lunedì 28 febbraio 2022

Lasagne al forno

Lasagne al forno di REDAZIONE CUCINA Difficoltà: MEDIO Preparazione: 3 H 40 MIN Dosi: 4 PERSONE INGREDIENTI 400 g di farina 2 uova 200 g di carne di manzo tritata 100 g di carne di maiale magra tritata 50 g di salsiccia 150 g di polpa di pomodoro 80 g di cipolla 60 g di carota 40 g di sedano 20 g di burro 2 dl di brodo di carne 1 dl di vino bianco sale pepe 50 g di burro 50 g di grana grattugiato burro per la teglia PREPARAZIONE Primo da vino rosso morbido, fruttato e sgrassante come la Bonarda dei Colli Piacentini. Mondate e lavate la cipolla, la carota e il sedano, quindi tritateli, fateli appassire in una casseruola con il burro e lasciate rosolare per qualche minuto. Sbriciolate la salsiccia e unitela alle verdure insieme con le carni di manzo e di maiale; fate insaporire mescolando e dopo 4-5 minuti bagnate con il vino, lasciatelo evaporare e versate la polpa di pomodoro; salate, pepate e proseguite la cottura per 2 ore, mescolando di tanto in tanto e bagnando con il brodo. Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, sgusciate le uova e versatele al centro; sbattetele con la forchetta e impastate per ottenere un composto liscio e omogeneo. Stendete una sfoglia molto sottile e tagliatela a grossi rettangoli. In una casseruola dalle pareti basse portate a ebollizione abbondante acqua, salatela e cuocete le lasagne poche per volta; a mano a mano che saranno pronte sgocciolatele con il mestolo forato, passatele nel colapasta e poi stendetele su un canovaccio ad asciugare. Ungete di burro una teglia, meglio se antiaderente, e ricoprite il fondo con uno strato di pasta, condite con qualche cucchiaio di ragù, qualche pezzettino di burro, cospargetevi sopra il grana e ricominciate daccapo, fino a esaurimento degli ingredienti. Terminate con uno strato di pasta, cospargetelo di grana e pezzettini di burro. Fate cuocere le lasagne in forno caldo a 180 °C per circa 40 minuti.

Lasagne, i 6 errori da evitare quando si preparano

di MARTINA BARBERO Come fare le lasagne perfette. Ecco ricetta e consigli per realizzare al meglio un piatto tipico italiano 1/7 Lasagne: la carta forno 2/7 Lasagne: i condimenti troppo liquidi 3/7 Lasagne: gli angoli di pasta (sguarniti) 4/7 Lasagne: la superficie 5/7 Lasagne: le verdure crude 6/7 Lasagne: se avanza per il giorno dopo 7/7 Leggi le altre schede 1/7 Lasagne: la carta forno 2/7 Lasagne: i condimenti troppo liquidi 3/7 Lasagne: gli angoli di pasta (sguarniti) 4/7 Lasagne: la superficie 5/7 Lasagne: le verdure crude 6/7 Lasagne: se avanza per il giorno dopo 7/7 Leggi le altre schede 1/7 Lasagne: la carta forno 2/7 Lasagne: i condimenti troppo liquidi 3/7 Lasagne: gli angoli di pasta (sguarniti) 4/7 Lasagne: la superficie 5/7 Lasagne: le verdure crude 6/7 Lasagne: se avanza per il giorno dopo 7/7 Leggi le altre schede 1 / 7 Lasagne: la carta forno Strati di pasta porosa e sottile alternati a ragù di carne e besciamella. È la lasagna, un piatto che fa tremare di gioia le papille gustative in tutta Italia e oltre. Le ricette della tradizione sono molte, ma spesso si commettono errori comuni. Il primo è la carta da forno. Se per pizze, torte e biscotti è un’ottima soluzione, con la lasagna è un pasticcio. L’umidità del preparato inzuppa la carta che rischia di diventare un tutt’uno con l’ultimo strato. Per evitare di mangiare una pasta «bolognese e cartone» ungete la teglia con burro, olio o lo stesso ragù. 2 / 7 Lasagne: i condimenti troppo liquidi È importante non annacquare la lasagna, a nessuno piacciono molli e brodose. Le salse casalinghe possono riuscire un po’ liquide, vero. Il consiglio comunque è quello di non comprarle al market sotto casa. Besciamella e ragù fatti in casa hanno una marcia in più e alla consistenza sbagliata si può porre facilmente rimedio: alla besciamella aggiungete mezzo cucchiaio di farina, mentre il sugo «dimenticatelo» su un fuoco basso per 20 minuti. 3 / 7 Lasagne: gli angoli di pasta (sguarniti) Assicuratevi di coprire e farcire con cura ogni spazio della sfoglia, sia essa fresca o secca. Gli angoli seccano facilmente in forno, cuociono troppo e nel piatto vengono poi scartati. Abbondate di condimento lungo tutto il perimetro della lasagna e con una forchetta soffocate sotto pezzi di ragù le virgole ribelli. 4 / 7 Lasagne: la superficie La lasagna è quel confort food tutto italiano che fa venire l’acquolina sbirciando dal forno. Affascinati, la vediamo sobbollire e gonfiarsi silenziosa. Negli ultimi 10 minuti di cottura si realizza l’opera d’arte: la doratura del primo strato. Merito, sì di un buon grill, ma soprattutto delle mani che lo hanno curato. Non terminate mai con troppa besciamella, il risultato sarebbe una patina bruna e bruciacchiata. Mettetene solo uno o due cucchiai e abbondate di ragù. Spargete del parmigiano e, per una crosta più croccante, lasciate cadere del pangrattato. 5 / 7 Lasagne: le verdure crude È un piatto che si presta bene alle varianti. Ottima, quindi, anche quella verde a base di verdure e besciamella. Ricordate , però, di tagliare i vostri ingredienti in piccoli cubetti e di sbollentarli prima. Il composto deve risultare omogeneo e i diversi strati aderire bene l’uno all’altro. 6 / 7 Lasagne: se avanza per il giorno dopo Come la parmigiana, l’insalata di riso e il tiramisù, anche la lasagna è più buona il giorno dopo. Gli ingredienti si amalgamano meglio e i diversi sapori si integrano facendo onore al quinto gusto, l’umami. Abbondate con le porzioni e conservatela in frigo. La pasta al forno non stanca anche se mangiata due giorni di fila.

sabato 26 febbraio 2022

CARBONARA con UOVA pastorizzate

CARBONARA con UOVA pastorizzate Il 6 aprile è stato il Carbonara Day giorno in cui da anni si celebra questo famosissimo piatto tra sfide a colpi di padella, guerre tra puristi ed innovatori, comitati “NO pancetta SI guanciale”, solo tuorli o uova intere, panna o non panna… Se non lo aveste capito questa ricetta da sempre è fonte di discussioni, perché ognuno ne rivendica la propria versione, tutti sono d’accordo nel momento in cui la si celebra ma divisi quando si tratta di prepararla Anche io ho preso parte ai festeggiamenti in una lunga diretta Webinar in collaborazione con Sonia Peronaci e Pasta De Cecco, cucinando in diretta con altri 100 foodblogger quintali di carbonara! Quella che vi propongo oggi è la ricetta che, almeno nella scelta degli ingredienti, è quella che il più possibile cerca di essere quella della tradizione: guanciale, percorino romano DOP, uova, pepe macinato fresco e spaghetti! In cosa mi discosto dalla ricetta originale? Nella pastorizzazione delle uova per mangiare in totale sicurezza. Se non avete la possibilità di acquistare dei tuorli già pastorizzati, vi spiegherò un paio di metodi infallibili per farlo in casa poco tempo. Ma come nasce la magia della carbonara? Il Segreto per un risultato perfetto, ovvero una Carbonara cremosa dove tutti gli ingredienti sono perfettamente legati tra loro senza creare l’effetto frittata è innanzitutto realizzare una perfetta crema di tuorli, formaggio e acqua di cottura della pasta e poi altri piccoli trucchi che vi svelerò lungo il procedimento. Vedrete che cucinerete i migliori spaghetti alla carbonara che abbiate mai preparato: cremosi, avvolgenti e ricchi di sapore! CARBONARA con UOVA pastorizzate Difficoltà Bassa Tempo di preparazione 15 Minuti Tempo di cottura 15 Minuti Porzioni 4 persone Metodo di cottura Fornello Cucina Italiana Inspired by 713,49 Kcal calorie per porzione Info Ingredienti 320 gspaghetti (o rigatoni) 200 gguanciale 100 gpecorino romano (DOP grattugiato) q.b.pepe nero (una macinata abbondante) 4tuorli (+ 2 uova intere) Preparazione Preparazione guanciale Pulire con cura il guanciale: eliminare tutta la cotenna e parte del pepe. Tagliatelo a fette spesse circa 1 cm e poi a cubetti di 1 cm. Mettetelo a tostare in una padella ben calda a fuoco vivo, SENZA olio né burro. Aspettare, senza mescolare, fino a quando il primo grasso non si sarà sciolto, poi mescolate, abbassate la fiamma e fate finire di sciogliere completamente il grasso e diventare croccante i cubetti di guanciale (ci vorranno circa 15 minuti. Passato questo tempo scolate il guanciale conservando il grasso sciolto in una ciotola ed i cubetti in un piatto e lasciateli raffreddare entrambi. Preparazione uova Per la PASTORIZZAZIONE delle uova vedi nota in fondo alla ricetta. Una volta pastorizzate le uova mettetele in una ciotola capiente i tuorli e le uova intere, sbattetele con una frusta a mano, Unite il grasso sciolto del guanciale, una abbondante macinata di pepe nero ed infine il pecorino grattugiato. Mescola tutto per bene con una frusta o una forchetta: deve diventare una crema densa ed omogenea. Cottura pasta Nel frattempo cuocete la pasta in abbondante acqua, non troppo salata visto che già il condimento è abbastanza sapido. A metà cottura prelevate due mestoli di acqua di cottura e metteteli in una ciotola a raffreddare, vi serviranno in seguito per mantecare la pasta (l’acqua va prelevata a metà cottura per avere il tempo di raffreddare altrimenti a contatto con le uova creerebbe una bella frittata!) Scolate la pasta al dente. Mantecatura Versate l’acqua di cottura della pasta tenuta da parte in precedenza nella ciotola con la crema di uovo, aggiungete il guanciale intiepidito e mescolate velocemente. Trasferite la pasta appena scolata nella ciotola ed amalgamate con un cucchiaio. È importante compiere questa operazione velocemente per evitare che il tuorlo si rapprenda e assuma la consistenza dell’uovo strapazzato. L’ideale sarebbe, se si riesce, di muovere inizialmente la ciotola con movimenti circolare per emulsionare la crema di uova formaggio e guanciale con la pasta senza usare pinze o mestoli. RICORDATEVI: La magia di una carbonara perfetta è tutta in questo impegnativo minuto di emulsione delle uova, del formaggio e del grasso del guanciale con l’acqua di cottura e con il glutine della pasta stessa. Mi raccomando servite immediatamente nei piatti ben caldi.

domenica 13 febbraio 2022

FRITTO È BUONO TUTTO, MA SAPEVATE CHE FA ANCHE BENE?

(O COMUNQUE MENO MALE DEL PREVISTO) - STUDI RECENTI HANNO DIMOSTRATO CHE ALCUNE VERDURE FRITTE AIUTANO A PREVENIRE LE MALATTIE CRONICHE E L'OLIO CUCINATO INCENTIVA LA SECREZIONE DI BILE CHE SCIOGLIE I GRASSI ALIMENTARI E LIBERA LE VITAMINE – MA PER AVERE BUONI RISULTATI, È FONDAMENTALE SCEGLIERE IL GRASSO GIUSTO… - Gemma Gaetani per “La Verità” Si dice spesso che fritto sia tutto buono, anche una ciabatta, ma si tratta di una iperbole, perché l'affermazione giusta sarebbe che molti cibi, fritti, invece che cotti in altri modi, sono più buoni. Per frittura si intende la tecnica della cottura in lipido, che può essere un grasso animale o un olio vegetale. Un lipido che naturalmente deve essere caldo al punto giusto e perciò sarà sempre liquido, di suo o perché sciolto dalla temperatura necessaria a friggere. Infatti, se a temperatura ambiente i grassi possono essere solidi, come accade tra i grassi vegetali allo strutto e al burro e, tra quelli vegetali, al burro di cocco, a temperatura di frittura si sciolgono. L'uomo frigge da millenni, già gli antichi Egizi nel 2500 a.C. friggevano, e friggevano anche gli antichi Romani. In primo luogo dolcini come le frictilia, considerate le antenate delle chiacchiere carnascialesche, piccole paste fritte nello strutto e cosparse di miele che si preparavano in occasione dei Saturnali dicembrini (smaltivano il grasso derivante dalla macellazione del maiale tipica del periodo invernale). I Romani friggevano i dolci, come illustra Catone nelle ricette del De agri cultura dei globulos, i globi, o della frittella, l'encytum, impasto di formaggio fresco e farina di farro cotto a tocchetti nel caso dei primi e a spirale in quello dei secondi (si colavano con un imbuto) e poi aromatizzati con miele e semi di papavero. IMPANATURE ANTICHE Friggevano, poi, carni e pesci, questi ultimi soprattutto «impanati» non nel senso attuale del passaggio in farina, uovo e pane grattugiato, ma premuti su sfarinati grezzi per assorbire e nascondere i segni della perduta freschezza e poi fritti in strutto o olio di oliva. Si friggevano le verdure, poi ammollando il fritto con garum, vino, aceto e miele: i nostri attuali fritti «alla scapece», come per esempio le zucchine, derivano direttamente dalle usanze del popolo di Romolo e Remo, infatti «scapece» è giunzione e adattamento di pronuncia di «ex Apicio», cioè «da Apicio». Vi sorprenderà, ma anche il fritto giapponese tempura deriva dagli antichi Romani. Nel XVI secolo i primi missionari gesuiti in Giappone insegnarono ai giapponesi a friggere le verdure in questa pastella di derivazione antico-romana, così leggera da parere un velo, fatta di sola acqua fredda e farina. Questo metodo di frittura era già usato nel III secolo dai cristiani nei periodi di penitenza, in particolar modo dopo l'introduzione delle Quattro Tempora di papa Callisto per la santificazione del tempo all'inizio di ogni stagione nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato. Mercoledì e sabato dovevano essere giorni di digiuno ossia non mangiare al mattino e dopo sesta (mezzogiorno) e il venerdì di astinenza da ogni cibo di derivazione animale cioè carne, compreso il pesce, uova, latte e latticini (oltre che dalle bevande alcoliche e dall'olio d'oliva). Fino all'inizio del XX secolo la legge dell'astinenza dalle carni proibiva di consumare uova e latticini, oggi non più, ma nel frattempo il fritto delle Tempora si è cristallizzato nella tempura giapponese. Non sempre gli antichi Romani concepivano la frittura croccante e asciutta come noi, intendendo con friggere un generico cuocere ad alta temperatura. I fritti si trovavano nella taberna e nella caupona oppure per il pranzo o uno snack si prendevano da bancarelle sulla strada, parenti antiche delle odierne friggitorie, citate anche da Marziale. Nel Medioevo, prende il sopravvento la frittura intesa come facciamo noi oggi per lo più in grassi solidi animali, come lo strutto, a disposizione dei ceti più ricchi. Al Nord, dove sono più diffusi gli allevamenti bovini e suini, si usa molto anche il burro. Oggi, il fritto italiano presenta una grande ricchezza di possibilità: dal pane fritto, ingrediente, tra altri, della seuppetta valdostana, all'arancina siciliana passando per la pizza fritta napoletana, ogni regione possiede un cabaret di pietanze regionali fritte o di fritti declinati a modo proprio. Qualunque sia il grasso che si usa, la frittura prevede una temperatura tra i 160 e i 185 gradi. IL PUNTO DI FUMO Per imparare a friggere bene, bisogna capire il comportamento degli oli. Più i pezzi che friggiamo sono piccoli, più in fretta friggeranno. La stessa cosa vale per l'olio: più è caldo, più velocemente friggerà, perciò dobbiamo valutare il momento della «calata» nell'olio che frigge in base alle dimensioni e ai tempi di cottura. A una temperatura bassa, di 160 gradi, faremo friggere i cavolfiori in pastella o le alici fritte che hanno bisogno di 5-6 minuti per cuocere, le zucchine a julienne possono cuocere in 2 minuti a 180 gradi e non di più altrimenti brucerebbero. La domanda più ricorrente è se il fritto faccia male o bene. La risposta non può essere assoluta, perché l'eventuale negatività o positività del fritto dipende da vari fattori. Esaminiamoli. Innanzitutto, il tipo di grasso e la quantità di volte che lo si usa. I grassi con cui friggiamo vanno usati solo una volta e poi smaltiti. Sebbene si tenda a percepire come più leggera la frittura con oli di semi, la leggerezza effettiva risulta essere nel gusto, nel senso che il fritto in olio di semi di arachide, di girasole, perfino di semi vari, non ha il gusto di oliva che si sente quando friggiamo in olio di oliva. Allo stesso tempo, però, l'olio extravergine di oliva risulta meno grasso degli oli di semi, quindi, pur connotando il sapore del fritto, aiuta a realizzare un fritto più leggero. Sono diverse anche le reazioni dei due tipi di olio, di oliva o di semi, alla temperatura. L'olio di oliva e quello di arachidi contengono una grande quantità di acidi grassi monoinsaturi, formati in particolare dall'acido oleico, che li rende più resistenti alle alte temperature che si possono raggiungere friggendo (per innescare la reazione di Maillard occorrono almeno 140 gradi). Gli acidi grassi polinsaturi, invece, si deteriorano più facilmente riscaldandosi: l'olio di pesce, di girasole, di mais e di vinaccioli sottoposti a un potente riscaldamento e al superamento del punto di fumo possono creare composti dannosi per l'organismo, come acroleina e acrilammide che sono cancerogeni. Il punto di fumo è la temperatura massima sostenibile dal grasso in fase di frittura, superata quella l'olio degenera, di conseguenza o si frigge rispettando quelle temperature oppure si usano altri oli con più alto punto di fumo. Il punto di fumo dell'olio di girasole e di soia e del burro è 130 gradi, di mais 160, di cocco e di arachide 180, extravergine di oliva di 210, di palma, raffinato, 240 (gli oli raffinati hanno un punto di fumo più alto rispetto a quelli non raffinati), burro chiarificato 250. Il punto di fumo diminuisce anche se l'olio è stato sottoposto a processi degradanti, per esempio lasciato all'aria o alla luce in un contenitore trasparente oppure già scaldato o già usato per friggere. MEGLIO L'EXTRAVERGINE In una frittura salutare per l'organismo viene utilizzato olio extravergine di oliva, meno grasso degli oli di semi e più ricco di acido oleico e antiossidanti che rimangono stabili anche ad alto punto di fumo. La salubrità del fritto dipende anche da orario, frequenza e quantità del cibo fritto. Più prodotti fritti si mangiano e più lo stomaco fa difficoltà a digerirli. Mangiare troppo fritto troppo spesso non fa male soltanto alla linea: aumenta il livello di colesterolemia, con conseguenze sull'apparato cardiocircolatorio, e si sottopone lo stomaco a uno stress eccessivo. Per questa ragione è meglio mangiare i fritti a pranzo, dando così più tempo a fegato e intestino per digerire e smaltire prima di andare a dormire. Ed è consigliabile non mangiare solo alimenti fritti, ma calare i fritti nel contesto di un pasto per il resto equilibrato e delicato, per esempio verdure crude e frutta che aiutano fegato e reni. Se non si presentano già condizioni impedenti, per esempio si soffre di fegato oppure si è in sovrappeso, la dose ideale di fritti - pochi - è di due volte a settimana. A queste condizioni, il fritto farebbe addirittura bene. ALICI FRITTE Alcune verdure fritte in olio extravergine di oliva anziché lessate o cotte in un mix di acqua e olio hanno dimostrato di presentare maggiori composti fenolici, che aiutano a prevenire le malattie croniche. Lo dice uno studio spagnolo del Dipartimento nutrizionale dell'università di Granada, guidato dalla professoressa Cristina Samaniego Sànchez, la quale ha spiegato: «Nel corso degli anni, la ricerca ha portato a credere che friggere le verdure è un grande divieto e le proprietà antiossidanti non contano di fronte alla paura del grasso. Ora però non è più così». PAROLA DI NUTRIZIONISTA Non è l'unica a pensarla in questo modo. Già nel 2015 Sara Farnetti, specialista in medicina interna e nutrizione funzionale del Policlinico Gemelli di Roma e nutrizionista di Miss Italia, ha condotto uno studio sull'effetto di una dieta priva di soffritto e fritto con olio extravergine di oliva e di una includente su donne obese: le donne che hanno mangiato cibi ripassati o fritti nell'olio hanno registrato una produzione minore di insulina e C-peptide, sostanze responsabili dell'accumulo di grasso corporeo soprattutto sull'addome. BACCALA' FRITTO Anche Debora Rasio, autrice di La dieta per la vita, ha spiegato come la dominante frittofobia, inducendo a pensare che il cotto a secco o il lessato siano migliori del soffritto o fritto, abbia reso molti carenti di vitamine liposolubili, assorbibili solo dai grassi. L'olio cucinato incentiva la secrezione di bile che scioglie i grassi alimentari e libera le vitamine che essi contengono, rendendo rapido e agevole il loro assorbimento. Il soffritto favorisce il dimagrimento, perché gli acidi biliari entrano abbondanti nel circolo sanguigno e attivano il metabolismo, aumentando il consumo di calorie da parte delle cellule adipose; migliora la forma fisica perché il fegato, attivato, lavora meglio nel trasformare gli ormoni circolanti (questo aiuta anche le donne in menopausa a recuperare la naturale forma); rende la pelle più luminosa, perché l'aumento di bile elimina le molte tossine liposolubili che la pelle trattiene; riduce il gonfiore intestinale, perché il miglioramento della digestione e l'azione disinfettante della bile normalizzano la flora batterica intestinale e riducono la produzione di gas; migliora il livello di energia, perché l'azione combinata tra eliminazione di tossine e stimolo funzionale aumenta la produzione di energia a livello delle cellule epatiche; migliora il gusto del piatto. Mantenendo la regola di un soffritto al giorno e due fritti a settimana, noi esercitiamo il fegato con uno stress calcolato che ne migliora la prestazione. Paradossalmente, condire per molto tempo con olio a crudo può condurre a difficoltà digestive (soprattutto di pasta, riso e patate lesse), gastrite, reflusso ed eruttazioni a causa della ridotta produzione di bile per rallentamento epatico da mancata stimolazione. Con piatti che riattivano la produzione di bile e la digestione, la situazione si ribalta e il fegato, riattivato, si depura.

giovedì 10 febbraio 2022

Come cucinare la carne: i trucchetti per mantenerla morbida

By Daniela De Pisapia - Febbraio 9, 2022620 Esiste una ricetta per cucinare la carne in maniera perfetta? Spesso attraverso la cottura diventa dura, ma in realtà un trucco per evitare che perda la sua naturale morbidezza esiste. Ecco come cucinare la carne per ottenere un piatto tenero e succulento. Prendiamo spunto dai trucchi degli chef più esperti per servire in tavola la carne cotta in maniera eccellente, il risultato sarà da leccarsi i baffi. Come cucinare la carne-Altranotizia Preparare le pietanze a base di carne mantenendola morbida e succulenta non è sempre facile, eppure un segreto c’è: scopri come cucinare la carne per gustarla sempre tenera al punto giusto. Come cucinare la carne senza renderla dura Le preparazioni a base di carne sono le più gettonate della tradizione culinaria italiana. La carne è insieme al pesce il secondo piatto per eccellenza della cucina nostrana. Ci sono tante ricette gustose ma gli intenditori la preferiscono alla brace, grigliata, scottata. Insomma senza fronzoli. Rinunciare a una ricetta che preveda la cottura in umido con aggiunta di salsa di pomodoro o altri sughi vuol dire però essere bravi a cuocerla a puntino. La carne infatti durante la cottura rischia di perdere i succhi che sono naturalmente presenti al suo interno e di risultare dura e stopposa. Se anche tu ami la carne ma a volte ti è capitato che cuocendola perdesse la sua tenerezza, scopri come cuocerla in maniera impeccabile. I trucchetti da seguire Per prima cosa cospargiamo la carne ancora cruda con del sale grosso e lasciamola riposare per quattro ore. Poi, se il piatto che vogliamo preparare prevede una cottura in padella, come ad esempio degli involtini passiamola al batticarne. Altrimenti no. Il batticarne non va usato per cotture alla griglia. A questo punto prepariamo una salsa composta limone e vino e mettiamo la carne a marinare con questa salsa quanto più tempo possibile. Poi cuociamo lentamente. Quando la cottura sarà completa, conserviamo il sughetto che la carne avrà rilasciamo e usiamolo per condirla, insieme alla salsa usata per la marinatura. LEGGI ANCHE—>Torta salata alla parmigiana | La ricetta di Benedetta Rossi LEGGI ANCHE—> Come fare l’impasto della pizza | Il trucchetto di Carlo Cracco Se il sugo dovesse risultare acquoso, alla fine aggiungiamo fecola di patate o farina per addensarlo. A questo punto la carne è pronta per essere gustata ed essere portata in tavola, certi di assaporare un piatto gustoso, succulento, e soprattutto morbido e tenerlo al punto giusto!

Vellutata di piselli e asparagi

Vellutata di piselli e asparagi di DAVID FRENKIEL E LUISE VINDAHL Difficoltà: - Preparazione: - Dosi: - INGREDIENTI 1 cipolla 2 spicchi d’aglio 1 cucchiaio d’olio d’oliva 250 g di asparagi 300 g di piselli 500 ml di brodo vegetale 1 cucchiaino di sale e pepe qb peperoncino tritato 200 ml di latte di cocco o di panna 10-15 foglioline di menta fresca il succo di un mezzo limone piccolo PREPARAZIONE Aneto, patate novelle, fragole. L’arrivo della bella stagione è un trionfo di sapori nel piatto anche in Svezia, che ogni anno celebra la fine del freddo con una grande festa e un buffet ricco di coloratissime prelibatezze estive. Foto e ricetta di David Frenkiel e Luise Vindahl. Pelate e tritate finemente insieme la cipolla e l’aglio. Scaldate l’olio d’oliva in un tegame capiente e dal fondo spesso a fiamma media e soffriggeteli finché saranno morbidi e trasparenti, mescolando spesso per evitare che si brucino. Tagliate i gambi degli asparagi e tritateli finemente (mettete da parte le punte) e aggiungeteli al tegame con il soffritto. Unite anche i piselli: potete usare sia quelli freschi che quelli congelati, fatti però precedentemente scongelare. Lasciate insaporire per qualche minuto. Aggiungete quindi il brodo vegetale ben caldo, sale, pepe e peperoncino e fate cuocere a fuoco basso per altri dieci minuti. Versate il latte di cocco, o la panna, e la menta e passate il tutto con un frullatore a immersione fino a ottenere una crema densa e omogenea. Assaggiate e regolate di sale, aggiungete poi il succo di limone oppure qualche goccia di aceto di vino bianco. Preparate la guarnitura mescolando insieme lenticchie, semi di zucca, le punte di asparagi tritate e il timo finemente tagliuzzato. Servite la vellutata nelle scodelle, guarnite con le punte di asparagi e un filo d’olio.

Frittelline di legumi piccanti alla messicana

ANTIPASTI Frittelline di legumi piccanti alla messicana di REDAZIONE CUCINA Difficoltà: MEDIO Preparazione: 40 MIN Dosi: 4 PERSONE INGREDIENTI 150 g di farina di ceci 100 g di farina tipo 00 200 g di fagioli misti lessati 1 uovo 2 cipolle bionde 1 spicchio di aglio 1 cucchiaino di bicarbonato 1 cucchiaio di peperoncino piccante in polvere 3 dl di salsa di pomodoro messicana piccante alcune foglie di radicchio di Treviso olio di semi di arachidi sale pepe nero in grani PREPARAZIONE Accompagnate con il Monteregio, un rosso fruttato e secco prodotto lungo la caratteristica e omonima strada del Monteregio di Massa Marittima. Mondate le cipolle e affettatele al velo; sbucciate e tritate finemente lo spicchio di aglio. In una terrina setacciate insieme i due tipi di farina, quindi aggiungete il bicarbonato, il peperoncino, una presa di sale e una macinata di pepe. Mescolate bene e incorporate l’uovo leggermente sbattuto e tanta acqua quanta ne occorrerà per ottenere una pastella densa e soffice. Scolate con cura i fagioli lessati e immergeteli nella pastella insieme con le cipolle e il trito di aglio; mescolate delicatamente per amalgamare il tutto. Scaldate in una padella abbondante olio di semi di arachidi e, quando sarà bollente, friggetevi il composto di legumi a cucchiaiate; rigirate le frittelle con due palette per farle dorare in modo uniforme e, a mano a mano che saranno pronte, prelevatele con un mestolo forato e adagiatele su carta assorbente da cucina a perdere l’unto in eccesso. Disponete le frittelle di legumi su un piatto da portata, decorate con le foglie di radicchio ben lavate e asciugate e servite subito in tavola, accompagnando con la salsa piccante.