mercoledì 27 settembre 2017

Quanto ragù sugli spaghetti? La dieta mindful ti insegna a contare le calorie della porzione giusta

Un libro rivoluziona il concetto di porzione: un problema molto diffuso e spesso sottovalutato

27/09/2017 09:55 CEST | Aggiornato 20 minuti fa
su Huffington Post
Si chiama mindful eating, ed è la pratica che aiuta a risintonizzarsi con i bisogni del proprio corpo e a ritrovare un rapporto piacevole con il cibo. È una dieta che, senza imposizioni, aiuta a ritrovare un rapporto equilibrato con il cibo e a combattere la portion distortion: perché secondo la dietologa nutrizionista Francesca Noli e la dietista Emanuela Donghi il problema della porzione giusta è molto diffuso e spesso sottovalutato.
Così in "La dieta Mindful" (Red!) le autrici spiegano che negli ultimi anni il concetto di porzione è molto cambiato. Partiamo dall'America: l'hamburger classico è passato da 330 a 590 calorie, la porzione di patatine è triplicata (si è passati da 210 calorie a 610). E non che in Italia vada meglio: la pizza tradizionale che negli anni '60 – '80 aveva un peso di 200-250 grammi, ora pesa 300-350 grammi, ed è passata da 700 a 900 calorie.
Dal mattino al bar, alla sera in pizzeria, dunque le occasioni per sforare non mancano. Questi sono alcuni dei principali rischi, secondo le esperte.
Meglio il panino o la piadina?
  1. Rosetta con prosciutto e songino: 260 kcal

  2. Panino tipo ciabatta, con bresaola, scaglie di grana e rucola: 510 kcal
  3. Piadina prosciutto crudo, asiago, songino e pomodori: 610 kcal
A pranzo insalata ricca o insalatona?
  1. Insalata ricca con formaggio, bacon e uova: 285 kcal
  2. Insalatona con mais, olive, finocchi, carote, peperoni, radicchio, misticanza, songino, tonno, mozzarella: 420 kcal
Meglio un bicchiere di vino o uno Spritz?
  1. Un bicchiere di vino da 125 ml conta 84 kcal
  2. Un flute di spumante da 100 ml conta 90 kcal
  3. Uno spritz da 100 ml conta 140 kcal
Quanto ragù sugli spaghetti?
  1. 60 gr di pasta a crudo e 40 gr di ragù: 290 kcal
  2. 80 gr di pasta a crudo e 60 gr di ragù: 400 kcal
  3. 120 gr di pasta a crudo e 80 gr di ragù: 570 kcal
Che fetta taglio?

  1. 30 gr di crostata: 130 kcal
  2. 50 gr di crostata: 210 kcal
  3. 100 gr di crostata: 420 kcal
Nicoletta MoncaleroGiornalista e mamma





sabato 16 settembre 2017

Patate sabbiose

Le patate sabbiose sono un contorno molto goloso caratterizzato da una gratinatura al forno che rende il piatto particolare e squisito. Vediamo la ricetta per prepararlo ed alcune indicazioni utili per un risultato perfetto

Presentazione

Le patate sabbiose sono un contorno a base di patate decisamente diverso dal solito ma molto goloso. Le patate in questa preparazione vengono arricchite da una golosa panatura arricchita con delle erbe. Il tutto poi viene cotto in forno dove gratina e dà vita ad un contorno davvero ottimo. Le patate sabbiose sono ottime per accompagnare secondi piatti a base di carne rossa e bianca. Vediamo, quindi, come preparare delle ottime patate sabbiose.

Ingredienti
1 kg di patate
1 spicchio d’aglio
Rosmarino q.b.
Aromi per arrosti q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.
60 g di pan grattato
Olio d’oliva q.b.
Preparazione
Per iniziare la preparazione delle  patate sabbiose dovete partire proprio dalle patate, ingrediente base di questa preparazione. Le patate andranno lavate, pelate e ridotte in spicchi o cubetti a seconda dei gusti e delle esigenze.

Mettete le patate all’interno di una pirofila da forno e condite con olio extravergine d’oliva abbondante, sale, pepe e rosmarino. Gli ingredienti sono pochi ma insieme daranno vita ad un risultato davvero incredibile e molto particolare.


Pangrattato per le patate sabbiose

Dedicatevi adesso al pangrattato. Potete utilizzare del pangrattato già pronto oppure realizzarlo voi stessi. In quest’ultimo caso avrete bisogno di pane ben raffermo, che dovrete privare della crosta esterna e ridurre in dadini, che andranno inseriti all’interno di un mixer. Basterà azionare il mixer per pochissimi secondi perché otteniate un perfetto pangrattato. Se lo desiderate ancora più fine potete proseguire ancora un po’ la lavorazione al mixer.

Prendete a questo punto una ciotola ben capiente ed aggiungetevi il pangrattato, gli aromi ed uno spicchio d’aglio ben tritato con un apposito schiaccia aglio. Amalgamate bene il tutto e poi cospargete le patate con il pangrattato aromatizzato. Mescolate per bene il tutto.

A questo punto le patate sabbiose sono pronte per essere messe in forno preriscaldato a 180°C per circa 40 minuti. Le patate sabbiose saranno pronte quando saranno ben dorate in superficie. Noterete subito che la loro superficie esterna e la panatura si sono gratinate perfettamente, il che rende le patate sabbiose una vera delizia, adatta a mille occasioni diverse, specialmente durante feste e avvenimenti importanti.

Consigli e varianti
Le patate sabbiose possono essere aromatizzate con altre erbe aromatiche come la salvia o l’origano, se lo desiderate. Decidete in base ai vostri gusti ed a quelli dei vostri ospiti per realizzare delle patate sabbiose di grande successo.

Le patate sabbiose sono un contorno a base di patate un po’ particolare e più gustoso ancora delle classiche patate al forno. In alternativa potete preparare delle frittelle croccanti di patate, delle patate duchessa, un purè di patate o un flan di patate. Tutte preparazioni a base di patate e tutte molto golose. Potete anche preparare un gateau di patate che oltre ad essere servito come piatto unico può esser ridotto in mini porzioni ed accompagnare i vostri secondi piatti.

Se desiderate delle patate sabbiose più piccanti potete sostituire il pepe con del peperoncino o della paprika piccante. Qualsiasi spezia abbinata alle patate sabbiose sarà un vero successo per cui scegliete quelle che preferite o che si abbina meglio al vostro menu o al piatto che dovete accompagnare.

Le patate sabbiose sono ottime da mangiare ben calde e subito dopo essere state preparate. In questo modo, infatti, potrete apprezzare la loro gratinatura ben croccante. Le patate sabbiose però possono conservarsi per al massimo un giorno, ma prima di esser nuovamente servite andranno irrorate con dell’olio extravergine d’oliva e rimesse in forno a 180°C per circa 10 minuti perché ritrovino la loro croccantezza iniziale e tornino golose come quando le avete preparate.



domenica 27 agosto 2017

Spaghetti all’amatriciana: la ricetta originale affidabile




INGREDIENTI

POMODORI PELATI 800 gr •
SPAGHETTI 400 gr •
GUANCIALE 200 gr •
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA q.b. •
PEPE NERO q.b.
PEPERONCINO q.b.
SALE MARINO q.b. •
PECORINO 30 gr di romano •


Amatrice è famosa in tutto il mondo per la sua tradizione gastronomica che ha dato origine alla ricetta degli spaghetti all'Amatriciana anche se, negli ultimi mesi, il suo nome è associato al terribile terremoto che l'ha gravemente danneggiata.

Originariamente l'amatriciana ha il condimento in bianco ma, verso la fine del ‘700, con l'introduzione del pomodoro nelle ricette, il piatto è cucinato nella versione che, ancora oggi, si tramanda di generazione in generazione. Furono i pastori, che grazie agli spostamenti verso Roma legati alla transumanza, che portarono gli spaghetti all'Amatriciana nella capitale.

Pulite il guanciale e tagliatelo in listelli di un centimetro circa. Mettetelo in una padella di ferro con l'olio e fatelo rosolare per 6-7 minuti fin quando il guanciale non sarà divenuto trasparente. Mescolate costantemente per non farlo bruciare. Una volta rosolato, aggiungete il peperoncino e il pomodoro con un pizzico di sale e pepe.

Fate cuocere il sugo a fiamma moderata aggiungendo il pecorino grattugiato e mescolando di tanto in tanto. Fate amalgamare e spegnete il fuoco. Fate cuocere la pasta al dente, scolatela e unitela in padella al sugo con un po' di acqua di cottura per mantecarla per un minuto. Saltate gli spaghetti per amalgamarli al condimento e fate le porzioni.




giovedì 24 agosto 2017

Il ritorno della pajata. Quella vera

11/04/2016  Massimo Lanari SHARE

Dopo la liberalizzazione dello scorso anno, varate le nuove disposizioni per il consumo dell’intestino del vitello come prescrive la tradizione. Tra il Testaccio e Alberto Sordi, la storia di uno dei piatti simbolo della cucina romana
pajata
Dopo la liberalizzazione avvenuta lo scorso agosto, mancava ancora un tassello per farla tornare sulle tavole degli Italiani. A Roma, in particolare. Stiamo parlando della vera e autentica pajata. Come precisa Coldiretti, infatti, se il nuovo Regolamentto Ue 2015/1162 segnava già la definitiva fuoriuscita del famoso piatto a base di interiora dalle “catacombe enogastronomiche”(si poteva ritornare a commerciare l’intestino di vitello a patto che fosse pulito, svuotato e sbiancato), adesso, a seguito delle nuove disposizioni, l’intestino medio dei vitelli può anche essere utilizzato con il contenuto di chimo (latte), consentendo quindi il ritorno della ‘vera’ pajata”. Il divieto era entrato in vigore ai tempi della crisi di mucca pazza, ed è caduto dopo 15 anni. Da quando, cioè, l’Italia è stata dichiarata “a rischio trascurabile” per questa malattia: “’Italia con Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa, fa parte della ristretta cerchia di 19 Paesi, sui 178 aderenti all’Oie (l’Organizzazione mondiale della salute degli animali) ad aver raggiunto questo obiettivo.

Tra i divieti per la BSE ancora in vigore rimane, per la gastronomia italiana, solo il cervello di bovino adulto, ingrediente di un piatto della nostra tradizione come il cervello fritto alla fiorentina.

Il marchese e la pajata
Ma che cos’è la pajata, e perché è diventata uno dei simboli della cucina romanesca? Per “pajata” si intende innanzitutto la prima parte dell’intestino tenue del vitello da latte, pulito ed eviscerato ma non privato del latte (chimo), bevuto dal piccolo bovino, ora finalmente riabilitato. Inconfondibile, grazie al suo gusto forte, antico, popolare. È l’ingrediente di uno dei piatti più famosi della cucina romana: quei rigatoni con la pajata che Alberto Sordi, nella famosa scena dell’osteria nel Marchese del Grillo, definirà così all’affascinante ospite francese di inizio ‘800: “Questa è merda! È proprio merda. Merda de vitella: so’ budella”. Ma la raffinata ospite, prima di saperlo, li stava mangiando con gusto…

I rigatoni
Dunque, ecco la ricetta dei rigatoni con la pajata: si taglia l’intestino a pezzi formando ciambelle o piccole salsicce e si fanno cuocere in padella in olio extravergine d’oliva, sale, cipolla, carota, sedano, aglio e peperoncino. Il tutto si fa rosolare a fuoco basso per circa 10 minuti, sfumando con del vino bianco. Si aggiunge quindi la passata di pomodoro e si lascia cuocere per un paio d’ore, sempre a fuoco lento, mescolando di tanto in tanto e aggiungendo dell’acqua calda se necessario , fino ad ottenere un sugo densissimo. A questo punto si fanno cuocere i rigatoni, che andranno ripassati in padella con l’aggiunta del pecorino romano.

Come secondo
I famosi rigatoni, però, non sono l’unico modo per preparare la pajata: si può preparare in umido, senza l’ausilio dei rigatoni; arrosto, cosparsa di strutto, cotta alla brace e condita con sale e pepe (modalità tradizionalmente molto diffusa fuori città); e al forno, con patate aromatizzate al rosmarino.

Il quinto quarto
La storia della pajata è legata a doppio filo con quella del “quinto quarto”, ossia i tagli meno pregiati e le interiora del bovino, più a buon mercato per le povere tasche dei popolani della capitale, in una città come la Roma papalina in cui, tradizionalmente, il consumo di carne fino al Settecento era comunque molto più alto rispetto alle altre città d’Italia e ad alcune capitali europee. Allora, secondo una testimonianza riportata dalla storica Marina Formica, a Roma si mangiava “il doppio più carne e vino che consuma Napoli benché quella città sia il doppio più grande”. La propensione della cucina romana al “quinto quarto” si deve, secondo alcuni storici, all’influenza della cucina ebraico-romana. Le fortune delle interiora iniziarono però a declinare proprio alla fine del ‘700, quando cominciarono ad essere usate solo dalle classi più povere che vivevano vicino ai mattatoi, che nel frattempo le autorità tendevano ad allontanare dal centro per motivi igienici. Per questo la tradizione della pajata, nell’Ottocento, si concentrerà prevalentemente al Testaccio. L’edificio che oggi si può ammirare risale al 1888, ma già negli anni precedenti lì si erano concentrati “vaccinari” o “scortichini”, ossia coloro che avevano il compito di scuoiare i bovini. Questi operai venivano pagati in natura e non in moneta. E proprio col “quinto quarto”, magro compenso per il loro duro lavoro. Il consumo di piatti della cucina di recupero andrà però via via diminuendo, fino ai pochi “templi” vivi ancora oggi, che però hanno la loro legione agguerritissima di adepti. Dopo lo shock della messa fuori legge all’inizio degli anni 2000, la tradizionale pajata è stata a lungo sostituita da quella preparata con interiora d’agnello. Oggi, attende solo di essere riscoperta per riavere, anche lei, la gloria che merita.

domenica 13 agosto 2017

Ecco cosa accade al vostro “cuore” quando mangiate il peperoncino..


agosto 8, 2017



Mangiare cibo piccante, condito con il peperoncino, fa bene al cuore grazie alla capsaicina, il principio attivo contenuto proprio nel piccante frutto. Essa possiede numerose proprietà benefiche che si mostrano evidenti con effetti sull’apparato cardiovascolare. In uno studio effettuato dagli scienziati dell’Università di Hong Kong, capitanati dal dottor Zhen-Yu Chen, si è potuto inoltre osservare come i capsacinoidi abbiano ridotto i livelli di colesterolo totale nel sangue – soprattutto il colesterolo LDL, o “cattivo” – e la dimensione dei depositi nei vasi sanguigni. Non solo perchè riduce anche il restringimento delle arterie, che è un noto fattore di rischio per attacchi cardiaci o ictus. Un ultimo beneficio è che l’attività benefica esercitata sui vasi sanguigni che circondano i muscoli permette a questi ultimi di rilassarsi e allargandosi favorire la circolazione sanguigna.
La nostra ricerca ha rafforzato e ampliato le conoscenze su come queste sostanze nei peperoncini lavorano nel migliorare la salute del cuore – spiega Zhen-Yu Chen – Ora abbiamo un ritratto più chiaro e dettagliato dei loro effetti sui geni più intimi e altri meccanismi che influenzano il colesterolo e la salute dei vasi sanguigni. E’ tra le prime ricerche a fornire queste informazioni”.Insomma, includere i peperoncini nella nostra dieta non è affatto sbagliato, a patto che non si esageri.


mercoledì 1 marzo 2017

ERRORI DA EVITARE PER GUSTARE UNA SANA BISTECCA


                        V A D E M E C U M              
Sbagliare taglio di carne    
Preparare una bistecca può sembrare semplicissimo, ma non lo è affatto. Bastano infatti piccoli errori per sciupare tagli di carne di alta qualità. Con alcune accortezze però si può preparare un piatto succulento e perfetto. La prima regola, ovviamente, è scegliere la giusta materia prima: il taglio adatto, l’origine e la frollatura ideale, da cui dipende tenerezza e gusto. Tenete presente che il colore della carne rossa deve essere intenso e la presenza di sfumature più scure sui bordi non indica alterazione, mentre quella di grasso chiaro e compatto è indice di qualità. La carne, poi, non deve essere né secca o eccessivamente umida, né avere riflessi metallici, indice di alterazione dei grassi. L’odore deve essere gradevole e fresco e la consistenza compatta, soda ed elastica.

Cuocerla fredda
La carne deve essere cotta quando è a temperatura ambiente, sennò rischiate di raggiungere lo sgradevole effetto di renderla calda esternamente e fredda dentro. Questo soprattutto se volete prepararla al sangue. L’ideale è toglierla dal frigorifero o dal congelatore qualche ora prima della cottura e lasciarla tornare alla giusta temperatura, al coperto, in un punto non troppo caldo.

Marinarla sì o no?

Esistono due scuole, quella di chi sostiene che la carne alla griglia (o alla piastra) debba sempre essere marinata, per raggiungere la morbidezza e il sapore ideali , e quella invece che ritiene vada cotta al naturale e condita al massimo con un pizzico di pepe e di sale solo in tavola. Non esiste una risposta univoca, dipende dai gusti. Evitate però di salarla quando è ancora cruda, o il sale la renderà asciutta, dura e stopposa.

Troppo olio

Ungere la carne prima della cottura va bene, aiuta gli aromi a svilupparsi, ma non è indispensabile. Attenzione poi a non esagerare con l’olio se volete cucinare la carne sul barbecue: il condimento colando sulle braci rischierebbe di causare fiammate che brucerebbero troppo l’esterno della bistecca.

Evitare il grasso

Durante la cottura il grasso della carne si scioglie e la rende tenera e dolce. Quindi non toglietelo mai prima della cottura. Fate però sempre attenzione al suo colore: deve essere chiaro.

Non conoscere la differenza tra griglia a barbecue

Tra i due c’è una differenza abissale. Quella sulla griglia è una cottura rapida sulla brace «viva», con il calore che arriva dal basso. Il barbecue invece prevede una copertura che lo trasforma in una specie di forno, distribuendo il calore e trattenendo il fumo che darà aroma al vostro piatto. Per le bistecche è meglio la seconda soluzione.

Sbagliare padella
Per molti è scontato, ma non per tutti: la griglia, la piastra o la bistecchiera con cui cucinerete la vostra bistecca devono essere roventi. I materiali più adatti — se non cucinate al barbecue e volete ottenere lo stesso la reazione di Maillard che dona gusto e intensità alla parte esterna della bistecca —, sono il ferro e la ghisa. Se possibile quindi evitate di usare padelle antiaderenti, che darebbero un sentore di bollito alla vostra carne.

Cuocerla troppo

La cosa migliore per cuocere alla perfezione una bistecca è dotarsi di un termometro a sonda, che, infilato al cuore, vi dirà quando raggiungerete la giusta temperatura. Fermatevi a 50-55° se la volete al sangue, arrivate a 60-65° per una media cottura, mentre a 70° per averla ben cotta. Oltre sarà irrimediabilmente rovinata.

Mangiarla subito

Non mangiate la vostra bistecca appena cotta. Fatela riposare qualche attimo, cosicché i succhi si ridistribuiscano tra le fibre.