blandamente stimolante, è la più nota ma ne rappresenta solo il due per cento. Le fanno compagnia lipidi, cere, amminoacidi, carboidrati, minerali (tra cui potassio, calcio, magnesio, fosfati, solfati), precursori delle vitamine e antiossidanti. Tante sostanze, nessuna caloria, salvo quelle dello zucchero aggiunto. A prodotto finito le proporzioni possono cambiare: un caffè di Starbucks ha due volte la caffeina rispetto a quello di McDonald’s.

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La caffeina altrove. Oltre che nella pianta del caffè la caffeina, che è sostanza psicoattiva, si trova in foglie di tè, noci di cola, fave di cacao, semi di guaranà e, a seguire, nelle bevande e nei cibi che ne derivano, dal tè alla cioccolata. La caffeina viene aggiunta ad alcuni prodotti. È il caso degli “energy drink”, bevande per lo più analcoliche, che ne contengono da 50 a 500 milligrammi(da una a sette, otto tazzine di caffè), a seconda delle leggi dei vari Paesi.
Caffeina nel corpo. Una volta ingerita la caffeina entra in circolo in 30 minuti e viene assorbita in un’ora. Raggiunge il picco massimo di concentrazione a due ore dall’assunzione. Nel giro di tre, quattro, al massimo cinque ore, si dimezza. I fumatori la metabolizzano più velocemente. Le donne in gravidanza più lentamente. E comunque i tempi variano da individuo a individuo. Ecco spiegato perché qualcuno lamenta di non riuscire a dormire se beve uncaffè a tarda ora.
Effetti benefici. Per secoli accusato di provocare alterazioni di umore e comportamento, oggi al caffè vengono riconosciuti molteplici effetti positivi, legati non solo alla caffeina. Da quest’ultima dipendono, scrivono gli esperti dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano nel booklet “Caffè e Salute”, la diminuzione del senso della fatica e del tempo di reazione; l’incremento della capacità lavorativa e della vigilanza; l’aumento della digestione e della motilità intestinale; il miglioramento dell’assorbimento di farmaci analgesici come l’aspirina. E poi un’azione sulla memoria a breve termine. Sono invece legati ad altre sostanze presenti nel caffè la prevenzione di ictus, diabete di tipo 2 e di malattie cardiovascolari nei diabetici; ma anche dei tumori di cavo orale e faringe, fegato, endometrio. Ancora, una tazzina di caffè contrasta il mal di testa da rilassamento, quello che si scatena nei weekend. Mentre la polvere di caffè viene usata in massaggi rilassanti per via delle sue proprietà drenanti, disintossicanti e depurative.
Contro la depressione. Secondo uno studio della Harvard school of public health di Boston (pubblicato sulla rivista “Archives of internal medicine”) rispetto alle donne che bevono due o tre tazze di caffè al giorno, quelle che ne consumano una a settimana hanno il 15% di probabilità in più di cadere in depressione; il 20% in più di chi in un giorno ne beve quattro. La caffeina modificherebbe in maniera positiva la chimica del cervello, ma solo in senso preventivo.
Aumenta la pressione. Questo alcaloide poi è associato all’aumento della pressione arteriosa. Ma l’effetto è temperato da altre sostanze presenti nel caffè. E a lungo termine tre o quattro tazzine al giorno non aumentano il rischio di mortalità per malattia coronariche.
A ognuno il suo caffè. La caffeina agisce in maniera diversa, per durata e intensità, a seconda di chi l’assume. La sente di più chi ne fa uso meno regolarmente. Pur essendo inodore e insapore, poi, modifica la percezione dei sapori: lo stesso caffè è diverso per ciascuno, il gusto è soggettivo e può variare a seconda dell’orario e dell’abbinamento a cibi.
La dipendenza. Bastano tre o quattro somministrazioni e una o due tazzine di caffè al giorno per tollerare l’effetto stimolante della caffeina e sviluppare dipendenza. I sintomi da astinenza sono una lieve sedazione, sonnolenza, senso di affaticamento, leggero mal di testa e irritabilità. Scompaiono in tre, quattro giorni dopo la sospensione del caffè.
Sovradosaggio. Se si superano le tre o quattro tazzine giornaliere si può andare incontro a eccitazione, nervosismo, irritabilità, insonnia, tremore; ma anche nausea, vomito, aumento della diuresi, tachicardia, ipertensione e vertigini.