lunedì 2 marzo 2020

Mangiare peperoncino protegge il cuore: dimezzato il rischio di ictus e infarto

Uno studio italiano indica che consumare regolarmente questa spezia contribuisce a ridurre il rischio di gravi patologie cardiovascolari. Ma non deve essere un alibi per mangiare male

Peperoncino nella dieta

Gli amanti dei cibi piccanti saranno certamente contenti. E chi non lo è, o non ne conosce il gusto, potrebbe almeno valutare l’idea di inserire il peperoncino nella dieta, visti i benefici di protezione cardiovascolare evidenziati da un recente studio italiano. La ricerca, pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology e coordinata dagli epidemiologi dell’Irccs Neuromed di Pozzilli(Isernia), in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, l’Università dell’Insubria a Varese e il Cardiocentro Mediterraneo di Napoli, ha preso in esame quasi 23 mila cittadini del Molise che da 8 anni stanno partecipando a un’ampia indagine epidemiologica su salute e alimentazione (Studio Molisani).

Effetto protettivo indipendente dalla dieta

Dagli elementi raccolti emerge che utilizzare abitualmente questa spezia in cucina (quattro volte alla settimana) contribuirebbe a ridurre il rischio di morte per infarto del 40% e per ictus di oltre il 60%. Inoltre ridurrebbe del 23% il rischio di morte per qualunque causa rispetto a chi non lo assume regolarmente. «Un dato interessante — dice Giovanni de Gaetano, presidente di Neuromed e fra gli autori della pubblicazione — è che la protezione del rischio di mortalità è risultato indipendente dal tipo di alimentazione seguita. Anche per le persone che non seguono fedelmente la dieta mediterranea il peperoncino da solo ha un effetto protettivo».

No all’auto assoluzione

Possiamo quindi scatenarci e mangiare ciò che ci pare? «Attenzione al meccanismo psicologico di auto assoluzione che vale per tutte le aggiunte di prodotti naturali. Ricordo, ad esempio uno studio in cui a un gruppo di fumatori era somministrato un integratore vitaminico con l’obiettivo di migliorare l’effetto antiossidante. Risultato? Si sentivano legittimati a fumare di più! I benefici del peperoncino devono invece essere uno stimolo in più per cambiare in meglio tutte le abitudini alimentari» avverte Stefano Erzegovesi, primario del Centro per i Disturbi Alimentari dell’Ospedale San Raffaele di Milano

Il ruolo della capsaicina

I dati della ricerca sono di tutto rispetto. «Gli effetti benefici del peperoncino, in particolare del suo principio attivo, la capsaicina, sono moltissimi e documentati — aggiunge il nutrizionista — a partire dal fatto che stimola la produzione del grasso bruno, che accelera il metabolismo e fa dunque consumare più calorie. Inoltre, migliora le Hdl, il cosiddetto colesterolo buono, riduce i trigliceridi e la proteina C-reattiva, quindi ostacola le molecole pro-infiammatorie e ha un effetto protettivo sulle malattie aterosclerotiche, effetto che lo rende un alleato importante per prevenire le malattie cardiovascolari. La capsaicina agisce anche sulla sostanza P, un mediatore del segnale doloroso e con effetti sul mal di testa, il mal di denti e ogni genere di dolore».

Gli altri benefici

Non solo, il peperoncino rosso piccante possiede anche proprietà antibatteriche e antiossidanti che possono influire positivamente sulla flora intestinale. Naturalmente per gli effetti protettivi contano molto sia le quantità (un conto è una spruzzata sulla pasta, un altro è assumere dosi massicce come fanno ad esempio le popolazioni in sud America) sia la differenza tra i peperoncini in termini di piccantezza. Visti gli effetti benefici di questa spezia, l’utilizzo del peperoncino a tavola potrebbe diventare una raccomandazione alimentare? «Il consiglio è rispettare il nostro palato e il nostro Dna» suggerisce Stefano Erzegovesi.

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